Marcuse e Marx

Qualcuno saprebbe spiegarmi sotto quali aspetti il pensiero di marcuse diverge da quello di marx? Marcuse è marxista?

Forum: 

Personalmente (ma credo che i compagni largamente concorderanno) non ritengo Marcuse un marxista. Volendo approfondire il pensiero di Marcuse bisognerebbe dilungarsi oltre i limiti di un forum, ma è facile intuirne la non appartenenza al marxismo considerandone le influenze filosofiche e teoriche, da Heidegger a Freud, a una visione originale di Hegel. Marx finisce nel calderone terribilmente evirato, considerato solo per aspetti "critici" (come avviene in tutta la Scuola di Francoforte e la Scuola Critica).

Le conseguenze pratiche e analitiche dell'impostazione teorica di Marcuse sono non a caso la negazione del marxismo e del comunismo: una società totalitaria e unidimensionale non trasformabile, il ruolo rivoluzionario attribuito all'...immaginazione, l'idea che il proletariato occidentale di fatto è sfruttatore del cosiddetto Terzo Mondo e così via.

Non per niente è tra i teorici di riferimento dei movimenti reazionari e anticomunisti germogliati negli anni Sessanta e Settanta, dai figli dei fiori al movimentismo studentesco ribellistico.

Comunque ci sarà modo nel corso della discussione di approfondire le tematiche specifiche. Saluti internazionalisti.

Concordo con Reed, sia per quanto riguarda il giudizio sul "marxismo" di Marcuse che sulla, come dire?, scarsa agibilità di un forum per affrontare una discussione così complessa. Per approfondire il discorso, ti posso dire che nel n. 13-14 di Prometeo III serie (1969?) c'è un articolo intitolato "[[ibrp.org | Il 'marxismo' nell'ideologia contemporanea]]" in cui si tratta anche di Marcuse e della scuola di Francoforte. Un altro saggio che, a mio parere, è molto interessante, è quello di Mattick, il quale, benché per certi aspetti ostile alla nostra tendenza, ha scritto una delle critiche migliori del Marcuse-pensiero, in quanto rimette al suo giusto posto ciò che Marcuse aveva cancellato ossia la centralità della classe operaia (del lavoro salariato in genere)nella società capitalistica e nel suo superamento rivoluzionario. Putroppo, il testo cartaceo non è più pubblicato da molto tempo: ne esiste una versione ridotta ripubblicata nel 1992 (mi pare) dalla rivista anarco-consiliarista "Collegamneti-wooblies". In continuazione con quanto detto da Reed, aggiungo che, sempre a mio avviso, molti teorici della cosidetta nuova sinistra degli anni sessanta-settanta, compreso il trombone Negri, sono largamenti debitori (o scopiazzatori) di Marcuse, senza però mai citarlo espressamente.

Un saluto a tutti,

Smirnov

PS Scusa se faccio l'indiscreto: ci avevi per caso già scritto, tempo fa?

si ha già partecipato al forum

Sono d'accordo con quello che è stato detto,anche se mi sembra scorretta la frase di Reed :"Non per niente è tra i teorici di riferimento dei movimenti reazionari e anticomunisti germogliati negli anni Sessanta e Settanta, dai figli dei fiori al movimentismo studentesco ribellistico."

I movimenti studenteschi degli anni sessanta e settanta non credo possano definirsi reazionari; sicuramente non si esprimevano con un chiaro contenuto classista e comunista,ma da questo a definirli reazionari e anti-comunisti... non è solo una questione di definizione,ma di come i comunisti debbono approcciare i movimenti.

BESOS!

  • Ciao a tutti.

Pietrotskij,*

Ciao a tutti.

Pietrotskij, mi riferivo chiaramente al contenuto di ideologie e prassi diffuse all'epoca in quell'ambiente (dal maoismo, al sostituzionismo e tutto ciò che conosciamo, e che son certo non suggestioni positivamente neppure te).

Forse la frase è un po' lapidaria, ma non scorretta. Tu dici che i movimenti studenteschi "non si esprimevano con un chiaro contenuto classista e comunista, ma..."; al contrario, direi "si esprimevano con un chiaro contenuto piccolo-borghese e anticomunista, ma...".

I comunisti si collocano organicamente nei movimenti della propria classe, non in quelli di mezze classi. Il resto, che si faccia propaganda e agitazione tra questi studenti ecc. ecc., è cosa che mi sembra vada da sé, nei limiti scontati di un'azione politica proletaria e classista.

