Lotte al Giornale di Montréal e al Réveil di Saguenay

I lavoratori e le lavoratrici in sciopero meritano tutta la nostra solidarietà!

Pubblichiamo la traduzione di questo articolo dei compagni canadesi, che testimonia una volta di più come la crisi morda ovunque le carni dei lavoratori e come l'idealismo o, se si vuole, l'ottusità politica del riformismo sia un ostacolo in più sulla via della lotta di classe. Rifiutarsi di appoggiare la lotta dei lavoratori (anzi, per lo più lavoratrici) del gigante della comunicazione Quebecor con la scusa che sono agenti dell'ideologia borghese fa il paio, in quanto ad assurdità, con le ottocentesche tiretere anarchiche - o più semplicemente infantili - secondo le quali la classe operaia, in quanto produttrice della ricchezza borghese, sarebbe complice dei suoi sfruttatori. Assurdità che, per l'appunto, ha trovato schiere di degnissimi eredi nel variopinto mondo del radical-riformismo piccolo borghese.

Continua il conflitto tra i circa 250 lavoratori del Giornale di Montréal (JdeM) e l’impero Quebecor. La direzione aveva dichiarato una serrata (lock-out, legale in Quebec, ndr) il 24 gennaio scorso (1) e lo sciopero fu votato tre giorni dopo con oltre il 99% di consensi.

La direzione del JdeM vuole imporre complessivamente 233 arretramenti ai suoi impiegati. Tra questi, la soppressione di molti posti di lavoro, l’allungamento della settimana lavorativa e la convergenza di tutti i settori del gruppo. La convergenza significa il diritto assoluto di servirsi di tutti i materiali redazionali e fotografici del JdeM da parte degli altri giornali di Quebecor e viceversa; questo causerebbe inevitabilmente dei licenziamenti massicci in tutte le filiali della compagnia. La direzione vuole anche licenziare immediatamente un centinaio di impiegati nel settore degli annunci e negli uffici. Così, in pratica, la maggior parte dei lavoratori - che sono per lo più lavoratrici (2) - si ritroverebbero senza lavoro. Inoltre i lavoratori che si occupano di annunci economici subirebbero un abbassamento del salario del 25%. Infine, l’orario di lavoro settimanale di tutti i dipendenti aumenterebbe del 25%, senza nessun aumento salariale.

L’obiettivo del lock-out è evidentemente la riduzione ad ogni costo dei costi di produzione per mantenere i profitti. Anche se i profitti, nonostante un calo nel settore delle inserzioni dovuto alle nuove tecnologie, restano elevati, sono infatti stimati attorno ai 50 milioni di dollari su un giro d’affari di 200 milioni dell’anno scorso.

Nonostante ciò, molti compagni storcono il naso all’idea di sostenere questi lavoratori dell’informazione, e lo stesso rifiuto è stato dimostrato di fronte allo sciopero dei professori dell’UQAM. Questa posizione riflette spesso, a nostro parere, una visione idealistica e moralista nei confronti degli scioperi che possono essere portati avanti in questi settori della produzione. Sicuramente i giornali e la scuola sono cinghie di trasmissione dell’ideologia della classe dominante, e alcuni giornalisti e insegnanti sono agenti entusiasti della disinformazione e della propagazione dell’ideologia borghese; ma ce ne sono molti altri, molti di più, che la contestano e la combattono più che possono.

I marxisti sanno già da molto tempo che in una società divisa in classi, le idee dominanti sono quelle della classe dominante (vedi l’Ideologia Tedesca di Marx); ma il nostro dovere è sostenere i lavoratori che lottano contro i loro padroni, indipendentemente dal loro attuale livello di coscienza di classe. Altrimenti tanto vale abbandonare ogni speranza di trasformare il mondo...

