Thatcher è morta, ma il sistema che l'ha generata deve ancora essere seppellito

Qualche settimana fa l'ennesima indagine sociologica ha concluso che la vecchia divisione tra la classe lavoratrice e quella medio-alta sarebbe troppo semplicistica per il nostro mondo moderno. Le risposte alla morte di Margaret Thatcher sembrano indicare esattamente l'opposto. Per chi era ricco ed è diventato ancora più ricco dopo la deregolamentazione del governo Thatcher, lei è un'eroina. Per le comunità degradate della Scozia, del Galles e dell'Inghilterra del Nord non vi è altro che amarezza. Nelle feste celebrate a Brixton e Bristol, come nelle untuose colonne di elogio scritte dai suoi difensori capitalisti più reazionari, la guerra di classe continua.

La classe operaia in Gran Bretagna ha subito un evidente calo del potere d'acquisto a partire dal 1973. Thatcher è un'icona che rappresenta tutte le sofferenze patite da più di una generazione. D'altra parte, per i ricchi Thatcher è stata “la grande trasformatrice”, la salvatrice del capitalismo britannico. In realtà il quadro è più complicato. Il thatcherismo, come vedremo, è la personificazione di una particolare fase raggiunta dalla crisi economica mondiale. (1)

I primi anni

L'avvento di Thatcher nel 1979 fu accompagnato da una richiesta “francescana” di armonia sociale, ma in realtà senza nessun chiaro programma. Si limitò a riproporre l'agenda del governo conservatore dei primi anni Settanta, adottando però con rigidità la ricetta monetarista, proposta dai laburisti e dal FMI, ed aumentando i tagli. In questo modo, aumentarono anche l'inflazione (passata dal 15% al 22% nei primi due anni del mandato) e la disoccupazione (raddoppiata, fino a toccare ufficialmente 3 milioni di persone, al netto di manipolazioni e ripetute modifiche alle soglie di conteggio). Sul fronte della lotta di classe, registrò un successo contro i metalmeccanici, dopo uno sciopero di tredici settimane all'inizio del 1980. In questo fu aiutata dal sindacato ISTC, guidato da Bill Sirs (2). Ma la sconfitta fu dovuta soprattutto ad un fatto nuovo. Lo sciopero non era teso a mantenere i salari al passo con l'inflazione, ma a difendere posti di lavoro. Fino a quel momento, un elemento centrale di tutte le economie industrializzate era stata la difesa delle “leve fondamentali dell'economia nazionale”, sia a capitale statale che privato. Ma il capitalismo inglese aveva rinunciato ad un certo settore della produzione, sottocapitalizzandolo e affidandosi all'ombrello protettivo degli USA, e quindi non si preoccupava più dei danni arrecati dallo sciopero. Se la classe operaia non si adattatava alla ristrutturazione, le industrie potevano essere abbandonate. Grazie a questa politica di tagli, nel 1982 la Thatcher risultava il Primo Ministro più impopolare di tutti i tempi.

La guerra di classe nel 1980

La pretestuosa guerra delle Falkland, accompagnata da un'ondata di nazionalismo che non si vedeva in Gran Bretagna dall'inizio della Prima Guerra Mondiale, riportò tuttavia in auge Thatcher (3). Il suo secondo mandato fu il vero punto di svolta per la classe operaia. Il trasferimento di Ian Macgregor, dall'industria siderurgica a capo del settore carbonifero, indicava come il prossimo obiettivo fossero i minatori. (4) In questo caso, se le dure lotte non fossero rimaste isolate, la situazione avrebbe potuto forse cambiare, ad esempio quando i portuali scioperarono nel mese di agosto 1984. Ma i sindacati si impegnarono a tenere gli scioperi separati, lasciando soli i minatori, proprio come nel 1926. Alla fine, i minatori furono sconfitti per la stessa ragione dei lavoratori delle acciaierie. Lo sciopero a difesa dei posti di lavoro, quando i capitalisti hanno già deciso di abbandonare il settore, diventa un'arma inefficace, soprattutto se i lavoratori colpiti restano isolati. Ma anche in queste condizioni, al governo Thatcher la dura lotta contro i minatori costò una fortuna, e non avrebbe potuto permettersela senza gli ingenti introiti dal petrolio del Mare del Nord (5). La sconfitta dei minatori fu una sconfitta per tutta la classe operaia (e non solo in Gran Bretagna). Ma il fatto che l'era Thatcher coincise con la rivoluzione del microprocessore fu un evento fortuito. La ristrutturazione in quel periodo divenne un fenomeno globale. Mentre la crisi esigeva tagli massicci, al contempo la diffusione delle nuove tecnologie informatiche permetteva di superare la necessità delle grandi concentrazioni operaie e proletarie, in molti settori lavorativi.

