Clima-Produzione-Capitale

Note a margine al sesto rapporto IPCC sui cambiamenti climatici

Sintesi

Il VI rapporto IPCC sui cambiamenti climatici afferma che le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo sono la causa di: aumento delle temperature, scioglimento delle calotte glaciali, innalzamento del livello dei mari. L’emissione massiva dei gas serra e il loro aggravamento corrispondono con l’affermarsi del modo di produzione capitalista e con il manifestarsi della sua crisi strutturale. È il capitale la causa dei cambiamenti climatici. La scala dei recenti cambiamenti è per molti aspetti senza precedenti. La produzione e il consumo di combustibili fossili sono parte integrante del sistema produttivo capitalista. Un sostanziale abbandono dei combustibili fossili appare improbabile. Le conseguenze principali del cambiamento climatico portano il peggioramento delle condizioni di vita per centinaia di milioni di esseri umani e l’intensificazione dei flussi migratori. Sarebbe necessario un cambiamento di portata storica capace di modificare, o cancellare, il rapporto capitale- produzione-ambiente. Una rivoluzione proletaria internazionalista potrebbe veicolare in maniera costruttiva un nuovo rapporto uomo-produzione-ambiente, seguendo le indicazioni che provengono dalla scienza – oggi inapplicabili perché in contrasto con la ricerca del profitto. In questa prospettiva le avanguardie internazionaliste si muovono.

Il report

A coronamento di un'estate con temperature da record, il 7 agosto è arrivata la prima parte del sesto rapporto dell’IPCC sul clima. Gli scienziati dell’organismo intergovernativo dedicato al monitoraggio del cambiamento climatico descrivono i cambiamenti in atto. Nel 2022 seguiranno altri due report riguardanti impatti, cambiamenti e vulnerabilità del cambiamento climatico, il primo e possibili metodi per mitigare il cambiamento climatico, il secondo. I risultati descritti nel rapporto rappresentano la sostanziale unanimità del punto di vista della comunità dei climatologi mondiali in materia, tanto che, tra i climatologi, i negazionisti della matrice umana del cambiamento climatico sono meno dello 0,01% (Powell, Wikipedia).

Seguiamo i risultati del Summary for Policymakers (IPCC, 2021) dando tra parentesi indicazione del capitolo a cui ci riferiamo e inframezzando la lettura del rapporto con commenti nostri.

Lo stato corrente del clima

Il report:

È inequivocabile che l’attività umana sia la causa dell’attuale riscaldamento di atmosfera, oceani e terre emerse. Tale riscaldamento è la causa dei diffusi e rapidi cambiamenti nell’atmosfera, negli oceani, nella criosfera e nella biosfera.

p.5

Gli aumenti nella concentrazione di gas-serra nell’atmosfera (in particolare CO2, CH4 e N2O) rilevabili a partire dal 1750 sono inequivocabilmente dovuti all’attività umana. A partire dalla metà degli anni ‘70 la situazione ha iniziato poi a precipitare:

ognuna delle ultime quattro decadi è stata più calda delle precedenti.

ivi

Altra fonte descrive ancora meglio il medesimo dato: a fronte di un aumento di 1,1°C rispetto alla fine dell’800

i due terzi di questo incremento si sono avuti a partire dal 1975, quando la crescita ha iniziato a viaggiare al ritmo di 0,15-0,20°C per ogni decennio.

Tozzi, 2020, p.54

Tale attività umana è stata il vettore principale del ritiro globale dei ghiacciai avutosi dagli anni ‘90; del decremento del ghiaccio Artico registrato dal 1979; della riduzione delle nevi primaverili nell’emisfero settentrionale; dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia1 e dello slittamento in corso delle fasce climatiche verso i poli di entrambi gli emisferi. La medesima attività umana ha causato negli oceani: la riduzione dell’ossigeno a partire dagli anni ‘50, l’innalzamento della temperatura dagli anni ‘70 e la loro acidificazione attuale.

Dal 1900 ad oggi il livello del mare si è innalzato di 20 centimetri. Con il seguente trend storico:

  • (1901-1971) +1,3mm/anno;
  • (1971-2006) +1,9mm/anno;
  • (2006-2018) +3,7mm/anno.

Fino agli anni ‘70 il pianeta è riuscito ad assorbire buona parte dei gas serra prodotti dall’uomo, ma a partire da allora l’“equilibrio” si è rotto.