  • Ciao Pietrotsky,

secondo me*

Ciao Pietrotsky,

secondo me Reed ha centrato in pieno la questione. Il fatto che i movimenti giovanilistici degli anni '60 contestassero un'ideologia e un modo di vivere reazionari non significa che, a loro volta, fossero rivoluzionari: che caspita c'entra, per es., la meditazione trascendentale di qualche cossiddetto guru (gran furbacchione) con il comunismo? Dal mio punto di vista quei movimenti erano espressione della piccola borghesia investita, come del resto il proletariato, dalle profonde trasformazioni del secondo dopoguerra. Purtroppo, ma inevitabilmente per tutta una serie di ragioni, la suddetta piccola borghesia ammorbò pesantemente anche strati a volte non esigui di proletariato con teorizzazioni e pratiche che col marxismo c'entrano come i famosi cavoli con l'altrettanto famosa merenda.

Ah, i trotskysti: magari simpatici, ma persi per la causa del comunismo!

Ciao Pietrotsky,

Smirnov

Bè...non credo che i movimenti possano essere solamente o rivoluzionari o reazionari. Esistono una infinità di variazioni e sfumature tra questi due concetti.

I movimenti studenteschi non hanno un chiaro contenuto di classe e comunista,l'ho sempre detto, ma non per questo sono ipso facto anti-comunisti,come sostenete voi.

Non sono nemmeno d'accordo sul fatto che tutti gli studenti siano piccolo-borghesi.

Tutto ciò che non è chiaramente proletario è anti-proletario?Tutto ciò che non è chiaramente comunista è anti-comunista? Mi sembra la notte in cui tutte le vacche sono nere.

Da un punto di vista politico, ciò che non è rivoluzionario è reazionario. Ciò non vale in termini universali, per gusto di manicheismo, vale oggi perché ciò che non è per rivoluzionare la società, preserva e conserva il capitalismo (questo è chiaro); siccome il capitalismo è oggi "reazionario su tutta la linea" [Lenin], possiamo dire "conservatore del capitalismo = reazionario".

Uso qui la logica formale per chiarezza espositiva, non per semplificazione astratta; preciso poi che con "reazionario" non esprimo un giudizio morale, soggettivo, ma mi riferisco al suo significato obiettivo.

E' però chiaro che un movimento esprime una complessità umana che non è riducibile alle ideologie predominanti, ma su questo siamo tutti d'accordo, con le conseguenze di lavoro politico che ne discendono. Sono infine d'accordo con te sul fatto che è scorretto dire che tutti gli studenti siano piccolo-borghesi, tanto è vero che nessuno l'ha mai scritto in questo topic. Ma questo richiederebbe altro spazio. Saluti

  • Oh yes!,

nessuno ha mai*

Oh yes!,

nessuno ha mai detto che gli studenti siano tutti borghesi (di caratura varia). Poi, come ha già detto Reed, i movimenti si valutano, nella loro ovvia complessità, per il loro contenuto politico, per le intezioni che professano.

Ciao a tutti, scusate ma vado di fretta,

Smirnov

PS Reed, interessante e condivisibile quello che dici nell'altra pagina (o come si chiama), il problema è però, secondo me, quello di tradurre l'analisi i principi, l'analisi teorica in parole d'ordine comprensibili senza con questo sputtanare le medesime (e chi le proclama) scadendo in un becero linguaggio riformista (la giustizia, la pace, la libertà, appunto). Scusami ancora, so di essere troppo sintentico: alla prossima.

quella muuffa interclassista

Lo studente in quanto tale è uno che studia

Il movimento studentesco rivendica il diritto di poter usufruire all'interno della società borghese del pezzo di carta che gli garantisca un posto migliore di chi non ce l'ha. Tutto qui.

La rivoluzione le fanno le classi sociali, non ragruppamenti temporanei senza radici ( muffe ).

L'indicazione migliore che si può dare ad uino studente di famiglia proletaria e di far presto a finir gli studi e non pesare troppo sulla famiglia. Il sogno di emancipazion e dal lavoro salariato i suoi genitori hanno creduto di realizzarlo in piccolo con un figlio dottore, ma aimè il diploma emanicpa poco anche la laurea, bisogna essere di famiglia borghese per far valere bene i diritti rappresentati dal pezzo di carta.

