LA DEMOCRAZIA BORGHESE,OGGI, COME CARICATURA DELLA DITTATURA DEL CAPITALE

Pemettetemi di aprire una discussione di attualissimo spessore teorico sulle forme di Governo che s' impongono, per la maggiore, sia nei Paesi imperialistici che in quelli arretrati, nell'era del "capitalismo globale"(che io chiamerei più marxisticamente "imperialismo multinazionale").

In politica, nell’era di decadenza e della globalizzazione comandata dalle oligarchie finanziarie internazionali, le forme essenziali delle istituzioni capitalistiche statali non sono più i regimi democratico- parlamentari ( forme adeguate dell’epoca del capitalismo concorrenziale), ma quelli repressivi pseudo- democratici ( coalizioni tipo “Fronti popolari”) o apertamente totalitari. Comunque, nei periodi non rivoluzionari, come soluzioni adeguate anche nella forma, si attagliano bene i regimi bonapartisti o semi parlamentari, di tipo “civile” o “militare (a seconda che si tratti di stati “avanzati” o “arretrati” ). Gli Stati e i Governi nazionali stanno diventando, intanto, “ostaggi” delle formazioni politiche ed economiche sovranazionali, fungendo( in tendenza) da agenzie di gestione e amministrazione locale in funzione dei superiori interessi del capitalismo finanziario mondiale che detta i suoi decreti economico- politico- militari operando dentro gli ingranaggi delle istituzioni di "Governo mondiale" o "regionale",( FMI, Banca mondiale, WTO, OCDE, BCE, ONU, Polizia internazionale, UE, Asean, Apec, Arf, Nato, ecc.). Che ne pensate? Saluti a tutti i compagni.duccio

Forum: 

Caro Duccio,

secondo me bisogna fare dei distinguo. Non tutte le organizzazioni sovranazionali sono uguali. Come d'altra parte esistono in alcuni casi delle strutture che non sono veri e propri stati (possiamo definirle para-statali - come Hezbollah), ma che sono capaci di agire sul piano nazionale e internazionale anche con una certa forza.

Bisogna distinguere le organizzazioni che sono portatrici di forti interessi che accomunano la borghesia di una certa area, da quelle puramente di facciata, o che servono a tentare di dirimere le controversie prima che esse sfocino in conflitti violenti. Clausewitz insegna che tra diplomazia e guerra c'è assoluta continuità. Tra le prime ci metterei la UE, che pur con un percorso tentennante e contraddittorio, sta tentando di affacciarsi sulla scena internazionale come potenza imperialista più compatta, oggi soprattutto dal punto di vista economico, domani forse anche da quello militare. Tra le seconde ci metterei ONU, WTO ecc. ecc. che quando non sono strumento di una delle parti contendenti, sono semplicemente una vetrina ad uso e consumo della cosiddetta "opinione pubblica".

Altrimenti alimentiamo la confusione che già in troppi producono (i vari Toni Negri, Giulietto Chiesa, per risalire fino al super-imperialismo di Kautsky e Hilferding).

Ma non credo che questo sia il senso che intendevi dare al tuo intervento. Ti chiedo solo di precisare.

Saluti. Mic

Secondo me il fallimento del vertice di Seattle,della fine del secolo scorso,ha segnato anche simbolicamente un certo cambiamento di fase. Le grande potenze imperialistiche non riescono più a mettersi d'accordo sulle questioni centrali,e organismi come il WTO,ma anche il fondo monetario internazionale, tendono a diventare sempre più di facciata (compresa,per certi versi,l'ONU).

La dottrina Bush è in qualche modo anche figlia di questa nuova situazione,a mio avviso.

Per quanto riguarda l'UE,sicuramente il tentativo è quello che dice Mic,ma a me sembra che i passi avanti ultimamente siano stati molti meno di quelli indietro. La moneta unica sembrava il salto di qualità decisivo,ma poi l'UE si è divisa praticamente su ogni questione militare o economica decisiva,e la cosidetta "costituzione Europea" è stata boccciata in ogni paese in cui si è avviata la consultazione referendaria. Comunque ogni processo ha elementi contradditori,è presto per dire come andrà a finire.

BESOS

Infatti,mic,le istituzioni

Infatti,mic,le istituzioni internazionali del capitalismo finanziario multinazionale non sono,per me, espressioni di una regolamentazione armoniosa tra interessi e centri imperialistico-finanziari che marciano compatti dietro una sola linea politico-militare ed economica. Non esiste nel mio abbozzo (draft) sintetico alcuna intenzione di disegnare una specie di iperimperialismo alla Kautsky.Piuttosto si va affermando una "tendenza" verso forme organizzative (sul terreno economico e politico) transnazionale) generalizzate a livello globale in sintonia con l'internazionalizzazione delle forze produttive (vedi la forza schiacciante delle cira 40 mila unità produttive multinazionali nell'economia del pianeta e di quelle finanziarie e mediatiche). Dall'altro lato sotto queste forme, donde si esercita la "governance" degli stati imperialistici più forti, operano le relazioni reciproche (di opposizione relativa) tra centri finanziari e del capitale produttivo che rivaleggiano come "fratelli nemici", ma soprattutto impera la contraddizione fondamentale della nostra epoca tra proletariato mondiale e oligarchia finanziario -produttiva capital-imperialistica, la sola capapce di portare al superamento dell'Ordine attuale.

