Per la trasformazione rivoluzionaria della società

Introduzione alle nostre posizioni

Con l’articolo “Siamo contro il capitalismo” abbiamo inaugurato la rubrica “Introduzione alle nostre posizioni” che periodicamente apparirà sul nostro sito o sul giornale. Attraverso tale rubrica cercheremo di introdurre il lettore alle posizioni di base del Partito Comunista internazionalista.
Proseguiamo la rubrica riproponendovi un pezzo comparso già lo scorso anno su “Battaglia Comunista”, scritto per contribuire a ribadire - in modo sintetico - alcuni nostri punti fermi sul processo rivoluzionario.
Segnaliamo inoltre che sul nostro sito abbiamo recentemente inserito una apposita sezione nella quale andremo a raccogliere nel tempo materiale utile (documenti storici, articoli, appunti di riflessione) su questo importante e delicato tema.
Vista la delicatezza dell’argomento, riteniamo utile far precedere l’articolo che vi riproponiamo da una precisazione circa il metodo con il quale secondo noi bisogna approcciare oggi questo tema.

È importante evidenziare che le condizioni concrete nelle quali si affermerà il futuro processo rivoluzionario non sono oggi prevedibili, se non in termini molto generali: quali saranno le condizioni strutturali, infrastrutturali, sociali, ambientali etc. nel momento in cui prenderà vita il processo rivoluzionario? Quali forme concreta assumerà questo processo? A che punto sarà giunta la barbarie capitalista allora? Chi può rispondere oggi? Nessuno.
L'enunciazione del nostro programma non può (oggi) andare oltre l'affermazione di quelli che sono i principi generali. Scendere in ipotesi concrete riguardo questo o quell'aspetto particolare – con il rischio di assumerle poi come delle certezze – ci esporrebbe ad un duplice errore, politico e metodologico: da un lato rischieremmo, infatti, di essere fraintesi laddove riflessioni particolari (p.es. i motivi per i quali potrebbe domani non essere possibile una immediata socializzazione di alcune aziende e come affrontare questo problema) che oggi possiamo basare solo su ipotesi, venissero intese come enunciazioni programmatiche (P.es.: “il PCInt vuole/prevede che, anche nel socialismo, non tutte le aziende vengano socializzate”, posizione a noi estranea); dall'altro lato, non potendo oggi conoscere le condizioni concrete nelle quali si svilupperà la rivoluzione, rischieremmo di ingigantire alcuni aspetti, tralasciandone invece degli altri, insomma, scadremmo in una sorta di utopismo che nulla ha a che vedere con il materialismo storico.
Se oggi dobbiamo essere capaci di porre le giuste domande su ciò che potrebbe accadere domani, al contempo non dobbiamo confondere il piano della riflessione e degli interrogativi, con quello delle affermazioni programmatiche. Il programma, che oggi possiamo solo enunciare ed argomentare, domani sarà la bussola in base alla quale, concretamente, le contraddizioni emerse verranno affrontate e governate. Ma questo sarà, appunto, il compito di domani, compito di un proletariato rivoluzionario guidato dal suo partito: una fase storica, evidentemente, molto differente dall'attuale. La transizione dal capitalismo al comunismo sarà un processo – di questo possiamo essere certi – nel quale per un certo periodo continueranno a sopravvivere alcune eredità del capitalismo, contraddizioni complesse che andranno affrontate e governate fino al loro, definitivo, estinguersi.

Prometeo, serie VII, numero 10, anno 2013

Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente.

Marx, L’ideologia Tedesca

L’ideologia borghese è riuscita a distorcere completamente l’analisi e i principi politici comunisti, attribuendovi significati del tutto differenti da quelli sviluppati da Marx e dai rivoluzionari che ci hanno preceduto. La distorsione più evidente è stata certamente operata dallo stalinismo, ma c’è dell’altro. L’ideologia dominante infatti è riuscita ad associare al comunismo un carattere di semplice idealismo: l’“utopia della rivoluzione”, l’“utopia comunista” se non, addirittura, a paragonarlo al nazismo in quanto “sistema sociale totalitario”. Sarà fondamentale quindi per la nuova generazione di comunisti fare i conti non solo con la deformazione controrivoluzionaria stalinista ma anche con l’opera di riduzione del comunismo a semplice “bell’ideale”, evidenziandone quindi le radici materialiste… il senso pratico della rivoluzione comunista.

L’analisi marxista della storia punta l’attenzione sulla struttura economica, sul modo di produzione e sui rapporti economici e sociali conseguenti. Nel sistema di produzione capitalistico tutto è subordinato alla necessità di valorizzazione del capitale. I mezzi di produzione (terre, materie prime, minerali, macchinari, ecc. ecc.) e distribuzione sono posseduti e gestiti dalla classe borghese, la produzione deve essere compatibile con la necessità di profitto dei padroni.