Reed,tu hai detto "ciò che non è per rivoluzionare la società, preserva e conserva il capitalismo (questo è chiaro); siccome il capitalismo è oggi "reazionario su tutta la linea" [Lenin], possiamo dire "conservatore del capitalismo = reazionario".

Più avanti rivendichi di aver utilizzato la logica formale,e su questo sono d'accordo,infatti a mio avviso hai tratto conclusioni non-dialettiche.

La lotta di Oaxaca è fatta per rivoluzionare la società?No,quindi è reazionaria.La lotta delle periferie parigine?Reazionaria anche quella.Reazionaria la lotta per il rinnovo dei contratti,reazionaria la lotta contro la guerra in Iraq,reazionaria la lotta alla precarietà,ecc...

La logica formale in politica è decisamente superata.

Pietrotskij, se rileggi il mio intervento vedrai che non rivendico di aver utilizzato la logica formale, ma ho precisato di averla utilizzata nell'esposizione, e l'ho precisato per evitare fraintendimenti... ahimé senza riuscirci.

Del resto tutto il tuo post si basa su un fraintendimento o su una bonaria provocazione.

Prendiamo ad esempio una delle cose che hai detto, la lotta contro la guerra in Iraq. E' reazionario il pacifismo? Certo. Poi, se mille persone si riuniscono in piazza con le loro belle candele e le bandiere arcobaleno, non li identifico con una "massa reazionaria", né mi fermo a guardarli sornione. Mi sembra autoevidente che non sia la stessa cosa.

Rifondazione è reazionaria? Certo, ma mica i suoi iscritti sono un blocco reazionario?! Ecc...

Sei d'accordo con Lenin che anche il più piccolo allontanamento dal marxismo sia cedere al campo borghese?

Io sì.

Il trotskismo in politica è decisamente superato.

Ciao Pietrotsky,

a forza di stare in Rifonda, voialtri falcemartellisti avete imparato bene l'arte di arrampicarsi sugli specchi, benché il risulato finale sia sempre quello: un tonfo. Nella risposta a Reed fai un minestrone giusto per confondere le cose. La lotta di Oaxaca, dal punto di vista politico, ha contenuti ampiamente democratico-nazionalisti, persino reazionari, ma è l'emergenza di una rabbia sociale che è positiva, così come sono positive le forme di di organizzazione che la popolazione povera di Oaxaca si è data per combattere i suoi nemici. E' però ovvio, almeno per me, che senza un partito realmente comunista tutti gli elementi poistivi espressi da Oaxaca o finiranno in niente o, il che è lo stesso, saranno assorbiti dalle varie espressioni del riformismo piccolo borghese.

Invece, come potreste essere qualificati, voialtri trotskysti, che state al governo con il fior fiore della borghesia? Reazionari, intortatori del proletariato, servi della borghesia, ingenui illusi, un po' tutte le cose assieme?

Ciao Pietrotsky,

Smirnov

Sono d'accordo con Lenin nel dire che anche il più piccolo allontanamento dal marxismo sia cedere al campo borghese,non sono d'accordo con Reed nel dire che tutto ciò che non è marxista è reazionario.

Anche Lenin,tanto per restare al compagno russo citato da Reed,definiva i partiti della seconda internazionale "riformisti",definiva "rinnegati" i suoi capi,parlava di revisionismo,e definifiva invece altri partiti o movimenti "reazionari". Insomma Lenin sapeva dare una definizione articolata ad ogni fenomeno.

Secondo me è scorretto definire "reazionario" il pacifismo. Il pacifismo è una ideologia borghese idealista del tutto incapace di contrapporsi alle guerre imperialiste,ma che anzi depotenzia i movimenti contro la guerra.

Le posizioni guerrafondaie sono reazionarie. Non so se mi sono spiegato.Comunque si è capito che la pensiamo in maniera diversa,niente di grave.

Smirnov,tu dici che la lotta di Oaxaca ha contenuti positivi. Ma non essendo stata una lotta per il comunismo secondo i vostri schemi dovrebbe essere considerata una lotta reazionaria,o sbaglio?

Non capisco l'utilità di avere una teoria rigida per poi essere eclettici negli esempi.

P.S.

Reed,Smirnov,ma come mai ogni tre per due etichettate le mie posizioni come trotkiste,trotskismo,ecc...(termini coniati da Zinoviev e Stalin,per altro)?

Potrei fare lo stesso con voi,e appiccicare sui vosti interventi ogni tipo di categoria(damenisti,bordighisti,celsisti?),ma non lo faccio.