Ma anche nelle relazioni tra

Ma anche nelle relazioni tra briganti imerialistici, concordo con Pietrosky (osservando la fattispecie dell'area UE) nel vedere il processo di "integrazione", soltanto come una tendenza che giammai condurrà alla realizzazione politica dell'Europa, assolutamente impossibile sotto l'ombrello del regime capitalistico. Perciò,assistiamo alla contraddizione tra contenuto (relazioni di classe e relazioni reciproche all'interno della classe dominante) e forme sovrastrutturali ,di tipo istituzionale -sovranazionali, che può risolversi solo con la mediazione del partito rivoluzionario internazionale e della dittatura del proletariato su scala transnazionale. Come? Attraverso la capacità del partito operaio internazionale di fondersi con il movimento operaio di massa, una volta che si sarà realizzato il processo di formazione del partito di quadri che sa indicare alle masse le forme e i modi di conquistare il potere e di gestirlo anche dopo.Cari saluti duccio

Ecco,io non dico proprio "giammai" perchè mi sentirei un pò drastico,ma complessivamente sono d'accordo con Duccio.

Infatti sono sempre molto perplesso quando sento parlare di polo imperialistico Europeo,o anche solo di imperialismo europeo.

Esistono paesi europei imperialisti,e non mi pare si stiano mettendo affatto d'accordo sulla spartizione della torta.

Invece non sono d'accordo con Duccio quando dice che "le forme essenziali delle istituzioni capitalistiche statali non sono più i regimi democratico-parlamentari".

Mi sembra che nella maggior parte dei grandi paesi imperialisti sia ancora questo l'assetto statale preferito dalla borghesia.

BESOS

Preciso la mia frase da te

Preciso la mia frase da te riportata,pietrosky! I regimi democratico.parlamentari costituivano la forma essenziale, al tempo di Marx, in cui vigeva il capitalismo concorrenziale, oggi,in cui la centralizzazione economica (e politica) del Capitale si è condensata in un manipolo di centrali imperialistiche,comandate nel mondo da un centinaio di famiglie,quella forma non è più adeguata al contenuto economico-politico.Nella fase oligarchica dei poteri statali, questi si affidano,in exstrema ratio,ma essenziale,alle dittature feroci di destra o di sinistra(dittatura sul proletariato, non del proletariato) oppure alle coalizioni di Fronti popolari che, dietro la maschera democratico parlamentare, compiono la pulizia ideologica e la repressione fisica degli elementi rivoluzionari, in situazioni rivoluzionarie o pre-rivoluzionarie.Nei periodi non rivoluzionari, essendo il gioco democratico costoso e, quindi un lusso solo per i Paesi imperialistici più ricchi o per altri sostenuti da questi per ragioni politico-militari, le forme di governo democratiche assumono i caratteri del semiparlamentarismo o del bonapartismo civile,in cui nella realtà,sotto il guanto di velluto della libertà di parola e di libere elezioni,si cela il pugno di ferro degli apparati repressivi,dei Servizi segreti e della manipolazione della società civile.Onde si assiste spesso alla manifestazione stridente tra proclami di principi democratici e vanificazione di essi nel concreto delle forme di attività sociale, a tutti i livelli.

Ecco perchè è importante,

Ecco perchè è importante, per un programma rivoluzionario operaio, includere anche le rivendicazioni democratiche come obiettivi transeunti da sbandierare per conquistare il movimento di massa e prendere il Potere statale. I bolscevichi leninisti avevano rivendicato l'apertura dell'Assemblea costituente nella Russia del '17, ma essi intendevano la sua costituzione dopo la presa del potere, non prima; quindi si trattava di un '"Assemblea costituente rivoluzionaria" che sarebbe apparsa strumento inutile e reazionario agli occhi del movimento operaio e contadino,nel confronto con l' azione esecutiva e deliberante dei Soviet.duccio

Bè,sul programma rivoluzionario includente rivendicazioni democratiche sono pienamente d'accordo. Mi sembra una posizione decisamente "Trotskista",comunque.

Però non voglio riaprire una polemica su Falcemartello :-))

BESOS

Credo che nel discorso di Duccio ci sia un'evidente contraddizione. Di matrice trotzkista, in effetti.

La democrazia borghese mostra il suo vero volto: "le forme di governo democratiche assumono i caratteri del semiparlamentarismo o del bonapartismo civile,in cui nella realtà,sotto il guanto di velluto della libertà di parola e di libere elezioni,si cela il pugno di ferro degli apparati repressivi,dei Servizi segreti e della manipolazione della società civile.Onde si assiste spesso alla manifestazione stridente tra proclami di principi democratici e vanificazione di essi nel concreto delle forme di attività sociale, a tutti i livelli", dice Duccio.

