Individuo militante e partito

Individuo militante e partito. Vorrei aprire questo argomento, su invito di lotusflower, in quanto si e' dibattuto poco sul tema. Il punto e': fermo restando che non sono gli individui a fare la storia, fino a che punto puo' ritenersi responsabile, e quindi oggetto di giudizio, un militante che ha un ruolo dirigente in un partito? Spesso ci si ripara dietro all'oggettivita' ma solo per eludere responsabilita' personali. L'esempio che piu' calza all'evidenza e' l'opinione negativa data da Lenin nel proprio testamento sul ruolo di Stalin come segretario di partito. Fino a che punto un individuo puo' influire sull'andamento degli eventi storici? Quindi come procedere alla formazione dei militanti e quali caratteristiche dovrebbe avere un quadro dirigente?

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E più chiaramente: dal processo sociale sorgono, è vero, scienza e tecnica, ma non vi sarebbe processo sociale se in esso non operassero forze umane e se queste, a loro volta, non aderissero nella loro azione intimamente al processo stesso e, sotto la spinta di interessi diversi, non esprimessero situazioni di contrasto e di lotta. È in tale ambiente che è nato e si è sviluppato il senso della differenziazione tra le diverse categorie sociali fino a cristallizzarsi in antagonismi di classe.

Vi è stata un'accumulazione della conoscenza teorica e della scienza, su cui è andata modellandosi una parallela accumulazione della conoscenza umana, presa questa nel significato di aumento di cognizioni in generale, di affinamento del gusto, della sensibilità e di esigenza di una più acuta curiosità verso il nuovo e lo sconosciuto e il tutto come indice di una sempre più alta manifestazione di vita.

In una parola al nesso delle cose si è intrecciato il nesso degli accadimenti umani. Il socialismo non è nato dalla scoperta di una formula, sia pur essa genialissima, non è il risultato di indagini di laboratorio, non è soltanto scienza ma è anche un nuovo modo di porsi il problema della vita, una nuova visione del mondo sorta dallo sviluppo del moderno capitalismo e maturata via via sotto il pungolo delle sue stesse contraddizioni.

approfondimento

leftcom.org

Il paragone di Gramsci è opportuno e sta a sottolineare l'importanza di una preparazione politica dei militanti, soprattutto dei quadri dirigenti, il suo contributo è stato comunque utile nel far emergere posizioni che se un tempo potevano essere discutibili, la storia le ha poi dimostrate errate dal punto di vista dello sviluppo del movimento rivoluzionario.

Gli individui, per definizione, subiscono le influenze materiali dell'ambiente nel quale si sono formati come tali. I militanti sono individui che hanno fatto proprio il materialismo sotrico e il programma comunista come metodo per la comprensione e la trasformazione della realtà. Il comunismo vive solo attraverso la prassi materiale degli individui che compongono il osggetto collettivo partito, ogni individuo da il suo contributo, partecipa allo sviluppo del metodo, teorica, pratica.

Ogni individuo militante può cadere in errore, il partito in quanto collettività di individui militanti che aderiscono ad un metodo-piattaforma comuni è la migliore medicina contro le degenerazioni interpretativo-politiche alle quali ogni militante, sotto la spinta del condizionamento di un ambiente sempre più ostile, può andare incontro.

Indubbiamente la personalità ha avuto un ruolo nello sviluppo dell'idea comunista, siamo contro gli ismi perchè riteniamo necessario rimanere ancorati ad una piattaforma collettiva e di base invece che seguire lo sviluppo personale del marxismo che di volta in volta, spesso sotto il peso delle contraddizioni della controrivoluzione, ha dato il singolo militante (trotsky, bordiga, lenin, e poi mao, stalin...)...

ma sono solo due righe in velocità su un problema molto complesso... non ho capito a quale paragone di gramsci ti riferisci...