Critiche al marxismo

Ciao a tutti,vorrei sapere quali sono le vostre posizioni in merito alle seguenti critiche mosse al marxismo. Premettendo che non voglio convicere nessuno di niente (se fosse mia intenzione fare propaganda elettorale andrei sul blog Grillo o su qualche forum berlusconiano non verrei certo qui) ma solo fare una sana e disinteressata chiacchierata. Iniziamo.

Critica Antropologica: Studi antropologici (Mauss 1923, Malinowsky 1922,Meillasoux 1959,Carbone 2003) hanno dimostrato con tanto di grafici,citazioni calcoli e tabelle che è molto fuorviante se non del tutto sbagliato parlare di comunismo primitivo (concetto su cui si sviluppa tutta l'analisi marxiana) dal momento che l'assenza di classi ben definite e apparati repressivi propriamente detti non coincide affatto con l'assenza di sfruttamento,di coercizione e uso sitematico della forza. Rimanendo in ambito di studi antropologici Engels lesse l'opera dell'antropologo Morgan definendola "la componente antropologica del marxismo"..... tuttavia le tesi di morgan sono state ampiamente screditate da tutta la letturatura antropologica successiva

Critica Comportamntale: Il determinismo marxista e la sua convinzione che la rivoluzione proletaria mondiale non può non avvenire sono fondate sul presupposto che l'uomo (o quanto meno i gruppi rilevanti ai fini della rivoluzione) agiscano in modo strettamnete razionale,tuttavia studi comportamentalisisti, psicologici nonchè tutta la psicologia sociale e collettiva hanno dimostrato che gli uomini,ma soprattutto le masse, son ben lungi dall'agire razionalmente. Certo questo non esclude la possibilità di un avvenire comunista ma rimane appunto una possibilità e quindi si esce dal socialismo scientifico e si ricade nel socialismo utopico di Owen,nel socialismo mondiale di Wallerstein o nell'anarco comunismo di Bakunin.

Critica Etnologica: Lo so che per questa affermazione mi prenderò una valanga di critiche e di insulti ma..... i confini nazionali che dividono il proletariato non sono,come invece asseriva Marx, fondati esattamente sul nulla. Non so voi ma io mi sento più affine a un borghesaccio sfruttatore alla Mario Monti che a un proletario pakistano che definisce cattiva musulmana la sorella perchè porta i jeans e la sgozza perchè rifiuta il velo. Con tutta la simpatia che possa avere x i giapponesi,mi rendo conto che hanno una cultura e una mentalità inconcigliabile con quella occidentale. Un discorso simile vale per il popolo latinoamericano

Critica Storica: Ebbene si alcune cose affermate da marx sono in aperto contrasto coi fatti storici: non è affatto vero che la storia è dettata dal progresso tecnologico e che i rapporti di produzione dettano SEMPRE quelli giuridici culturali eccetera. Ad esempio nel medioevo la macina a mano venne soppiantata dal mulino ad acqua non per la supreamazia tecnologica di quest'ultimo bensi perchè per le signorie feudali,con un unico mulino ad acqua per tutto il feudo anzichè tante macine a mano era più facile controllare e tassare la produzione di farina. In questo caso furono i rapporti giuridici a determinare quelli di produzione e non viceversa. Anche agli albori del capitalismo in Inghilterra si arrivò alla socializzazione del lavoro per questi due motivi 1) maggiore controllo del padrone sui lavoratori che non potevano più intascarsi parti dellla materia prima loro fornita 2) maggiore controllo per gli ingenieri che potevano essere sicuri che i loro brevetti non venissero abusati. Contado che all'inizio sia nelle case che nello fabbriche gli strumenti di lavoro utilizzati erano grosso modo gli stessi (uno su tutti la spinninig jenny) fu la borghesia con la sua logica di profitto a darci la rivoluzione industriale non la rivoluzione industriale a darci la borghesia. Nella critica storica si potrebbe anche parlare delle previsioni di Marx che si dimostrarono errate, la scomparsa del ceto medio,la progressiva indiferrenziazzione all'interno delle classi stesse,l'rrilevanza della piccola borghesia nei processi rivoluzionari (quando in reltà Lenin Trotzky,la Luxenburg,Bordiga.......tutti dal ceto medio venivano)

Critica Tecnico-Scientifica: Per Marx il capitalismo non era un sistema da abbattere perchè ingiusto ma un sitema che sarebbe collassato perchè fallimentare,tuttavia se lo sviluppo della scienza e della tecnica riuscissero a debellare l'indigienza senza compromettere il profitto dei capitilisti allora non ci sarebbero più le condizioni sufficienti a una rivozione visto che lo sfruttamneto,da solo, non basta.

Forum: 

Critica Antropologica: leftcom.org

Critica Comportamntale: leftcom.org

Critica Etnologica: marxists.org

Critica Storica:marxists.org

per le critiche finali che avanzi (la scomparsa del ceto medio,la progressiva indiferrenziazzione all'interno delle classi stesse,l'rrilevanza della piccola borghesia nei processi rivoluzionari) ti rispondiamo che, a livello storico, c'è una dilatazione e contrazione del ceto medio, ma in unltima istanza, quella che prevale è la polarizzazione ai due capi, ampiamente confermata oggi. In ogni caso approfondisci in: il capitale, libro primo, Capitolo ventitreesimo La legge generale dell'accumulazione capitalistica

sulla irrilevanza della piccola borghesia sarebbe interessante leggere le citazioni dei testi ai quali ti riferisci.

