No Draghi day? No capitalismo, sempre!

Raramente, dal dopoguerra a oggi, la borghesia italiana è riuscita (perché ha dovuto) a mettere da parte momentaneamente i suoi contrasti interni, per dare vita a un governo che comprende la quasi totalità dei partiti istituzionali. Lo ha fatto subito dopo il secondo conflitto mondiale, nella seconda metà degli anni 1970 e adesso: in breve, quando la situazione è molto critica da diversi punti di vista, a cominciare da quello economico, quando cioè si pone il problema di eliminare gli ostacoli alla ripresa o all'avvio di un ciclo di accumulazione capitalista. In altri termini, assicurare la pace sociale per proseguire e intensificare l'estorsione del plusvalore, cioè lo sfruttamento della forza lavoro, unico ossigeno del capitale.

La pandemia è una mazzata pesantissima, che però si è abbattuta su di un organismo già debilitato: ogni capitalismo “nazionale” era ed è invischiato in una crisi profonda, che viene da lontano, ma quello italiano ha accusato di più il colpo, a causa di una debolezza pregressa ancora più marcata. Per questo la borghesia italiana ha imposto alle sue rissose espressioni parlamentari, al suo scadente personale politico di mettersi in riga, di formare un governo che sia all'altezza dell'emergenza per gestire il PNRR, una montagna di soldi (debito, in parte significativa) che deve prioritariamente gonfiare le tasche del padronato, a cominciare da quello più grande, come per altro avviene con sostegni e “ristori” vari. Alla classe lavoratrice, al proletariato deve andare solo quel tanto (cioè poco) che basta per ammortizzarne la rabbia sociale, per bagnare la miccia di un'eventuale esplosione della lotta di classe proletaria. Questo è il governo Draghi e aspettarsi altro è più che un'illusione.

Qualche soldo aggiuntivo al Reddito di Cittadinanza, mentre si rendono più stringenti gli obblighi dei percettori, cioè la loro sottomissione al comando padronale, incoraggiando, di fatto, il lavoro nero e i bassi salari. Un ritocco alle aliquote Irpef, che dà pochi spiccioli alla fasce più basse del lavoro salariato/dipendente (la grande maggioranza) e benefici più sostanziosi a quelle più alte che, per inciso, sono quelle dove l'astensionismo elettorale è meno pronunciato e che devono essere “fidelizzate”. Stessa cosa per la riduzione dell'Irap ai professionisti e agli autonomi, possibile primo passo per una riduzione o abolizione dell'imposta alle imprese. La legge Fornero rimane, di fatto, al suo posto, anzi si mette mano per l'ennesima volta al taglio delle pensioni; di investimenti sostanziosi in settori vitali per la società e in primo luogo per il proletariato – sanità, trasporti, scuola, casa ecc. - se ne vedono pochi. Idem per la lotta alla catastrofe climatica incombente: ogni intervento, già largamente insufficiente, è subordinato alle esigenze del capitale, cioè viene fatto solo se assicura un profitto agli investimenti “verdi”.

Poco o niente cambia per la sicurezza sul lavoro, tanto meno per la precarietà e i bassi salari, anzi, l'una e gli altri devono continuare a essere l'asse portante non solo di questa ripresa (meglio: rimbalzo), ma del processo di (asfittica/anemica: o l'uno a o l'altra) accumulazione, e non solo in Italia: è l'unico modo in cui il capitale può spostare in avanti il crollo economico, assieme ai giochi di prestigio della speculazione finanziaria, che però finiscono per aggravare il problema.

L'attacco alle condizioni di esistenza della classe lavoratrice dura ormai da decenni, spinto dalla crisi storica del capitale, ma è facilitato dalla troppo scarsa risposta della nostra classe. Priva da tanto tempo di un punto di riferimento autenticamente comunista, è sfiduciata, disorientata, confusa, tanto da cadere, a volte, nella rete tossica dell'estrema destra detta sovranista, che mente spudoratamente indicando nei settori più oppressi del proletariato (immigrati, percettori del RdC ecc.) la causa del peggioramento delle condizioni lavorative e sociali.

Se il sovranismo fascistoide fomenta la lotta fratricida tra il proletariato, il radical-riformismo alimenta l'illusione sulla possibilità di ottenere miglioramenti importanti, in questa fase storica, attraverso un'azione sindacale diversa da quella connivente col padronato del sindacalismo maggioritario. Questo non significa che non si debba lottare per almeno contrastare l'attacco borghese, ma solo che la lotta di classe, aperta, di massa deve superare la prassi sindacale e che deve essere la classe stessa a condurre le lotte con i suoi organismi di lotta, che deve andare oltre le artificiali barriere di categoria e, non da ultimo, assumere la prospettiva del superamento non solo del governo Draghi (chi ci mettiamo al suo posto?), ma della società borghese.

Ma questa prospettiva può darla solo l'organizzazione politica rivoluzionaria, un partito comunista che, se agisce per forza di cose sul piano nazionale, si organizza a livello internazionale, perché il dominio del capitale si estende sul mondo intero.

Proletariato cosciente in lotta e partito rivoluzionario: sono i fattori indispensabili che, unici, possono arrestare il precipitare verso la catastrofe in cui la borghesia ha messo l'umanità, anzi, il Pianeta, aprendo le porte a un mondo diverso e migliore.

Martedì, November 30, 2021