il passaggio da un modo di produzione al successivo

Nella prefazione a "Per la critica dell'economia politica", Marx fa un riassunto del suo pensiero:

A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.

inoltre sottolinea:

Una formazione sociale non perisce finchè non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza.

Quindi il problema del soggetto rivoluzionario per Marx non si pone nell'immediato, perchè il passaggio da un modo di produzione al successivo è principalmente determinato dallo sviluppo delle forze produttive.

questo è evidente nel passaggio da "comunitarismo primitivo" a schiavismo e feudalesimo (scoperta dell'agricoltura ecc...), così come è evidente nel passaggio da feudalesimo a capitalismo (rivoluzione industriale).

marx, per induzione, sostiene che il capitalismo si supererà quando avrà sviluppato tutte le sue forze produttive, in una maniera per cui i rapporti di produzione esistenti non siano più adeguati. ma in pratica cosa significa?

significa che provare a fare la rivoluzione prima è una forzatura della storia....che forse anche la stessa esistenza di un partito rivoluzionario è inutile.

lo sviluppo delle forze produttive può essere inteso come la tendenza del capitale di negare il lavoro necessario per aumentare il plusvalore relativo, cioè usare sempre di più le macchine.

in una società dove lavorano solo macchine, non ci sono piu operai da cui estrarre plusvalore...e chi può comprare le merci prodotte? sarebbe necessario rovesciare i rapporti di produzione: sarebbe il comunismo (questa è piu o meno la posizione di N+1 credo.... molto interessante)

Forum: 

L'idea di una società dove lavorano solo macchine è inverosimile sia nella tendenza astratta sia nella "provocazione intellettuale". La questione non è che il lavoro salariato scompare ["non ci sono più operai da cui estrarre plusvalore"] (anzi aumenta vertiginosamente in tutto il mondo) ma che il lavoro vivo diminuisce nella proporzione con il lavoro morto (macchine e non solo), esiste dunque una tendenza alla caduta del saggio medio di profitto che accelera lo sviluppo contraddittorio del capitalismo nel mondo, lo sfruttamento del lavoro salariato, genera guerre e crisi. Nelle crisi generali può intervenire il proletariato come potenza tra le potenze. Già da un bel po' i rapporti di produzione sono "inadeguati" rispetto alle forze produttive; perciò il capitalismo è reazionario: "reazionario" non è un aggettivo "moralistico" o ideologico, ma una valutazione scientifica che individua nel capitalismo l'ostacolo principale alla liberazione delle forze produttive - che esso stesso ha creato per poi ingabbiarle nei suoi limiti marcescenti.

Le rivoluzioni, poi, "non si provano a fare". Il proletariato le farà quando sarà costretto (diciamo così), e le vincerà quando sarà guidato da un partito costruito nei decenni precedenti, nel "buio della controrivoluzione".

Sono assolutamente d'accordo con Reed. Sottoscrivo ogni riga.

è vero che già oggi il capitalismo rallenta lo sviluppo delle forze produttive, ma appunto è un "rallentamento", non ancora un arresto.

il "general intellect" cresce sempre di più, la proletarizzazione di enormi fette di popolazione mondiale (india, cina...) causa un aumento quantitativo ma anche qualitativo delle forze produttive...gli economisti borghesi sostengono che tra un paio di decenni massimo l'asia sarà il punto di riferimento per la tecnologia, un primato che oggi hanno gli USA...

quindi mi sembra che il capitalismo abbia ancora qualcosa da dire, almeno per i prossimi decenni...

nel passaggio da feudalesimo e capitalismo è molto chiaro il ruolo dirompente delle nuove forze produttive... oggi anche se possiamo vedere come i nostri rapporti di produzione non siano i migliori per il progresso, non si vede ancora la necessità oggettiva del loro rovesciamento... non riesco a vedere in che modo le forze produttive faranno un salto di qualità tale da rendere inevitabile il passaggio intermodale... questo passaggio lo vedo solo come "utile" e "auspicabile"...ma non ineluttabile come quando in piena rivoluzione industriale il ruolo dell'aristocrazia era palesemente reazionario (oggi la borghesia riesce ancora a gestire le contraddizioni del sistema e in molti luoghi del pianeta ha ancora un ruolo "progressivo"...o cmq non regressivo).

