Vaticano: il fine giustifica i mezzi

Paradisi concreti in terra e astratte promesse celesti

Sul Vaticano si addensano nubi temporalesche e qualche fulmine si è già abbattuto sul dicastero di Propaganda Fide: i cinque anni di gestione del cardinale Sepe e della sua squadra di monsignori e “gentiluomini” (con un giro di amicizie romane non certo delle migliori) non sembra siano stati trasparenti né tanto meno esemplari. E col cardinale al centro di indagini della magistratura italiana, la Santa Sede apre già l’ombrello delle “responsabilità personali”, alzando barricate attorno ad un patrimonio, quello della Fide, stimato in almeno nove miliardi di euro.

Impegnata a promuovere “il bene comune” della... intera umanità, la Santa Sede si è intanto assicurata un suo paradiso fiscale, in attesa di poter godere di quello beatamente concesso alle brave pecorelle del gregge del Signore. Ai caproni e ai montoni in abito talare, visto il moltiplicarsi degli scandali e delle molestie a danno degli indifesi agnellini, sembra venga ora assegnato un “inferno più duro”. Nel frattempo, nei locali ad aria condizionata della Banca del Papa, prospera la gestione di un sofisticato sistema di conti cifrati che nulla hanno da invidiare agli scandali degli anni Ottanta (Marcinkus, Sindona e Calvi), quando si muovevano centinaia di miliardi di vecchie lire riciclando tangenti e proteggendo personaggi eccellenti. Il tutto al riparo di fondazioni benefiche fittizie e di opere di religione pie, in aiuto alla lotta per la leucemia o per i bambini poveri… Vedi il libro di G. Nuzzi - Vaticano Spa, edizioni Chiarelettere - con abbondante materiale documentario.

A beneficiare dei nuovi conti (un giro di centinaia di milioni di euro) si possono trovare banchieri, imprenditori, immobiliaristi e politici eminenti. Si opera all’insegna delle più abili alchimie finanziarie, non aderendo ad alcuna convenzione antiriciclaggio e quindi anche ripulendo denaro da qualunque parte provenga.

L’Istituto per le Opere Religiose o, come tutti lo conoscono, lo IOR (questo è il nome della Banca del Papa), concede ai suoi selezionatissimi clienti interessi minimi del 12% all’anno a garanzia dei proventi a rischio zero, impensabili nel resto del mondo occidentale. Sicurezza del capitale, celestiali profitti e un anonimato blindato nella cassaforte della torre in cui si trova la sede centrale dell’Istituto, con i suoi 5 miliardi di euro. Negli ultimi 30 anni lo IOR è stato coinvolto in tutti gli scandali che hanno devastato l’Italia, ma mai nessun giudice ha chiesto un’indagine, neanche di routine, per cercare di capire, nel caso ci fossero, quali erano le responsabilità dei banchieri vaticani. No, non è fantascienza, ma solo alcune rivelazioni de “La Questua”, saggio che da mesi è in cima alle classifiche di vendita in Italia, anche se è ignorato dalla maggioranza dei media. Il volume è il risultato di anni di ricerca del giornalista Curzio Maltese, che da tempo indaga su questi temi nonostante il muro di gomma delle autorità ecclesiastiche.

A vegliare sul network affaristico c’è l’Opus Dei. Nel suo El sentido cristiano de la riqueza (Madrid 1988, pag. 15), l’ "opusiano" A. Fuentes scrive:

Quando Gesù nel sermone della montagna disse beati siano i poveri, faceva un’affermazione spirituale ma non socio economica.

Ed ecco come J. Sainz Moreno (Their Kingdom Come: Inside the Secret World of Opus Dei, St. Martin Press, 1999, pag. 324-325) spiegava che

la gerarchia dell’Opus Dei sa bene che il denaro governa il mondo e che l’egemonia religiosa in un paese o in un continente dipende dall’ottenere l’egemonia finanziaria. (…) L’obiettivo aziendale dell’Opus Dei è stato. In primo luogo, quello di controllare le finanze vaticane al fine d controllare il Vaticano stesso. In secondo luogo quello di raggiungere il più ampio livello di egemonia finanziaria dovunque sia possibile. Ma per riuscire in questa impresa nel modo che Escrivà (fondatore dell’Opus Dei - ndr) suggeriva ai suoi luogotenenti, era necessario sviluppare e gestire un capitale transnazionale.

Superflui ulteriori commenti, ma un nostalgico pensiero torna ai bei tempi di Sindona, e ai suoi compari

della democrazia Cristiana, dei servizi segreti, dell’Istituto opere di religione - lo IOR, la Banca sporca del Vaticano manovrata dal vescovo Marcinkus…

E di Calvi, l’allievo di Sindona

anche lui tra affari criminali, mafia, massoneria, il Partito socialista, i segreti del Vaticano, i potentati dell’economia e della politica. Il Calvi banchiere della banca dei preti, il Banco Ambrosiano, dove veniva raccolto il denaro dei piccoli risparmiatori che, senza sospetti, seguivano i consigli dei preti.

Così scrive Corrado Stayano in La città degli untori – Garzanti 2009.

Cosa non si farebbe per un pugno di “sterco del diavolo”, come nelle storielle su Cristo è definito il denaro!