Critica Tecnico-Scientifica: se lo sviluppo della scienza e della tecnica riuscissero a debellare l'indigienza senza compromettere il profitto dei capitalisti allora non ci sarebbero più le condizioni sufficienti a una rivoluzione. Verissimo, in questo caso scioglieremmmo immediatamente il partito che non avrebbe più senso di esistere. Malauguratamente questo auspicio non ha nessun fondamento nella realtà (almeno non più di quanto possa averne la risoluzione delle contraddizioni sociali grazie ad una invasione aliena), quindi, nel dubbio, noi continuiamo a fare il nostro lavoro di communisti, tanto per non sbagliare.

inconcigliabile

Critica Comportamentale: Per dimostrare la mancanza di razionalità dei singoli e delle masse non c'è bisogno di citare chissà quale autore o chissà quale opera basta pensare alla vita di tutti i giorni:a chi non è mai capitato di dire al treno sbrigati ad arrivare o al semaforo muoviti a diventar verde come se ciò possa anticipare anche di un solo secondo l'arrivo del treno o il cambio di colore del semaforo. Esiste anche un bellissimo libro intitolato sociologia del calcio che arriva alla conclusione (talaltro abbastanza ovvia) che il tifo calcistico è tuttaltro che razionale. Contando anche che la società occidentale è una delle più razionali....bhe fai un po' te.

Critica Antropologica: L'analisi di Marx sulla presenza di elementi comunistici nelle campagne della russia zarista si è rivelata completamente errata: a parte che parlare di elementi comunistici in un contesto del genere è quantomeno azzardato poi i fatti hanno detto che furono proprio le campagne dell'impero russo l'ambiente controrivoluzionario per eccelenza. Se si riducesse la rivuluzione russa in uno scontro campagna vs città le città rappresenterebbbero la rivoluzione e le campagne la reazione. Nel vostro articolo affermate che le civiltà mesopotamiche furono civiltà classiste a tutti gli effetti mentre marx le collocava nel modo di produzine asiatico cioè non ancora propriamente classista. Circa le supposte civiltà come quella danubiana prive di classi.......in quanto supposte poteve metterle dove si mettono le supposte di solito e va notato che il vostro articolo non spende una parola circa l'esattezza della nozione di comunismo primitivo e nemmeno una virgola in difesa del signor Morgan così ossanato da Engels e così bersagliato da tutto il resto del pensiero antropologico

Critica Etnologica: Io ti ho buttato li un tema attuale che più attuale non si può,su cui discutono le scuole di pensiero più disparate,ho fatto esempi di strettissima attualità (la visione della donna di certe frange dell'islam il fatto che paesi come Giappone India e Turchia democratici e industrializzati che hanno tuttavia una cultura incongliabile con la nostra) e tu non hai niente di meglio da propinarmi che un brano datato 1844 che affronta in modo estremante marginale la questione delle differze culturali?

Critica Tecnico-Scientifica: Lo so benissimo che un tale progresso della scienza non è assolutamente detto che avvenga e che di certo non avverà dall'oggi al domani la mia era solo una piccola provocazione per dimostrare che (a differenza di come affermava Marx) non esiste alcun tipo di determinismo nella storia

Critica Tecnico-Scientifica Continua: Del resto sei stato proprio tu ad ammettere che in caso tale progresso tecnologico si vericasse voi sciolgiereste il partito

Critica Storica:

Fra tutte le classi che oggi stanno di contro alla borghesia, il proletariato soltanto è una classe realmente rivoluzionaria. Le altre classi decadono e tramontano con la grande industria; il proletariato è il suo prodotto più specifico.Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l'artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari, poiché cercano di far girare all'indietro la ruota della storia. Quando sono rivoluzionari, sono tali in vista del loro imminente passaggio al proletariato, non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, e abbandonano il proprio punto di vista, per mettersi da quello del proletariato.

Ti ho citato il brano in cui Marx afferma che l'unica classe rilvante ai fini della rivoluzione è il proletariato e che il ceto medio non ha interesse a prendfere parte alla rivuluzione contentento ora

Bentornato gei, vedo, molto meglio attrezzato; l'ultima volta ci hai lasciato con una proposta di regolamentazione dei matrimoni gay e di flussi migratori, a cui mi pare non abbiano aderito molti.

Non si capisce bene cosa vuol dire che non ti identifichi con buona parte degli abitanti del pianeta, mentre ti riconosci, immagine assai deprimente, con Monti? L'evidenza che sostieni mi pare assai poco sostenibile, sei nato qui e allora? Non e che per essere rivoluzionari dobbiamo assimilare usi e costumi russi o cinesi o francesi etc..

Critica comportamentale: non devi scomodare vigotski, bruner o altri per dimostrare che l'uom non è un robot (pavlov-skinner). ma la scientificità del marxismo non si fonda su questo presupposto positivistico, anzi. il discorso marxista è determinista e scientifico per quanto rigurada l'analisi del ciclo economico capitalista, le sue contraddizioni e conseguenze (la crisi odierna ne è la puntuale dimostrazione), ma mai marxista si è sognato di dire crisi=rivoluzione. per fare la rivoluzione entrano in campo infatti fattori soggettivi, in buona parte anche irrazionali. se ti fossi scomodato a leggere l'articolo che ho citato avresti potuto argomentare su qualcosa...

in ogni caso i marxisti e marx stesso hanno sempre detto o socialismo o barbarie. il socialismo non è inevitabile, ma necessario.

insomma, tutta la tua critica si fonda sull'assunto "Il determinismo marxista e la sua convinzione che la rivoluzione proletaria mondiale non può non avvenire" 1) il "determinismo marxista" che opera nell'analisi della strutturaè un determinismo dialettico, non meccanico, ossia data la condizione a non deriva inevitabilmente b ma possono derivare b, c o d. 2) nessun marxista si è mai sognato di dire che "la rivoluzione non può non avvenire" anche perchè, se così fosse, ben più comodo sarebbe sedersi sulla sponda del fiume e... attendere, come, d'altra parte, fanno in molti.

