Bankitalia e "grillini" - Chi piange sulla perduta sovranità economico-finanziaria?

Che a comandare negli scenari continentali e quindi in quelli nazionali e soprattutto finanziari sia in buona parte la borghesia multinazionale, è per noi assodato. I “contestatori” italici inorridiscono: questo porta alla subordinazione del Parlamento; il potere legislativo viene sottomesso a quello esecutivo e così si distrugge la democrazia liberale! E’ pure risaputo che la Bce ha nel mirino (perfetta logica capitalistica) gli squilibri tra i depositi delle banche italiane e le loro attività rischiose: dato il preoccupante ammontare di crediti inesigibili si impone la iniezione di denaro fresco (anche se maleodorante…). I dissesti bancari sarebbero una catastrofe, non solo per l’Italia.

Nella rissosa aula parlamentare, col “ricatto” di un pagamento della seconda rata Imu, si è ghigliottinata la discussione sul recente decreto legge per Bankitalia, svuotando – si protesta – gli assetti costituzionali repubblicani e annullando gli intermediari istituzionali dotati di legittimità democratica. Ma è altrettanto chiaro che il capitale, e chi lo gestisce in abito governativo o come costituzionale opposizione, ha urgenze e necessità inderogabili. Da notare: nessun commento “democratico” invece da parte di un Grillo nella sua valutazione del piano Electrolux, sparando bordate sull’eccessivo costo del lavoro e sulle tasse troppo alte per le aziende. Il “pappone” – dichiara Grillo – non è il capitale ma lo Stato che “non da ossigeno all'economia reale”….

Dopo la separazione fra Tesoro e Bankitalia (Andreatta anni '80) il Governo della sinistra (Prodi) privatizzò le Banche di interesse nazionale. Sbraita ancora Grillo: giù le mani dalla "Banca d'Italia _che_ è degli italiani e deve restare pubblica". Per la verità, Bankitalia non è un organo statale (di tutti i cittadini!); dal 1933 è una SpA in mano a banche private di interesse nazionale, ufficialmente un Istituto di diritto pubblico nel Sistema Europeo di Banche Centrali. Semmai è degli azionisti (Intesa San Paolo e Unicredit con più del 50% delle azioni), non assoggettata al Governo, alle ingerenze politiche e al potere degli azionisti, in fatto di governance delle sue attività “indipendenti”…

Stabilito 67 anni fa, il capitale di Bankitalia ammonterebbe a 156 mila euro; poi ci sono le riserve auree (100 miliardi, 2500 tonnellate di oro?). Il totale delle riserve della Banca d'Italia è il terzo al mondo, dopo Usa e Germania, e il secondo in Europa. Ufficialmente, garantirebbe il sostegno del colossale debito pubblico; il tutto è intoccabile, per disposizione delle autorità europee e per la salvaguardia dell’intero sistema dominante.

Scatta con urgenza l’operazione per la rivalutazione delle quote di Bankitalia, ferme a quel lontano 1936, e con quote di nuova emissione pari a 25.000 euro ciascuna. Si rivaluta ciò che le Banche hanno già in mano: esse si limiteranno a scrivere in bilancio il cambio di valore delle loro azioni. Il correttivo contabile assicurerà un notevole vantaggio aumentando i rispettivi coefficienti patrimoniali; quanto al costo fiscale si dovrebbe trattare di circa 1 miliardo di tasse sulle plusvalenze ottenute.

Trasformando 7,5 miliardi di euro da “riserve” a capitale sociale, si rafforza il patrimonio finanziario (bancario e assicurativo) italiano; si diffonde l’illusoria speranza di poter ampliare il credito, abbattendo quel credit crunch che provocherebbe la crisi delle aziende. Intanto, per avere la copertura finanziaria necessaria alla “manovra” di abrogazione IMU prima casa (3.663 miliardi a carico del settore creditizio, finanziario, assicurativo e Bankitalia), si è concessa la possibilità di una rivalutazione delle cartacee azioni di Bankitalia in cambio di un versamento fiscale allo Stato che si suppone sarà di circa un miliardo (imposta del 12% sulle plusvalenze). Alle prese con il caos dominante in ogni settore del capitalismo nazionale e internazionale, non si è persa l’occasione di recuperare qualcosa.

A proposito di dividendi: gli azionisti godranno il 6% di rendimento sul capitale investito: trattandosi di 7,5 miliardi la somma (a discrezione di Bankitalia) sarebbe pari a ben 450 milioni di euro. Fino a ieri, si sono distribuiti dividendi per 70 milioni: un rendimento (su 156mila euro) di oltre il 4.000%! Lo Stato nel 2012 ha ricevuto un miliardo e mezzo di dividendo sui frutti delle attività pubbliche e istituzionali di Bankitalia.

Non potendo ora possedere più del 3% delle azioni, si aprirà una compra-vendita delle eccedenze fra banche e assicurazioni, Fondazioni ex bancarie e fondi pensione. Tutti – si dice – a condizione di avere una sede legale in Italia. Proteste dei grillini: vogliamo la statizzazione di Bankitalia (la voleva anche Tremonti nel 2005). Ma chi copre finanziaramente a suon di miliardi un affare pubblico-privato di questa portata? Una cosa è certa: vendendo le quote in eccesso, le Banche si potranno ricapitalizzare senza ricorrere alle casse dello Stato, contrariamente a quanto hanno fatto gli altri Paesi europei per decine e decine di miliardi. Quando si tratta di manovrare il malloppo nel proprio portafoglio, la borghesia italiana si fa ingegnosamente furba… E negli affari ben orchestrati le lobby bancarie andranno sicuramente a nozze e con loro, indirettamente, anche soggetti controllati da banche straniere.

Altre urla dei 5Stelle: si colpisce la “sovranita economica nazionale commettendo uno scandalo!” e si aprono privatizzazioni che faranno “crollare in borsa, Eni, Poste, Finmeccanica, con gli stranieri che compreranno le nostre aziende in saldo”. Insomma, morale della favola, tutti reclamano un maggiore sensibilità patriottica! E un po’ più di etica…

DC
Lunedì, March 3, 2014