Giusto. E i comunisti che fanno? Avanzano un programma "rivoluzionario" che include (include? Si lotta contemporaneamente per il potere esclusivo dei lavoratori e per l'assemblea costituente da fare insieme ai borghesi?) quelle rivendicazioni democratiche che, se conquistate, plasmerebbero una nuova maschera per la dittatura della classe dominante?

La questione è sempre la stessa, compagni: di quale democrazia stiamo parlando? Finché esistono le classi la democrazia pura, senza aggettivi, è solo un'invenzione ideologica e come tale va smascherata.

Se proprio vogliamo intortare gli operai su rivendicazioni democratiche, quindi necessariamente interclassiste, poi non dobbiamo stupirci se non riusciamo a deviarli sul programa propriamente rivoluzionario. Ma c'è anche chi preferisce così...

Saluti

Rivolunzio

Evidentemente stiamo

Evidentemente stiamo parlando della democrazia operaia,compagno Gek! Non della democrazia che gira intorno al parlamentarismo e ai diritti astrattamente umanitari della borghesia ,tipo pacifismo borghese o libertà per i capitalisti di licenziare gli operai o di parola esclusiva solo per i rappresentanti politici e sociali della borghesia. Se noi rivendichiamo,sotto una "democrazia" parlamentare capitalista, obiettivi democratici intermedi come il rispetto delle ore di lavoro e del salario minimo,il diritto a una scala mobile integrale per la difesa dei salari, l'eguaglianza dei lavoratori immigrati agli altri lavoratori indigeni,il diritto di soggiorno,di cittadinanza ai lavoratori stranieri, il diritto a un'occupazione non precaria e stabile tra tutti quelli in grado di lavorare,secondo il principio"lavorare meno lavorare tutti" e quell'altro egualitario del "chi non lavora non mangia", noi indichiamo una democrazia più concreta di quella borghese e nell'interesse della maggioranza degli operai e dei lavoratori.

Tutto ciò non è

Tutto ciò non è compatibile con il regime borghese attuale che invoca le leggi della concorrenza internazionale per ricorrere a una "sana selezione sociale"? Questo non è affar nostro.Anzi è a partire da tale incompatibilità che noi possiamo rivendicare la dittatura proletaria per soddisfare questi elementari bisogni.Prenderemo il potere con queste parole d'ordine e,man mano che l'esperienza delle masse avanzerà verso gli obiettivi socialisti sempre contenuti nel programma del partito operaio, si procederà ,senza soluzione di continuità(il potere è già in mano agli operai avanzati) verso la realizzazione socialista della società civile.Con che cosa Lenin e Trotsky presero il potere in Russia? Con parole d'ordine democratiche come "Pane" e "Pace" e Assemblea costituente rivoluzionaria. Fino alla metà del 1918,nessuna misura socialista uscì fuori dal governo operaio di Lenin! O no? ... duccio

Duccio, sono convinto che il programma rivoluzionario non debba essere scisso dalla lotta quotidiana dei proletari per migliori condizioni di vita e di lavoro. Anzi, proprio da lì deve partire. E sono anche d'accordo che i comunisti debbano denunciare i soprusi e le violazioni dei cosiddetti "diritti" civili, come la libertà di parola, di associazione ecc.

Ma il problema non è che il PCInt non fa proprie e non sostiene le rivendicazioni della classe. Guardiamo in faccia le cose: il problema è che il proletariato non lotta neanche per difendere il salario, la sanità, l'istruzione, contro la precarietà, la guerra, ecc. Mi spiego meglio: la lotta c'è, ma non è minimamente commensurata al livello dell'attaccco borghese. Spero che il ribollire delle contraddizioni affiori, alla fine. Quando ciò accadrà, il PCInt sarà al fianco della classe operaia, stanne sicuro.

Nel frattempo non ce ne stiamo con le mani in mano: dove siamo presenti propagandiamo e organizziamo lotte, anche per obiettivi contingenti. Questo però non significa che la compatibilità con il regime borghese non sia "affar nostro". Se non indicassimo continuamente la necessità di superare questo sistema, allora la nostra lotta servirebbe solo ad alimentare l'illusione di poter ottenere dal capitalismo ciò che esso non può dare.

Sull'assemblea costituente: anche nella Russia di inzio 1900, con residui feudali e zar al potere, si è rivelata superata dai fatti. //Tutto il potere ai soviet// è il nostro slogan. Guarda anche l'esempio dell'Argentina 2001.

il feticcio democratico

la parola domocrazia ha mille significati e mille interpretazioni. Nell'ottocento democrazia proletaria era sinonimo, (complice le non esaurite rivoluzioni borghesi) del termine dittatura del proletariato. In Russia la rivoluzione fu proletaria e anche contadina, da qui il termine la necessità "democratica dei soviet. La prossima rivoluzione sarà monoclassista, nel senso che farà gli interessi di una sola classe.