<br/> Grafico1: impatto dell’attività umana sulla variazione del clima (ICPP, 2021). A destra si vede la differenza tra simulazione dell'andamento naturale e influenza umana.

Grafico1: impatto dell’attività umana sulla variazione del clima (ICPP, 2021). A destra si vede la differenza tra simulazione dell'andamento naturale e influenza umana.

Riflessione 1: il report parla di generica influenza o attività “umana”, ma crediamo abbia senso riflettere sul fatto che gli umani, i sapiens, sono sul Pianeta Terra da quasi 300mila anni, mentre i fenomeni descritti riguardano solamente gli ultimi 250 anni, con un picco crescente negli ultimi 50 (vedi Grafico 1). Le evidenze mostrano che non è la generica “attività umana” a causare l’attuale cambiamento climatico, ma la specifica forma che tale attività ha acquisito nell’ultimo quarto di millennio: il modo di produzione capitalista. Le emissioni massive di gas serra che condizionano il cambiamento climatico si affermano con il diffondersi della società industriale capitalista, a partire dalla metà del XVIII secolo, e vanno intensificandosi nella misura in cui il capitalismo diventa il modo di produzione incontrastato sull’intero pianeta.

Riflessione 2: dagli anni ‘70 la situazione del riscaldamento globale vive un aggravamento progressivo. Questo periodo di tempo coincide con l’aprirsi della crisi strutturale del terzo ciclo di accumulazione capitalista, all’interno della quale tutt’oggi continuiamo a vivere (Damen, 2020). Il dato non è banale: le evidenze mostrano come le controtendenze che il capitale ha posto in essere per procrastinare e limitare gli effetti della sua crisi economica, hanno avuto un impatto devastante a livello climatico e ambientale, portando all’incremento massivo delle emissioni di gas serra (Grafico 3). Ricordiamo, tra le principali controtendenze, le seguenti: la rivoluzione del microprocessore, la delocalizzazione della produzione nei paesi della periferia capitalista, la nascita di nuovi settori merceologici, l’incremento della massa di merci prodotte assieme all’aumento della loro velocità di circolazione e alla riduzione dei costi di produzione, a partire dai salari.

Il report: (A.2) La scala dei recenti cambiamenti registrati nel sistema climatico è, per molti aspetti, inedita e sconosciuta al genere umano: le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera e i livelli di acidità degli oceani attuali non hanno precedenti negli ultimi 2 milioni di anni; per riscontrare le odierne concentrazioni di CH4 e di N2O bisogna tornare indietro di almeno 800mila anni; per trovare un innalzamento così repentino delle temperature atmosferiche di 125mila; per le temperature dei mari bisogna andare a ritroso di 11mila anni, alla fine dell’ultima glaciazione.

Riflessione 3: Di fronte a tali dati A. Guterres, segretario generale dell’ONU ha sentenziato:

Questo report deve suonare come una campana a morto per il carbone e i combustibili fossili prima che distruggano il pianeta.

E qui sta il punto. L’intero terzo ciclo di accumulazione del capitale (1945-…) si è fondato su tali combustibili come principale fonte energetica. A filo di materialismo storico risulta altamente improbabile una rivoluzione strutturale delle fonti energetiche primarie usate dal Sistema senza che il pianeta attraversi a sua volta un cambiamento radicale in termini di organizzazione della produzione, sociali, economici e politici. Un cambiamento strutturale di tale portata potrebbe verificarsi solamente come risultante di un evento di portata storica quale: una guerra generalizzata, il collasso globale della civiltà capitalista o una rivoluzione internazionalista.

L’attuale assetto capitalista globale si è letteralmente costruito e definito, nella sua forma attuale, attorno ai combustibili fossili. Facciamo qualche esempio. Le prime 10 compagnie del petrolio e del gas (la maggior parte pubbliche) producono da sole il 22% dei gas serra (Fontana, 2019), le 100 compagnie mondiali che si occupano di combustibile fossile sono responsabili per oltre il 70% delle emissioni (Griffin, 2017). Le industrie petrolifere sono economicamente tra le più importanti del pianeta, 6 di esse risultano tra le 11 imprese con maggiori profitti in assoluto e nell’ultimo decennio il consumo globale di petrolio ha continuato a crescere stabilmente (Sonnichsen, 2021); i combustibili fossili sono a monte della produzione della stragrande quantità delle merci commerciate a livello mondiale; le imprese petrolifere continuano tutt’oggi ad investire nuovi ingenti capitali nelle loro attività di estrazione, raffinazione e distribuzione, e il consumo di carburanti fossili continua a progredire inarrestabile praticamente dall’inizio dell’era industriale (nel Grafico 2 l’andamento di tale consumo negli ultimi 50 anni).

