Draghi e morti bianche, la sagra dell'ipocrisia

Draghi parlando alla Cisl – interloquire con i sindacati può tornare utile al premier per mantenere la pace sociale e fare digerire ai lavoratori le prossime bastonate funzionali agli aiuti bellici all'alleato ucraino – ha detto che bisogna fermare le morti sul lavoro, e che potenziare le ispezioni non basta ma bisogna investire di più in formazione, manutenzione e prevenzione. Che scoperta!!! E come mai non lo hanno ancora fatto? Sarà mica forse che i saggi di profitto (rapporto tra profitto che l'imprenditore ricava e il capitale da lui investito in salari, macchine, ecc) ha subito un crollo verticale? Il che non vuol dire che i padroni – in generale – sono più poveri, ma che rispetto a quanto spendono si intascano di meno di qualche decennio fa.

La soluzione per tutte le stagioni, se i padroni vogliono recuperare il terreno perso e rimanere competitivi rispetto alla concorrenza interna ed internazionale, è tagliare come se non ci fosse un domani sia aumentando lo sfruttamento facendo lavorare di più l'operaio in termini di ritmi e di orario, o tagliando i salari, o tagliando tutte quelle spese che a detta dell'imprenditore non creano profitto. Una di queste è quella legata alla messa in sicurezza dei luoghi di lavoro. La conseguenza? 1200 morti all'anno sul lavoro. Se le loro lacrime ipocrite ad ogni tragedia operaia formassero un corso d'acqua, il Nilo e il Mississipi si nasconderebbero sotto terra dalla vergogna.

Finché vivremo in una società fondata sul profitto, hai voglia a raccontare balle su futuri maggiori investimenti in termini di sicurezza lavorativa. Non è essere menagrami, é essere realisti: la realtà che attende i proletari sarà fatta di altro sangue, altro sudore e altre lacrime. Ci saranno altre Thyssenkrupp dietro l'angolo per la classe operaia, oltre alla “Thyssenkrupp” di ogni ogni giorno. Il tutto, è bene ricordarlo, con l'avallo di un sindacato che a parole rivendica la sicurezza, nei fatti si prostra ai diktat padronali. Tempi ancora più difficili ci aspettano. A meno che....

A meno che non si ritrovi per strada la coscienza, smarrita da tempo, che i nostri interessi e quelli di chi ci sfrutta siano INCONCILIABILI.

A meno che questa coscienza non si trasformi in azioni concrete che dal tema della sicurezza si estendano anche ad altri temi del mondo del lavoro.

A meno che queste azioni, scioperi in primis, non trovino la forza e il coraggio di rompere le gabbie di categoria e di bypassare il controllo sindacale, che vorrebbe mettere loro il cappello prima e la museruola dopo.

A meno che non si ritrovi, nei momenti stessi della lotta, anche una prospettiva politica che guardi oltre il risultato della singola lotta, verso una società alternativa al capitalismo.

Che ogni giorno che passa si rivela sempre più fallimentare e mostra di fare acqua da tutte le parti, e guerra ed emergenza climatica ne sono la dimostrazione. La società alternativa è sempre quella che noi comunisti sogniamo dal 1848, anno del Manifesto di Marx ed Engels, e per quanto fango la borghesia abbia provato a buttarci su, e per quanto i falsi comunisti abbiano provato a tradirne i fondamenti facendo tutto il contrario di quello che c'è scritto su quel libro, il nostro programma di cambiamento sociale rimane anche adesso, 2022, di un'attualità sconvolgente e allo stesso tempo di una semplicità assoluta: o una società coi padroni, o una senza. O dentro, o fuori.

Venerdì, May 27, 2022