Proteste in tutta la penisola: sul calendario degli insegnanti l'autunno caldo è già cominciato

L'anno scolastico si apre con una serie di proteste diffuse su tutta la penisola. Occupazioni, sit-in, scontri con la polizia: il personale della scuola - insegnanti e “ata” (amministrativi, tecnici e ausiliari), in primo luogo quello precario - è sul piede di guerra, e ne ha tutte le ragioni.

Benché le stime qui e là presentino qualche differenza, è certo però che la legge “Gelmini/Tremonti” approvata sei mesi fa e applicata silenziosamente in estate, comporta una riduzione immediata di circa 40 mila cattedre e il taglio di 15 mila posti per il personale non docente, senza contare i tagli dei prossimi anni. Un vero e proprio attacco frontale, a tutto campo, contro i lavoratori della scuola, e di conseguenza contro tutto il sistema della cosiddetta “istruzione pubblica”.

Naturalmente la scuola in questa società di “pubblico” non ha niente, se non il fatto che venga finanziata con le tasse prese dalle buste paga dei proletari. Ma i suoi contenuti e la sua forma sono sempre stati improntati alle necessità della classe dominante. Ora tuttavia, con tagli e riforme che vanno a ridurre il numero di ore, ad aumentare il numero di studenti in ogni classe, e a tagliare il corpo insegnante... anche le conoscenze di base che uno studente proletario poteva acquisire, per poter sviluppare almeno fino ad un certo punto le sue capacità, vengono ridotte, tagliate.

Niente! Non diciamo la cultura, ma neanche le più elementari nozioni sono ormai ritenute necessarie per il capitale; in ogni caso, si pensa di poterne fare a meno. Gli strumenti informatici forniscono procedure guidate, “a prova di stupido” (è proprio così che vengono concepite!). Di manodopera qualificata, minimamente formata, se ne farà spesso a meno. Questa tendenza del capitalismo mondiale trova un terreno particolarmente fertile in quello italico, che accentua il ricorso alla compressione dei salari e all'allungamento della giornata lavorativa per compensare il ritardo tecnologico. Non è un caso che i salari italiani risultino tra i più bassi dell'area euro, di 4800 euro inferiori alla media, secondo i dati Eurispes di febbraio.

E quindi, nella scuola si procede con la mannaia. Delle decine di migliaia di proff. andati in pensione, solo una minima parte saranno sostituti. Ma non basta. Altri 10 mila precari - lavoratori che da anni, decenni, venivano assunti a settembre e licenziati a giugno, che per una vita hanno sopportato un trattamento degno di un pezzo di ricambio, più che di un essere umano - si sono visti chiudere le porte in faccia. Gli studenti aumentano, il carico didattico potenzialmente pure, perché le classi diventano multietniche e sarebbe necessario dedicare più risorse agli insegnanti... E invece no. Le necessità di cassa vengono prima di tutto.

Le prospettive per gli insegnanti licenziati? La disoccupazione, oppure il lavoro sottopagato e persino servile nelle scuole private, o in nero in qualche piccola industria o laboratorio da sottoscala. Questa “libera scelta”, come si capisce, non è poi tanto libera, anche se i risultati di poco si differenziano, trattandosi per lo più di poche centinaia di euro. Le scuole private sono un capitolo a parte. È da anni che, mentre i finanziamenti alla scuola statale vengono inesorabilmente ridotti, quelli alle scuole private - cattoliche prima di tutto - continuano a crescere. Tanto che,

“secondo una valutazione fatta dall'Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) e le notizie apparse su alcuni giornali, almeno 15-20mila alunni lasceranno le scuole statali per iscriversi alle private. Alle elementari le richieste crescono del 15%, alle medie del 10%. Il fenomeno, inoltre, è più evidente al Nord, soprattutto in Lombardia e Piemonte, regioni in cui gli enti locali hanno fornito consistenti aiuti finanziari agli istituti paritari.” (Agenzia radicale)

Quindi l'istruzione diventa sempre più privata, sempre più “libera” di adattarsi alle “regole del mercato”, ossia sostanzialmente all'assenza di regole: salari ridotti, se non annullati (vige anche questo ricatto, spesso: “lavori a gratis, o niente” - solo così c'è la possibilità di accumulare qualche punto e avere un posto decente in graduatoria, un giorno...), chiamate a piacimento dei dirigenti, niente malattie, niente maternità... manco a parlarne! E giusto per rimarcare questo andazzo, adesso la “creativa” ministra (o chi per lei) si è inventata i cosiddetti “contratti di disponibilità”; per ora si tratta solo un'enunciazione a riguardo di una minoranza dei precari, ma si capisce che sarebbe una specie di caporalato: se vuoi un sussidio di disoccupazione, devi essere disponibile a lavorare in qualunque posto e a qualunque condizione.

D'altra parte, dobbiamo dircelo chiaramente. Dobbiamo mettercelo in testa. In questo sistema, la dignità umana, i diritti e i bisogni dell'uomo non contano niente. Niente. I politici, i religiosi, tutti fanno un gran riempirsi la bocca di “valori”. Bene. Bisogna capire che l'unico valore è quello che va nel portafoglio. Banconote, carta di credito o bancomat. Le necessità del capitale sono le uniche che vengano rispettate!

Bene fanno gli insegnanti e i lavoratori della scuola ad inscenare proteste dure, radicali. “Facciamo come alla Innse” si sente spesso ripetere. La strada può essere quella giusta. Purché non si riconosca più alcuna fiducia agli industriali, ai politicanti di destra o di sinistra, ai sindacalisti e a tutti i parolai che possono solo tentare di imbonirci con qualche bella frase vuota: tutti variamente, ma egualmente, responsabili di questa drammatica situazione.

Solo l'unità dei lavoratori, la solidarietà e il coordinamento tra le varie lotte, in posti e settori diversi, può cominciare a creare le condizioni per contrastare seriamente l'attacco in corso. Solo la forza della classe lavoratrice, unita e determinata, può fermare questo sistema che rotola nella sua stessa crisi ed è incapace di uscirne, se non a costo di sacrifici immani, che vorrebbero scaricare sulle nostre spalle e sulla nostra pelle. Solo l'organizzazione politica rivoluzionaria può convogliare le spinte diverse provenienti dalla classe verso il superamento di questo disumano sistema sociale.

Mic

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.