<br/> Grafico 2: andamento del consumo di energia nel mondo (Climatizzati, 2019).

Grafico 2: andamento del consumo di energia nel mondo (Climatizzati, 2019).

Il report: (A.3) Il cambiamento climatico attiva, nelle diverse aree del pianeta, tre tipologie di eventi climatici e meteorologici estremi:

  1. caldo estremo e ondate di calore;
  2. precipitazioni massive e cicloni tropicali sempre più potenti;
  3. siccità;

e vanno a sommarsi agli effetti dell’innalzamento del livello dei mari: il solo tasso di scioglimento delle calotte glaciali è aumentato di quattro volte tra gli anni ‘90 e gli anni ‘10 (A.4). Le conseguenze di questi eventi tendono a essere sempre più frequenti e intense: alluvioni, inondazioni, carestie, incendi e desertificazione.

Riflessione 4: La desertificazione avanza inarrestabile nell’Africa sub sahariana nell’Australia meridionale, interessando sempre più i Paesi del Nord Africa; l’innalzamento dei mari allaga le pianure densamente abitate di aree come il Pakistan e il Bangladesh, minacciando sempre nuove isole e territori; cicloni tropicali di dimensioni e potenza sempre maggiori mettono in ginocchio popolazioni intere; la siccità perdurante affligge interi stati del centro Africa producendo mortali carestie: le migrazioni di massa sono una delle conseguenze dirette più visibili di tali cambiamenti climatici (Tozzi, 2020). A causa della prolungata siccità il Lago di Urmia in Iran, un tempo il più grande del Medio Oriente, dagli anni ‘90 si è dimezzato e oggi rischia di scomparire lasciando una distesa di sale. L’approvvigionamento di acqua sta diventando un problema sempre più grave in tutto il Medio Oriente, con picchi estremi in Giordania (Pleingen et alia, 2021) dove l’inaridirsi del Fiume Giordano sta contribuendo anche alla scomparsa del Mar Morto, che segue a sua volta quella del Lago di Aral e del lago Ciad. In Iran si stanno verificano le prime rivolte per l’acqua (ICT, 2021). Sabato 14 agosto 2021, per la prima volta da quando, negli anni ‘50, sono iniziate le rilevazioni, sulle vette della Groenlandia le precipitazioni sono state piovose invece che nevose (Ramirez, 2021). Gli incendi massivi, figli della siccità, si susseguono in Amazzonia, Angola, Australia, Congo, Siberia...

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Il capitalismo si fonda sullo sfruttamento intensivo ed estensivo degli esseri umani (2) come delle risorse planetarie. L’emergenza climatica, con le sue conseguenze sulle popolazioni del pianeta, va a sommarsi alle sofferenze inferte alla popolazione mondiale dalle guerre imperialiste e dalle crisi economiche. Tutti e tre questi fattori, che caratterizzano la nostra epoca e si influenzano e alimentano a vicenda, sono determinati dal medesimo denominatore comune: il modo di produzione capitalista e la sua crisi strutturale apertasi nei primi anni ‘70.

Possibili futuri climatici

Il report: (B.1) Le cause individuabili del cambiamento climatico sono sostanzialmente tre: gas-serra, utilizzo del suolo e inquinamento dell’aria. L’IPCC offre alcuni possibili scenari futuri a seconda di come queste tre variabili potrebbero ridurre, mantenere stabile o incrementare il loro impatto sull’atmosfera nel breve (2021-2040), medio (2041-2060) e lungo (2081-2100) termine.

In presenza di una immediata e drastica riduzione dell’emissione dei gas serra, con obiettivo “emissioni zero” entro il 2050, la temperatura (attuamente a +1,1°C) salirebbe a +1,5°C nel breve, a +1,6°C nel medio, per iniziare a scendere a +1,4°C nel lungo termine, ma bisognerebbe cambiare oggi il modo di produzione.

