Fiat di Pomigliano: sfruttamento, repressione e sceneggiate della FIOM

La situazione a Pomigliano

L’attuazione del piano Marchionne partì proprio dallo stabilimento di Pomigliano (NA). Sono passati ormai tre anni e la promessa di far rientrare tutti i lavoratori in fabbrica non è stata, ovviamente, mantenuta. Ovviamente, perché con la produzione della sola Panda e con l’aumento dei ritmi di lavoro previsti dal Piano una parte della forza-lavoro sarebbe risultata per il Capitale inevitabilmente “superflua”.

L’accordo locale sottoscritto quattro mesi fa da Fim, Uilm, Fismic e Ugl sanciva la fine prematura della tanto decantata Newco Fabbrica Italia – nata dal Piano Marchionne – e il ritorno di tutti i lavoratori sotto l’insegna della Fiat Group Automobiles. Ma, a parte i giochetti Fiat, il relativo cambio di nome, ecc., nella sostanza la situazione occupazionale a Pomigliano era e resta disastrosa. Dal Piano Marchionne in poi la fabbrica non ha mai impiegato tutti i lavoratori (4500 circa), i periodi di attività si sono alternati con lunghe pause durante le quali l’impianto è stato praticamente fermo. Nella Newco sono stati impiegati meno della metà dei lavoratori, la restante parte è stata lasciata perennemente, o quasi, in cassa integrazione. La situazione ha avuto pesanti ripercussioni anche sull’indotto. Lo stabilimento ex Ergom di via Poggioreale (indotto Fiat-Magneti Marelli), per esempio, impiegava circa 720 lavoratori ma ormai si ritrova senza commesse ed è destinato, secondo i pian padronali, alla dismissione.

Discorso a parte merita il reparto WCL (World Class Logistics) di Nola. Nel 2008 vennero esternalizzati presso questo stabilimento 316 lavoratori. La cacciata avvenne a suon di manganellate. I lavoratori bloccarono per diversi giorni, con picchetti ai varchi di entrata, la fabbrica. Questo impianto, da allora, non ha mai funzionato ma non c’è da meravigliarsi, l’obiettivo che la FIAT voleva perseguire con quella operazione era chiaro: tenere lontani dallo stabilimento di Pomigliano i lavoratori che in qualche modo avrebbero potuto intralciare i futuri piani della Fiat. Presso Nola vennero confinati tutti gli operai più “fastidiosi” e i lavoratori RCL (Ridotta Capacità Lavorativa).

È doveroso sottolineare che gli stessi operai impiegati oggi per la produzione della Panda (poco più di 2000) non se la passano bene di certo visti i ritmi infernali imposti in fabbrica: intimidazioni, ricatti e ritmi disumani per chi ha la “fortuna” di lavorare, 700-800 euro al mese per chi resta a casa in Cig ed un futuro incerto per tutti, questa è la situazione alla Fiat di Pomigliano.

Lottare per abolire la proprietà privata, per abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo

Nonostante il persistere di lavoratori in Cig a zero ore la Fiat aveva previsto un recupero di produzione da effettuare attraverso due sabati lavorativi: 15 e 22 giugno. Non c’è lavoro per tutti ma poi si chiede agli operai il sabato lavorativo e lo straordinario, sembra paradossale ma è così. D'altronde questa modalità di gestire la forza-lavoro si è ormai consolidata a livello internazionale. Vista la crisi economica capitalista, e quindi la conseguente instabilità nel ciclo produttivo, le esigenze di profitto del capitale pretendono un uso della forza-lavoro estremamente flessibile, con un regime di sfruttamento ancor più insopportabile. Da un lato si tengono lavoratori fuori dal ciclo produttivo e dall’altro si allungano giornata e settimana lavorativa, spremendo come dei limoni gli operai impiegati.

A molti la situazione potrà sembrare assurda, e difatti lo è, ma questa assurdità è la conseguenza di un modo di produrre e distribuire la “ricchezza” che non ha al centro il soddisfacimento dei nostri bisogni, bensì il profitto dei padroni. In questa società – in Italia come in qualsiasi altra parte del mondo – i mezzi per produrre e distribuire la ricchezza sono infatti proprietà privata di un pugno di borghesi. La classe padronale gestisce la produzione mettendo al centro il profitto e quindi l’accrescimento del proprio Capitale, ogni aspetto della nostra vita è subordinato alla valorizzazione del Capitale. È su questo aspetto fondamentale che – anche in questa occasione – invitiamo a porre l’attenzione e a riflettere.

