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Home ›Al capitale gli anziani non servono... ma neppure i giovani
L’età pensionabile è destinata a diventare un incubo per i governi del capitale, specie per quello italiano impegnato in chiusure di finestre pensionistiche e modifiche al ribasso dei parametri di aggancio a prospettive demografiche di durata della vita. Poiché queste si alzerebbero, chissà, potrebbero persino imporre al capitale una qualche “soluzione finale” per gli anziani, da riciclare fra le sperimentazioni storiche effettuate dalla borghesia internazionale (non solo dai nazisti) e in casi estremi applicabili su qualunque “categoria” di umanità superflua per la conservazione del capitale. Il quale, con la sua abituale ipocrisia, parla di un aumento di aspettative di vita quando sta facendo di tutto per ridurle – meno che alla borghesia - visto il costante peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita imposti al proletariato, oltre i tagli a prevenzione sanitaria e a cure mediche di chi non ha soldi per pagarsele in privato.
Intanto, il capitale, in crisi comatosa, non può tollerare a lungo un totale di 23.836.000 prestazioni assistenziali dichiarate dall’Inps, ovvero 12.095.000 pensioni di vecchiaia in aggiunta a quelle di invalidità, ai superstiti, ecc. Per i proletari “più fortunati”, spremuti come limoni fino al disfacimento fisico, le pensioni saranno pur sempre inferiori al 60% del loro ultimo stipendio. Ci sarebbe la grande pensata del “welfare societario”, cioè nuove “reti di protezione” private, in sostituzione di quelle pubbliche: ma si devono rendere obbligatori i versamenti nei Fondi pensione e in seguito anche in quelli sanitari. Tutto con “modi gentili” come ci insegnano gli Usa. Peccato che si debbano fare i conti con la crisi e coi salari in ribasso, specie dei precari, ovvero cifre sulle quali c’è poco, anzi niente, da “risparmiare”! E poi ci sono i disoccupati, in buona parte giovani… Così molti (un milione rispetto a 840mila nel 2009) iscrittisi ai Fondi pensione nel 2010, hanno già sospeso i versamenti. Meno adesioni e meno “regolarità” delle contribuzioni.
Le simulazioni delle future pensioni che dovrebbero percepire i lavoratori precari sono impedite dall’Inps: sapere che le cifre massime arriveranno a non più di 300 euro mensili (ma già oggi la metà dei pensionati sopravvive con 500 euro) potrebbe disturbare la… pace sociale. Milioni di giovani, se saranno così fortunati da strappare per breve tempo un salario comunque miserabile, avranno assicurato un assegno pensionistico da fame. Una “giusta pensione” – otto euro al giorno – secondo il presidente dell’Inps, Mastra. Altro che essere “indignati” e reclamare “il rispetto dei diritti dei lavoratori”! E pensare che per “salvare l’Italia” scende in campo anche la Marcegaglia che, a nome della Confindustria, interviene in difesa dei giovani e delle loro future (?) pensioni, reclamando “iniziative serie e concrete” per un’altra riforma delle pensioni (si è perso il numero della serie…) che “non penalizzi i giovani”.
Dopo queste battute, purtroppo da avanspettacolo e da parte di chi non sa più quale copione recitare, torniamo al dramma che vivono i pensionati d’oggi e in prospettiva quelli di domani, constatando per di più che il Paese sta invecchiando e, stando ai dati diffusi dal Ministero del Lavoro, senza flussi migratori nel 2014 si ricadrebbe sotto i 60 milioni di abitanti con un 23,2% di anziani e soltanto il 13% di giovani. La popolazione in età potenzialmente lavorativa si assottiglierebbe al 63%; in 20 anni calerebbe di 5 milioni di unità. Un altro bastone fra le ruote del carro della agognata “crescita” capitalistica, che vede la forza-lavoro, base produttiva di plusvalore, restringersi. Sempre immaginando che il sistema, anziché barcollare come sta accadendo sotto i colpi della crisi, possa rioccupare i disoccupati e trovare soprattutto profittevole lo sfruttamento loro e di quelli che entreranno in seguito nel mercato del lavoro. Cosa che – sia detto di passaggio – il capitale farebbe ben volentieri, se non fosse attanagliato nella necessità per lui vitale di incrementare costantemente la produttività tecnologica, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
A complicare i conti del capitale ci si è messo pure il calo della domanda, solvibile, di beni di consumo, già indebolita (secondo dati Confindustria 2010) da un calo della popolazione di 2,3 milioni di abitanti a causa del saldo negativo fra nascite e funerali. La Unioncamere, nel 2006, aveva già evidenziato che il 9, 2% del valore aggiunto nei processi produttivi risultava dall’apporto dello sfruttamento della forza-lavoro degli immigrati, con una quota di circa 122 miliardi di euro del Pil. E qui entrano in conteggio i contributi versati dagli immigrati all’Inps (un totale annuo di 5 miliardi di euro, secondo l’Inps stesso) e senza uscite in assegni pensionistici per coloro che Bossi e i militi padani in camicia verde vorrebbero mandare “fora di ball”… Loro, naturalmente, da “Roma ladrona” non intendono allontanarsi, se non durante i comizi ai fantomatici milioni di baionette pronte all’attacco di non si sa bene cosa e chi. (CD)
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
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