Alla montante controrivoluzione in Russia il trotskismo contrappose una maggiore democrazia interna nel partito, mentre la Sinistra Comunista non si appellava a questioni di "lesa democrazia" ma contrappose la rivendicazione dei principi e di una tattica ad essi correlata.

Sia l'opposizione Russa che quella Italiana erano ben coscienti che i rapporti di forza tra le classi a livello internazionale andavano via via sempre più a favore della controrivoluzione. Erano due impostazioni molto distanti tra loro, posizioni diverse tra compagni.

Oggi difendere i "diritti democratici" in quanto democratici è su di un piano totalmente differente dal difendere le condizioni di vita della classe proletaria con l'obiettivo di mostrare giorno per giorno che democratico o fascista che sia il dominio del capitale è il nemico da abbattere.

Sono posizioni diverse, non tra compagni, ma tra nemici dichiarati.

Sul concetto di democrazia sono d'accordo con Spartaco. Più che "nemici", però, definirei i trotzkisti avversari politici. Il nemico di classe è la borghesia.

Non è un bizantinismo: negli organi che esprimeranno il potere proletario, infatti, come i soviet, ci sarà anche chi avanzerà posizioni democraticistiche, per cui gli internazionalisti dovranno affrontare costoro POLITICAMENTE, contendendo a trotzkisti e ad altri soggetti politici l'egemonia all'interno degli organi di rappresentanza che i proletari si daranno.

Il potere esclusivo della classe NON COINCIDE con la dittatura del partito. Altrimenti è stalinismo.

Mic,io non ho contrapposto

Mic,io non ho contrapposto l'obiettivo del Potere escludendo la via del "Tutto il potere ai Soviet"! Leggi attentamente le mie parole! Io dico che la rivendicazione di obiettivi democratici, per l'incompatibilità con la "democrazia"dell'oligarchia capitalistica,possono essere realizzati previa la presa del potere,e non dopo...Com' è accaduto in Russia! Che poi tali obiettivi siano transeunti va da sè,ma questo dipende dal grado di preparazione e di organizzazione della classe operaia in relazione con i suoi alleati lavoratori.(Lo diceva Lenin ,nel 1919!), onde gli obiettivi socialisti,tipo incursioni nella proprietà privata e statalizzazione dei mezzi di produzione secondo un Piano, verranno introdotti,non alla maniera brutale dello stalinismo,bensì

tenendo conto del livello di esperienza (e coscienza) del proletariato nel corso del processo.Solo così si attua il processo di "deconcretizzazione" verso l'astratto del programma comunista da parte del movimento operaio rivoluzionario.Il resto sono vuote parole! Cordiali saluti duccio

Vedo che Duccio ci gode proprio a far confusione tra i suoi interlocutori, in questo caso accostando i "democratici" parlamenti borghesi, alle sue istanze democratiche da inserire nel programma di un partito rivoluzionario. Le democratiche rivendicazioni di cui parla Duccio, hanno però(tra gli altri) un difetto. E cioè sono "sbandierate" giorno e notte da opportunisti e massimalisti vari (e in italia magari anche dai cattolici)in parlamento. Già ai tempi di Lenin, lo Zar non era poi così bravo come i nostri opportunisti di oggi a darla a bere alle masse di sfruttati. Per non parlare delle istanze in se. Pane e pace secondo me fanno presa in maniera differente che "il diritto a una scala mobile integrale per la difesa dei salari, l'eguaglianza dei lavoratori immigrati agli altri lavoratori indigeni", ecc. Per carità, non che non siano istanze condivisibili ma non ci vedo tutto questo appeal sulla classe.

Dissento anche sulla questione delle democrazie semiparlamentari ecc. Alla luce dei fatti, in una siruazione non rivoluzionaria come l'attuale, le "forme essenziali delle istituzioni capitalistiche statali" sono ancora le democrazie parlamentari. Che saranno costose ma garantiscono una più efficace repressione della coscienza di classe e un migliore indirizzo delle politiche economiche verso linee guida utili a tutti i grandi interessi economici in gioco.

Mi interessa invece molto questo concetto di deconcretizzazione verso il programma comunista e le tappe della sua attuazione.Ti sarei grato se potessi dire di più in proposito.

Ahi,quanto male produce lo

Ahi,quanto male produce lo schematismo intellettuale! Ciao Zazza! duccio

La questione è anche legare in maniera corretta rivendicazioni per la difesa delle condizioni di vita dei proletari e il programma (che è esclusivamente la conquista rivoluzionaria del potere da parte del proletariato). Questo avviene in considerazione del ciclo, della fase del ciclo, dela contingenza e così via. Pane e pace avevano un senso molto pregnante in Russia negli anni dieci, e questo è ovvio. Oggi c'è un legame intimo tra azioni di difesa e presupposti di attacco, nella relazione proletariato-borghesia, e la leva su questo obiettivo legame viene afferrata impugnando rivendicazioni classiste, che enfatizzano la linea di classe, che si ricollegano organicamente ad una prospettiva rivoluzionaria quale condizione reale di concretizzazione.

