Il referendum fermerà le trivelle?

Il 17 aprile si terrà il referendum sulla questione delle concessioni petrolifere. Referendum indetto da alcune regioni - non "semplicemente" da qualche comitato di “cittadini” – e sostenuto da diversi partiti istituzionali.

Dopo il referendum sull'acqua di 5 anni fa, largamente disatteso e non rispettato, ci vogliono nuovamente abbindolare con questo nuovo referendum, di nuovo facendoci credere che attraverso l'urna, elettorale o referendaria, si possa incidere sulla realtà politica ed economica del paese Italia, ma la realtà dimostra esattamente il contrario: l'urna e la sovranità popolare non sono che un enorme inganno attraverso il quale far crede alla "gente" che l'esercizio del potere sta proprio nell'apporre una X sul sì o sul no, su tizio o su caio.

Abbiamo citato il referendum sull’acqua ma di esempi se ne potrebbero fare tanti: dal quello sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, reintrodotto come “rimborso elettorale”, a quello sull'abolizione del Ministero dell’agricoltura, fino ad arrivare… al famoso referendum che si è tenuto lo scorso settembre in Grecia, situazione certamente differente ma che rappresenta un eclatante esempio di inganno!

Diversi promotori presentano questo referendum come un segnale da dare al governo per indirizzare le scelte energetiche in una direzione “ambientalista”, ma la crisi del sistema economico mondiale restringe qualsiasi margine di mediazione, in un contesto del genere uno strumento sotto il controllo delle istituzioni padronali non potrà mai incidere sulle scelte economiche del “paese”, sostenere il contrario significa solo diffondere illusioni.

Ciò è ancora più palese visto che il referendum in questione non mette in discussione la trivellazione, attività estrattiva di idrocarburi, in quanto pericolosa per l'ambiente e per l'umanità, ma solo un comma di una legge. E non potrebbe essere diversamente visto che l'Italia essendo un paese capitalista non si sognerebbe mai di mettere in discussione il profitto.

Ciò che si sceglierà al referendum è se abrogare o meno l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, Che dice in soldoni: "le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa sono vietate, ma chi le sta già facendo può continuare a farle (della serie: è vietato uccidere, ma se lo stai già facendo, continua pure!!!) fino al termine delle concessioni o all'esaurimento dei giacimenti" di cui la parte da abrogare sarebbe "fino all'esaurimento dei giacimenti".

È evidente quanto la cosa sia ridicola, poiché, anche con il sì (abrogazione del comma) le aziende che stanno trivellando continuerebbero a farlo almeno per altri 5-10 anni, solo al termine dei quali sarebbero costrette a lasciare i giacimenti.

Ma chi ci assicura che ciò avverrà? Nel 2011 si disse no alla privatizzazione dell'acqua, eppure oggi le aziende continuano a produrre profitti con l'erogazione idrica.

La domanda sorge spontanea: cambierà veramente qualcosa votando sì a questo referendum?

Se appare sempre più evidente quanto l'urna non sia altro che una messa in scena, è veramente questo la maniera più giusta di affrontare le contraddizioni che viviamo? A tutti noi piacerebbe avere voce in capitolo circa le scelte energetiche dell'Italia... ma finché il potere economico e di conseguenza quello politico sarà in mano ad una minoranza ciò non sarà possibile.

Tra l'altro questa minoranza, i padroni ed i loro lacchè, cerca di coinvolgerci nelle sue beghe interne. Questo referendum n'è un chiaro esempio. Non è un caso che il referendum, per la prima volta nella storia, sia stato richiesto da alcune regioni. La posta in gioco è il controllo della gestione energetica locale che il governo vorrebbe centralizzare a tutto svantaggio delle regioni. Ecco il perché del referendum al di là di tutta l'ipocrisia specialmente nel nome dei comitati.

Qualcuno si domanderà "ma se votando non cambiamo niente che cosa ci resta da fare?"

Non solo non si cambia niente ma, anzi, si alimenta quello stesso sistema che vorremo cambiare.

Il punto è proprio questo.

VOTARE NON SERVE

NON VOTARE NON BASTA

Noi non vogliamo tenere una posizione disfattista, dicendo che gli sforzi verso il, cambiamento sono vani, tutt’altro. Ma non è attraverso il voto che potremo cambiare lo stato di cose presenti, anzi non faremmo che consolidarlo.

Per un'alternativa vera dobbiamo dare fiato e gambe all'avanguardia rivoluzionaria, portatrice di un programma che non metta in discussione solo alcuni dei mali della società (l'inquinamento per esempio), ma che metta in discussione tutto, quale frutto di un sistema che si basa sull'accumulazione di capitale senz'altro scopo che quello di aumentare i profitti. Una sistema che è disposto ad uccidere devastare e saccheggiare e di cui la democrazia non è altro che il vestito del momento (sempre più vintage vista la crisi e le necessarie strette autoritarie).

La scelta non è “sì” oppure “no”, andare a votare o non andare. La scelta è accettare e quindi difendere il sistema odierno o combatterlo all'interno di una prospettiva di alternativa sociale politica ed economica. La scelta insomma è tra l'accettare o meno il profitto, tra l'essere o meno per la sua abolizione!!!

L'alternativa esiste e si chiama socialismo – qualcosa che non ha nulla a che vedere con i capitalismi di stato di Cuba, Russia o Cina – una società di liberi ed uguali, in armonia con la natura, dove verrà superata la gestione da parte di pochi (privata o "pubblica" che sia) degli strumenti per produrre e distribuire i beni e servizi, e si produrrà solo per il benessere collettivo, non più per il profitto di pochi.

Socialismo o barbarie!

A voi la scelta ..

Noiti proponiamo di impegnarti per l'unica vera alternativa

ORGANIZZATI CON NOI

LA RIVOLUZIONE È POSSIBILE

IL SOCIALISMO È NECESSARIO

Domenica, April 3, 2016