BESOS

Anche secondo me, nella fase decadente del capitalismo, ciò che non è almeno potenzialmente rivoluzionario può essere definito reazionario.

Ma definire un movimento o un personaggio "reazionario" o "riformista", "rinnegato" ecc. poco cambia, in fin dei conti. Quel che conta è l'avanzamento della coscienza di classe. Il fenomeno dei figli dei fiori, lo studentismo, il movimento pacifista, movimenti interclassisti e sterili, essenzialmente piccolo borghesi, non sono stati e non saranno positivi per la creazione di coscienza di classe.

Pietrotskij, sono d'accordo che i fenomeni vanno analizzati dialetticamente, quindi sulla base delle implicazioni molteplici e contraddittorie dal punto di vista della lotta di classe. Ma questa analisi, prima che dialettica, deve essere soprattutto realistica, altrimenti si possono definire rivoluzionari i figli dei fiori e magari socialista Chavez...

Condivido quanto è stato deto da Reed, mic e Smirnov, troppi rivoluzionari(nel senso generico del termine) finiscono per farsi portavoce della parte più reazionaria del proprio campo. Si vede chiaro e tondo e ne sentiamo le conseguenze.Il tempo del compromesso è superato, almeno per noi internazionalisti.

Cià

Rivolunzio

  • Ciao a tutti.

Pietrotskij,*

Ciao a tutti.

Pietrotskij, a me sembra che le posizioni altrui le "irrigidisci" tu e poi le critichi di "rigidità"... ma comunque càpita nella discussione, soprattutto quella su un forum. Se la pensiamo diversamente, amen.

Detto di passaggio: "rinnegato" e "reazionario"; uno che "rinnega" può diventare "reazionario"? chiaramente sì, giusto? Non ha senso contrapporre le definizioni; non facciamo troppa confusione con gli esempi. Poi credo che non siamo del tutto d'accordo su cosa significhi reazionario, quindi molto ne discende.

Ps. Da parte mia non voleva essere un insulto dire "trotskista"; perché, per te lo è?

Poi se mi chiami "internazionalista" o cose simili a me va bene, perché lo rivendico (non dico per me "bordighista" ecc., e questo sarebbe invece fuori luogo); tu forse non rivendichi di essere "trotskista", e nel caso ti faccio le mie scuse (ma non capirei bene).

Comunque è vero,io voto

Reed,sono d'accordo con te,probabilmente diamo alla parola "reazionario" un significato diverso.

Per me un movimento o un ideologia è reazionaria quando si pone direttamente contro gliinteressi delle classi subalterne o il progresso sociale in generale. Quindi ritengo reazionario il liberismo,il fascismo,clericalismo,ecc...

I figli dei fiori sono sicuramente stati "non positivi per la creazione di coscienza di classe" come dice Mic,ma non li definirei "reazionari". La questione non è solo terminologica. Verso un collettivo studentesco malato di stundentismo provo a portare le mie idee,mentre dai fascisti mi tengo alla larga...

P.S.

Ovviamente non ritengo "trotskista" un insulto,ma mi ritengo tale quanto mi ritengo "internazionalista" tanto per dirne una,o "comunista",o "leninista",ecc...

BESOS

Per Pietrotskij

Infatti avevo pensato che tu definissi "reazionari" i fascisti e cose così. Personalmente ne faccio un uso più ampio di te, cercando di evitarne l'aspetto di "etichetta", ma di cercarne il significato proprio. Reazionario è ciò che riporta indietro, diceva più o meno Lenin; a rigore un figlio dei fiori o un ambientalista sono propriamente reazionari, da questo punto di vista. Dal punto di vista politico, costoro sono del tutto "contro gli interessi delle classi subalterne", come dicevi, e "contro il progresso sociale in generale" (che non credo possa essere altro che il socialismo, penso che condividi). Quindi è corretto combattere con fermezza le loro ideologie ecc.

E' chiaro che se delle persone si riuniscono per combattere la guerra, o che so, qualche cosa del genere, sono probabilmente mossi da un impulso positivo, col quale devo, da comunista, fare i conti, non cedendo mai nella critica dei contenuti reazionari che inevitabilmente porteranno con sé. Coi fascisti è affare del tutto diverso, naturalmente; sono bande caratterizzate più dal manganello che da riferimenti ideologici, voglio dire.