A mio giudizio non rendono buon servizio, in quest'ottica, parole d'ordine quali "lavorare meno lavorare tutti", "scala mobile integrale" ecc. Bisogna saper puntare bene il fucile quando si spara.

C'è qualche articolo di Battaglia che affronta la questione, ora non ricordo il titolo, comunque contrapponeva questo tipo di rivendicazioni (salario minimo garantito e simili) a rivendicazioni con un taglio più classista, più capaci di unificare la classe; forse qualche compagno ha capito di quale articolo parlo e può segnalarlo; io l'ho trovato "perfetto" per impostare e approcciare la questione.

Saluti

Bisogna vedere se la portata

Bisogna vedere se la portata balistica del fucile con cui si spara non sia troppo corta per delle parole d'ordine socialiste da subito. Io credo ,senza etichettarmi da trotskista, come se fosse un'infamia ,se un programma di transizione che è di Lenin, (prima che di Trotsky), non sia da prendere in considerazione seriamente ,senza pruriti automatici di accuse gratuite a chi ragiona per esperienze storiche vive, a partire dalla grande rivoluzione russa del XX sec. Al compagno Reed dico,poi,che le parole d'0rdine di democrazia operaia,sono classiste per loro natura,non si tratta quindi di usare il bilancino del farmacista,indicandole come "più classiste " o "meno classiste", senza tenere conto del criterio politico fondamentale se sono in favore o meno dell'interesse della classe operaia nella sua marcia di avvicinamento al potere e alla realizzazione socialista nella società civile. Il marxista deve essere guidato nell'analisi delle situazioni concrete dalla dialettica materialista,cosa ben differente da quella hegeliana,con cui c'è un abisso tanto nel fondamento quanto sul terreno gnoseologico. Chiedo scusa a Zazza,se parlo difficile,onde sono tacciato di gettarlo in confusione su tutte le cose che lui non comprende appieno...Ma tant'è! Saluti,duccio

Ciao Duccio e ciao a tutti. Mi sembra che il tono che usi non renda giustizia alla correttezza della discussione, ma tralascio l'etichetta e vado al dunque: quando ho scritto "taglio più classista" non intendevo dire "più" rispetto ad una scala di misura progressiva, ma, com'è in uso nella lingua italiana, nel senso di "classista anziché non classista". Mi rendo conto che la mia frase poteva produrre un equivoco, che spero chiarito. Detto questo, ribadisco il punto, "scala mobile", "salario minimo garantito" e cose così non sono rivendicazioni a mio avviso utili alla classe proletaria, soprattutto in considerazione della "sua marcia di avvicinamento al potere", anzi. Non è una questione di bilancini, ma bisogna saper tarare le rivendicazioni così da legarsi alle condizioni di vita concrete del proletariato, generalizzare le rivendicazioni a tutta la classe, legare le rivendicazioni alla questione del potere. Quindi, come diceva grosso modo l'articolo cui accennavo senza ricordarne il titolo, rivendicare la difesa delle condizioni di vita e lavoro del proletariato (cosa che unifica e generalizza) piuttosto che salario minimo garantito (se ricordo bene, o qualcosa di equivalente). Credo che la cosa sia sufficientemente chiara messa così. A questo mi riferivo, e per questo enfatizzavo la questione classista rispetto alle rivendicazioni da agitare.

Mah, se essere schematici vuol dire vedere il persistere delle democrazie di oggi e non chiamarle con altro nome sarò schematico si. A questo proposito ti cito a memoria una riga del poscritto alla seconda edizione del Capitale, dove Marx riprende le parole di tale Block e le ritiene molto precise nel descrivere il suo metodo.

Dice che nell'analisi di marx non l'idea ma solo il fenomeno esteriore può servire da base all'analisi.

Questo concetto è uno dei più elementari per un materialista, ma tu in questa discussione sembri dimenticartene. Se la tua idea è che la democrazia parlamentar borghese non dovrebbe essere l'involucro politico del moderno imperialismo, questo non basta a trasformare la Germania in uno dei suddetti "regimi bonapartisti o semi parlamentari, di tipo “civile”. E tutto può essere se non una questione di costi.

Per quanto riguarda l'UE fermo restando che l'unità europea dal punto di vista economico sia ormai una realtà(o si accinga a diventarlo), penso che la mancanza di corrispondenza della sovrastruttura politica alle esigenze della struttura economica europea, tenda a risolversi. L'opposizione posta a questo processo dalla difficoltà da parte dell sovrastrutture statali più forti tradizionalmente(vedi la Francia) a cedere i suoi poteri, sarà comunque un osso duro da rodere. Ma che sia impossibile, come dice Duccio è, secondo me, marxisticamente sbagliato. Visto che la struttura economica "tira" proprio in quella direzione.