Il capitalismo è semplicemente un modo di produzione ed è un risultato storico, non un prodotto della natura. Oggi questo sistema economico mostra tutti i propri limiti:

  1. è incapace – nonostante le enormi potenzialità produttive – di soddisfare anche i bisogni più elementari di grossa parte dell’umanità;
  2. nel secolo scorso ha conosciuto fasi di espansione economica (sempre comunque limitate) solo dopo i fenomeni distruttivi rappresentati delle guerre mondiali;
  3. oggi mostra una chiara tendenza alla barbarie e al peggioramento delle condizioni del proletariato, anche nei paesi economicamente più sviluppati;
  4. produce continue devastazioni ambientali.

Questo sistema economico è diventato ormai una vera e propria gabbia per l’umanità: è incapace di migliorare le condizioni di esistenza e allo steso tempo tende a peggiorare la vita di fette sempre più consistenti del proletariato e del ceto medio.

Nel “Manifesto dei comunisti” Marx ed Engels scrivono:

Nel suo dominio di classe, che dura appena da un secolo, la borghesia ha messo in essere delle forze produttive il cui numero e la cui portata colossale supera quanto avessero mai fatto le generazioni passate […]. A un certo punto dello sviluppo dei mezzi di produzione e di scambio, le condizioni nelle quali la società feudale produceva e scambiava, ossia l’organizzazione feudale dell’agricoltura e della manifattura, o, in una parola, i rapporti feudali della produzione non corrispondevano più alle forze produttive venute a pieno sviluppo. Quelle condizioni, invece di favorirla, impedivano la produzione. Divennero delle catene. Bisognava spezzarle, e furono spezzate.

La rivoluzione borghese permise di superare i limiti della vecchia struttura economica attraverso un processo rivoluzionario, sostituendo ai rapporti di produzione feudali un diverso modo di produzione e distribuzione. Il capitalismo ha rotto le “catene” rappresentate dal precedente modo di produzione, ma oggi – esaurito il proprio carattere progressivo – rappresenta esso stesso una catena per l’umanità.

La rivoluzione costituisce la rottura con il sistema di produzione capitalistico, per la realizzazione di una società comunista la quale rappresenta un diverso modo di produrre e distribuire la ricchezza, basato fondamentalmente su:

  1. Assenza della proprietà privata. I mezzi di produzione non avranno più proprietà di classe, sono completamente socializzati, messi a disposizione dell’intera comunità delle persone, dell’intera società, una società di liberi produttori i quali adoperano i mezzi di produzione per soddisfare i propri bisogni e di chi non può o non è in grado di produrre (bambini, anziani, disabili).
  2. Scomparsa della divisione in classi sociali. Il lavoro necessario per produrre i beni e servizi viene suddiviso tra le persone abili al lavoro, a seconda delle loro possibilità.
  3. Scomparsa del mercato delle merci. Non è la logica del profitto che detta le regole della produzione, la produzione non è finalizzata al profitto ma al soddisfacimento dei bisogni umani, si realizzano così prodotti e non merci.
  4. Superata la divisione in classi sociali, nella società comunista lo Stato politico - strumento di oppressione di una classe su un’altra – scompare, resta in piedi uno strumento di amministrazione, con funzioni estremamente semplificate.
  5. Distribuzione dei prodotti e dei servizi solo secondo i bisogni di ogni individuo.

Un tale tipo di società risponde al principio: da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni ed è stata spesso denominata nei testi classici marxisti come la fase superiore della società comunista.

La società comunista non costituisce un idealistico paradiso in terra, con essa non vengono eliminati tutti i problemi che possono affliggere l’esistenza umana, ma vanno a scomparire tutte quelle problematiche legate al funzionamento del capitalismo: devastazioni ambientali, sfruttamento, crisi economiche, fame, sete, guerre. Sarebbe il modo più semplice e logico di organizzare la società, soprattutto oggi che sono maturate enormi potenzialità produttive. L’ideologia dominante riesce a far passare invece tutto ciò come semplice idealismo e allo stesso tempo vuole farci credere che il capitalismo sia – nonostante l’evidente irrazionalità di questo modo di organizzare la produzione – l’unico sistema economico e sociale realisticamente possibile.

Il superamento del capitalismo è un passaggio necessario affinché si possa aprire un'ulteriore fase di sviluppo per l’umanità, ma anche questo superamento dovrà essere un prodotto storico e sociale. Il capitalismo scomparirà solo attraverso una rottura rivoluzionaria che vede come protagonista la classe proletaria.

Quella con cui abbiamo da far qui, è una società comunista, non come si è sviluppata sulla sua propria base, ma viceversa, come sorge dalla società capitalistica; che porta quindi ancora sotto ogni rapporto, economico, morale, spirituale, le impronte materne della vecchia società dal cui seno essa è uscita.” “Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.

Marx in Critica del Programma di Gotha

Il primo passo, affinché si possa aprire una fase di trasformazione rivoluzionaria della società, è la presa del potere da parte del proletariato. Nel Manifesto Marx ed Engels scrivono:

[…] la prima tappa della rivoluzione operaia consiste nel fatto che il proletariato si elevi a classe dominante […].

