Nel vortice imperialista della crisi, dello sfruttamento e della guerra

Documento della TCI per il Primo Maggio 2016

È tempo di organizzarsi

Viviamo in un mondo sempre più pericoloso. Il capitalismo si trova nella crisi più profonda dagli ultimi ottant’anni. La caduta del saggio del profitto ha portato alla stagnazione globale degli investimenti. Le conseguenze sono visibili ovunque e includono la distruzione ecologica che minaccia sempre più lo stesso futuro della vita sul pianeta.

In tutto il mondo i governi hanno attaccato lo standard di vita della classe lavoratrice, nel tentativo (vano) di ridurre il carico di debiti provocato dalla speculazione finanziaria.

Allo stesso tempo, la crisi economica ha portato aggressioni e conflitti bellici in molte regioni del mondo. Che sia nel Mar Cinese Meridionale, in Medio Oriente o in Ucraina – ovunque le potenze imperialiste stanno mostrando i muscoli in un'anticipazione di quello che potrebbe presto diventare un conflitto aperto.

Guerra e crescente barbarie

Sembra che ci troviamo nella fase embrionale di una guerra globale. La linea del fronte dei conflitti imperialisti attraversa ormai ogni area geografica, gli attentati degli ultimi mesi a Bruxelles, Baghdad, Beirut, Istanbul, e Ankara lo dimostrano. Il terrorismo del fondamentalismo islamico non è che un'espressione del conflitto tra le potenze imperialistiche e/o aspiranti tali. Inizialmente protetto e sostenuto dagli Usa contro l’Unione Sovietica e da alcuni regimi nazionalisti arabi, l'ISIS ha poi trovato il favore delle oligarchie petrolifere della penisola araba e ottenuto la tacita complicità della Turchia. Oggi è sfuggito dal controllo dei suoi protettori e vuole giocare in proprio sullo scacchiere internazionale.

Oggi l'ISIS è il punto di riferimento principale per le forze fondamentaliste. Può anche essere una guerra asimmetrica, ma la logica che sottostà alle bombe dell'ISIS è la stessa che fatta propria dai suoi nemici “occidentali”. Mentre i contadini e i pastori indifesi vengono massacrati con le più moderne armi da guerra, l'ISIS ammazza la gente indifesa mentre si reca a lavorare, ma lo fa con metodi più “artigianali”.

Si tratta di una condizione umana squallida, senza prospettive di cambiamento. L'esperienza del capitalismo di stato, quella forma di Stato borghese spacciato – per la gioia di tutti i reazionari – per “comunismo”, insieme alle massicce campagne propagandistiche della borghesia, hanno prodotto ogni genere di mistificazione e confusione. L'insoddisfazione sociale e la frustrazione sono ormai profondamente radicate, ma un'alternativa sociale è, per la maggioranza delle persone, a stento immaginabile, figuriamoci realizzabile. Le “Primavere Arabe”, che pure da principio hanno risvegliato grandi speranze, non hanno prodotto cambiamenti positivi. In questa condizione di esistenza socialmente vuota la propaganda fondamentalista, potentemente finanziata, ha trovato terreno fertile in alcuni settori giovanili. Dapprima ha offerto loro la prospettiva capace di restituire un significato, per quanto ignobile e distruttivo, alla loro vita; poi sono stati usati come carne da cannone (contro se stessi e gli altri) per gli interessi economici e strategici di uno dei più reazionari settori della borghesia mondiale. Questo mostra drammaticamente come, data l'assenza di un punto di riferimento politico organizzato nella classe operaia, la rabbia di larga parte del proletariato può essere ghermita dalla borghesia e usata contro il proletariato stesso all'interno di conflitti inter-borghesi

Guerra, miseria e migrazioni

La guerra accresce l'importanza di una delle caratteristiche essenziali parte integrante dell'esistenza proletaria: le migrazioni. La classe operaia è sempre stata una classe di migranti, una classe di persone costrette a lasciare le loro case per vendere la loro forza lavoro laddove il capitalismo ne aveva bisogno. Questa è stata ed è l'unica alternativa alla fame e alla miseria in un sistema sociale nel quale solo la sottomissione alla spietata legge del profitto rende la vita possibile.

A questi migranti tradizionali si sono poi aggiunti i milioni che cercano di fuggire dalle guerre imperialiste. Questi finiscono nelle mani di trafficanti di eseesri umani senza scrupoli. Se ce la fanno a raggiungere i paesi “ricchi”, sono obbligati a lavorare nei settori dove lo sfruttamento è più brutale, i salari più bassi e le condizioni di lavoro più dure. Vengono tenuti ostaggio di una legislazione razzista, che è poi una potente arma nelle mani degli imprenditori, per mantenere ricattabili i lavoratori immigrati ed indebolire la capacità di lotta della classe lavoratrice nel suo complesso. E’ per questo che alcuni capitalisti si mostrano umanitari e danno loro il benvenuto. Altri invece, che naturalmente non si rifiutano di sfruttarli, ne fanno i capri espiatori per la miseria sociale. La loro strategia è quella di attizzare le paure e le isterie incontrollabili nella società in generale, ma anche in quei settori della classe in particolare che, impauriti dalla crisi e in mancanza di una concreta alternativa sociale, sono completamente disorientati. In questo caso il populismo di destra, la propaganda neonazista e neofascista può essere sguinzagliata senza ostacoli contro i “migranti” e i “mussulmani”, rappresentandoli come nemici dei valori e della cultura nazionali, fomentando l’odio verso i migranti e i mussulmani, dichiarati “nemici dei valori e della cultura nazionali”. E’ un inganno che troppo spesso funziona perfettamente, particolarmente in tempi economicamente difficili, come i nostri, di grande malessere sociale e confusione politica. Divide et impera - da sempre questo è uno dei principi organizzativi della società capitalista.