Saluti internazionalisti Zazza

Etichettarsi da trotskysta

Ciao Duccio, etichettarsi da trotskysta non sarà forse un'infamia, ma sicuramente ci si collaca dall'altra parte della barricata.

saluti,

Smirnov

PS Il "marxista", oltre che parlare di dialettica, astrazioni determinate e via dicendo, si tira su le maniche e si impegna sul terreno di partito.

Sono opinioni tue,Smirnov,

Sono opinioni tue,Smirnov, anche se sbagliate .Tu identifichi i trotskisti pablisti e post pablisti con il grande Lev Trotsky. E' madornale definire quest'ultimo come controrivoluzionario e a favore della classe capitalista.!!Ci vorrebbe più prudenza e umiltà nel profferire giudizi così anapodittici e infamanti nei riguardi di uno dei maggiori rivoluzionari del secolo XX,verso cui lo stesso Bordiga nutriva grande rispetto e affettuosa amicizia. Non ti pare che qualcosa non funzioni nel tuo schema inappellabile e sbrigativo? Io rifletterei meglio, te lo dico con franchezza compagno,sperando che i tuoi toni siano più rispettosi,la prossima volta, verso chi non è certo un dilettante sulla questione Trotsky! Senza rancore,,, duccio .

PS Spero non ti diano fastidio i discorsi culturali di chi non solo ha dedicato la sua vita agli studi marxisti ,ma ha anche lottato sul terreno politico e sindacale, pur essendo un docente di liceo come te! Ognuno dà il suo contriburo al marxismo rivoluzionario come meglio sa fare.

Se ho capito, l'articolo suggerito da Reed dovrebbe essere questo: [[ibrp.org | Reddito sociale per tutti, un’altra falsa rivendicazione del ceto politico riformista]]

Per Duccio: non c'è dubbio che Trotsky sia stato un grande rivoluzionario, per questo merita la più profonda ammirazione! Anche sulla controcopertina di Prometeo sono stati spesso ripubblicati alcuni suoi articoli.

Parimenti non bisogna negare che molte distorsioni che (secondo noi) affliggono i trotskisti di oggigiorno affondino le loro radici in alcuni scritti di Trotsky. A mio parere è proprio il "Programma di transizione" a preparare la strada per tutta quella deriva riformista che poi in effetti si è verificata, ad opera degli epigoni, ingenerando peraltro confusione tra socializzazione e nazionalizzazione... Non so se hai dato un'occhiata al nostro opuscolo [[ibrp.org | Trotsky, trotskismo, trotskisti]]. Ma è una questione abbastanza importante, che sarebbe da affrontare a parte.

Saluti. Mic

Si, Mic, mi riferivo proprio a quell'articolo! Anzi, ora che l'ho riguardato mi sembra proprio che la sua lettura sia un passaggio chiave per non lasciar cadere questa discussione nell'empasse.

Caro Duccio, dai mess precedenti si capisce che non solo io ma anche altri sono stati presi dallo sconforto per il tuo accostamento di due concetti quasi opposti espressi dalla parola democrazia. Se lo hai fatto apposta o per errore non importa, ma mai sarà colpa della mia, pur incontestabile, ignoranza sulle materie trattate. E se non ti capisco io, che pur ignorante sono sempre ben sopra la media dei proletari di tutto il mondo, voglio proprio vederla la tua capacità di fonderti vol movimento operaio di massa. Ma spero di sbagliarmi.

Mic,ritengo sbagliato

Mic,ritengo sbagliato affibbiare a Trotsky gli errori degli epigoni...Ma almeno tu hai la modestia di fare una tale affermazione,accompagnandola con la frase "secondo noi".....Per quanto riguarda il Programma di transizione,ti ribadisco che, nel metodo,esso non è frutto della mente del solo Trotsky (lo esplicita lui stesso nei suoi scritti),ma del bolscevismo-leninista,con in testa Lenin.Non si capisce profondamente la rivoluzione russa senza afferrare il principio teorico che legava Trotsky a Lenin,ossia:la teoria della rivoluzione permanente,abbozzata da Marx nel 1849 all'epoca della rivoluzione tedesca e dell'assemblea di Francoforte,e che rappresenta la novità teorica più grande al pensiero di Marx-Engels, nell'epoca dell'Imperialismo.A Reed dico che sono disponibile a una serrata discussione sui temi degli obiettivi democratici conseguenti, come elementi essenziali strategici per la presa del Potere da parte del movimento operaio e per la crescita teorica delle avanguardie comuniste.Anche perchè ci fa capire in che modo le discussioni filosofiche sulla Dialettica materialista si traducano nella pratica.Vale sempre il principio: "Senza teoria rivoluzionaria,non v'è movimento rivoluzionario...." o no?Cari saluti,duccio

