Ucraina: i ruoli dell'imperialismo occidentale e orientale attorno alle vicende di piazza Maidan

Parte seconda

Nel precedente articolo (1) ci siamo interessati degli aspetti fondamentali della crisi Ucraina, con particolare riferimento alle forze scese in campo e alla non risposta del proletariato che, in mancanza di alternative politiche sullo scenario politico interno, si è appiattito sulla difesa della Russia, lasciando alle forze della destra moderata e fascista il ruolo di opposizione al governo di Yanukovich.

Lo stesso è poi fuggito in Russia abbandonando il campo a favore di un Governo provvisorio che dovrebbe condurre l'Ucraina a nuove elezioni entro la fine di maggio, mentre la Russia di Putin ha velocemente ratificato la volontà di adesione della Crimea alla vecchia “madre patria”, per il momento senza colpo ferire.

In questo articolo vogliamo mettere in evidenza il ruolo dei diversi imperialismi che si muovono nell'area minacciando, per il momento a parole, rischi di eventi bellici se la Russia continuasse nel suo aggressivo disegno geo- politico.

Partiamo dagli Usa, che, nel recente viaggio di Obama in Belgio ha minacciato di usare la pedina Nato qualora Putin non si rimettesse in linea con le richieste occidentali accompagnate dall'espulsione della Russia dal G8 e da minacce di sanzioni economico-finanziarie.

Già dalla metà degli anni duemila il programma della Casa Bianca era quello di isolare completamente l'ex nemico numero uno, sia per fare terra bruciata sulle macerie del suo ex impero, sia per impedirgli di ricostituirsi come forza egemone nell'area grazie alle esportazioni di materie prime energetiche come petrolio e, sopratutto, gas. La fase delle “rivoluzioni più o meno arancioni”e i cambi di regime che hanno scosso la Georgia, l'Ucraina e la Polonia vedevano dietro le quinte la presenza dell'imperialismo americano che, mutate le situazioni e in parte i personaggi, ritroviamo dietro le manifestazioni di piazza Indipendenza (Maidan) a Kiev. Forze politiche come “Patria” della Timoshenko, dei dichiarati fascisti di Svoboda, con le loro strutture para militari C.14, non hanno soltanto ricevuto incitamenti e appoggi politici, ma anche qualcosa di più consistente. Il mancato presidente repubblicano Mc Cain ha intrapreso intensi contatti con queste forze a nome degli interessi americani con l'evidente lasciapassare del presidente Obama. L'altra parte della strategia riguarda il tentativo di rendere più difficile, se non di spezzare, il cordone ombelicale che lega molti paesi dell'est europeo e alcuni dell'ovest, come Italia e Germania, ai rifornimenti energetici russi via Ucraina. La prospettiva, tutta ancora da realizzare e non senza problemi tecnici e politici, sarebbe di sostituirsi alla Russia attraverso la costruzione del gasdotto Nabucco che, arrivando nel sud dell'Europa, rifornirebbe con una serie di “bretelle” buona parte del vecchio continente, demolendo quella sorta di monopolio energetico del nuovo”zar”. Altra ipotesi, quella di fornire direttamente il gas americano in sostituzione di quello russo, anche se, al momento, il progetto avrebbe serie difficoltà a decollare. In più, l'Ucraina riveste una posizione geostrategica che la rende, per forza di cose, una pedina tra l'est e l'occidente europeo di vitale importanza nelle strategie contrapposte della Russia e della Nato.