È logico e doveroso difendere le nostre condizioni di vita e di lavoro ma fino a quando ci sarà il capitalismo saremo una classe di sfruttati, ad uso e consumo di industriali, banchieri e servili politicanti. Dobbiamo lottare con tutte le nostre forze, fuori dalle istituzioni, oltre i sindacati ma senza illuderci, lotta intransigente non significa vittoria certa: qualsiasi vittoria parziale potrà in futuro essere riassorbita dal sistema e scaricata nuovamente su di noi proletari. La crisi capitalista, nonostante i sacrifici non si arresta, anche la lotta più dura non potrà far tornare indietro le lancette dell’orologio.

Noi internazionalisti – per quello che possiamo - saremo sempre al fianco dei lavoratori che lottano ma cercheremo sempre, al contempo, di stimolare questi lavoratori a prendere coscienza, ad impegnarsi – fin da adesso - per costruire l’alternativa rivoluzionaria al capitalismo. Questa alternativa dovrà passare attraverso il superamento delle istituzioni borghesi, la presa del potere politico da parte della classe proletaria e l’abolizione della proprietà privata. I mezzi per produrre e distribuire la ricchezza devono essere socializzati, ovvero sottratti alla classe padronale, posti sotto il controllo del potere proletario e messi a disposizione dell’intera società.

I sabati lavorativi, i picchetti e le sceneggiate della Fiom

Dopo l’annuncio dei due sabati di lavoro, gli operai di Nola - che si sono da tempo uniti sotto la sigla Comitato di Lotta cassintegrati e licenziati Fiat Pomigliano - hanno da subito annunciato l’intenzione di promuovere picchetti fuori la fabbrica per bloccare le attività. Si tratta di un gruppo di operai e licenziati del “reparto confino” di Nola. Si definiscono loro stessi “cani sciolti”, hanno formato il Comitato di lotta per agire in modo indipendente rispetto alle organizzazioni sindacali. Questi operai rappresentano oggi la parte più combattiva tra i lavoratori di Pomigliano. Sono gli unici che promuovono tra gli altri operai la necessità di contrapporsi realmente al padrone, di colpire il profitto Fiat bloccando la fabbrica. Già il 30 aprile e il 18 maggio avevano dato vita ad iniziative simili, con presidi e tentativi di blocco della produzione. Il 18 maggio la manifestazione è stata repressa con tanto di cariche della polizia. Sono operai molto combattivi e generosi, riconosciuti e apprezzati da molti altri loro colleghi. Tra gli operai, al momento, prevalgono però paura e illusioni. Nonostante i cassaintegrati del Comitato si siano spesi tanto, il seguito avuto durante le iniziative di blocco, per adesso, non è stato soddisfacente.

Sono tanti ovviamente i fattori che condizionano la poca reattività operaia, ma bisogna dire che su tutti ha inciso, e incide, l’azione condotta in questi anni dai sindacati. Cisl, Uil, Ugl e Fismic, hanno avallato tutte le iniziative della dirigenza Fiat, diffondendo illusioni tra i lavoratori. Un ruolo altrettanto nefasto lo ha avuto la Cgil-FIOM, facendo sfogare la rabbia operaia dietro finte lotte, per poi ricondurla su binari istituzionali e legalitari. Anche questa volta, in occasione dei due sabati di lavoro, la Fiom non si è smentita, anzi. Da subito ha annunciato tuoni e fulmini, lotta dura, blocchi, picchetti, ecc. Ma alla radicalità delle parole non è corrisposto nulla di sostanzioso nei fatti, la solita farsa, le solite “processioni”, come ama etichettare, al megafono, le iniziative Fiom un operaio di Nola.

Già per il 15 giugno i militanti locali della Fiom avevano annunciato una “veglia notturna”, una “notte bianca”, dalle 22 del venerdì fino alle 6 del mattino. La “festa” c’è stata ma appunto si è trattato semplicemente di una festa. Si annunciavano i “picchetti” ma quelli che la Fiom chiama picchetti in realtà tali non sono. Lo ha fatto anche altre volte, non è una novità. Arrivati al mattino, quando si trattava di bloccare le auto in entrata, la Fiom lasciava il campo. Il tutto mentre i lavoratori del Comitato di lotta, che presiedevano l’ingresso merci, venivano malmenati dalla polizia e un operaio finiva in ospedale.

