Sempre crisi, sempre più speculazione

E' da un mese che gli aiuti della Bce (quantitative easing) sono finiti. Per il sistema bancario italiano sembrava che ritornassero i tempi bui dell'ultimo decennio. Il timore era che che i mercati voltassero le spalle ai Btp di italica erogazione mettendo in ginocchio il sistema bancario, invece non è successo nulla di tutto questo, anzi... Gli speculatori italiani quanto quelli internazionali si sono moltiplicati affollando le aste del Tesoro e dando ossigeno all'intero impianto finanziario. Tutto bene allora? Manco per niente. Il mondo della finanza - nonostante le consistenti iniezioni di liquidità fornite dall'acquisto di Titoli tossici e di Titoli di stato da parte della Bce, affinché ritornasse ad essere il motore propulsore dell'economia reale trasformando la liquidità ricevuta in prestiti produttivi alle imprese - si è comportato esattamente come prima. Pochi prestiti alle imprese e, quando li ha erogati, lo ha fatto con il contagocce a tassi d'interesse da usura. In compenso, la liquidità ricevuta ha ripreso la strada della speculazione, come se i dieci anni di crisi non avessero insegnato nulla.

La prima ragione di questo comportamento sta nel fatto che i deboli Btp italiani, per poter essere venduti, devono essere appetibili sul piano degli interessi e facilmente acquistabili sul mercato obbligazionario. Con un costo del danaro basso (0,75% è il tasso di riferimento. 1,50 % il tasso di interesse sui rifinanziamenti, ma questo appartiene ad un altro discorso) è conveniente indebitarsi a poco per comprare i Btp che rendono più del doppio (2,7%). Il che costa allo Stato, cioè ai contribuenti, qualcosa come 9 miliardi di euro all'anno (2019). Ben sapendo che i tassi di interesse in Europa per quest'anno non sono destinati a crescere, o perlomeno questa è la promessa ufficiale di Draghi, il 2,7% di interesse è una pacchia da non perdere, sino a quando il “sistema” sarà in grado di reggere, poi si vedrà. E' così che dallo scorso aprile le Banche hanno intascato 45 miliardi di euro, 11 solo a gennaio di quest'anno, aumentando ulteriormente la loro liquidità ma mantenendo il loro solito comportamento nei confronti delle imprese. Oltretutto, se dovesse ripartire il programma della Bce di prestiti a basso costo, il debito di 700 miliardi di euro che le Banche dovrebbero restituire a Francoforte entro l'anno prossimo non sarebbe una grosso problema, ma l'ennesimo favore ai soliti Istituti di Credito, che ripianerebbero il debito stesso con un costo del danaro più basso di quello ufficiale. Il che, ancora una volta, consentirebbe loro di risparmiare, di mantenere una buona quota di liquidità e di acquistare altri Btp con la solita scommessa che il tutto regga, almeno nel medio periodo.

Perché tutto questo, perché un simile comportamento da parte degli Istituti di Credito? Semplice la risposta. Perché non si è usciti dalla crisi. L'Italia è “tecnicamente” in recessione. Non meglio stanno la Francia, l'Inghilterra e persino la Germania. La Cina, pur “veleggiando a tassi del Pil al 6% “(siamo ben lontano da incrementi annui del 18-22% di qualche anno fa), ha grossi problemi nel settore produttivo dei beni di consumo e non solo. Gli Usa sono pieni di debiti sino al collo e il deficit della loro bilancia dei pagamenti con l'estero, nonostante (o a causa) dell'insulsa politica dei dazi di Trump, ha toccato il record di 631 miliardi di dollari. Il che significa che le centrali del capitalismo mondiale, ben lontane dall'aver superato la crisi, ci sono dentro sino al collo e non sanno come uscirne. Significa che la crisi da bassi saggi del profitto, dovuta all'alta composizione organica del capitale (più macchine e meno forza lavoro da cui si estrae il profitto), è ancora in atto e che il capitale preferisce la strada della speculazione a quella dell'investimento, che non dà profitti e quando li dà sono nettamente inferiori ai “normali” standard di valorizzazione del capitale stesso. Come dire: è meglio il rischio della speculazione, di una scommessa su qualche plusvalenza in più, che la certezza di magri saggi del profitto. Che poi la speculazione si trasformi in “bolle”, che a loro volta scoppiano ricadendo su di un tessuto economico già in crisi, che, a sua volta, è stato alla base della speculazione stessa, è un “mistero” che la “scienza” economica borghese non è riuscita a chiarire.

Intanto le manovre economiche e finanziarie di un capitalismo perennemente in crisi non fanno altro che aggravare le condizioni di vita e di lavoro (per chi ce l'ha) del proletariato italiano e internazionale che, se vuole porre fine a questo stato di cose, deve avere la forza di rialzare la testa, di darsi una guida politica, per ribaltare un sistema economico in decadenza, iniquo e vessatorio, che non può che peggiorare la situazione con maggior saggi di sfruttamento, con guerre devastanti e con la barbarie sociale che le accompagna.

FD
Domenica, March 10, 2019