Costituzione: sempre caro mi fu … questo specchietto per le allodole!

Che scandalo!

Udite, udite! Correte, correte!

«Il governo vuole imporre la riscrittura illegale della Costituzione non rispettando le procedure di revisione previste dalla Costituzione stessa!».

Sembra di poter dedurre (detto per inciso) che, nel caso quelle procedure le si rispettasse, il tutto potrebbe diventare più “digeribile”. E considerato l’attuale ampio “schieramento delle larghissime intese”, di sicuro il boccone andrebbe mandato giù senza fiatare. Insomma: è solo una questione di principio, di forma: «le cose bisogna farle nel modo giusto, corretto, legale».

E infatti, a furia di guardare sempre e solo alla “forma”, e molto poco e molto di rado invece alla sostanza, si prende l’ennesimo abbaglio.

Dal fondo del nostro “disfattismo rivoluzionario”, diciamo che la cosa non ci "preoccupa" più di tanto, non essendo che una "ratifica" di ciò che è già avvenuto nei fatti. E - detto tra parentesi - è proprio quel dato di fatto, piuttosto, che avrebbe già da tempo dovuto preoccupare, nella sua sostanza (ossia nelle sue cause) e non nella sua forma i tanti odierni paladini della falsa democrazia borghese, dei falsi controlli, delle false garanzie, delle false libertà, dei falsi diritti e via dicendo.

Tutti rigorosamente falsi, ma – vuoi mettere?! – “formalmente” ineccepibili!

E qui apriamo una breve parentesi. Prendendo atto della realtà capitalistica e delle “sue” ennesime, incessanti e improrogabili necessità, questo cambio affrettato di passo appare infatti assolutamente comprensibile in quanto “necessario” (peraltro da gran lungo tempo!) e non più procrastinabile: per la sopravvivenza del sistema, s’intende!

Un sistema che nella sua attuale e criticissima fase necessita più che mai di processi decisionali snelli, veloci, che non “sopportano” più impicci burocratici, verifiche e controlli (che peraltro mai hanno garantito la “legalità”, come ben sappiamo!) e quella fitta rete di lacci e lacciuoli che prolungano nel tempo decisioni che vanno invece prese “molto rapidamente”.

I tempi – quelli della crisi - stringono, e credo sia facile comprendere il perché…

A suo tempo, piuttosto recente, lo stesso Silvio (come, prima e dopo di lui, altri) si era cimentato in questa titanica ma indispensabile “impresa”, ben cosciente dell’enorme “ritardo italiano” di un processo di adeguamento istituzionale che altri Paesi avevano già portato a compimento da lungo tempo e che ora, per il Paese, diveniva non più a lungo rinviabile.

Ovviamente egli si trovò schierati davanti tutti i difensori dello status quo e dei rispettivi e più diversi e radicati interessi che vi gravitano attorno. Uno status quo che allora, tutto sommato, fu possibile mantenere ancora in vita e continuare a gestire negli ormai “storici” e tradizionali termini di un’eccessiva burocratizzazione e di una elefantiaca dimensione dell’apparato statale. Oggi non più. Oggi la crisi incombe.

Ci stiamo per caso schierando a sostegno di simile necessità? Niente affatto!

Stiamo solo, sinteticamente e realisticamente, prendendone atto e spiegandone i motivi. Perché è solo andando alle cause dei problemi che è possibile approntare le adeguate soluzioni.

Il carattere di “ratifica” torna ad ulteriore dimostrazione - per chi non l'avesse ancora compreso - che le Carte Costituzionali sono il prodotto di quanto avviene nell'evolversi delle fasi e nel mutare delle necessità dell’economia e dei rapporti sociali che questa genera: entrambi da declinare non in astratto, ma in virtù della loro specifica organizzazione, quella “capitalistica”. Di questa evoluzione, dunque, le Costituzioni – come le leggi, i provvedimenti amministrativi, gli accordi sindacali – non sono altro che lo specchio, il riflesso, e dunque niente più che la ratifica scritta di quanto già avvenuto perché “necessario” (alla sopravvivenza del sistema) che avvenisse.

E non invece - come ingenuamente ci si ostina a credere - la garanzia o la base di "progetto" per nuove e splendide future società, che infatti, mai si sono realizzate attraverso le Costituzioni, bensì attraverso le Rivoluzioni sociali.

Ancora una volta lo specchietto per le allodole della democrazia "violata e calpestata" da difendere e ripristinare viene tirato fuori dalla ideologia dominante per distrarre dal reale problema, che è: quale è la vera causa della crisi e, con essa, della nostra miseria crescente?! Quale è il nostro vero nemico? La crisi o ciò che la genera, ossia il capitalismo?!

La stessa abile tattica di distrazione fu utilizzata in occasione del fascismo – giusto per ricordare un po’ di storia recente – anche per scongiurare un possibile esito rivoluzionario del crescente disagio sociale di quegli anni, indirizzando il partigianesimo non “contro il capitalismo”, ma contro la dittatura fascista per la riconquista della Santissima democrazia.

Come se la falsa democrazia borghese, che ben conosciamo, non tutelasse gli stessi ferocissimi e cinici interessi di classe! Quegli stessi spregiudicati interessi che avevano già condotto al primo macello mondiale sotto le dolci bandiere della Bella democrazia!

Ci limitiamo dunque a prendere stoicamente atto di un processo e a giudicarlo inevitabile?

Niente affatto. Ma più che contro la ratifica di esso, preferiamo rivolgere le nostre asce di guerra contro il sistema che lo genera, abbattuto il quale forma e sostanza smetteranno di essere un inutile cruccio.

Ci ripetiamo, e non per diventar noiosi: occorre andare alla radice, alla causa dei processi e non scegliere l’effetto (qualsiasi esso sia!) come nostro bersaglio.

Il capitalismo è il nostro reale bersaglio, abbatterlo è e resta l’unica soluzione.

Organizzarci e concentrare contro di esso la nostra più decisa combattività, sotto la guida indispensabile della nostra avanguardia politica (il partito rivoluzionario di classe), è l’unica, concreta possibilità.

PF
Domenica, July 28, 2013