@GCom: inannzitutto ci tengo a chiarire che non sono assolutamente montiano,anzi ho fatto l'esempio di Monti per dimostrare che anche la persona più distante da me all'interno della mia civiltà è comunque più vicina (per mentalità interessi visione del mondo e della donna) di unafghano/indiano/giapponese/ cinese ecc appartenete al mio stesso ceto. Nessuno ti chiede ti far tuoi gli usi e i costumi di un altro popolo tuttavia se le differenze di usi e costumi tra i popoli si limitassero al fatto che noi per salutarci ci stringiamo la mano gli asiatici fanno l'inchino noi non mangiamo cani,gatti e insetti mentre ebrei e musulmani non mangiano il maiale e gli hindu non magiano le mucche e così via nessuno si sarebbe mai sognato di battibeccare circa il multiculturalismo e di sprecare tempo soldi ed energia per scrivere libri su argomenti come lo scontro di cività l'evluzionismo antropologico il relativismo culturale eccetera tuttavia le differenze di uso e di costume non si limitano affatto a questo ma sono ben più profonde e difficilmente colmabili: una parte del popolo giapponese è ancora convinta della natura divina dell'imperatore,la maggior parte della popolaziano africana vive in società ad organizzazione tribale e non ne vuole sapere di dar vita a forme statuali più moderne per non parlare della concezione della donna e della restistenza che pongono al diritto scritto certe frange dell'islam! Il senso di questa mia lunga digressione non è "meno male che son nato qui" o "va che fessi ch sono quelli" bensì che la l'idea di "proletari di tutto il mondo unitevi" è completamente sbagliata perchè daccordo che le condizioni dei salariati vanno oltre le frontiere nazionali ma è anche vero i slariati svizzeri e quelli afghani non hanno nulla in comune se non l'essere salariati. per non parlare delle popolazioni tribali che popolano parte dell'africa e lejungle del globo in cui parlare di rapporto padrone salariato non ha il bencheminimo senso. Finchè ci sono le frontiere nazionali e ognuno esercita in casa suoa i suoi usi e suoi costumi ok ma,quando una rivoluzione proletaria globale farà crollare ogni fronteria nazionale che si farà? Chi si prenderà la briga (nella fase di dittatura del proletariato) di fare il presidente del mondo (?) tralaltro a pari compenso di un bidello?

@Lotus:innanzitutto non è affato vero che tutta la mia critica si fonda sull'assunto che la rivoluzione non può non avvenire. Ti ho anche proposto degli spunti interessanti sulla problematicità dell'internazionalismo proletario,e sull'inesattezza di alcune analisi storiche di Marx a cui tu ti sei limitato a linkare dei brani che ben poco centravano con le critiche da me mosse.

Poi non è neanche vero che nessun marxista (o presunto tale) abbia mai detto che la rivoluzione non può non avvenire. Vomito che è marxista ( o se non altro si dichiara tale) continua a sostenere che la rivoluzione e la soppresione del capitalismo avverà per forza.

Se anche tu accetti che la rivoluzione proletaria mondiale è solo una possiblità e non c'è nessun genere di determinismo a garantire la sua venuta sei anche costretto ad ammettere che le possibilità che questa sono pressochè nulle: i partiti "comunisti" più in vista sono quelli tipo rifondazione o simili che hanno rinunciato da tempo alla rivoluzione e sono piu riformisti che altro. Poi definire questi partiti "in vista" è un eufemismo visto che da tempo immeborabile non superano nemeno lo sbarramento parlamentare. Una cospiqua parte dei "comunisti" attuali sono quei ragazzini del liceo o al max primi due anni di università che vedono nella loro militanza solo un pretesto per farsi le canne e per fare a botte coi "fasci". Persino in un periodo di crisi come questo il proletariato,il sottoproletariato e i disoccupati vedono di miglior occhio i riformisti che i rivoluzionari (non c'è bisogno che ti ricordi il successo M5S delle ultime elezioni vero?)

In conclusione è indubbio che Marx sia stato un grande,anzi un grandissimo ma come tutti i grandi ha preso anche lui i suoi bei granchi,ne ha presi ben pochi riguardo alle periodiche crisi del capitalismo, ci ha visto abbastanza bene sulle classificazione dei modelli di produzione ma sul superamento del capitalismo mediante il socialismo ne ha presi un infinità. Io non me la sento di dare torto a chi considera Marx come uno dei padri delle scienze sociali ma l'idea che un bel giorno il proletariato acquisterà coscienza di classe e poi la borghesia sarà spazata via e vissero a lungo felici e contenti mi pare ben poco scientifico. Detto ciò pensala un po' come ti pare

Pensala anche tu come ti pare, Gei. Questo è ovvio.

Ma il tuo tentativo di smontare l'analisi marxista e la prospettiva rivoluzionaria che ne deriva con un paio di post mi sembra decisamente pretenzioso.

Non entro nel merito di ogni singola questione perché, per affrontarle seriamente e non con qualche battuta d'effetto, ci vorrebbe molto spazio e molto tempo. Mi preme invece spendere qualche parola sulla tua critica all'articolo che riguarda comunismo primitivo, visto che l'ho scritto io.

Diversamente da quanto affermi, è un dato certo che vi furono antiche civiltà in cui la stratificazione sociale era assente o comunque estremamente ridotta, e che soprattutto non erano fondate sull'esercizio della violenza da parte della classe dominante: caratteristica che invece diventerà costante nelle successive società divise in classi. Le civiltà preclassiste erano anche molto sviluppate sul piano artistico e tecnologico, fondate sull'uguaglianza sociale, di genere (fra uomo e donna) e sostanzialmente pacifiche. In particolare la civiltà dell'Indo, la civiltà danubiana e quella minoica furono tre società del nostro lontano passato in cui l'umanità ha dimostrato di poter vivere nella prosperità, nell'uguaglianza, senza guerra e classi sociali. Bisogna anche sottolineare che tutte queste civiltà non finirono per una loro crisi interna, ma perché vennero distrutte e assimilate da popoli invasori, organizzati gerarchicamente e comandati da aristocrazie militari.