Per realizzare un diverso modo di produrre il proletariato deve togliere dalle mani borghesi i mezzi di produzione e metterli a disposizione della intera società. Per fare questo, e per affrontare la reazione borghese, la classe proletaria deve adoperare uno strumento politico: la “dittatura del proletariato”.

Durante la fase di transizione il proletariato è quindi organizzato come classe dominante. La stessa “dittatura del proletariato” costituisce una forma di potere politico, un semi-Stato per opprimere la classe borghese. In una realizzata società comunista, invece, le classi sociali scompaiono, ovvero non esiste più forma di resistenza borghese, lo Stato quindi smette di essere organismo di oppressione di classe, lasciando il posto ad uno strumento volto ad amministrare la produzione e la distribuzione. La dittatura del proletariato viene definita un “semi-Stato” proprio perché tale semi-Stato è “programmato” per la propria scomparsa, per la propria estinzione.

Quando nel corso degli eventi le differenze di classe saranno sparite, e tutti i mezzi di produzione saranno nelle mani degli individui associati, il potere pubblico avrà naturalmente perso ogni carattere politico. Il potere politico, nel senso vero e proprio della parola, non è se non il potere organizzato di una classe per l'oppressione di un’altra.

Marx, Engels, Il manifesto del partito comunista

Qualsiasi forma di Stato rappresenta la dittatura di una classe su un’altra ma

Tutti i movimenti avvenuti fin qui furono di minoranze, o nell’interesse delle minoranze. Il movimento proletario è il movimento spontaneo della grande maggioranza, nell’interesse della grande maggioranza.

Marx, Engels, Il manifesto del partito comunista

Una delle differenze tra lo Stato borghese e la “dittatura del proletariato” è proprio questa: il semi-Stato rivoluzionario del proletariato è l’espressione della stragrande maggioranza (la “democrazia più completa”, Lenin in Stato e rivoluzione). Inoltre, lo Stato borghese serve per mantenere in piedi un sistema di sfruttamento, invece, la “dittatura del proletariato” serve per liberarsi dallo sfruttamento e, dunque, dallo Stato borghese, quale guardiano dello sfruttamento stesso.

Gli organismi che devono essere alla base della “dittatura del proletariato” sono i consigli. Questi sono organismi di partecipazione della classe proletaria, costituiti da delegati con mandato ben preciso e soggetti a revoca immediata. Vengono assolutamente esclusi da ogni diritto politico gli appartenenti alla classe borghese, coloro che nel capitalismo vivono di profitti, di sfruttamento. Tali assemblee dei consigli si centralizzano eleggendo al loro interno delegati ai consigli superiori, dal quartiere alla città, regione ecc. ecc.

La presa del potere politico da parte del proletariato è un passo necessario per poter attuare la trasformazione economica. In termini generali, punti essenziali di tale trasformazione sono:

  1. Esproprio dei mezzi di produzione. I mezzi di produzione (e di distribuzione) devono essere sottratti, senza indennizzo, alla classe borghese e posti sotto il controllo dei consigli. Lo stesso deve accadere per le banche, gli istituti finanziari, i depositi d'oro, gli altri grandi possedimenti e i grandi edifici attualmente di proprietà della borghesia.
  2. Socializzazione dei mezzi di produzione. I mezzi di produzione devono iniziare a funzionare per il soddisfacimento dei bisogni di tutti gli individui, funzionare per l’intera società. La socializzazione avviene attraverso il controllo e la gestione operaia delle fabbriche unitamente all’amministrazione da parte del potere dei consigli. Il potere dei consigli avrà il compito di controllare/guidare il processo di pianificazione della produzione e della distribuzione.
  3. Obbligo di lavoro per tutti. Il lavoro socialmente necessario deve essere suddiviso tra gli abili al lavoro. Tutta la popolazione dovrà registrarsi presso i rispettivi consigli territoriali, questi valuteranno la quantità di ore-lavoro necessarie a soddisfare i bisogni generali e dovranno distribuire le stesse in base alle competenze e capacità individuali.
  4. Istituzione del buono lavoro che attesti il lavoro prestato e permetta così l’accesso alla distribuzione dei prodotti.
  5. Bambini, disabili e anziani che non possono lavorare avranno ugualmente accesso ai prodotti e ai servizi.
  6. Riorganizzazione dell’impiego delle risorse umane. Tutte le attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, dovranno progressivamente essere eliminate, liberando così forze disponibili a svolgere le attività socialmente necessarie.
  7. Tutti gli immobili dovranno essere registrati e socializzati, verificando che ognuno abbia una casa adeguata ai propri bisogni.

Un tale tipo di trasformazione, radicale, della società potrà anche partire in zone limitatamente estese del pianeta ma il processo rivoluzionario – per essere portato a compimento, per non accartocciarsi su se stesso – deve estendersi rapidamente su scala internazionale: non è possibile costruire il socialismo in un solo paese. Anche per tale motivo sarà assolutamente necessario la formazione di un partito rivoluzionario che operi su scala internazionale.

Venerdì, July 17, 2015