Per la Russia vale lo stesso discorso, ma in termini rovesciati. L'ambizione imperialistica di Putin è palesemente quella di riconquistare le ex Repubbliche sovietiche giocando la carta delle ricattabilità energetica. Questo vale per l'Ucraina, dal cui territorio passano tutti i gasdotti che riforniscono Kiev, la Romania, la Bulgaria, la Moldova e alcuni paesi occidentali. Inevitabile lo scontro con le strategie americane, che vorrebbero invece che questi paesi passassero sotto l'ombrello della Nato. Il ricatto energetico, accompagnato da una discreta disponibilità di capitali, ha fatto sì che il colosso Gazprom potesse ergersi a unico grande distributore di energia nei confronti dei paesi ex satelliti, sino a creare proprie infrastrutture, oltre che in Ucraina, anche in Moldova, dove la compagnia petrolifera nazionale vede la compartecipazione al 51% della stessa Gazprom. In questo quadro va letto il tentativo della Transnistria, regione filo russa ai confini meridionali della Ucraina e della Gagauzia, nel cuore meridionale della Moldova, di inscenare propositi di annessione alla Russia, perché cerca di ricavare un vantaggio economico dal passaggio dei gasdotti e dalle prebende di transito, o soltanto perché si sentono più tutelati sotto le sottane della “vecchia mamma” che dalle promesse europee, piene “sacrifici sociali” e tagli alla già misera spesa pubblica. Va da sé che Mosca appoggi con discrezione questi movimenti separatisti, con lo scopo di indebolire gli avversari e di costruirsi delle basi strategiche di appoggio nel cuore dell'est europeo. Ben conscio del pericolo americano, in tempi già ampiamente sospetti, Putin ha pensato alle contromosse con largo anticipo. Se l'Ucraina, per qualsiasi motivo, venisse meno al suo ruolo di area di transito del gas siberiano e kazaco verso l'Europa, i due costruendi gasdotti, il North Stream e il Sud Stream, ne eviterebbero il territorio e con esso con tutti i rischi del caso. Il primo rifornirebbe direttamente la Germania tramite un gasdotto sottomarino nel Mar Baltico, il secondo il resto dell'Europa partendo da sud, dall'Italia e Grecia.

Il terzo attore nella vicenda imperialistica che ruota attorno alla questione Ucraina è l'Ue. Apparentemente, l'Unione Europea si è accodata alle posizioni intransigenti degli Usa appoggiandone le critiche nei confronti della Russia e assecondandone la richiesta di sanzioni, facendo quadrato attorno al blocco occidentale. E' pur vero che molti paesi europei vedono con preoccupazione la gestione monopolistica russa per i loro fabbisogni energetici e, di conseguenza, vorrebbero diversificare le fonti di approvvigionamento e renderle più sicure, ma è altrettanto vero che, al momento, per alcuni di essi il rapporto con la Russia rimane unico e irrinunciabile. Questo è il caso di Germania e Italia. Per la potenza tedesca il gas e il petrolio provenienti dalla Russia, via Ucraina, coprono il 40% (gas) e il 35% (petrolio) del suo intero fabbisogno. In aggiunta, l'economia tedesca ha un volume di investimenti con il paese di Putin pari a 22 miliardi di euro all'anno a cui non può rinunciare tranquillamente. Non a caso, la signora Merkel, pur facendo parte del coro occidentale contro l'arroganza di Putin, ha insistito perché non si abbandonassero le vie negoziali e non si arrivasse a una rottura totale con la Russia.

Fatte le debite proporzioni, la stessa cosa vale per l'Italia. L'economia italiana dipende dal petrolio e dal gas russo per il 35% del suo fabbisogno e, a parte i rifornimenti che arrivano dalla Tunisia e dalla Libia, quest'ultimi oltretutto precari, data la fragilità della situazione politica interna al paese che fu di Gheddafi, all'orizzonte non ci sono altre prospettive immediate. Non solo, ma l'Eni, colosso italiano dell'energia, è compartecipe con Gazprom del progetto South Stream e, quindi, doppiamente legata ai destini energetici gestiti da Putin.

Con il crollo dell'Urss, l'imperialismo occidentale ha cantato vittoria, recitando la favola che, venuto meno “l'Impero del male”, per l'intera umanità si sarebbero aperti orizzonti di pace e di progresso. La favola, falsa quanto ipocrita, non rilevava come le contraddizioni del capitalismo avrebbero prodotto la più grave crisi mondiale dell'ultimo secolo, che questa avrebbe riproposto le tensioni imperialistiche con i medesimi attori ai quali si sarebbero soltanto cambiati i costumi di scena. Crisi, tensioni, rischi di conflitti e aggressioni al tenore di vita e ai livelli di occupazione del proletariato internazionale sono la cornice che inquadra la complessa faccenda Ucraina, che, lungi dall'essere risolta, potrebbe portare a più serie conseguenze all'interno degli equilibri imperialistici sempre più precari e sull'orlo di un collasso collettivo.

FD

(1) Vedi anche i due documenti della TCI, sempre sull'Ucraina, redatti dai compagni della CWO britannica e dal GIS tedesco sul nostro sito.

Domenica, March 30, 2014