I grilli alle cicale: “A noi il governo del Paese!”

Pronto a “dialogare” per governare il Paese, Di Maio aveva nominato dopo le elezioni il prof. G. Della Cananea a capo di un “comitato scientifico” per lo studio di “convergenze programmatiche” tra 5Stelle, Lega e PD. Dopo 10 giorni di “lavoro senza sosta” di un gruppo di docenti, fu partorito un… topolino, a conferma che atro non si può fare nella soffocante rete dei rapporti di produzione capitalistici, quell’insieme di relazioni economico-sociali condizionanti le sovrastrutture giuridiche, politiche e morali della società.

I 10 punti della proposta di… inciucio, presentata come la bozza di “un contratto di governo alla tedesca”, miravano alla “coesione” di un futuro governo accantonando le “divergenze” su conflitto d’interessi, lotta alla corruzione e alle mafie. In ombra il “superamento Foriero”, mentre lo specchietto per allodole di una “riforma della giustizia” finiva nella spazzatura, assieme ad altri “miraggi”: il “contrasto” alla povertà, la rumorosa questione dei vaccini e persino quella dell’immigrazione. (Leggiamo che ogni rimpatrio costa 5mila euro, ed ora se ne vorrebbero fare ben 500mila!). Meglio anche lasciar perdere la “questione” della Unione economica e monetaria. Qui - si ammetteva – c’era in gioco “la cura dell’interesse nazionale” e un pacchetto di trattati già firmati. I professori non potevano fare di più…

Finché le poltrone sono libere è meglio essere “concilianti e trasparenti” per “tenere unite le forze, con disciplina, lealtà e onore” e con adeguati “vincoli politici”… Anche se il re appare sempre più nudo, bisogna essere “al servizio del Paese”, interessi capitalistici e Stato borghese compresi. O vogliamo sfidare le patrie galere facendo gli “eversivi”?

Ecco allora che “il cambiamento” rivelava la sua vera sostanza e dietro alla “lotta a povertà e disoccupazione”, avanzava la mitica “riduzione _degli squilibri territoriali_“, il miglioramento delle infrastrutture e il sostegno pubblico alle opere di interesse collettivo e di buoni affari per lor signori. Lasciando perdere il fantomatico “reddito di cittadinanza”, diventato un vago “potenziamento degli attuali sistemi di sostegno al reddito”.

A coronare l’idilliaco quadretto di pace sociale e sempre rispettando i rapporti di produzione capitalistici, anche per il Governo dei 5Stelle era essenziale il tema della “sicurezza” con “potenziamenti all’interno e all’esterno del Paese”: organici più “larghi” e maggiori “strumenti di azione”, migliore coordinamento tra le forze, intensificazione e coordinazione di intelligence. Ordine e sicurezza affinché anche le imprese, “preziosa risorsa per l’Italia”, siano ben tutelate con “un contesto normativo, regolativo, ambientale e fiscale che le protegga”. Quindi, assicurare la competitività delle merci prodotte e gli indispensabili investimenti in alta tecnologia! Mirando ad “obiettivi produttivi verso finalità ad alto moltiplicatore", come proclamava Di Maio con alle spalle il dio Profitto che gli suggeriva le battute comprese quelle sugli interventi per le Banche in difficoltà.

Ma l’attesa “standing ovation” per un tale capolavoro di “offerte” non è arrivata né da destra né da sinistra della partitocrazia parlamentare. Intanto qualcuno si chiedeva quale fosse la vera identità dei 5Stelle, impegnati a “costruire un futuro per i giovani e le famiglie”…

A quel punto, ecco però aprirsi di nuovo il sipario e sul palco cominciava la recita di un’altra farsa: la stesura di un “contratto di governo” fra 5Stelle e Lega, con 70 giorni di chiacchere intrise di ambiguità e mistificazioni , soprattutto a proposito di coperture per programmi che dovrebbero “migliorare la vita degli italiani” (ricchi e poveri…) con una pioggia di denaro proveniente da una… revisione delle “spese”. Puntando, s’intende, a “cicli economici” favorevoli e tali da ridurre sempre di più il debito rispetto al Pil.