Guerra imperialista o rivoluzione proletaria?

Sappiamo dalle nostre quotidiane esperienze di lavoratori - siano i nostri contratti a tempo “indeterminato”, determinato, precari - o disoccupati, quali controtendenze ha posto in essere la classe dominante, contro di noi, per cercare di porre un freno alla crisi del proprio sistema: riduzione dei costi di produzione (insicurezza, flessibilità, licenziamenti e disoccupazione di massa, concorrenza tra i lavoratori per un posto di lavoro), delocalizzazione della produzione dove la forza lavoro costa meno, tagli delle pensioni e della spesa pubblica, dell’istruzione, della sanità e dei trasporti pubblici per i pendolari. In poche parole, il taglio del salario indiretto e differito (lo stato sociale), dove questo ancora esiste. Questa guerra di classe da parte dei ricchi non ha fino ad ora trovato una risposta adeguata da parte della classe lavoratrice.

La finanziarizzazione dell’economia, che si manifesta in una speculazione finanziaria mai vista, è nella stessa misura sintomo dei grandi problemi dell’economia globale e un tentativo di aggirare gli stessi. Tentano di farci credere che si può creare profitto dal profitto e che il processo della produzione potrebbe essere saltato.

La massiccia accumulazione di una enorme ricchezza nei “paradisi fiscali” da un lato e una brutale intensificazione dello sfruttamento dall’altro, rivelano il carattere corrotto quanto ladresco del capitalismo. L’avanzante destrutturazione sociale e la crescente distruzione delle risorse naturali mostrano chiara una cosa: la continuazione dell’esistenza del capitalismo non solo non è compatibile con la sopravvivenza della classe lavoratrice, bensì con la semplice continuazione dell’esistenza dell’umanità su questo pianeta.

Il nemico principale sta nel proprio paese! Sono i “nostri” padroni e capitalisti, che ci sfruttano e ci opprimono condannandoci a una vita di miseria. Ma anche ogni stato, ogni nazione, ogni forza politica, che si rende partecipe in qualunque maniera della guerra o della sua preparazione, è anch'essa nostra nemica. Per la classe lavoratrice esiste una sola via d’uscita da questa spirale disastrosa di crisi e guerra: l’opposizione a ogni ideologia nazionalista, la solidarietà internazionale e la comune lotta di classe per i propri interessi. L’unica guerra per la quale vale di combattere è la guerra di classe contro i nostri sfruttatori, per una società senza sfruttamento, oppressione e razzismo. Una società nella quale i mezzi di produzione siano socializzati e non si trovino più nelle mani di di capitalisti privati o statali. Una società nella quale la produzione e la distribuzione siano in armonia con l’uomo e la natura, nella quale “il libero sviluppo del singolo è alla base del libero sviluppo della collettività”.

Verso un partito internazionale del proletariato

In quanto sistema globale, il capitalismo può solo essere combattuto e superato internazionalmente. Ciò necessita di una cornice internazionale, la costruzione cioè di una organizzazione politica con una struttura e un radicamento internazionali. Un tale partito comunista, internazionale e internazionalista, non è uno strumento di oppressione e men che meno una macchina per le elezioni. È allora, nella stessa misura, un luogo di riflessione politica e il punto di partenza per l’attacco all’ideologia, ai rituali e alle forme politiche di questa società. Senza un programma comunista ben radicato nella classe, ogni sciopero, ogni rivolta e insurrezione, saranno assorbite dalle forze di questa società, come gli eventi e le esperienze degli ultimi anni hanno abbondantemente dimostrato.

La classe lavoratrice non ha una patria e lo stesso vale per l’organizzazione dei comunisti. Il primo passo verso una vera rottura col capitalismo consiste nel raggruppamento e nell’organizzazione internazionale dei rivoluzionari. Il compito della TCI è di contribuire a questo processo. Non sosteniamo di essere “il Partito”, o il suo unico punto di partenza ma riteniamo di avere un importante contributo da dare sulla linea delle acquisizioni teorico-politiche della Sinistra Comunista che hanno guidato fin qui la nostra analisi e la nostra partecipazione alla lotta di classe. Il nostro obiettivo strategico ora è di costituire un punto di partenza e di rompere l'attuale condizione di isolamento e frammentazione delle forze internazionaliste.

Il dominio del capitalismo pervade tutto il pianeta e penetra ogni aspetto della vita. Ma questo dominio può essere combattuto, a patto di dotarsi, nella lotta quotidiana contro lo stato e il capitale, di quell'arma necessaria per resistere al dominio dell'ideologia borghese: il partito internazionale della rivoluzione socialista.

E’ tempo di organizzarsi!

Tendenza Comunista Internazionalista
Giovedì, April 28, 2016

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.