Contro lo sfruttamento, donne e uomini lottiamo insieme!

Volantino distribuito l'8 marzo a Parma

Le saracinesche chiuse di vaste zone del centro di Parma parlerebbero già più di qualsiasi volantino. Ma nonostante questo, più di una parola andrebbe spesa sulla condizione delle decine e decine di proletarie che lavorano o lavoravano nei negozi. La crisi economica capitalista che da anni si è abbattuta sui salari e quindi sui consumi, è stata accompagnata dalla - e si è sommata alla - apertura di molti centri commerciali. Questo non poteva non avere conseguenze sul settore del commercio, che, solo a Parma, vede chiudere centinaia di attività.

Parliamo anche di tante catene le quali, nonostante coi loro nomi prestigiosi allettino la voglia di un posto sicuro di tante giovani proletarie, da un giorno all'altro chiudono i battenti. Oggi è l'8 marzo e più che una festa fashion sullo stile di Halloween fatta di mimose e di streeptease maschili, vorremmo che fosse dedicata alla riflessione sulle condizioni di lavoro delle ragazze/donne lavoratrici. E visto che siamo in centro, le lavoratrici in questione si trovano proprio dietro queste vetrine. Coi padroni che impongono obiettivi di bilancio sempre più duri da raggiungere. Coi capi che in nome di un turnover continuo che impedisca alla clientela di vedere facce over 40 dietro le casse, praticano un mobbing selvaggio per spingere la commessa a dimettersi. Così da evitare anche allo Stato di garantirle il minimo di sopravvivenza per gli 8 mesi successivi. I casi di superstress spesso si trasformano in ansia e depressione, che sfociano anche in attacchi di panico. Sembrano esagerazioni, ma non è un caso che aumento dello sfruttamento e delle patologie ansiosodepressive in un periodo come questo viaggino su binari paralleli. Peccato che il ricorso alla malattia in questi ambienti votati all'incoraggiamento dello superlavoro, sia tollerato molto poco (dai padroni, ovviamente). "Lavora e tès!" sembra essere il motto che vale per tutte. A questo massacro bisogna dire basta!

Proletarie! La forma autorganizzata di lotta è l'unico modo per reagire senza delegare i vostri interessi ai sindacati, che, al di là delle apparenze, fanno solo finta di lottare. Contro lo sfruttamento e il mobbing, il disagio si deve trasformare in rabbia, e la rabbia deve uscire dalla porta di un negozio ed entrare in quello accanto. Unitevi in comitati di lotta trasversali al negozio dove lavorate, comitati che discutano le forme più opportune di difesa dei vostri interessi. Non c'è Tezenis o Zara che tenga: siete tutte donne lavoratrici e siete tutte sfruttate. Difendetevi dal mobbing, anche con astuzia: non fatevi incastrare, siate voi ad incastrare chi vi sta sempre col fiato addosso. E sopratutto non avvilitevi, perché se chinate la testa vinceranno sempre loro, i padroni, comunque si presentino. Non è una cosa facile, lo sappiamo bene, ma non ci sono alternative. Portate avanti le vostre battaglie nella consapevolezza però che ogni vittoria che si può strappare all'avversario è parziale e temporanea - soprattutto in tempi di crisi come questa.

Ma non deve e non può essere una lotta "di genere": contro lo sfruttamento, donne e uomini lottiamo insieme! Infatti, se è vero che la donna proletaria è, a parità di lavoro, più sfruttata del maschio, che le vengono imposti lavori, di solito, meno qualificati e, appunto, meno pagati, il problema non è di sesso, ma di classe. Il capitalismo utilizza la millenaria discriminazione di genere - tipico di ogni società classista - per accrescere lo sfruttamento e rafforzare il suo dominio. Allora e anche per questo, bisogna guardare oltre il capitalismo, per un mondo nuovo dove sarà chi lavora a decidere tempi, ritmi e modi del proprio lavoro in base alle esigenze di una società non più divisa tra chi sfrutta e chi è sfruttato/a, non in base al profitto di chi si arricchisce e comanda grazie allo sfruttamento. Questa società noi la chiamiamo comunismo. La strada per arrivarci noi la chiamiamo rivoluzione.

Sabato, March 8, 2014