Solidarietà con la lotta alla GKN

Pubblichiamo l’introduzione al volantino di luglio in solidarietà con la lotta alla GKN, che i nostri compagni della CWO hanno tradotto per la pagina inglese del sito. Una volta di più, emerge come gli interessi – immediati e storici – della classe operaia siano davvero internazionali: da qui_ l’invito ad unire la lotta degli _operai italiani e inglesi colpiti dai medesimi tagli e licenziamenti, contro il nemico comune, che è sì, nell’immediato, Melrose, ma più in generale il capitale e la classe che lo gestisce, cioè la borghesia.

Questa introduzione viene scritta nel giorno in cui il governo britannico pone fine al suo sostegno alla cassa integrazione per pagare l'80% dei salari dei lavoratori in modo che non fossero licenziati durante la pandemia. Almeno 1 milione di lavoratori affrontano ora un futuro incerto. Il governo italiano ha iniziato a far venire meno il suo sostegno all'occupazione il 1° luglio, quando ha messo fine al blocco sui licenziamenti. Era il segnale che la società finanziaria Melrose stava aspettando.

Melrose è un hedge fund, un esempio moderno del "capitalismo finanziario parassitario" individuato da Lenin nel suo Imperialismo. Non produce nulla, ma è specializzata nell'acquisizione di imprese in cui vede l’opportunità di "comprare, ristrutturare, vendere" – in altre parole spogliare un'impresa e licenziare almeno una parte della forza lavoro. Nel marzo 2018, dopo una lunga battaglia, hanno acquistato l'azienda ora conosciuta come GKN per 8,1 miliardi di sterline. Era una tangente abbastanza grande da convincere il 52% degli azionisti (che hanno visto le loro azioni salire del 40% in 2 mesi) a votare per l'acquisizione (1).

Avevano fatto lo stesso con altre aziende, ma GKN è uno dei grandi nomi dell’industria meccanica britannica. Basata sulla fondazione originale del 1759 della Dowlais Ironworks da parte di Thomas Guest, ha seguito il solito percorso capitalistico di assimilazioni per diventare Guest, Keen e Nettlefolds (da cui GKN) entro la Seconda guerra mondiale, quando ha fornito gli Spitfire [aerei da guerra ndt] e gli elmetti d'acciaio allo Stato britannico. Oggi, con sede a Redditch, ha divisioni aerospaziali e automobilistiche che impiegano 27.500 lavoratori in 51 stabilimenti in 30 paesi. Vende in tutto il mondo e fornisce sia Boeing che Airbus e molte delle principali case automobilistiche. Data la sua importanza nazionale, ha causato indignazione anche nella destra capitalista. Un deputato Tory ha descritto Melrose (2) come

il capitalismo dei baroni di rapina al suo peggio – molti posti di lavoro britannici distrutti da pochi avvoltoi aziendali che saccheggiano un'azienda per fare profitti a breve e disastri a lungo termine (3).

Ma non sono i soli. Muovere dalla "leva finanziaria" (debito) per ottenere un profitto immediato è né più né meno il capitalismo moderno. E più prendono in prestito più posti di lavoro devono tagliare in qualsiasi ristrutturazione per guadagnare velocemente.

La pandemia ha un po’ mandato all’aria i piani della Melrose per qualche tempo, ma hanno dato un saggio dei progetti futuri quando hanno licenziato 185 lavoratori su oltre 600 nel loro stabilimento automobilistico di Birmingham nel marzo 2020, piuttosto che dover pagare il 20% dei loro salari secondo l’accordo di cassa integrazione. La loro prossima mossa decisiva è arrivata solo una settimana dopo che il governo italiano ha rimosso il divieto di licenziamenti nelle fabbriche più grandi (4). Hanno annunciato la chiusura dello stabilimento di Campi Bisenzio a Firenze, informando via e-mail i 422 lavoratori che sarebbero stati licenziati. I lavoratori, che appartengono per la maggior parte alla FIOM (il settore metalmeccanico della più grande confederazione sindacale, la CGIL), hanno costituito un proprio semi-indipendente comitato di sciopero e hanno deciso di occupare lo stabilimento per impedire la rimozione dei macchinari. Un picchetto permanente è stato montato ai cancelli. Hanno cercato la solidarietà di altri lavoratori e il volantino tradotto qui sotto è stato distribuito in diverse manifestazioni in loro sostegno a Firenze. La lotta continua ancora oggi, anche perché la Melrose non ha seguito alla lettera la legge italiana, quindi i lavoratori hanno ottenuto un margine per organizzarsi.

Nel frattempo la Melrose ha annunciato che la stessa sorte toccherà l'anno prossimo ai restanti lavoratori del loro stabilimento di Birmingham. I lavoratori hanno quindi votato in modo schiacciante per lo sciopero, il che ha spaventato l'azienda che ha accettato di fermare la chiusura e di non rimuovere i macchinari. Lo sciopero è stato quindi sospeso dal principale sindacato Unite, fintanto che i negoziati con le “parti interessate” hanno luogo “per mantenere la fabbrica aperta e garantire che svolga un ruolo chiave nella transizione dell'industria automobilistica britannica verso i veicoli elettrici” (5). Resta da vedere come questo andrà a finire, ma Melrose potrebbe ancora fare soldi vendendo la fabbrica di alberi di trasmissione a qualche nuova azienda “verde” (senza dubbio sovvenzionata dallo stato) per fare veicoli elettrici. Qualunque cosa accada, i posti di lavoro se ne andranno.

