Gli operai Fiat sono soli

Ma da questa consapevolezza può partire la lotta contro falsi amici e veri nemici

Volantino distribuito alla manifestazione degli operai di Pomigliano, 2012-10-03

Solo un politicante, solo un sindacato impegnato a battere ogni record di servilismo nei confronti del padrone, poteva credere - o fingere di credere - al cosiddetto piano “Fabbrica Italia” annunciato due anni fa. Era evidente che il referendum “proposto” dall'azienda, e sostenuto dai sindacati complici (o più complici...), era solo un cappio dentro cui la classe operaia era sollecitata a infilare il collo. Tra Pomigliano e Torino, gli operai, in maggioranza, rifiutarono il ricatto, ma il loro coraggio venne sommerso dal voto dei rassegnati, degli impauriti, di capi, capetti e ruffiani. Una prova in più che quando si sostituisce la scheda della democrazia borghese alla lotta si perde in partenza.

La stessa «estremista» Fiom ha mai chiamato i lavoratori alla lotta vera. Un No formale al piano ma allo stesso tempo la disponibilità ad accettare gran parte dei sacrifici, purché fossero ricondotti al contratto nazionale (un altro bidone…). Manifestazioni di piazza, ricorsi legali, richiami alla costituzione, ecc ecc. ma la lotta di classe è un’altra cosa e dove puntare a danneggiare i padroni, a bloccare la produzione e la circolazione delle merci.

Quella battaglia la classe operaia avrebbe dovuto combatterla sull'unico terreno che le appartiene: il conflitto di classe aperto.

Com’era prevedibile, Marchionne se n’è uscito dicendo che i venti miliardi per la “Fabbrica Italia” non ci sono, che le condizioni sono cambiate ecc. ecc. Ma la crisi generalizzata – caro Marchionne – non è una calamità naturale essa è l’inevitabile approdo del sistema economico e sociale (il capitalismo) tanto caro ai Padroni e ai loro servi.

Tempi ancora più duri si annunciano per la classe operaia Fiat e in questa situazione, gli operai sono, una volta di più, soli. Non possono certo trovare degli alleati in Della Valle o Romiti, critici di Marchionne per motivi di bottega. Nemmeno nel centro-sinistra, a suo tempo sostenitore del diktat di Pomigliano e Mirafiori. Ancor meno nei sindacati, che, firmatari o no degli accordi, al massimo proclameranno il solito sciopericchio, con le modalità solite, che farà a dir tanto il solletico a Marchionne e trista compagnia. Nel governo, allora? Su, siamo seri…

No, nessuno è dalla parte della classe operaia, ma il rendersi conto di questo e il rendersi conto che gli interessi del capitalismo sono inconciliabili con quelli della classe operaia, sarebbe già un passo in avanti, necessario per poter acquisire la consapevolezza che solo organizzandosi dal basso, sbarazzandosi dei sonniferi e delle camicie di forza sindacali, c’è la possibilità di non farsi prendere sistematicamente a pesci in faccia senza nemmeno cercare di restituire i colpi. Sarebbe solo l’inizio della partita, ma almeno si giocherebbe, la partita…

invitiamo i lavoratori Fiat e dell’Indotto, che in questi giorni stanno cercando di mobilitarsi, a superare le divisioni, a mettere da parte le bandiere sindacali, a scavalcare i sindacati stessi. Unitevi dando vita a vostri comitati di lotta, ad assemblee organizzate fuori e dentro la fabbrica.

I padroni rispondo alla crisi intensificando lo sfruttamento, non conoscono alternativa. Ma quale è la nostra alternativa? Il referendum sull’articolo 18? La nazionalizzazione delle aziende in crisi? Un governo migliore? Beppe Grillo? De Magistris? Non facciamoci illusioni, l’unica reale soluzione passa per la presa del potere da parte del proletariato e l’abbattimento del capitalismo.

Come cancellare questo sistema economico? Come si libera la produzione dalla logica del profitto, come socializzare i mezzi della produzione? Come prendere il potere? Quale sistema economico costruire? Noi internazionalisti crediamo fortemente che ci sia necessità di iniziare a porre questi temi al centro del dibattito tra i lavoratori.

I compagni di Battaglia Comunista
Mercoledì, October 3, 2012