E' banale sostenere che l'analisi di Marx sul comunismo primitivo è limitata, visto che la scoperta di queste e di altre civiltà neolitiche avvenne dopo la sua morte. Ma nonostante ciò, Marx ed Engels avevano già capito che anticamente gli esseri umani sono stati in grado di organizzarsi in modo molto diverso rispetto ai successivi regimi classisti, e che tracce di questo vivere comunistico si mantennero per millenni nel mondo contadino di numerosi popoli.

gei, mi hai sorpreso, argomentazioni così banali e vaghe era tempo che non le leggevo. getto la spugna. ciao.

@Lotus: Certo tu sei libero di far quel che ti pare e di gettare la spugna nel momento e per le ragioni che preferisci ma da militante a militante mi sento di dirti che se uno ti fa notare che il tuo partito è distante dalle masse al punto da ignorare la sua esistenza e pensare che i comunisti siano i vari Bertinotti e vari tossici punkabbestia da centro sociale quello che tu e il tuo partito dovreste fare è prenderne atto e cercare di sovvertire tale situazione anzichè dare del banale alla persona che te lo ha fatto notare. Certo che se un argomento del calibro di come gestirà le differenze culturali un ipotetico apparato politico mondiale tu me lo tratti linkandomi un testo che poco centra col suddetto argomento e dandomi,ancora una volta, del banale è palese che il tuo partito tale situazione non la sovvertirà mai. Poi per carità non sentirti obbligato a risponderimi,anzi, non credo che io e te abbiamo ancora qualcosa da dirci.

@Gek: Premetto che non sono molto informato sulle società neolitiche infatti gli studi antropologici a cui faccio riferimento e a cui aggiungo Boas (1909) Evans-Pritchard (1940) Rosaldo (1989) non riguardano società preistoriche bensì società contemporanee che mantengono un'organizzazione tribale (gli indiani d'america o gli indios dell'amazzonia per intenderci) e in cui non si può parlare di comunismo primitivo per ragioni che ho già spiegato sopra. Mi soge spontaneo un dubbio che spero che qualcuno sia in grado di chiarirmi: partendo dai due presupposti marxisti che 1) le società fondate sulla condivisione e sulla comunione dei mezzi di produziuone rappresentano uno stadio più avanzato di quelle fondate sulla proprietà privata. 2) anticamente gli esseri umani sono stati in grado di organizzarsi in modo molto diverso rispetto ai successivi regimi classisti, e che tracce di questo vivere comunistico si mantennero per millenni nel mondo contadino di numerosi popoli. Affermando ciò si afferma implicitamente che le soicetà neolitiche erano più "avanti" di quelle che le hanno seguite e che il mondo rurale è più "avanti" di quello urbano ma queste sono due autentiche bestemmie nella prospettiva evoluzionista e modernista in cui il marxismo si inserisce

Questo ci assomiglia:"" le condizioni dei salariati vanno oltre le frontiere nazionali ma è anche vero i slariati svizzeri e quelli afghani non hanno nulla in comune se non l'essere salariati.""

Ecco il nesso che unisce i proletari e integra gli immigrati di qualuque razza o religione; una sufficiente offerta economica rappresenta, in una economia borghese, un robusto contenitore multietnico; sotto la spinta occupazionale le differenze culturali e religiose si rivelano per quel che sono, pregiudizi da niente. Mentre la forma politico/religiosa borghese, che sovrapposta alle necessità di remunerazione del capitale, esprime xenofobia, ha una doppia funzione: controrivoluzionaria di frammentazione del proletariato, di ricatto salariale senza distinzione di razza e religione. Il controllo della classe dominante ammette o preclude aldilà di ogni pregiudizio, ma la sua propaganda non sopravvive fuori dal contesto socio-economico di formazione, termina con l'esaurirsi dei presupposti nel giro di poco tempo. Il comunismo pone appunto l'obbiettivo dell'abbattimento dei presupposti storici capitalistici e non una lotta gradualista di formazione di una società pre-comunista ideale, per il successivo passaggio comunista, (questo nel contesto imperialistico globalizzato attuale). Per come la metti sembra che chi vive sotto le bombe in fondo se la sia voluta, che crisi, guerra e divisioni siano un prodotto culturale, ma non vi sono idee collocate al di fuori della storia, altrimenti fai della storia un'idea.

Per prima cosa,GCom,sarebbe interessante che tu mi indicassi con esattezza quali parole del mio intervento fanno pensare che _chi vive sotto le bombe in fondo se la sia voluta,_bestialità assurda che non ho mai sostenuto nemmeno di striscio. Le differenze tra i salariati europei e quelli dei paesi islamici più retrogradi non sono "solo" etnico religiose:anche le condizioni materiali di vita di un impiegato di Berna e quelle di un contadino del Panjshir non sono manco lontanamente paragonabili. Dire che le guerre sono propagandate su base etnica ideologica o religiosa ma avvengono sempre per motivi economici o politici mi pare persino una banalità che sarebbero in grado di dirti anche al bar dello sport ma da qui a dire che le differeze esistenti tra le varie etnie e civiltà sono solo un'invenzione dei borghesi per dividere il proletariato,indottrinarlo alla xenofobia e proiettare il suo malcontento sullo "straniero" mi pare eccessivo. A parte che le differenze tra civiltà sono ben più antiche del capitalismo e,se vogliamo dirla tutta, è stata proprio la globalizzazione a contribuire a rendere meno marcate tali differenze. Leggiti Storia del Beluchistan di Ugo Fabietti o Afghanistan di Antonio de Lauri o ancora Scontro di Civiltà di Huntington e vediamo se trovi ancora il coraggio di definire l'abisso culturale che ci separa dagli altri popoli un pregiudizio da niente. Per la cronaca nel Capitale stesso ci sono evidenti tracce del pensiero cristiano e occidentale tanto che molti studiosi (la prima che mi vine in mente è la Arendt) considerano la rivoluzione proletaria profetizzata da Marx una sorta di versione secolarizzata del ritorno di Cristo o dell'avvento del messia profetizzato dagli ebrei.

