A Firenze il primo congresso del partito

Pubblichiamo una serie di articoli tratti da Battaglia comunista della fine degli anni Quaranta, perché riteniamo che i "pezzi" in questione, nonostante il tempo passato, possano ancora offrirci spunti interessanti - soprattutto dal punto di vista metodologico - per la comprensione delle dinamiche della lotta di classe odierna. Non culturalismo, non accademismo storiografico, dunque, ma momento, sia pure particolare, della battaglia teorico-politica contro il sistema del capitale, per una società diversa e migliore.

Da Battaglia Comunista, n. 11 – 6-13 maggio 1948

Il primo congresso del partito di classe avviene in una situazione di profondo smarrimento psicologico delle masse, e in un momento forse tra i più delicati e nel contempo più impegnativi della lotta del proletariato.

I partiti tradizionali, che osano tuttora richiamarsi al proletariato, ma che di fatto si richiamano soltanto agli interessi della guerra imperialista, dopo aver creato nelle masse operaie l’illusione che i loro interessi fondamentali si difendevano prima con l’antifascismo, poi con la guerra di liberazione, la ricostruzione dell’economia nazionale, la pace sociale, la collaborazione di classe, il tutto condito con gli eterni valori … spirituali della patria, hanno gettato queste masse nell’avventura della battaglia elettorale del 18 aprile con la mobilitazione delle loro forze sul piano della conquista legale del potere. A questo fine hanno creato il mito della sicura vittoria della scheda a cui le masse hanno creduto con spontaneità e fede, allo stesso modo con cui avevano creduto e all’antifascismo, e alla guerra di liberazione, e alle conquiste operaie realizzate col metodo politico della democrazia progressiva.

Quella del 18 aprile è stata forse la sconfitta più clamorosa e più appariscente tra le moltissime collezionate dai geniali strateghi in Italia della politica imperialista di Stalin, ma non è certo sconfitta che il proletariato ha riportato sul fronte di classe nello storico conflitto contro il capitalismo. Nenni e Togliatti si erano proposti di manovrare il fronte democratico popolare nel settore più delicato sottoposto all’influenza dell’imperialismo americano come forza di attrito ed erosione nell’interesse dell’imperialismo russo, e la manovra si è spezzata perché era nella logica delle cose che si dovesse spezzare nell’urto col prevalente potenziale economico, finanziario e politico fattosi realtà nel nostro paese.

Ma uno smacco riportato da questo o quell’imperialismo nello schieramento delle proprie forze e zone d’influenza, non interessa storicamente il proletariato come classe anche quando praticamente sono gli operai e le loro condizioni materiali di vita a farne le spese. La sconfitta del partito di Togliatti, che ha rappresentato per la Russia la perdita di una pedina nel gioco contrapposto dei due imperialismi che mirano al predominio del mondo, è soltanto la sconfitta del partito che non ha più niente a che fare col proletariato e con gli interessi della sua rivoluzione.

Ma fino a che punto, a esperienza compiuta, il proletariato reagirà al metodo della mistificazione democratica, e agli uomini e ai partiti che se ne sono fatti assertori? Fino a che punto cesseranno di funzionare da incosciente massa di manovra nelle mani del più accorto e ferrato avventurismo politico che la tormentata storia del proletariato ricordi?

C’è così un dato di fatto costituito dal peggioramento verificatosi nelle condizioni di vita delle masse operaie; e c’è anche un diffuso stato d’animo di disillusione e di sfiducia di queste stesse masse contro la politica condotta dai partiti del compromesso, che stenta a tradursi in una chiara visione di classe, in una volontà di aperta lotta politica contro il tradimento di cui si sentono vittime, lotta concretamente possibile e positivamente operante solo se condotta con la ideologia e la prassi del partito rivoluzionario.

Se e in quale proporzione vi sarà un riapparire della lotta operaia condotta sul terreno di classe e col metodo della più assoluta intransigenza politica, si vedrà al lume dei prossimi avvenimenti; ma è chiaro per noi che tale possibilità è non solo legata al crearsi di adeguate e favorevoli condizioni obiettive, in parte virtualmente presenti nella situazione politica italiana, ma soprattutto all’influenza che il partito di classe sarà capace di esercitare.

Il congresso del nostro partito dovrà far tesoro del suo enorme ed intatto potenziale ideologico e della sua non breve e non posticcia esperienza politica per «sentire» questa situazione nella sua realtà obiettiva, per analizzare i motivi più salienti e vedere in concreto in quale misura la spinta che proviene dall’acuito urto delle cose e degli interessi e dalla viva suggestione di un, in parte, modificato stato d’animo, potrà essere indirizzata e potenziata sul piano della lotta di classe; in quale misura il partito potrà operare in profondità per risvegliare nella parte migliore, più sana, più sensibile del proletariato la coscienza della sua funzione rivoluzionaria.

Ma sentire politicamente le situazioni, significa non subirne in nessun modo la suggestione, e sottoporla ogni volta ad una implacabile vivisezione critica, quella del marxismo, significa premunirsi contro ogni faciloneria e virtuosismo tattico, significa operare con la sola tattica possibile, quella rivoluzionaria. La costruzione del partito è sì, per noi, un problema essenziale di quadri; ma il problema maggiore, più duro e formativo, è quello di forgiare questi quadri al fuoco della lotta politica e del sacrificio: è quello di verificare costantemente la giustezza della impostazione teorica data dal partito al lume degli avvenimenti.

Nello spazio di qualche decennio la guerra è per la terza volta all’ordine del giorno della storia; e la guerra sarà la tragica realtà d’un domani assai prossimo, se il proletariato non sarà in grado di impedirla.

Partendo dal presupposto dialettico che soltanto la rivoluzione proletaria potrà uccidere la guerra imperialista, spetta al partito di classe operare, costantemente operare per convogliare le forze dell’attacco rivoluzionario nel fronte dell’antimperialismo e armarle ideologicamente, ciò che costituisce il mezzo più sicuro per evitare che siano poi private, nel momento dell’attacco, dell’arma della violenza di classe.

Questo è il problema centrale posto al proletariato dalla attuale fase della decadenza del capitalismo; e per conseguenza è il problema centrale posta al nostro partito, alla coscienza dei suoi militanti rivoluzionari che si riuniscono nel loro primo congresso e a cui dovranno dare la dovuta soluzione.

Giovedì, May 6, 1948