Nello scenario intermedio di una progressiva riduzione nell’incremento delle emissioni, iniziando a ridurre le emissioni, rispetto al presente, a partire dal 2060, si avrebbe un aumento a +1,5°C nel breve, a +2°C nel medio, a +2,7 nel lungo termine, gli effetti sull’umanità sarebbero molto pesanti e verranno descritti nel prossimo report.

Nello scenario di un prevedibile – a nostro parere – mantenimento del trend attuale di emissione dei gas serra (scenario 4 su 5 tra quelli previsti dall’IPCC) si arriverebbe a +1,5°C nel breve, +2,1°C nel medio e +3,6°C nel lungo termine. Come termine di paragone, l’ultima volta che la temperatura globale ha raggiunto o superato i +2,5°C è stato 3milioni di anni fa. Le emissioni potrebbero però addirittura aumentare e/o il clima reagire in maniera imprevista, e questo porterebbe a scenari ancora più pesanti.

In prospettiva, tutti gli eventi climatici estremi sopra descritti si intensificheranno in funzione dell’aumento delle temperature, mentre la capacità di assorbimento della CO2 di oceani e terre diventerà proporzionalmente sempre meno efficiente nel rallentare l’accumulo di CO2 nell’atmosfera. Molti cambiamenti innescati dalle passate e presenti emissioni di gas serra sono già oggi irreversibili per un periodo che va dalle centinaia alle migliaia di anni. Il livello del mare – rispetto al 2014 – si innalzerà entro il 2100 di una misura variabile tra i +28 e i +101 cm a seconda dello scenario, per raggiungere nel 2150 un valore che può oscillare tra i +37cm e i +2m o più. Tutto dipende da quanto tempestivamente verranno abbattute le emissioni di gas serra e dai possibili effetti oggi imprevedibili di un intensificazione nello scioglimento dei ghiacciai.

Riflessione 5: La domanda è: come sarà possibile realizzare l’auspicata e necessaria riduzione dei gas serra? In base ai dati attualmente a nostra disposizione una loro drastica e immediata riduzione appare al momento quantomeno improbabile. Nei paesi a vecchio capitalismo, come l’Europa e in minima parte gli USA, una certa riduzione è in corso, assieme ad un timido incremento delle tecnologie CDR (Carbon Dioxide Removal, Wikipedia), compresa la piantumazione di nuovi alberi – si calcola che bisognerebbe piantarne almeno 1200 miliardi (Tozzi, 2020). Il riformismo – neo e vetero – afferma che è ora che gli Stati, se non le Banche Centrali, finanzino le produzioni ecologicamente compatibili per favorire la cosiddetta transizione green (Roberts, 2021). Il sistema nel suo complesso sta quindi recependo la necessità della riduzione dei gas serra? La realtà fattuale ci dice tutt’altro. Powell, governatore generale della Federal Reserve statunitense, il 4 giugno 2021 ha dichiarato che:

Oggi, il cambiamento climatico non è qualcosa che consideriamo direttamente nella definizione della politica monetaria.

E infatti, osservando il Grafico 3 vediamo come nel cuore produttivo del capitalismo contemporaneo – Asia ed in particolare le potenze imperialiste emergenti Cina e India, là dove la produzione di merci è stata maggiormente delocalizzata dai primi ‘70 –, i livelli di produzione di CO2 aumentano vertiginosamente, controbilanciando abbondantemente le timide riduzioni che si riscontrano nelle aree a vecchio capitalismo, come l’Europa, oggi tendenzialmente dedita all’assemblaggio e alla produzione high tech e gli USA, primo imperialismo mondiale, ma oggi in apparente declino (FD, 2021). Qui emissioni di CO2 sono fondamentalmente ferme.

<br/> Grafico 3: Grafico storico dell’emissione totale di CO2 per regione del pianeta (Our World in Data, 2019)

Grafico 3: Grafico storico dell’emissione totale di CO2 per regione del pianeta (Our World in Data, 2019)

Da questi dati emerge come il quadro attuale dovrebbe essere scosso profondamente, e a livello strutturale, per evitare le peggiori conseguenze dell’aggravamento del cambiamento climatico sopra esposte. È difficile prevedere l’impatto reale di tali conseguenze climatiche estreme sul piano sociale, sanitario, economico e bellico mondiale e, forse, saranno esse stesse a causare mobilitazioni di massa tali da innescare il futuro cambiamento radicale.

Non crediamo plausibile che scelte politiche come quelle che potrebbero venir prese alla prossima Conferenza del Clima di novembre a Glasgow – l’ennesima – possano rappresentare più che buoni propositi da disattendere.