Tornando in Italia, lo sciopero della GKN è degno di nota in quanto fino a poco tempo fa la maggior parte delle lotte in Italia (6) sono state intraprese da lavoratori immigrati che lavorano nella logistica. Ne abbiamo riferito diverse volte negli ultimi dieci anni o giù di lì (7).

Come nel Regno Unito, i lavoratori migranti sono ampiamente ignorati dai sindacati tradizionali, così si è aperto uno spazio per i cosiddetti sindacati di base. All'inizio sembrano essere più attivi e meno burocratici dei sindacati tradizionali, ma gradualmente, il fatto stesso che esistano solo per negoziare le condizioni di lavoro, li vede presto iniziare a trasformarsi nella stessa direzione dei vecchi sindacati. Peggio ancora, non uniscono i lavoratori ma li dividono (8). In Italia ce ne sono ormai una ventina circa.

Di fronte allo sblocco dei licenziamenti alla fine di questo mese, una dozzina di questi (9) ha deciso, per la prima volta, di indire uno “sciopero generale” congiunto – per un giorno, lunedì 11 ottobre. Gli obiettivi sono di ampia portata. Chiedono la continuazione del divieto di licenziamenti, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, il rinnovo dei contratti, il reddito garantito ai disoccupati sulla base del salario medio, la fine dei lavori precari e del Jobs Act (10) più investimenti nell'istruzione, nella sanità e nei trasporti, e la fine delle privatizzazioni. Continuano ad aggiungere richieste per “l'uguaglianza dei diritti e dei servizi su tutto il territorio nazionale”; una vera democrazia sindacale “per dare ai lavoratori il potere di decidere chi li deve rappresentare”; così come una migliore regolamentazione della salute e della sicurezza sul lavoro. A favore della protezione dei lavoratori immigrati (e il diritto a rimanere): una continuazione del divieto di sfratti, e “un nuovo piano strutturale per l'edilizia pubblica”, la parità di salario per le donne e la protezione dell'ambiente. Tutto molto buono come litania dei mali del capitalismo, ma non cercate quella parola nell’intero documento (11).

Uno sciopero generale di un giorno non è certo l'assalto al Palazzo d'Inverno, ma gli organizzatori sperano che sia un modo per aumentare il sostegno alle proteste contro il G20 che si riunisce a Roma a fine mese.

Pregare il capitalismo di essere più gentile con la solita lista dei desideri socialdemocratici è ciò che i sindacati nei paesi capitalisti più ricchi hanno spacciato per almeno un secolo con scarso successo. È un'ulteriore conferma che qualsiasi retorica anticapitalista usata occasionalmente da questi radicali riformisti non è nient’altro che quella. Conferma inoltre quanto si afferma nel volantino sottostante. Senza l'inserimento di una vera critica al sistema che genera tutti i mali elencati nel documento citato e senza la proposta di una vera alternativa politica e sociale, siamo destinati a girare e girare nella stessa spirale discendente di miseria. Mentre la pandemia porta già una qualche sorta di controllo, la lotta è già iniziata per far pagare alla classe operaia l'enorme debito che il sistema ha dovuto accumulare per sopravvivere. Dopo decenni di calo dei salari e di arretramento della classe dei lavoratori, abbiamo raggiunto un punto critico nella storia, in cui un ulteriore ripiegamento della classe non solo aggraverà i mali sopra elencati, ma data la crisi climatica e la spinta crescente verso lo scontro imperialista, può solo mettere in dubbio la sopravvivenza dell'umanità. L'unica classe internazionale unita ovunque dalla sua condizione di sfruttamento avrà la chiave del futuro – ma solo se distruggerà l'attuale modello sociale che ci ha portato a questo punto.

CWO, 4 Ottobre 2021

(1) thisismoney.co.uk

(2) Melrose impiega 12.000 persone ma è gestita a beneficio di soli 4 uomini che l'anno scorso si sono assegnati 40 milioni di sterline in bonus.

(3) Robert Halfon MP citato in theguardian.com

(4) Per le aziende più piccole (la maggioranza) la moratoria rimane in vigore fino al 31 ottobre.

(5) just-auto.com

(6) I lavoratori ex-Alitalia che affrontano il licenziamento come la nuova compagnia aerea ITA assumerà solo circa un terzo di loro si sono recentemente scontrati con la polizia a Fiumicino, Roma. reuters.com

(7) Vedi (tra molti altri) leftcom.org, leftcom.org, leftcom.org

(8) Nel Regno Unito le spaccature sindacali tra l'IWGB e la nuova ADCU hanno fatto sì che il 28 settembre e il 6 ottobre fossero previsti scioperi separati di Uber. libcom.org

(9) Sono: Adl Cobas, Cib Unicobas, Clap, Confederazione Cobas, Cobas scuola, Cub, Fuori mercato, Sgb, Si Cobas, Sial Cobas, Slai Cobas, Usb e Usi Cit.

(10) Per il Jobs Act vedi leftcom.org

(11) La sintesi qui tradotta è tratta dal sito della Confederazione Unitaria di Base (CUB) cub.it

Mercoledì, October 6, 2021