è anche vero che il lavoro vivo nelle fabbriche diminuisce sempre di più, e non è difficile immaginare un futuro in cui esso non sia più necessario (o sia drasticamente ridimensionato). Questo, accompagnato con un aumento della popolazione mondiale, mi sembra uno scenario di crisi coerente con ciò che dice marx: "Una formazione sociale non perisce finchè non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso"

l'automatizzazione totale del lavoro è un risultato che il capitalismo può raggiungere, autonegandosi e superandosi, diventando comunismo

Al contrario, il capitalismo non ha più niente da dire, se non guerre e sfruttamento. Non c'è angolo del pianeta dove la borghesia abbia ancora un ruolo progressivo, poiché le rivoluzioni borghesi o sono compiute o sono impossibili. La necessità storica del passaggio a forme superiori di organizzazione sociale è già qui e ora, non da immaginare nel futuro. Non è "auspicabile", è necessario; se poi la volontà coincide con la "coscienza della necessità" si agisce da liberi, da protagonisti dell'epoca, da comunisti, ma non è questione di preferenze.

La borghesia gestisce le contraddizioni del sistema non per un potenziale progressivo, ma solo nella misura in cui può ancora smaltire merci e capitali in altri mercati dando respiro alla sovrapproduzione che l'affligge (appunto, qui e ora!); ma questo ha veicolato la maturazione imperialista di Cina e India, segue Brasile... Tra poco (in termini storici) gli sbocchi verranno meno, e il miliardo di salariati nel mondo avrà un'occasione oggettiva per la rivoluzione; certo non l'unica o ultima: la borghesia ce ne ha messo di secoli per prendere il potere!

  • Ciao a tutti.

Lev, poni una*

Ciao a tutti.

Lev, poni una questione interessante, ma che è sempre stata usata dai riformisti per rimandare ad un futuro indefinito il superamento rivoluzionario del capitalismo. E' vero che Marx ha scritto quelle cose, ma è anche vero che per tutta la vita ha lottato per la rivoluzione e che per lui, già al suo tempo, c'erano le condizioni oggettive per il superamento rivoluzionario della società capitalistica. La maturità delle forze produttive non è una cosa che si possa predeterminare a priori: da quando il capitalismo è diventato - già in Europa - il modo di produzione dominante, si sono poste le condizioni per la sua dipartita. Quella che fai tu è una lettura meccanicistica, che niente ha a che vedere col marxismo. Lev, voglio sottolineare che non c'è nessuna ombra di polemica o aggressività nel mio atteggiamento: certe parole le uso nel loro significato punto e basta.

Reed, non ho capito una cosa (anche qui, sul serio, non polemicamente): tu pensi che il capitale possa andare in crisi per mancanza di sbocchi o, in ultima istanza, per la caduta del saggio medio del profitto, come hai accennato nel post precedente?

Ciao a tutti,

Smirnov

PS Lev, per vedere che Marx non era un meccanicista/mistico dello sviluppo delle forze produttive, forse potresti rileggerti la lettera a Vera Zasulic (1882?) e/o la prefazione all'edizione russa del Manifesto.

Naturalmente per la caduta tendenziale del saggio medio di profitto; intendevo che la rottura dell'ordine internazionale è facilitata da una fase del ciclo che per ovvie ragioni apre a situazioni di conflitto tra le maggiori potenze imperialistiche mondiali.

  • Ps

La lettera a Vera*

Ps

La lettera a Vera Zasulic è del 1881. Giusto per facilitare la ricerca.

non ho trovato la lettera ma ho letto la prefazione russa al manifesto...

in effetti vi si trova un Marx più "soggettivista", quel Marx che ha ispirato Lenin.

però siamo di fronte a una contraddizione... 30 anni prima Marx parlava di completo sviluppo delle forze produttive.

La contraddizione viene meno se egli riteneva che le forze produttive fossero già sufficientemente sviluppate...ma oggi possiamo dire che in questi ultimi 150 anni le forze produttive sono cresciute tantissimo... quindi Marx ha sbagliato?

anche io personalmente ritengo che non bisogna aspettare che il capitalismo si superi "da solo", ma che è necessario l'intervento di un partito rivoluzionario...

forse la teoria dello "sviluppo" era valida per i passaggi intermodali precedenti, mentre il prossimo è qualcosa di radicalmente diverso, in quanto probabilmente sarà l'ultimo...sarà fine della lotta di classe, cosa che invece ha caratterizzato tutta la storia precedente.

quindi richiede una spinta del soggetto che non era necessaria per i passaggi precedenti, dove la lotta di classe mutava solamente i suoi protagonisti ma la sua natura rimaneva sempre la stessa.

la Rete, ad es, mi sembra un ottimo esempio di quello di cui si discute.

