Siamo contro il capitalismo

Introduzione alle nostre posizioni

Con questo articolo inauguriamo la rubrica “Introduzione alle nostre posizioni” che periodicamente apparirà sul nostro sito e sul giornale. Attraverso tale rubrica cercheremo di introdurre il lettore alle posizioni di base del Partito Comunista internazionalista.

Il sistema economico e sociale nel quale viviamo – il capitalismo – è basato sulla divisione in classi sociali, a loro volta espressione dei rapporti di sfruttamento e di dominio che strutturano la società. Le due classi principali sono borghesia e proletariato. La borghesia è formata dai banchieri, dagli industriali e da tutti coloro che posseggono proprietà dalle quali poter ricavare una rendita. Questa classe è la sola a possedere/controllare i mezzi per produrre i beni. Il proletariato costituisce invece la classe sfruttata, è formata dagli operai, dai semplici impiegati, dai precari, dai disoccupati (spesso lavoratori saltuari in nero), dai proletari in pensione. La classe proletaria non possiede e non controlla i mezzi di produzione quindi per vivere non può fare altro che vendere la propria forza-lavoro (materiale o intellettuale) in cambio di un salario o uno stipendio. A seconda del paese, della fase storica del capitalismo e del livello della lotta di classe, il proletariato può vivere diverse condizioni di lavoro e di vita, fermo restando il proprio stato di classe sfruttata.

Tra le due classi principali si colloca il cosiddetto ceto medio (“piccola borghesia”), per esempio i liberi professionisti o i commercianti. Questi possono vivere in condizioni agiate o più vicine a quelle del proletariato, secondo il ruolo che occupano nella società e secondo la fase che si trova a vivere il capitalismo. Negli anni '60 (“boom economico”) in Italia, per esempio, la “classe media” era numericamente molto consistente e buona parte di essa viveva condizioni economiche molto vantaggiose. Oggi, tempo di crisi, parte sempre più consistente del ceto medio si trova in condizioni di difficoltà molto simili a quelle proletarie; settori della classe media sono di fatto in via di proletarizzazione.

Nel capitalismo la produzione e la distribuzione di beni e servizi deve sottostare alla volontà della classe borghese. Si produce innanzitutto per il profitto, per accrescere il capitale dei padroni e non per il soddisfacimento dei bisogni dell’umanità.

Questo sistema non è una maledizione o il frutto della volontà di un Dio. Il capitalismo è il risultato della storia, una storia fatta dagli uomini, animata dalla lotta tra le diverse classi sociali e dal rapporto tra il modo di produzione e lo sviluppo delle stesse forze produttive. La borghesia e il capitalismo hanno giocato in passato un ruolo rivoluzionario (una rivoluzione borghese ovviamente) in quanto, storicamente, hanno permesso di superare i limiti produttivi rappresentati dal sistema monarchico-feudale, imponendo poi (fase di ascesa del capitalismo) il sistema economico capitalistico in ogni angolo della terra.

Il capitalismo ha vissuto quindi una propria fase rivoluzionaria e una fase di ascesa durante le quali ha permesso di superare la vecchia società monarchica-feudale. Il continuo sviluppo economico, la concentrazione dei mezzi di produzione e la centralizzazione dei capitali ha portato il capitalismo verso uno stadio di sviluppo che Lenin definì “Imperialismo”. L’imperialismo non è una politica ma è “semplicemente”, appunto, una fase del capitalismo, un suo necessario modo di esprimersi. È uno stadio di questo sistema economico, caratterizzato da: il dominio di grossi colossi produttivi (i monopoli), grandi banche, esportazione di capitale finanziario, ricerca di aree a basso costo del lavoro e delocalizzazione della produzione, presenza di potenze imperialiste in continua lotta per la supremazia economica e politica.

Da circa un secolo il capitalismo, nella propria fase imperialista, è il sistema economico e sociale presente in qualsiasi angolo della terra. In ogni paese al mondo l’economia è basata sullo sfruttamento dei lavoratori. Oggi il capitalismo non solo ha esaurito il proprio carattere progressivo ma si trova anche a vivere una fase di crisi generalizzata, strutturale: l’inevitabile approdo di un sistema economico basato su leggi contraddittorie quanto barbare. Basti pensare al peso predominante assunto dalle attività speculative: il fatto che i grossi capitali siano spinti di più verso attività parassitarie anziché verso attività produttive deve farci capire quanto questo sistema sia ormai alla frutta.

Il capitalismo moderno soffre sotto i colpi della legge della caduta del saggio del profitto (più investimenti in tecnologia, macchinari e meno investimenti in forza lavoro, aumentano la massa dei profitti ma fanno diminuire il saggio) che comporta una crescente difficoltà per il capitale investito ad essere remunerato. Da qui la necessità del capitale di investire parassitariamente nella speculazione, la quale, una volta esplosa nelle crisi finanziaria, ritorna sull’economia reale stravolgendola e fornendo effetti devastanti sulle classi lavoratrici.

Crisi, sfruttamento crescente, guerre e devastazioni ambientali, questo sistema non potrà offrirci altro, guardiamoci intorno e rendiamoci conto di questo. Così come il capitalismo è stato un prodotto storico, una storia fatta dagli uomini (dalle classi sociali), anche il suo superamento potrà avvenire solo grazie ad una azione di trasformazione rivoluzionaria condotta dagli uomini (sempre intesi come uomini e donne), un'azione storica che deve avere come protagonista la classe sfruttata: il proletariato. Ma affinché si possa aprire una fase storica rivoluzionaria dovranno persistere condizioni oggettive e condizioni soggettive. Le condizioni oggettive sono: la crisi del modo di produzione capitalistico e l’instabilità politica dell’apparato di dominio borghese. Quelle soggettive invece: la reazione della classe proletaria e l’agire del Partito Comunista internazionale. La crisi e il relativo peggioramento delle condizioni di vita dei proletari può, infatti, spingere la classe verso lotte rivendicative, ribellioni, rivolte (1) ma qualsiasi reazione, anche se decisa e generalizzata, non porterà portare ad un cambiamento rivoluzionario senza la presenza, il radicamento, la guida politica del Partito. Senza Partito ogni lotta sarà - alla lunga – repressa, assopita dal riformismo, riassorbita nel sistema (2). Oggi c’è chiaramente la necessità di porre fine al capitalismo, così come ci sono tutte le potenzialità per costruire una società diversa volta al soddisfacimento dei bisogni di tutti. Mancano, purtroppo, le condizioni soggettive affinché tale trasformazione possa partire ed e verso la maturazione di tali condizioni che deve andare il nostro impegno. Bisogna quindi lavorare per far circolare sul territorio e tra le lotte proletarie il programma comunista, concretizzando questo lavoro di intervento politico verso la costruzione del Partito internazionale del proletariato, strumento politico della lotta di classe.

(1) “Può”: infatti non è detto che ciò accada certamente.

(2) Sul ruolo del Partito e sull’intervento nella classe ritorneremo in altre puntate della rubrica.

Lunedì, May 25, 2015