PS Nessuno ha mai parlato di idee collocate fuori dalla storia

Sostieni che e' no, ma poi dici di che e' si...

""Per sua essenza la religione e' lo svuotamento dell'uomo e della natura di ogni contenuto, il trasferimento di questo contenuto all'immagine fantomatica di un Dio trascendente, che a sua volta, lascia benignamente che gli uomini e la natura partecipino alla sua abbondanza."" Lineamenti di una critica dell'economia politica. Engels, scritti giovanili.

Anche questa di Engels mi sembra una banale constatazione; contraddetta dal fatto che le religioni continuano pero a prosperare a qualsiasi latitudine? Discriminare statistisicamente, può tranquillamente qualificarsi opportunismo.

ps. Finisco Engels, "seriamente", poi il Manifesto, poi La concezione materialistica della storia, poi ... vedremo, eh.

A proposito della "critica antropologica" mossa dal compagno (per quanto il termine sia del tutto inesagretto) credo che la critica avanzata dagli studiosi citati, occorre fare un discorso approfondito. In breve essi criticano l'interpretazione di Engels del materialismo storico, ma lo criticano dal versante sbagliato. Questa interpretazione contiene in sé la suggestione del grande opificio, rilegge la storia retroattivamente in questa prospettiva lasciando intendere che le società classiste siano state una necessità, un tragico prezzo da pagare al progresso dei mezzi di produzione fino ad arrivare alla grande industria. Va da sé che questa lettura implica una leggittimazione delle società classiste come storicamente necessacirie è un giudizio sul comunismo primitivo come errore prematuro. Questa interpretazione è hegeliana, non marxista e non è la sola in quanto Engels, a differenza di Marx che si proponeva di distruggere la filosofia teoreritica (II tesi su Fuerebach), mutua un hegelismo rovesciato e perciò si mette alla ricerca di "leggi" della storia e della dialettica senza accorgersi di rimasto, in sostanza, sul piano teoretico hegeliano.

Ma c'è una domanda interessante che nasce. Il progresso umano era possibile solo tramite formazioni sociali fondate sullo sfruttamento e l'oppressione? Se è così, allora siamo in pieno determinismo storico, se è no, allora Marx ha mille volte ragione nelle sue cosiderazioni sul comunismo primitivo.

Mi riesce impossibile acconsentire alla tesi secondo la quale i grandi movimenti del comunismo primitivo, protrattisi fino al 1700 siano "errori": sono fatti storici che implicavano una possibilità altra per lo sviluppo della vicenda umana. Marx spiega come sono andate le cose, la successione delle società classiste ed in questa vede i limiti storici del capitalismo, la sua fine inevitabile per la dinamica stessa delle forze che ha messo in campo, proletariato e scienza. Ricavarne una "legge storica" prescittiva è hegelismo bello e buono.

@Bogdanov:Per prima cosa ti prego di non chimarmi più compagno,dal momento che non mi definisco tale.

Gli autori da me citati non criticano l'interpretazione di Engels.Non è quello il loro obbiettivo. Essi sono degli antropologi che dopo aver compiuto studi di carattere antropologico tra popolazioni tribali delle aree più disparate del globo (e ora mi spieghi perchè il termine critica antropologica è inesatto) sono arrivati alla conclusione che parlare di comunismo primitivo è fuorviante la dove non del tutto sbagliato dal momento che organizzazione tribale non significa per forza assenza di classi (Vedi studio del Potlach da parte di Boas tra i Kwaquitul del Canada Occidentale,1909) che le forme di protoeconomia dei popoli tribali sono ben lungi dall'essere comunistiche (Studio del Kula tra i Trobriandesi di Malinowski,1922) che l'assenza di gerarchie ben delineate e di classi sociali non implica l'assenza di uso della violenza e della coercizione per garantire l'ordine sociale (Studio degli Ilongot della giungla filippina di Renato Rosaldo,1989) anzi in certi casi dove le classi sono assenti la violenza diventa l'elemento fondante dell'ordine sociale (Studio dei Nuer del Sud Sudan da parte di Evans Pritchard,1940). Affermare che tra le società paleolitiche e neolitiche ci fosse il comunismo primitivo è una speculazione bella e buona dal momento che non si può avere nessun genere di certezza su di esse causa assenza fonti scritte mentre gli studiosi da me citati hanno vissuto per anni a contatto con le suddette popolazioni tribali,se affermano che tra di loro non c'è nessun elemento che rimandi anche solo vagamente al comunismo avranno le lor buone ragioni per affermarlo non trovi? E poi LotusFlower ha appena finito di dirmi che quella della rivoluzione proletaria mondiale è solo una possbilità e tu (che presumo militi nel suo stesso identico partito) te ne vieni fuori ancora con l'inevitabile fine del capitalismo. Sto seriamente pensando di seguire le orme del Lotus e gettare la spugna anch'io.

