Note sull’attività – Primo Maggio

Il primo maggio siamo stati presenti sia alle iniziative pubbliche promosse dal sindacalismo confederale che alle manifestazioni organizzate dal sindacalismo di base e dalle diverse realtà politiche extraparlamentari.

Per l’occasione abbiamo distribuito il volantino dal titolo “Contro sfruttamento, miseria, barbarie, occorrono lotta e partito di classe”, il quale sintetizza bene i contenuti che, in particolare, abbiamo cercato di veicolare: legame tra crisi economica capitalista e intensificazione dello sfruttamento, riflessioni sulla debolezza della risposta proletaria agli attacchi subiti in questi anni, la necessità di lavorare per lo sviluppo dell’alternativa comunista alla società capitalista e, quindi, l’impegno per la costruzione del Partito internazionale del proletariato.

Sulle manifestazioni dei confederali c’è poco da dire. Solita processione, molto piccoli gli spezzoni rappresentativi del mondo del lavoro. I comizi hanno proposto la solita retorica, promesse, “lotta” a chiacchiere ma iniziative rituali, accordi e “senso di responsabilità” nella pratica.

Qualche riflessione politica in più meritano invece le manifestazioni alternative. Prendiamo spunto dal corteo di Napoli per sviluppare sinteticamente alcune considerazioni di carattere generale. Il corteo si apriva con lo spezzone dei giovani disobbedienti di Zero81, le indicazioni politiche che caratterizzavano tale componente del corteo erano soprattutto “reddito per tutti”, proposto anche sullo striscione, e difesa dei beni comuni. A seguire lo spezzone Uniti si vince, organizzato in particolare dai giovani compagni del Laboratorio politico Iskra che aderiscono al percorso Combat-COC. La parola d’ordine, politica, caratterizzante questo secondo spezzone era invece “salario garantito” per tutti. A seguire lo spezzone di orientamento stalinista dei CARC, caratterizzato politicamente dallo slogan “Governo di blocco popolare”. Chiudevano le sigle storiche dei disoccupati organizzati.

Anche se le sigle aderenti ufficialmente al corteo erano numerose – oltre la quarantina – il numero dei partecipati è stato molto contenuto. Di fatto un corteo di “soli” militanti, erano assenti spezzoni del mondo del lavoro con un minimo di consistenza, presente solo qualche militante della Confederazione Cobas – ai minimi storici – e del SI-COBAS; presente anche un gruppetto di lavoratori dell’Astir-Cobas.

Non possiamo certamente generalizzare ma, bisogna dire, molte caratteristiche espresse dal corteo di Napoli – la composizione, i contenuti politici, gli slogan, la debole partecipazione di settori lavorativi – le ritroviamo anche nelle altre piazze dove siamo stati presenti. Caratteristiche che suggeriscono, come dicevamo, alcune riflessioni politiche.

A nostro modo di vedere, la descrizione del corteo di Napoli rispecchia bene lo stato nel quale si trovano sia la classe proletaria che le realtà politiche extraparlamentari: da un lato l’assenza – o quasi – di reali lotte rivendicative con connotazione classista, dall’altro un arretramento politico spaventoso delle realtà organizzate che si definiscono comuniste.

La debolezza della risposta di classe, in particolare nelle aree geografiche a “capitalismo avanzato”, è un dato oggettivo che non possiamo ignorare. Su questo tema abbiamo già prodotto molto ma contiamo di ritornarci. L’ideologia borghese ci fa vivere già in un mare di illusioni, noi, al contrario, crediamo che il compito dei comunisti sia dire la verità, descrivere i fenomeni per quelli che sono. Spesso, sui siti web, troviamo invece delle vere e proprie opere di mistificazione tra i resoconti di assemblee e cortei. In questi resoconti assemblee pubbliche certamente non molto numerose, promosse da organizzazioni politiche e nelle quali prevalgono ceto politico, vengono descritte genericamente – e impropriamente – come assemblee molto partecipate, di operaie, di lavoratori, di coordinamento delle lotte, ecc. Non bisogna certamente deprimersi e rassegnarsi, ma nemmeno descrivere le cose per quelle che non sono.