Noi ci facciamo un dovere di sostenere le lotte economiche dei lavoratori e delle lavoratrici del settore della comunicazione e della scuola, come sosteniamo le lotte di ogni altro settore del proletariato. È infatti spesso proprio in queste situazioni che la coscienza di classe può crescere più rapidamente, grazie al fatto che le condizioni materiali e i rapporti con l’autorità vengono improvvisamente buttati all'aria.

È con tale spirito che noi interveniamo dunque in queste lotte con queste posizioni, ponendo come priorità la solidarietà e la combattività, il controllo diretto ed assoluto della lotta da parte dell’assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici, il diritto dell’assemblea di eleggere un comitato di sciopero revocabile in qualsiasi momento, e una generalizzazione più estesa possibile della lotta; consapevoli che la sua estensione e il suo radicamento sono indispensabili per fronteggiare i tentativi dei padroni di soffocare i lavoratori, un settore alla volta. Certamente, i lavoratori del JdeM e del Réveil a Saguenay (dove i padroni, col nuovo “accordo”, vogliono far passare il numero di dipendenti da 80, che erano a dicembre 2008, a 18) e di tutte le altre filiali di Quebecor, avrebbero dovuto utilizzare l’arma dello sciopero al momento dell’imposizione della serrata contro i loro compagni di lavoro del Journal de Québec, il 22 aprile 2007, serrata che è terminata soltanto nell’agosto 2008. La « strategia » sindacale di conformarsi e sottomettersi ai tempi legali degli scioperi consentiti dal codice del lavoro non è altro che un’arma nelle mani di Péladau e di tutti gli sfruttatori. La migliore strategia per la nostra classe è invece l’azione di massa, coordinata, e non quella di attendere e di farsi reprimere dai capitalisti, un’azienda o un settore alla volta, in nome della conformità ad una legge, sempre totalmente al servizio della classe sfruttatrice.

La storia del movimento operaio dimostra che le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici del settore della comunicazione sono lotte giuste e spesso importanti che bisogna sostenere. Talvolta hanno anche assunto la dimensione di uno scontro frontale con lo Stato. Basti pensare al celebre sciopero dei giornalisti, degli impiegati e dei tipografi de La Presse nel 1971 e alla manifestazione a sostegno del 29 ottobre dello stesso anno, dove una manifestante è stata uccisa e centinaia di persone manganellate, affrontate coi gas lacrimogeni e arrestate (3). O ancora il conflitto di Wapping, nel 1986-87, nel Regno Unito dell’infame Margaret Thatcher, in cui i 6000 lavoratori del Times, Sunday Times, del Sun e del News of the World hanno condotto uno sciopero contro i piani di ristrutturazione del magnate Rupert Murdoch. Questa lotta, segnata da più di 1000 arresti e da un gran numero di feriti, fu uno degli episodi più importanti e forti della lotta contro l’offensiva reazionaria della Thatcher, dopo l’eroico sciopero dei minatori di carbone del 1984-85.

Detto ciò, il Groupe Internationaliste Ouvrier senza alcuna esitazione sostiene la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici del JdeM e del Réveil. Occorre boicottare e incoraggiare attivamente il boicottaggio del JdeM che continua ad uscire, nonostante la sedicente legge anti-scabs, una legge che è solo un’illusione, nei fatti nient’altro che una legge anti-picchettaggi di massa. Bisogna sostenere gli scioperi, bisogna estendere le lotte e unificare i settori. La ripresa della lotta di classe è una condizione necessaria della lotta per il socialismo.

R.St.P.

(1) Con quella imposta ai lavoratori e alle lavoratrici del Réveil di Saguenay, il 4 marzo scorso, il dirigente universalmente disprezzato di Quebecor, Pierre Karl Péladeau, è alla sua quindicesima serrata in 14 anni.

(2) I licenziamenti toccano le seguenti attività: segreteria, contabilità, réception, addette alle bozze, documentazione, telefoniste, ricerca, ecc.

(3) 200 arresti e 300 feriti.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.