@GCom: Veramente il bagaglio culturale di un popolo non si esaurisce nella sua religione: i dettami del regime talebano non furono ispirati unicamente alla sharia'a ma anche al pashtunwali,il secolare codice di comportamento dei pashtun (l'etnia maggiorataria in Afghanistan a cui appartiene anche il Mullah Omar) il Sud Italia e la Baviera sono due regioni cristiano cattoliche ma profondamete diverse dal punto di vista sociale culturale di mentalità eccetara. Il concetto di cultura non è un'idea al di fuori della storia ma è un qualcosa che si è formato nel tempo,in parte è stato definito dalla religione in parte dalle condizioni materiali e in parte da altri fattori ancora. Ad esempio se il cristianesimo non fosse nato in un contensto ad economia pastorizia e non avesse conosciuto la sua massima espansione in ambito monarchico nessun cristiano avrebbe mai definito dio "il nostro pastore" o il "re dei cieli". Poi c'è il processo di incultarazione che ogni società esercita sui suoi componeti e questo è empiricamente dimostrato; quindi io non discrimino proprio nessuno, so perfettamente che se fossi nato in una valle dell'Afghanista meridionale a quest'ora sarei talebano anch'io e non volgio neanche affermare che la nostra visione del mondo è più giusta della loro, mi limito a dire che è diversa di fronte a persone che negano un'evidenza di questo calibro.

PS GCom tu leggiti quello che vuoi,per carità. Ma io ti consiglio di ampliare i tuoi orizzonti e di uscire dal trio Marx-Engels-Lenin almeno eviteresti di dire che il fatto certe popolazioni reputano inutile il diritto positivo è solo un pregiudizio da niente.

Il fatto che ci siano degli studiosi, degli antropologi di professione che ritengono il concetto di comunismo primitivo fuorviante, non significa di per sé che abbiano ragione. Come se le scienze - e in particolar modo quelle umane - fossero neutrali. Come se cercare di ricostruire la storia passata dell'umanità fosse un'operazione meramente accademica, sganciata dall'analisi del presente e da una conseguente prospettiva futura.

Schiere di economisti, politologi, storici e antropologi ci vogliono a tutti i costi convincere, dall'alto delle loro cattedre o "dal basso" delle loro ricerche sul campo, che la storia umana è stata un progresso continuo, dalle caverne ai viaggi sulla luna, confondendo (quasi mai in buona fede: l'intellettuale, esattamente come lo scienziato, è un elemento indispensabile per la conservazione del sistema) il progresso tecnologico con il progresso umano. Nulla di più falso.

Fuorviante è innanzitutto parlare di storia umana e non di storie umane, come se tutti i popoli della terra avessero seguito lo stesso inevitabile percorso. Gli emeriti studiosi elencati da Gei posso affermare ciò che vogliono, ma è un fatto incontestabile che determinati popoli erano anticamente organizzati secondo principi comunistici e che la fine di una tale organizzazione avvenne per una causa violenta esterna, ossia il sopraggiungere di un altro popolo militarmente più attrezzato. Nel breve elenco che ho riportato precedentemente ho dimenticato di ricordare gli Indiani d'America, che non conoscevano classi e che, se poteva capitare che ricorressero alla guerra per risolvere delle contese con le tribù limitrofe, lo facevano sempre rispettando precisi codici che impedivano gli ignobili massacri di donne, anziani e bambini a cui invece la guerra delle società classiste ha sempre fatto ricorso.

Il motivo è semplice: le società classiste si fondano sull'esercizio della violenza della classe dominante a ogni livello del suo dominio: economico, militare culturale.

Un'ultima notazione: Gei sbaglia quando contrappone un mondo neolitico rurale a quello successivo urbano. Anzi, la rivoluzione urbana avvenne proprio insieme alla rivoluzione neolitica: nella Mezzaluna fertile la scoperta dell'agricoltura e dell'allevamento coincise infatti con la nascita delle prime città, come Catal Huyuk, Gerico, Hacilar. E non è affatto vero che Marx esalta la città a discapito della campagna, insiste invece sulla necessità di trovare un equilibrio fra le due dimensioni... e non aveva assistito allo scempio compiuto dall'industrialismo nell'arco di tutto il Novecento fino ai giorni nostri!

Falce e martello. Contadini e operai. Città e campagna. Armonia fra umanità e natura.

Nulla di più attuale. E' il Sol dell'Avvenire.

Gek,se è per questo anche il fatto che Marx abbia affermato che una società "di eguali" sia realizzabile che quello comunistico è il sitema di prudzione più naturale e che il capitalismo ha inizaito a generare i presupposti per una rivoluzione proletaria gobale il giorno stesso che è nato non vuol dire che abbia automaticamente ragione,anzi è dal 1917 a questa parte che i fatti storici dimostrano l'esatto contrario. A dire il vero non sono gli studiosi da me citati (che tu dipingi come una sorta di pretoriani dell'ideologia di regime,cosa assolutamente non vera) ma è Marx quello che vede la storia come un progresso continuo che troverà il suo fine ultimo nel comunismo. Gli studiosi da me citati invece non si stufarono mai di ripetere che ogni società va analizzata nel suo contesto e addirittura difesero certe usanze che noi occidentali definiremmo barbare che invece nello società da loro studiate erano indispensabili ai fini della coesione sociale ed è inutile dire che questi adepti della conservazione del sistema (così li ritieni tu) ricevettero una valaga di crtiche da giornalisti,opinione pubblica politici e da chi il sitema lo rappresenta veramnete! Questi studiosi non disprezzanorono affatto le società che studiarono,ne affermarono che tali società si sarebbero evolute (come invece affermano le varie correnti evoluzionistiche in cui si colloca anche il marxismo) si limitarono a dire che in esse non c'erano sufficienti elementi comunistici per poter parlare di comunismo primitivo tutto qui. Quello che parla di storia umana anzichè di storie umane è Marx,non gli antropologi di professione da me citati che arrivarono invece al punto di definire la stregoneria,la magia e la metafisica animista non dei paradigmi conoscitivi subordinati alla scienza bensì paralleli ad essa dotati di un'impeccabile coerenza interna.