Da un lato la debolezza delle lotte proletarie, dall’altro – dicevamo – la debolezza politica delle realtà organizzate. “Comunisti” che attraverso la loro attività propongono di tutto… tranne che lo sviluppo della prospettiva comunista. Il programma politico rivoluzionario lascia il posto a parole d’ordine come quelle sopra riportate. Invece di parlare di potere proletario si indicano come obiettivi politici da raggiungere il “governo di blocco popolare”, invece di abolizione del lavoro salariato si finisce per parlare di “salario per tutti”, ecc. Constatiamo in prima persona quanto difficile sia portare avanti una chiara linea comunista e rivoluzionaria, ma crediamo sia errato arrendersi di fronte a queste difficoltà, rinunciando al lavoro di chiarificazione politica.

Spesso tutto ciò è dovuto alla non comprensione della fase che vive la classe e alla confusione tra lotte rivendicative della classe e illusioni riformiste delle organizzazioni politiche. Se la classe non lotta non è perché non sappia cosa rivendicare (!) ma per altre mille ragioni; due su tutte: la divisione e la paura. I comunisti devono partecipare attivamente alle lotte proletarie, ma è pura illusione pensare che grazie all’azione delle attuali minoranze politiche e alle famose “parole d’ordine unificanti” – studiate a tavolino e del tutte slegate dalle dinamiche di classe – il proletariato riprenderà a lottare. Se la classe proletaria darà vita a lotte rivendicative con un minimo di consistenza lo farà prevalentemente per la spinta delle condizioni oggettive.

Ma soprattutto, crediamo sia un grosso errore rinunciare a parlare oggi di comunismo per ripiegare su una sorta di programma minimo riformista, come per esempio il “governo di blocco popolare” o il “salario per tutti”. I comunisti partecipano attivamente alle lotte rivendicative, questa è una banalità, evidenziando il limite della lotta rivendicativa stessa ed indicano come prospettiva politica unicamente (!) quella dell’abolizione del lavoro salariato, della rivoluzione comunista.

Non ci fa certamente piacere sottolineare gli elementi di debolezza. Vediamo infatti giovani compagni attivarsi quotidianamente, sul territorio e anche al sostegno della classe lavoratrice, spesso subendo la repressione dello stato borghese, ma vediamo tra questi compagni molto disorientamento e troppa “paura”. Notiamo tra questa nuova generazione di militanti ancora il prevalere dei miti “di sinistra”, gli schemi e le analisi ereditate dallo stalinismo, dall’autonomia, dal PCI e dall’esperienza extraparlamentare degli anni ‘60 e ‘70. Allo stesso tempo, vediamo la “paura” di diffondere sul territorio e tra i lavoratori la prospettiva comunista. Sappiamo quanto questo sia difficile, lo viviamo sulla nostra pelle, ma tale lavoro va fatto sin da oggi, ponendosi nel fare ciò, questo sì, degli obiettivi adeguanti al contesto: partecipare alle lotte ed alle mobilitazioni della nostra classe, sostenendole, ma indicando chiaramente che, nel capitalismo e nella sua crisi, le eventuali vittorie conseguite su obiettivi contingenti – e al prezzo di dure lotte – saranno sempre e solo temporanee, che non esistono parole d'ordine “economiche” buone per tutte le stagioni, che il compito dei comunisti è quello di far maturare le lotte dei proletari oltre il limite nel quale si esprimono in questa società; a partire dalla presa di coscienza di tale limite, il ruolo di noi comunisti è quello di avvicinare minoranze di giovani, di lavoratori al programma rivoluzionario, coinvolgendo queste forze verso il lavoro di costruzione e radicamento del partito internazionale del proletariato, indispensabile strumento politico della lotta di classe.

NZ
Giovedì, May 15, 2014

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.