Se x molti aspetti mostra la "morte" del capitalismo ( es. banale le case discografiche che si incazzano xchè la gente scarica musica invece di comprare i "loro" cd ). Ne è una sua creatura al tempo stesso - nata x applicazioni militari nel dopoguerra quando cioè ingenti quantità di Capitale Fisso e Variabile erano stati distrutti. Sviluppata come accelleratore della velocità di rotazione del capitale stesso nell'epoca del capitale finanziario.

Nella pratica rappresenta "solo" quel semplice metodo amministrativo di gestione delle cose ( e nn delle persone ) di cui tutti i teorici hanno parlato da Marx,a Bordiga etc. Ho letto che oggi qualcosa tipo il 70% degli ordinativi tra aziende passa x la rete. Un domani amministrare le cose sarà un gioco da ragazzi...Una società socialista l'avrebbe sviluppata con decenni di anticipo.

Senza una rottura rivoluzionaria però nella prossima crisi saranno bruciate ancora maggiori quantità di Capitale Fisso&Variabile che nn in passato - ossia cose e persone.... - e verosimilmente nel nuovo ciclo apparirebbero nuove "diavolerie" che ancora potenzialmente più potrebbero semplificare la vita degli uomini, ma che invece li rendono schiavi

Visto che abbiamo cominciato con Marx...

La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l'immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti.

Di crisi in crisi, una guerra e una ricostruzione dopo l'altra, la borghesia potrebbe continuare a "sviluppare le forze produttive" per lungo tempo, è scritto nel suo DNA. Il problema è quanto questo costa all'umanità e al pianeta intero in termini sociali e ambientali. Soprattutto da quando è giunto nella sua fase imperialista e decadente, il capitalismo è capace di risolvere le proprie contraddizioni solo a prezzo di catastrofi sempre più intollerabili.

A chi fosse sfuggito, segnalo il seguente documento, "frutto di un proficuo dibattito fra tutte le organizzazioni aderenti al Bipr".

[[ibrp.org | Puntualizzazione sul concetto di decadenza]]

Ottima la precisazione di mic, che riorienta correttamente la questione.

Detto ciò, l'impressione che ha avuto Lev di un Marx oggettivista che lascerebbe presumere un crollo per sfiancamento del sistema e un Marx soggettivista che aprirebbe all'intervento della soggettività rivoluzionaria può essere risolta solo cogliendo il nesso dialettico tra condizioni oggettive e intervento soggettivo.

Nel passo citato da Lev in apertura Marx individua le condizioni che rendono necessario e possibile il passaggio ad un ordinamento superiore della società. "...subentra un'epoca di rivoluzione sociale...", dice Marx, non dice "crolla il sistema sociale". E' quanto Lenin (colui che più passa, nella vulgata, per soggettivista!) sostiene in riferimento all'epoca dell'imperialismo, "epoca di guerre e rivoluzioni", epoca di un capitalismo "reazionario su tutta la linea" (collego non a caso i due temi). Le rivoluzioni scoppiano e scoppieranno con o senza i rivoluzionari organizzati in partito; il problema è quello della loro vittoria. Nella sua lunga lotta per la conquista del potere la borghesia ha partorito e affinato correnti di pensiero, uomini organizzati, tentativi di insurrezione ecc. Non è "crollato" il feudalesimo; la rivoluzione borghese ha avuto premesse quali quelle individuate da Marx e alla fine ha vinto definitivamente (con tutte le note contraddizioni del caso) grazie anche all'intervento di minoranze organizzate. Poi non c'è nessun meccanicismo, come la lettera citata da Smirnov dimostra; aggiungerei anche una rilettura dell'imperialismo di Lenin e dell'Ideologia tedesca di Marx e Engels: teoria dell'"anello debole" e generalizzazione delle contraddizioni delle zone avanzate in quelle arretrate attraverso le relazioni internazionali.