Dimenticavo di dare una

Dimenticavo di dare una risposta al compagno mic sul fatto se io avessi letto il documento "Trotsky,trotskismo,troskisti". Lo lessi le prime volte che sono entrato in questo forum e,anzi,avevo aperto una discussione sul tema,a cui intervenne solo il compagno Mic. Poi ,avendo riscontrato poco interesse negli altri,pur avendo sollecitato un dibattito, la cosa cadde lì,nell'indifferenza generale. Il documento citato .se non sbaglio,fu redatto dalla CWO inglese e tradotto dai compagni di BC. L'avevo trovato pessimo e insostenibile per quanto concerne appunto i rapporti concettuali tra le organizzazioni trotskiste del dopoguerra e le vere concezioni di Trotsky,fino al colmo di arrivare ad appaiare il senso del marxismo di Trotsky alle sciagurate peripezie d'azione e teoriche dello sciame pseudo-trotskista ,a partire dal Secondo congresso della Quarta Internazionale ,nel 1948 (anche se io sono convinto che le derive risalgono assai prima,a cominciare dalle scelte politiche sulla Guerra,in aperto contrasto con il fondatore della Quarta Int.le, che indirizzava l'impegno verso la politica militare dei comunisti,disattesa dai più o condotta maldestramente da Cannon, senza tenere conto del notevole documento sulla guerra di Rudolf Klement,lodato da Trotsky,del 1939,prima del suo assassinio da parte degli agenti della Ghepeù!).Saluti.duccio

  • Ciao Duccio,

no, non mi*

Ciao Duccio,

no, non mi danno fastidio i discorsi politco-culturali è che, a mio modo di vedere, un comunista dovrebbe essere conseguente e impegnarsi sul terreno politico; dove ci si colloca, quali indicazioni politiche si danno, ecc.? Non mi permetto di giudicare l'impegno dei compagni nel passato, ma vorrei che nel presente traducessero le loro analisi teoriche in indicazioni politiche. Tutto qui. Il tono sbrigativo è dato dal fatto che non sempre uno ha tempo per dilungarsi nelle risposte e viene, sbrigativamente, al sodo.

Per qaunto riguarda Trotsky, credo che un buon articolo sia, oltre quello indicato prima, un altro del '53 (mi pare) apparso su Prometeo e intitolato "Trotsky, trotskysmo, trotskysti, curva discendente". prima o poi lo metteremo sul sito. In ogni caso, è un dato di fatto che l'ultima parte della vita del grande rivoluzionario sia stata un disastro dal punto di vista politico, toccando anche punte di aberrazione, sempre dal punto di vista comunista. I suoi seguaci non hanno fatto altro che peggiorare ulteriormente le cose, passando apertament e armie bagagli dall'altra parte della barricata; ma, ripeto, il seme era stato gettato da Trotsky stesso.

Ciao Duccio, spero di essere stato meno "spinoso",

Smirnov

Ciao Smirnov,adesso ti

Ciao Smirnov,adesso ti ritrovo in quella persona amabile che ho sempre conosciuto nel forum. Mi fa piacere che ci confrontiamo senza pregiudizi e con argomenti alla mano.Guai ad interrompere il confronto tra compagni,sarebbe come commettere un infanticidio rispetto alla rivoluzione che vogliamo far nascere! Bisogna imparare a gioire quando sorgono punti di vista controversi che però approfondiscono il dibattito,e diffidare dei facili conformismi e unanimismi.Solo nella lotta teorica tra compagni comunisti può nascere l'avanguardia di domani. Non dimentichiamocelo! Io giosco,anche intellettualmente,quando dei compagni mi pongono nella condizione di farmi sollevare dubbi e di comprendere nuovi lati delle questioni che si dibattono. Diffido dei facili accordi e consensi ottenuti con mezzi diplomatici di facciata! Per esempio,prendo atto del fatto che tu affermi che i seguaci di Trotsky hanno sfigurato il suo pensiero e la sua metodologia, e sono pronto a discutere con te e gli altri compagni l'eventuale individuazione del "seme" avvelenato diffuso dal grande rivoluzionario, premettendo che non ho miti per nessuno,nè guardo ad alcuno,neppure a Lenin, con fede cieca,bensì sempre ragionando con la mia testa indipendente,come ha da fare sempre un autentico comunista il cui motto resta sempre" libertà di pensare criticamente ,in seno al partito,comportandosi però disciplinatamente nell'azione...",qualunque possano essere le divergenze tattiche o strategiche di fase con gli altri compagni! Salvo toccare il terreno dei principi della lotta di classe,su cui non c'è baratto che tenga! A presto,duccio

