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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo - Francia, Stati Uniti, Nigeria
Francia
Continua dalla metà di febbraio l’occupazione della raffineria Total a Flandres, vicino a Dunkerque. I lavoratori, dopo due giorni di sciopero, hanno infatti optato per l’occupazione ad oltranza sia dello stabilimento sia degli uffici annessi. Lottano per la salvaguardia di 800 posti di lavoro (tra dipendenti diretti e di appaltatori) che scomparirebbero nel giro di pochi mesi se i concretizzasse il progetto della compagnia petrolifera di chiudere definitivamente la raffineria che, dal settembre scorso, ha già cessato ogni produzione. Per quasi 10 giorni i lavoratori di Dunkerque sono riusciti a coinvolgere anche le altre 6 raffinerie Total presenti sul territorio francese: la produzione di carburante della principale compagnia petrolifera d’oltralpe (più del 50% del mercato francese) si è quindi arrestata con un enorme danno per l’azienda e con il reale rischio i una carenza di carburante per tutto il paese. L’appoggio delle altre raffinerie Total è venuto meno quando il 24 febbraio scorso la CGT, il sindacato legato al Partito Comunista Francese ha lanciato un appello affinché lo sciopero nazionale contro la chiusura della raffineria di Dunkerque avesse termine. L’accordo con la compagnia e il governo era fatto, la chiusura dello stabilmento di Dunkerque poteva aver luogo: i suoi lavoratori sarebbero stati l’agnello sacrificale di fronte alla promessa senza alcun valore di non ridurre la produzione nelle raffinerie superstiti. In tutte le raffinerie ci sono state assemblee infuocate e scontri con il sindacato, che alla fine è riuscito a far terminare lo sciopero nazionale ad oltranza. I lavoratori della raffineria di Dunkerque hanno invece votato per continuare sia lo sciopero sia l’occupazione almeno fino al consiglio di amministrazione della compagnia che si terrà a Parigi l’8 marzo. Con l’appoggio di alcuni sindacati di base hanno dato appuntamento proprio in tale data per una manifestazione a Parigi, l’obiettivo resta la reale difesa dei posto di lavoro. Appare sempre più evidente di fronte alla crisi come la logica sindacale non sia solo perdente ma spesso controproducente; il tradimento della CGT non è che un esempio fin troppo evidente di come il sindacato, accettando le compatibilità del sistema, non possa che fare gli interessi del padronato e questo nel tempo della crisi vuol dire sempre più sfruttamento e disoccupazione.
Stati Uniti
Il governo statale della California sta utilizzando la crisi come scusa per apportare grossi tagli ai servizi pubblici; tra questi spicca l’aumento del 32% delle rette nelle università pubbliche dello Stato. In risposta a questo attacco gli studenti e i dipendenti delle università hanno iniziato a compiere occupazioni in tutta la California. Questa protesta radicale sta ottenendo una vasta partecipazione anche nelle università californiane tradizionalmente meno attive dal punto di vista politico come San Diego, Irvine, Riverside e Davis. Gli studenti delle università californiane stanno bloccando il regolare funzionamento dei loro atenei con pesanti picchetti grazie anche alll’appoggio di molti dipendenti degli stessi atenei che, invece di spingere per tornare al lavoro, si sono uniti alla lotta. Ad Oakland un migliaio di studenti dell’università di Berkeley si sono uniti agli studenti e agli insegnanti delle scuole pubbliche ed hanno assediato per mezza giornata il municipio e si sono infine diretti a manifestare verso alcune importanti arterie autostradali; il bilancio degli arrestati è stato pesante. Manifestazioni analoghe stanno avendo luogo anche a New York ed in altri 30 Stati e, sebbene abbiano ancora un’impronta riformista, danno l’idea di un paese che non accetta più del tutto passivamente gli attacchi della propria borghesia allo stato sociale. Il coinvolgimento, oltre agli studenti, di importanti settori di lavoratori, anche contro la politica di frammentazione dei sindacati, è un fatto comunque di grande importanza, tanto più se dalla lotta riusciranno ad emergere posizioni chiaramente anticapitaliste.
Nigeria
Il 23 febbraio scorso una protesta pacifica di più di 200 lavoratori della DESDPADEC, la società statale che gestisce lo sfruttamento delle enormi risorse petrolifere del delta del Niger, è stata brutalmente repressa dalla polizia e da formazioni paramilitari. I lavoratori chiedevano il pagamento dei salari arretrati di diversi mesi e la risposta è stata solo la repressione più cruda (fonti non ufficiali parlano anche di un morto tra i manifestanti). Purtroppo nel delta del Niger la violenza è una triste abitudine e il petrolio è una maledizione per una popolazione che deve subire gli scontri tra lo Stato e le milizie di ribelli che cercano di ottenere il controllo dei pozzi. Spesso queste formazioni si danno una giustificazione ambientale e di tutela della popolazione locale; in realtà si muovono per lo stesso fine della borghesia nazionale al governo e dei suoi burattinai stranieri: la rendita da petrolio.
TomBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
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