Ciao Reed,

per quanto riguarda il carattere reazioanrio, credo anch'io che i figli dei fiori (poveretti, erano anche simpatici, sotto certi aspetti) siano più razionari del fascismo, se proprio volessimo fare una graduatoria (per quel che varrebbe): il fascismo è il prodotto di una fase del capitalismo, i figli dei fiori sognavano una specie di ritorno a un passato che non è mai esistito o, il che è lo stesso, a una società che prescinde totalmente dalla realtà. In un certo senso, sono reazionari tanto quanto i fautori del commercio equo e solidale, benché in genere costoro siano delle bravissime persone, animate dalle migliori intenzioni e distanti anni luce (in meglio) dalle merdacce fasciste.

Ciao a tutti,

Smirnov

Si,dalle ultime risposte ho capito che diamo al termine reazionario un significato veramente diverso.

Nel senso che intendete voi allora era un grandissimo reazionario Beppe Grillo,tanto per fare un esempio, quando rifiutava il digitale e propugnava il ritorno all'analogico.

Però mi sembra che i bolscevichi usassero il termine reazionario più nella mia accezione semantica. Comunque questo non è centrale.

Michel Foucault, cosa ne pensate?

...............

Marcuse, Marx e Lenin

Vorrei esprimere un modestissimo parere.

Credo che discutere sulla base dei nominalismi non aiuta a capire, perchè il metodo di discussione diviene manicheo. Francamente mi importa poco definire Marcuse; dico che se un suo pensiero, una sua analisi posso essere utilmente utilizzate per la lotta proletaria, io sono disponibile a farlo, senza per questo mutuarlo come teorico e facendo bene attenzione a che il contenuto non sia contraddittorio con le finalità della lotta proletaria.

Solo per fare un esempio, possiamo definire "reazionario" il lavoro di Georg Simmel sulla "Filosofia del danaro"? Eppure Simmel non era marxista ma la sua analisi di questo aspetto è di grande utilizzabilità.

D'altra parte, a dirla francamente, il solo marxista che riconosco integralmente filosoficamente per tale era un pensatore che si definiva "non marxista", un certo Marx. Sul forum non c'è spazio per un ragionamento di tale lunghezza, ma, di passata, se vale la definizione "ciò che non è marxista è reazionario" (non sono d'accordo), dovremmo escludere dal marxismo gli ultimi lavori di Engels, la squalificatissima scuola filosofica di Plekanov, Lenin, e via dicendo.

Solo per portare un altro esempio, l'affermazione "la gnoseologia è una scienza di partito" non è di Stalin, ma di Lenin stesso. C'è forse un marxista disposto a sottoscrivere questa affermazione? Evidentemente,no. Eppure non possiamo definire Lenin "reazionario".

Vedete, se discutiamo con i metodi della teoretica borghese si verificano questi assurdi e rischiamo di non capirci più niente.

Io sostengo che è nel diritto del proletariato utilizzare tutto ciò che l'umanità ha prodotto finora, inclusa la ricerca filosofica. Deve utilizzarlo secondo una prospettiva proletaria, facendo passare tutto attraverso un'analisi critica marxista rigorosa che sia fuori dalle categorie teoretiche borghesi. Credo sia questo l'insegnamento metodologico fondamentale di Marx, un insegnamento, aggiungo, incompreso dai suoi successori.

Il metodo delle definizioni non funziona, non è marxista

Sono d'accordo. Anche se penso che, sui principi fondamentali, Lenin sia in assoluta continuità con Marx. In generale, comunque, il marxismo non deve essere un dogma ma un metodo di analisi e uno strumento di lotta. Come tale, può trovare "munizioni" utili anche nelle analisi e nelle ricerche di pensatori non marxisti. Un esempio fra i tanti, secondo me, è Georges Dumézil, studioso di mitologia comparata e religioni arcaiche. Pur non essendo marxista, i suoi lavori aiutano infatti a capire come numerosi e importanti miti dell'antichità siano il prodotto di ben precisi contrasti politici e sociali.

“I miti non si lasciano comprendere se vengono scissi dalla vita degli uomini che li raccontano. Quantunque chiamati presto o tardi ad una carriera letteraria propria, essi non sono delle invenzioni drammatiche o liriche gratuite, senza rapporto con l’organizzazione sociale o politica, con il rituale, la legge o la consuetudine; il loro ruolo è al contrario di giustificare tutto ciò, di esprimere in immagini le grandi idee che organizzano e sostengono tutto questo.” (G. Dumézil, dalla prefazione a "Mito e epopea", vol. I)