Sull'organizzazione delle società neolitiche non c'è nulla di sicuro dal momento che non ci sono ne foto ne video ne fonti scritte ne testimonianze dirette di qualcuno presente all'epoca dei fatti che possa dirci con esattezza come erano organizzate quelle società ma anche se fosse vero che erano organizzate in modo comunistico che influenza può avere ciò sulla società attuale? Anche se avessi la certezza matematica che nel neolitico certi popoli si sono gestiti in modo comunistico l'idea che una società di eguali sia irrealizzabile non me la toglie nessuno e come non la tolgie a me non la toglie a nessun altro. Infine l'alleanza tra operai e contadini (falce e martello) fu teorizzata da Lenin,non da Marx che ebbe una visione del mondo rurale a dir poco contradittoria: nel manifesto definisce i contesti rurali in modo sprezzante che più sprezzante non si può mentre nella lettera al partito socialdemocratico russo afferma che saranno proprio gli elementi comunistici delle campagne dell'Impero a garantire la rivoluzione proletaria quando in realtà nessuno fu più reazionario del mondo contadino,nel corso della rivoluzione d'ottobre

Marx non sostiene che il comunismo sia l'organizzazione sociale "più naturale" (e che significa?), ma il percorso da seguire per uscire dall'inferno capitalista in cui ci troviamo da un paio di secoli. Non a caso la sua opera principale si intitola Il Capitale e non il Comunismo, proprio perché Marx concentra i suoi sforzi non nella prefigurazione della società futura (caratteristica del socialismo utopistico) ma nello studio di quella attuale per metterne in luce tutte le sue irrisolvibili contraddizioni.

Nessuno ha automaticamente ragione, ma dal 1917 a oggi il capitalismo ha causato una serie interminabile di guerre, di cui una mondiale, ha prodotto ferocissimi regimi dittatoriali - tra cui anche lo stalinismo - e scatenato il mostro politico più orrendo che la storia umana ricordi, ossia il nazismo. Si trova adesso in una crisi strutturale che diffonde precarietà, disoccupazione, fuga di capitali verso la speculazione finanziaria, e che cerca di arginare con l'intensificazione dello sfruttamento, ma l'unico risultato che ottiene è il progressivo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari di tutti i continenti... io dico che Marx aveva visto giusto e con un secolo e mezzo di anticipo.

Il marxismo non si colloca affatto tra le varie correnti di pensiero evoluzionistiche: per Marx la storia non è una serie di cambiamenti graduali che procedono in un'unica direzione, ma un cammino tortuoso segnato da salti, crolli e rivoluzioni. La visione semplicistica della storia come continuo progesso non è mai stata quella di Marx ma del positivismo e di quei riformisti che, nell'Ottocento come oggi, confondono l'avanzamento tecnologico con il progresso umano.

Marx definisce i contesti rurali in modo sprezzante? E dove? In quale opera? Cita qualche passo, perché non mi risulta affatto.

Tutto ciò che sappiamo sulle civiltà neolitiche sopraelencate dalle fonti archeologiche e dalle comparazioni paletnologiche ci parla di organizzazioni comunistiche, e questo è fuori di dubbio. Comunque sono d'accordo: in fin dei conti che importa? Il comunismo sarebbe in ogni caso la meta verso cui tendere anche se l'umanità non l'avesse mai raggiunta fino ad ora.

Durante la Rivoluzione d'Ottobre il mondo contadino russo era molto variegato (braccianti, piccoli proprietari, kulaki), ma una cosa è assolutamente certa e indiscutibile: senza l'apporto della massa contadina, senza l'alleanza fra la classe operaia e i lavoratori della sterminata campagna russa, la Rivoluzione non avrebbe mai potuto vincere.

Se ci sforzassimo di guardare il mondo in una prospettiva non eurocentrica, capiremmo che anche oggi è fondamentale riuscire a coinvolgere i lavoratori delle campagne, e che la questione agricola - strettamente connessa a quella della produzione alimentare - diventerà sempre più strategica, se si vuole mettere in discussione dalle fondamenta l'industrialismo capitalista che sta trasformando il pianeta, l'unico che abbiamo e che daremo in eredità alle future generazioni, in un immenso immondezzaio.

credo che una presentazione "personale" sia doverosa in ogni forum, in uno serio come questo mi pare immancabile. studio il sociale da ormai troppo tempo credo. è qualcosa che che può creare tossicodipendenza, e si rischia pure di spacciare, roba tagliata perdipiù, perchè è quella che va per la maggiore, costa molto poco (sia produrla che venderla - e anche il ricavo è maggiore) e fa il suo effetto a chi ne ha bisogno, consolatorio a suo modo (in una qualche delle tante forme ribellistico-critiche), perlopiù. e queste non sono che in minima parte metaforiche ed ironiche battute di spirito, ma purtroppo sono faccende molto più concrete di quanto molti immaginino.

cmq avevo smesso alla fine del secolo scorso perchè copn mia grande gioia avevo ri-scoperto il piacere e la pienezza del senso in tutto il suo fare del mio lavoro manuale che era spinto dalla meravigliosa scoperta di un talento fino ad allora sottovalutato, da chi mi vedeva inventare poesia con le parole prima e con le cose poi. un saper creare immagini astratte con ogni genere di materia, specie i rifiuti (che tra quelli umani e i resti naturali sono di una molteplicità e ricchezza che tuttora mi sorprende), affidandomi a visioni che sgorgavano e sgorgano continuamente come da una fonte come illimitata quanto del tutto irrazionale. pur non facendo solo quadri-sculture ma anche lampade e qualche altro arredo, tanto sento denso il senso e simboli che li pervadono (decisame migliore e più potente di ogni mio intervento socio-politico) quanto lo percepisco irrazionale e decisamente non decodificabile verbalmente. ma questo è tutto un discorso che riguarda se e cosa sia l'arte nel nostro mondo, che trovo molto importante e interessante ma qui è decisamente O.T.