  • Ciao Duccio,

concordo, non*

Ciao Duccio,

concordo, non "diplomaticamente", con le tue considerazioni dicamo così metodologiche. Intanto, mi convinco sempre di più che questo aggeggio se è utilissimo per prendere i primi contatti (in senso lato), spesso è un disastro quando si passa all'approfondimento delle questioni: si rischia sempre di scivolare nel malinteso, nella ruvidità (spesso non voluta) e nell'approssimazione; meglio, molto meglio una discussione vis à vis! E allora, già che ci sono, due parole ancora sulla faccenda trotskysmo. Penso anch'io che i seguaci (attenzione: seguaci e non compagni, termine, quest'ultimo, che considero incomparabilmente più "nobile") di Trotsky si siano incamminati su una strada che forse il Grande Leone non avrebbe percorso (vedi la lettera di Natalia Sedova su questo sito), ma ribadisco che il seme (e anche qualcosa di più)del deragliamento era stato gettato da lui stesso: in questo momento mi vengono in mente le sue indicazioni al partito USA sulla condotta da tenere in caso di guerra poco prima che venisse assassinato che sono, appunto, una catastrofe. Ma esattamente nello stesso periodo, scrisse quegli appunti sul sindacato che, in gran parte, sono acuti e condivisibili, fino a quando non ricade o scade nella feticistica "adorazione" della forma sindacato.

Non so se quegli scritti siano stati ripubblicati; una volta, quelli sulla guerra furono editi dalla Mondadori e quelli sul sindacato dalla Savelli (ma credo anche, recentamente, da una piccola casa editrice napoletana).

Ciao Duccio,

Smirnov

Gli ultimi scritti di

Gli ultimi scritti di Trotsky a cui ti riferisci io li conseguii,anni addietro,fotocopiandoli presso l' Archivio Feltrinelli di Milano.Quelli sulla guerra erano contenuti nei "Cahiers L:Trotsky", in francese,collana diretta dallo storico trotskista P.Brouè; quello sul "sindacato nell'epoca dell'Imperialismo",mi pare di averlo fotocopiato da un giornale trotskista americano del 1942(ma non ricordo se facesse capo al SWP di Cannon o al gruppo dissidente di Schatmann di quegli anni).Me lo ricordo anche perchè, in quell'occasione, incontrai Bruno Maffi che ,anche lui,fotocopiava dei documenti su un tempestoso dibattito del 1926 a un Congresso del Partito comunista russo,in cui la corrente di Zinoviev-Kamenev era venuta in rotta con l'apparato di Partito,ormai controllato da Stalin-Buckarin.In quella cirrcostanza,ci scambiammo, col povero Bruno, le fotocopie moltiplicandole.Quelle fotocopie le devo ancora conservare in qualche parte della mia biblioteca.Approfitterò del tuo richiamo per rileggermele...Per intanto ti saluto e ti invito a partecipare allo stimolante dibattito aperto dal compagno Reed. Ciao.duccio

La mia impressione, molto sbrigativamente, è che la situazione di trotzkij in quegli anni(30)lo portasse a dire "Proletari, applicatevi per salvare la roccaforte sovietica!"Si concentrava dunque sulla Unione sovietica, sul suo assetto statale ed economico, invece che sul proletariato internazionale ed i suoi organi di attacco/difesa.Comunque a trotzkij lasciamo i suoi meriti di rivoluzionario, finchè ne è degno.

Rimane comunque la differenza tra nazionalizzazione e socializzazione, che è fondamentale come ha già detto il compagno mic.

saluti

Alcuni dicono che la diminuzione del numero di concorrenti in un certo settore produttivo, non porti affatto ad un'eliminazione della concorrenza ed al formarsi di monopoli. Ma al contrario ad un inasprirsi della lotta per i mercati. Proprio per la maggiore forza degli attori in campo che hanno concentrato le forze produttive, e che hanno perciò maggiori mezzi con cui battersi. Cosa ne pensate?

Per Zazza, un po' di carne a cuocere

Quasi la metà dell'intera produzione di tutte le imprese del paese è nelle mani di una centesima parte del numero complessivo delle aziende! E queste 3 mila aziende gigantesche lavorano in 268 rami dell'industria. Da ciò risulta che la concentrazione, a un certo punto della sua evoluzione, porta, per così dire, automaticamente alla soglia del monopolio. Infatti riesce facile a poche decine di imprese gigantesche di concludere reciproci accordi, mentre, d'altro lato, sono appunto le grandi dimensioni delle rispettive aziende che rendono difficile la concorrenza e suscitano, esse stesse, la tendenza al monopolio.

Allorché Marx, mezzo secolo fa, scriveva il Capitale, la grande maggioranza degli economisti considerava la libertà di commercio una "legge naturale". La scienza ufficiale ha tentato di seppellire con la congiura del silenzio l'opera di Marx, che, mediante l'analisi teorica e storica del capitalismo, ha dimostrato come la libera concorrenza determini la concentrazione della produzione, e come questa, a sua volta, a un certo grado di sviluppo, conduca al monopolio. Oggi il monopolio è una realtà.

Nello stesso tempo i monopoli, sorgendo dalla libera concorrenza, non la eliminano, ma coesistono, originando così una serie di aspre e improvvise contraddizioni, di attriti e conflitti.

Lenin, L'imperialismo fase suprema del capitalismo