SE OTTO ORE VI SEMBRAN POCHE

Nel sistema capitalistico, il saggio di profitto tende a diminuire nel tempo. Questo accade perché lo sviluppo tecnologico spinge i capitalisti a investire sempre più in macchinari (capitale costante) e relativamente meno in forza-lavoro (capitale variabile). Tuttavia, solo il lavoro umano produce plusvalore, da cui deriva il profitto. Quando la forza-lavoro diventa una parte sempre più ridotta del capitale complessivo, si verifica una caduta tendenziale del saggio di profitto: una contraddizione interna che il capitalismo non può risolvere.

Per fronteggiare questa crisi strutturale, il capitale reagisce aumentando il saggio di sfruttamento, ovvero intensificando il lavoro non pagato estorto alla classe lavoratrice. Giornate lavorative più lunghe, salari più bassi, ritmi produttivi più serrati: tutto viene sacrificato sull’altare della redditività. Un esempio lampante e attuale è la proposta avanzata in Grecia di introdurre giornate lavorative di 13 ore, legalizzando la possibilità per i lavoratori di svolgere due turni al giorno in due posti diversi. Questa misura non è un'eccezione, ma l’espressione concreta della tendenza generale del capitale a spremere ogni goccia di valore da una forza-lavoro sempre più impoverita e ricattabile.

Quando neppure l’aumento dello sfruttamento interno è sufficiente a compensare la caduta del saggio di profitto, il capitale guarda altrove. È qui che entra in gioco un’altra tendenza fondamentale del capitalismo: la guerra imperialista. I grandi capitali si scontrano tra loro su scala globale per il controllo dei mercati, delle materie prime e della manodopera. Le guerre, le occupazioni militari e le crisi internazionali non sono deviazioni dalla norma, ma strumenti violenti con cui il sistema tenta di superare le proprie contraddizioni economiche.

Il sistema cerca all’esterno, con la guerra, ciò che non riesce più a ottenere all’interno: nuovi spazi per valorizzarsi, nuovi proletari da sfruttare, nuove risorse da saccheggiare. La caduta del saggio di profitto e l’aumento dello sfruttamento interno si saldano così con l’aggressività imperialista all’esterno, formando un circolo vizioso che produce miseria, devastazione e morte, tanto nei Paesi oppressi quanto in quelli dominanti.

La proposta greca delle 13 ore è solo un’anticipazione di ciò che attende tutti i proletari se non si opporranno a questo sistema: una regressione brutale delle condizioni di vita e di lavoro, imposta per tenere in piedi un'economia basata sul profitto di pochi e sulla rovina di molti.

Per noi comunisti, tutto questo conferma una verità fondamentale: il capitalismo non può essere riformato, va abbattuto. Solo la rivoluzione e il superamento del sistema di produzione fondato sul profitto potranno porre fine allo sfruttamento, alla crisi permanente e alla guerra. La lotta contro la giornata di 13 ore non è solo una battaglia “sindacale”, ma parte della lotta più ampia per l'emancipazione della classe lavoratrice e per una società fondata sui bisogni umani, non sul profitto.

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Martedì, November 4, 2025