tornado agli argomenti di questo forum, sono qui perchè 5 anni fa un grave incidente stradale mi impedisce tuttora di tornare effettivamente a praticare la mia natura "migliore". ma non per questo con un approccio nuovo e diverso non potevo dedicarmi ancora al pensiero sociale e politico (nel suo senso più autentico e antico di occuparsi delle scelte da compiere per raggiungere i veri ed ultimi fini dell'agire di un qualche genere di collettivo). così ho ripreso da tempo i miei vecchi studi, cercando e per fortuna trovando novità ugualmente sconcertanti e molto diverse da prima, che lasciano poco spazio alle speranze di un futuro (non migliore, un futuro e basta - se volete definirmi apocalittico fate pure. alla fine le etichette, come ogni banalizzazione e riduzionismo, fanno più male a chi se ne serve che a chi li subisce, pur essendo alla lunga non poco seccanti e fastidiose, per questi altri che di certo non sono certo nè santi nè martiri) per l'intera umanità e parte della natura. ma la mia da tempo accresciuta parte fatalista mi dice che ugualmente le "strategie fatali" sono, oltre che in certa parte inconoscibili, ironiche, e che quindi strappare qua e là del senso al "reale" ovvero al suo simulacro, potrebbe avere effetti che possano essere d'aiuto acciòchè un qualche strano e diverso pensare (per quel pasticcio inestricabile di stracci che ne resta) possa avere una qualche influenza almeno ad aiutare che non vada tutto in vacca entro la metà di questo secolo. troppo presto? non credo. ma se non schianterà tutto prima di allora, forse vorrà dire al contrario invece che importanti globali e massive inversioni di tendenza saranno state prese, e la parola futuro riacquisterà un senso e un valore che non ha più da mooolto tempo, perlomeno per le persone con un pò di sale in zucca e il coraggio di usarlo per vedere davvero chiaro cosa non va (e sono sempre troppo poche. ma anche questa non è una battuta per far dello spirito, è una problematica molto importante da discutere e capire per ciò che riguarda allargare - più o meno effettivamente e non solo come ennesimo simulacro - il potere decisionale a masse di miliardi di essere più simili ad automi preprogrammati che veri esser umani, come tutta la storia dell'umanesimo ha sperato che fossero - sempre più negli ideali, mentre nei fatti il processo si si invertiva - decisamente considerando anche le conseguenza de raddoppiare del numero di essi in meno di un secolo.

questo è già stato un bel malloppo per essere un testo su web. le considerazioni su marx, il marxismo, il neomarxismo di francoforte, comunismo e capitalismo, consumismo postmodernismo e poststrutturalismo, neocapitalismo finanziario e globalizzazione via corporations...

ma soprattutto ciò che concerne tutte le diverse forme della versione del produttivismo tecnoscientista nelle sue diverse manifestazioni e decisive conseguenze. come quelle gravissime per la ricostruzione di una "alternativa di sinistra" - efficace! - questioni di una portata tanto immane quanto sempre troppo poco considerate e ascoltate da tutta la sinistra, oserei dire mondiale, nella maggioranza delle sue declinazioni.

anche se per fortuna una minoranza altra in questo senso esiste eccome, anche se appunto ha spesso seri dubbi se definirsi di sinistra, per una parte della natura intrinseca della sinistra storica come attuale, proprio perchè tuttora immutata proprio nel rapporto con tutto pacchetto di discorsi: razionalismo, tecnoscienza, macchina, oggettivismo, progresso, ordine del discorso, capacità e efficacia teoriche - e tutto ciò in relazione a capitale e masse lavoratrici e neo-consumatori.

faccenda importantissima tutta da discutere perchè, per quel che conta questo interrogarsi e rispondere, potrebbe essere davvero decisiva se perdere l'ennesima e forse ultima battaglia, o almeno contare davvero qualcosa perchè le cose vadano per il meglio.

ma tutto ciò è molto meno semplice di quanto a molti piaccia che appaia - proprio perchè si scontra con un portato di quella e queste sinistre, che potrebbe (ma io credo che non sia detto, diversamente non avrei scritto tutto sto polpettone) essere irrimediabilmente d'ostacolo a fondamentali nuovi sviluppi "salvifici" di una civiltà globale - pur con ciò che riuscirà a rimanere delle specificità locali.

ciao,

sinceramente ho capito poco riguardo al "dove vuoi portare la discussione", prova a circoscrivere dei punti sui quali sia possibile avviare un confronto.

rimaniamo in attesa.

saluti internazionalisti.

Engels lesse l'opera dell'antropologo Morgan definendola la componente antropologica del marxismo

Questo equivale a dire che Darwin è la componente naturalistica del marxismo.

Darwin è un materialista non ancora dialettico, il suo casualismo mal si concilia con la nostra scienza.

I marxisti sono rivoluzionari non accademici; donne e uomini non dèi.

Lì dove il marxismo ha portato dialettica nelle scienze, rapporti di forze, è stato una spina nel fianco per gli intellettuali borghesi. Questa è dialettica.

Su Darwin abbiamo fatto poco e la sua teoria dell'evoluzione resiste piusttosto indenne col beneplacito religioso.

Da vittoriosi, avremo tutto il tempo necessario. La spinta imperialista ci obbliga su altri versanti.

Il punto è proprio questo, il marxismo tiene uniti in un unico inscindibile teoria e prassi, non esiste analisi politica che non sia "guida per l'azione" al fine oggi di costruire il partito, domani il comunismo.