Così, mentre i conti delle entrate-uscite (fondamentali per il presente stato delle cose, gestite al servizio del capitale…) brillano di un rosso smagliante, il dialogo “tecnico-politico” si è concluso con promesse di intenti che persino la famosa coppia Tsipras-Varoufakis avrebbe respinto. Presentate come un generico contratto tra privati, con modalità, procedure e tempi affidate alla … provvidenza, affinché faccia “ripartire” l’economia del Paese!

I conteggi dei mass-media sono andati in tilt quando alla fine hanno intravvisto una “spesa” complessiva di 100/125 mld di euro, a fronte di entrate che non andrebbero oltre i 550 milioni! Il cosiddetto “reddito di cittadinanza” richiederebbe 17 mld; 12,5 mld per la “sterilizzazione clausole di salvaguardia”; 8 mld il capitolo pensioni; 6 mld per eliminare accise benzina, 5 mld per “agevolare uscita dal mercato del lavoro” (?); 6 mld di investimenti “_produttiv_i”. Fra i recuperi: non più di 100 milioni dalla riduzione delle pensioni d’oro e solo 200 milioni da una riduzione dei parlamentari e dei loro vitalizi. (Dati dell’Osservatorio conti pubblici). Inutile chiedersi chi dovrebbe poi pagare il debito, mentre il duo Di Maio-Salvini proclama: “Il nostro obiettivo è ridurre il debito pubblico”, già oltre i 2.300 mld di euro e che alcuni autori delle tante versioni del “contratto” volevano cancellare di 250 mld di euro, per poterne fare di nuovi! Ciliegina sulla torta: Di Maio due mesi fa parlava di aliquote Irpef al 42% sopra la soglia di 100mila euro di reddito. Ebbene, oggi per i ricchi l’aliquota Irpef sarà del 20%! Altro che la “minaccia” di una patrimoniale!

Morale della favola: chiunque resta impigliato in una visione politica e strategica che non vuole né può minimamente contrastare quella imposta dalle compatibilità del capitale (in crisi), può solo diffondere l’illusione – difendendo gli “interessi della nazione”! – di un “contratto” di governo manovrato fra le quinte dalla Casaleggio Associati' e da qualche accordo sottobanco fra Lega (Bossi e Belsito, ricordate le loro imprese?) e Berlusconi (campione della lotta alla corruzione). Dunque niente più di pseudo “riforme” con tagli alla spesa pubblica, ai servizi sociali e... a qualche “diritto” dei cittadini. Pagherà Pantalone, sull’esempio Usa: là dove si è attuata la flat tax chi ci ha guadagnato (e parecchio) sono state le multinazionali, i centri finanziari e le banche. Senza dimenticarci che l’idea della flat tax viene da economisti ultraliberisti come M. Friedman…

E’ il capitale che detta legge: il “pubblico” vuole soldi? Venda gli immobili statali ai privati speculatori! E si favoriscano le imprese, anche medio-piccole (vedi la prevista reintroduzione dei famigerati voucher per retribuire i “lavoretti”); si superi la legge Fornero con qualche piccolo ritocco e si ricopra di fumo la “lotta alla corruzione e ai conflitti d’interesse”. Infine, qualche obolo ai disoccupati ma con il preciso obbligo di accettare offerte di lavoro, partecipare a corsi di qualificazione, fare lavori socialmente utili. Altrimenti, peste li colga!

Le carte, anche se truccate, svelano quel che c’è dietro, rimandando la “quadratura del cerchio” a futuri “gruppi di lavoro” i quali prenderanno atto delle dispute in corso fra le litigiose fazioni borghesi e consorterie presenti sul mercato. Altrimenti il banco salta e sarebbero guai per un futuro carico di incertezze. Ovvero, diciamolo apertamente, che si fa sempre più buio!).

Le ultime candele si spengono e sul palcoscenico si ritorna al buio. Almeno fino a quando sentiremo cantare il nostro gallo rosso…

Lunedì, May 21, 2018