Le privatizzazioni

Un altro mito riguardante l'era Thatcher è l'aver “arretrato le frontiere dello Stato”. È vero che molte industrie e servizi pubblici furono privatizzati, ma ciò che è realmente accaduto non si accorda perfettamente con la leggenda. (6) Anzichè segnare un arretramento delle frontiere dello Stato, la spesa pubblica rimase attorno al 40% del Pil, esattamente come nei periodi precedenti. In realtà, lo Stato ha semplicemente mutato nel tempo il suo ruolo, di fronte alla crisi capitalista. Se da un lato il governo Thatcher eliminò molte forme di protezione per la classe lavoratrice e impose una ferrea regolamentazione anti-sciopero, impedendo qualsiasi significativa forma di difesa, dall'altro lato deregolamentò completamente i mercati finanziari. Ma dopo l'arroganza viene la nemesi. E Thatcher alla fine fu travolta dalla sua stessa “poll tax”, che cancellava l'aliquota del 40% sui redditi alti e imponeva una imposta comunale uguale per tutti, poveri e milionari. L'errore fatale, quello che fece sprofondare la sua popolarità fino a renderla impresentabile, fu quello di attaccare l'intera classe operaia e di ottenere una massiccia rivolta fiscale come risposta unitaria.

La reale eredità

In una delle sue frasi più famose e tristi, Thatcher affermò che “la vera società non esiste”. Ciò riassume la concezione capitalista del sistema economico come costituito da individui liberi e uguali tra di loro, che stipulano contratti tra pari. La crisi del 2007 ha dimostrato quanto fosse ridicola quest'idea, fulcro del pensiero neo-liberista. Infatti, nonostante alcuni ritengano che Thatcher abbia impresso una reale svolta all'economia della Gran Bretagna, la verità è che la crisi non si è affatto fermata. Le banche e il sistema finanziario si sono invece improvvisamente rivelate essenziali per la “società”. Lo Stato si è quindi mobilitato per il loro salvataggio, sostituendo il “welfare” dei lavoratori con il “welfare” dei banchieri. In effetti, Margaret Thatcher era una persona del tutto odiosa, profondamente razzista nel suo entusiasta sostegno per l'apartheid, sostenitrice del macellaio sanguinario Pinochet in Cile. Aveva una idea di libertà a senso unico a favore dei capitalisti: la libertà degli sfruttatori di fare ciò che vogliono, contrapposta alla resistenza collettiva, vista come un tradimento. Era infine assolutamente cieca rispetto alla sofferenza inflitta a milioni di persone. Detto questo, e a costo di infastidire molti lavoratori, che ritengono Thatcher unica responsabile della distruzione della loro comunità, bisogna pure dire che non era lei il vero problema e non lo è mai stata. Tutta la sua azione politica ed economica era semplicemente quella imposta dal capitalismo, anche se infarcita di una retorica apertamente classista. Quando diceva che “non c'è alternativa” ai tagli e ai licenziamenti, stava solo ripetendo quello che la classe capitalista globale già sapeva. Il problema infatti era e resta il capitalismo, con le sue inevitabili e sempre più pesanti crisi.

