Cambia il governo, restano i padroni

Il primo dato che emerge dopo i risultati elettorali - col centrosinistra in maggioranza alla Camera, una situazione di pareggio al Senato tra Pd e Pdl, e soprattutto l'exploit di Grillo - é l'ingovernabilità del paese. Le formazioni minori, come quelle che dovevano dare vita al grande Centro di Fini e Casini, sono state estromesse dalla scena politica. Partiti come il Pcl di Ferrando all'estrema sinistra, com'era scontato, si sono dovuti accontentare di un pugno di voti vedendo - come i partiti della estrema destra - più che dimezzarsi i loro voti rispetto al 2008.

Al momento non ci sono i numeri per mettere insieme una coalizione di governo e già si parla di ritornare alle urne, ma per i prossimi 6 mesi non sarà possibile, vista la scadenza del settennato di Napolitano. Le ripercussioni sulle Borse e sui mercati non si sono fatte attendere, gia dalle prime ore, e i paragoni con la Grecia si sprecano. A noi questo dato non scalfisce comunque la convinzione che, a prescindere dal conducente, é l'autobus a essere scassato.

A fare presa sulle masse in tempo di crisi, é stata ancora una volta la demagogia, le promesse facili e la politica urlata. A un Bersani diviso quasi fino alla fine sull'allearsi con Monti o con Vendola, si contrapponevano:

  1. un Berlusconi che spediva in ogni casa lettere dove giurava di restituire quell'Imu che, in anticipo su Monti, stava per adottare lui stesso e della quale, durante la prima fase del governo Monti, sottolineava a più riprese l'indispensabilità per la tenuta dei conti pubblici;
  2. un Grillo che scavalca a sinistra - si fa per dire - Bersani, con un programma tanto chiaro quanto demagogico, che, sotto un certo punt o di vista, ricorda per le “sparate” il programma del primo fascismo del 1919 (che non a caso si collocava, a parole, a sinistra); in breve, un programma confuso e interclassista espressione dell'avversione di larghe fasce di popolazione alla politica tradizionale, ma anche alla lotta di classe.

Alla notizia del miracolo elettorale del Berlusca il “popolo di sinistra” ha versato lacrime di indignazione, chiedendosi come gli italiani possano ancora, nonostante anni di scandali e ruberie, dare fiducia al “Viscido” di Arcore, che anche in campagna elettorale non ha lesinato show sessisti. Un poco ce lo chiediamo anche noi, ma ci affrettiamo subito a chiedere al popolo cosiddetto di sinistra di quali alternative i suoi dirigenti si siano fatti portatori, in modo da mandare definitivamente in pensione Berlusconi e il berlusconismo (prodotto legittimo della formazione sociale del capitalismo italiano). Ma consigli elettorali noi non ne diamo, ribadendo che può cambiare il conducente, ma é l'autobus capitalismo che perde colpi e non solo in Italia. Ci si scontra su come gestire la crisi, ma sempre all'interno dello stesso quadro economico.

Per concludere. A chi ci accusava di un l'astensionismo facile e poco propositivo, rispondiamo che oltre al rifiuto della scheda e dell'urna bisogna ora più che mai “riprendersi” le strade, le scuole, i posti di lavoro, nel senso di dare fiato e gambe alla lotta di classe e al partito rivoluzionario che, solo, può rappresentare una reale alternativa, guidando al percorso volto al superamento di questo sistema economico-sociale. Di sicuro, il 25% di astenuti non era composto, se non in minima parte, da comunisti rivoluzionari, ma è comunque sintomatico dello schifo nei confronti della politica borghese.

Lo stesso schifo nutrito dai grillini e, perché no? da gran parte dello stesso “popolo di sinistra”, irretito e illuso dalle speranze di un impossibile, e comunque tutto interno alle logiche del capitale, riformismo. Sta alle avanguardie politiche comuniste trasformare l'atteggiamento di sdegno, di rifiuto, le speranze di cambiamento e di “giustizia” così malamente espresse tanto dal grillismo quanto dalle “sinistre” e dall'astensionismo fine a se stesso in prospettiva di cambiamento sociale. È un compito immane, nessuno si illude, ma di “terze vie” non ce ne sono.

IB
Mercoledì, February 27, 2013