Ripetiamo: il problema è sistemico e connaturato alla radice strutturale del capitalismo stesso, una radice che solamente un cambiamento storico come una guerra mondiale, il collasso generale del sistema o una rivoluzione proletaria internazionale potrebbero modificare, andando a sua volta a modificare in profondità, o a demolire, il rapporto capitale-produzione-ambiente.

Sebbene una guerra generalizzata – o il collasso barbarico del sistema – potrebbero incidere sulla riduzione sostanziale delle emissioni di gas serra, solamente una nuova organizzazione sociale, figlia di una rivoluzione politica proletaria e anticapitalista, potrebbe intervenire secondo un piano razionale e costruttivo per:

  1. gestire le drammatiche conseguenze in termini umani dettate dagli sconvolgimenti climatici irreversibili già attivati alle differenti latitudini;
  2. avviare una nuove modalità produttive che prevedano la netta riduzione nell’emissione di CO2, il pieno rispetto dell’ambiente, dell’essere umano, e l’applicazione delle indicazioni che provengono dal mondo scientifico. È infatti la ricerca del profitto come motore primo dello sviluppo economico e sociale il primo ostacolo alla realizzazione di un rapporto armonioso tra esseri umani e ambiente, secondo quanto anche la scienza borghese suggerisce.

Dal punto di vista delle avanguardie di classe si tratta allora di coniugare la denuncia degli effetti del riscaldamento climatico con la battaglia contro il capitalismo nel suo complesso. Al fine di perseguire tale ambizioso progetto gli internazionalisti si impegnano a produrre e a far circolare una critica al capitalismo articolata nei tre piani: ambientale, imperialista, economico. La questione climatica è, come abbiamo visto, anch’essa prodotto del rapporto tra le classi: tra una borghesia predatrice che spoglia il pianeta di ogni sua risorsa e un proletariato che deve trovare al suo interno, a partire dalla sua parte più avanzata, la capacità di coniugare la lotta allo sfruttamento, alla guerra e ai cambiamenti climatici e alle devastazioni ambientali con gli elementi strategici di un progetto rivoluzionario.

A partire da queste le direttrici minime un discorso sul cambiamento climatico in chiave rivoluzionaria può e deve essere sviluppato.

Lotusflower

Bibliografia

  • Climatizzati. (2019). Petrolio? Business as usual ... anzi peggio: crescita del 12% entro il 2030. climatizzati.ch
  • Carbon Dioxide Removal. en.wikipedia.org
  • edition.cnn.com
  • Damen, F. (2020). Il capitalismo è crisi. Milano: Edizioni Prometeo
  • FD. (2021). 15 agosto 2021. leftcom.org
  • Fontana, C. (2019). 20 multinazionali del petrolio e gas producono da sole il 30% delle emissioni. 7 gennaio 2019, valori.it
  • Griffin, P. (2017). The Carbon Major Database. CDP report, luglio 2017
  • ICT. (2021). Iran on Oil adn Trubled Water. leftcom.org
  • IPCC ipcc.ch
  • Pleitgen, F., Otto, C., Dewan, A., Tawfeeq, M. (2021) The Middle East is running out of water, and parts of it are becoming uninhabitable. 22 agosto 2021. edition.cnn.com
  • Roberts, M. (2021).Climate change: the fault of humanity? thenextrecession.wordpress.com
  • Our world in data. ourworldindata.org
  • Powell, J. L. en.wikipedia.org
  • Ramirez, R., (2021). Rain fell at the normally snowy summit of Greenland for the first time on record. 19 agosto 2021. edition.cnn.com
  • Sonnichsen, N. (2021). Global Oil Industry, Statistics & facts. statista.com
  • Tozzi, M., Baglioni, L. (2020). Un’ora e mezzo per salvare il mondo. Roma: Rai Libri

Note

(1) Il primo agosto 2019 il documentarista Caspar Haarloev filma i fiumi di ghiaccio sciolti formatisi sulla calotta polare groenlandese. Si stima che solo il 31 luglio 2019 in Groenlandia si fusero 11 miliardi di tonnellate di ghiaccio (Tozzi, 2020).

(2) Per gli esseri umani lo sfruttamento intensivo della forza-lavoro si chiama plusvalore relativo, quello estensivo plusvalore assoluto.

Lunedì, August 23, 2021