Jock

(1) Per un analisi del periodo storico post-bellico in Gran Bretagna, si veda la versione inglese dell'articolo: leftcom.org

(2) Non dimenticheremo mai la scena dei metalmeccanici che strappano o bruciano le tessere dopo il “tradimento” del sindacato nelle trattative. Sirs, divenuto poi un amico personale di Thatcher, aveva addirittura giudicato sgradito il picchettaggio fatto dai minatori in solidarietà con i metalmeccanici.

(3) Gli effetti della crisi economica mondiale non erano limitati al Regno Unito. In Argentina, dopo anni di una dittatura militare assassina, la classe operaia stava riprendendo la piazza, con scioperi diffusi. In quel momento Gran Bretagna ed Argentina stavano trattando sul futuro di alcune piccole isole del Sud Atlantico. L'inettitudine dei negoziatori inglesi aveva mostrato alla controparte un largo disinteresse (peraltro reale) sulla questione. Il dittatore argentino Galtieri, avuto sentore di ciò, vedeva l'opzione di una “breve guerra vittoriosa” come un modo per distogliere l'attenzione dalla crisi del suo governo. Per Thatcher si apriva invece l'opportunità di poter impersonare Winston Churchill. Ottenne infatti una prevedibile vittoria contro le scarse e malmesse forze argentine.

(4) La strategia e la tattica non furono però tracciate da Thatcher, ma da Nicholas Ridley, nel cosiddetto “piano Ridley”. La chiusura delle miniere doveva essere annunciata solo dopo aver accumulato ingenti scorte di carbone, affidato il trasporto di carbone a privati anzichè alle ferrovie, centralizzato le operazioni di polizia, aumentato il numero di centrali elettriche alimentate a gas, concesso migliori condizioni ai lavoratori delle centrali elettriche e ai poliziotti. Inoltre ci furono trattative con i dirigenti sindacali dei minatori del Nottinghamshire per tenerli fuori dello sciopero, con la falsa promessa che le loro miniere sarebbero state risparmiate. Il sindacato NUM, che era al corrente dei piani, si guardò bene dall'intralciarli in alcun modo. L'annuncio finale del programma di chiusura fu ritardato fino a febbraio 1984, quando l'inverno volgeva al termine. La risposta dei minatori fu uno sciopero spontaneo a Cortonwood, in South Yorkshire, seguito presto da da molte altre miniere. Thatcher stessa rimase sgomenta di fronte ad una ondata di scioperi che durò più di un anno. Pensava di poter allettare i lavoratori, offendo loro la possibilità di comprarsi le case popolari, precludendo però i mutui ai minatori in sciopero. Ma nelle comunità minerarie la prospettiva fu rigettata nettamente.

(5) Ad oggi, dal punto di vista capitalista, la scelta del governo Thatcher di sfruttare il petrolio per pagare i debiti e le spese correnti non sembra molto saggia, considerando che la Norvegia è invece riuscita ad accumulare un fondo sovrano di 700 miliardi di dollari, dilazionando le estrazioni e approfittando prezzi di mercato più favorevoli.

(6) In primo luogo la privatizzazione non iniziò come una crociata ideologica, ma come risposta ad una necessità pragmatica. La rete telefonica era antiquata, come la maggior parte delle altre industrie e infrastrutture britanniche, ma lo Stato non poteva permettersi i massicci investimenti, necessari per integrare le nuove tecnologie. Così la soluzione fu di realizzare i lavori con contratti esterni e privatizzare le aziende. Naturalmente, le azioni furono massicciamente sottovalutate e vendute ad un prezzo stracciato, come in tutte le privatizzazioni successive. Smentendo inoltre la visione del governo Thatcher, che prefigurava una fiorente concorrenza in contrapposizione al tanto odiato monopolio statale, la privatizzazione ha dato semplicemente la stura ai cartelli (come nel settore del gas) e al monopolio privato. D'altro canto, il governo Thatcher offese i monetaristi più puri, ampliando le possibilità di ottenere sussidi di invalidità, come artificio per abbassare il tasso di disoccupazione ufficiale, ha centralizzato come nessun altro prima il potere dello Stato.

Martedì, April 23, 2013