Ovviamente noi siamo rispettosi di quelli operai di base che si sono recati all’iniziativa Fiom credendo di partecipare ad un reale momento di lotta e proprio perché questi operai spendono energie e tempo, a maggior ragione, li invitiamo a riflettere: ad aprire gli occhi.

In questo atteggiamento vergognoso – ma abituale – la Fiom ha trovato a Pomigliano un insospettabile alleato: lo Slai Cobas. Slai e Fiom hanno praticamente condotto l’iniziativa di comune accordo, emettendo anche comunicati congiunti. Da acerrimi nemici a fedeli alleati: all’opportunismo non c’è mai fine.

Il sabato successivo, 22 giugno, la Fiom ha voluto mostrare i “muscoli”. Sono scesi in campo i big, Landini compreso, accompagnato per l’occasione da parlamentari ed esponenti della sinistra istituzionale. Sono arrivati pullman da ogni parte dell’Italia per partecipare alla seconda “veglia notturna”. Questa volta l’iniziativa è stata denominata “Democrazia e lavoro”, richiamando la manifestazione che si è tenuta a Roma il sabato stesso, organizzata da Cgil, Cisl e Uil. La partecipazione è stata veramente numerosa.

Il Comitato di lotta si era dato appuntamento al varco merci, ingresso uno. Tutti i varchi risultavano praticamente presidiati da Fiom e Slai Cobas. La fabbrica era letteralmente bloccata, le auto che arrivavano per entrare al lavoro (il turno iniziava alle 6 del mattino) si sono man mano accodate, per loro era impossibile avvicinarsi alla fabbrica. Sembrava un blocco vero e magari questa era l’intenzione di diversi lavoratori della base. Ma poco prima delle 6 Landini e c_ompany_ annunciano: “alle ore 6.15 i picchetti andranno rimossi!”. Inizia così il lavoro, subdolo, di convincimento di Landini e dei suoi scagnozzi.

L’ultimo varco al quale il dirigente Fiom si è recato, non a caso, è stato proprio l’ingresso uno, dove erano presenti i lavoratori del Comitato, varco attraverso il quale passano le merci. Il progetto architettato da Fiom e polizia prevedeva che presso questo varco non fossero presenti cassaintegrati di Pomigliano, altrimenti, vista la presenza dei lavoratori del Comitato di lotta, l’opera di convincimento di Landini tra i lavoratori avrebbe potuto trovare maggiore difficoltà.

Il segretario nazionale della Fiom, accompagnato da parlamentari e politicanti di mestiere, arriva all’ingresso uno intorno le 5.45, mette in scena una breve conferenza stampa poi si reca dalla polizia per comunicare che, come concordato, la Fiom avrebbe abbandonato i picchetti alle ore 6.15 e così avviene. Restano a presidiare l’ingresso i lavoratori di Nola del Comitato, sono solo una decina gli operai venuti con la Fiom che non hanno ascoltato l’ordine del capo e rimangono. La polizia avanza e spinge i lavoratori rimasti fuori dal varco.

Il Capitale Fiat non ci ha rimesso nulla, i 15 minuti di “ritardo” sono stati tranquillamente recuperati, d'altronde tutto era già previsto e concordato. Fiom e Slai Cobas – anche in questo caso alleati – cantano vittoria ed esultano per la riuscita dell’iniziativa, il loro obiettivo lo hanno raggiunto: hanno catturato l'attenzione mediatica, si sono mostrati vivi ai lavoratori, hanno portato acqua al mulino dei loro amici politicanti di mestiere accorsi all’iniziativa. Hanno rafforzato così – nello scontro politico e di potere con Fiat e gli altri sindacati– la loro struttura, legittimandosi alla controparte padronale come organismi funzionali a tenere sotto controllo il malcontento operaio, veicolandone la rabbia nei binari ciechi della contrattazione e disinnescandone in questo modo il potenziale sovversivo. Questo “grande” risultato si ottiene in un solo modo: indebolendo ogni giorno di più la classe proletaria. Una vera e propria sceneggiata, tutta sulla pelle dei lavoratori, a vantaggio dei padroni e del ruolo antioperaio del sindacato.

NZ
Mercoledì, June 26, 2013