A proposito del “darwinismo sociale”.

Su questo sito il compagno GCom, ha di recente fatto riferimento alla “propaganda reazionaria borghese che e’ il reale freno allo slancio proletario”. Sotto questa definizione ricadono anche innumerevoli attività ideologiche vòlte a descrivere un mondo che obbedisce a leggi e regole per così dire “razionali perché reali”, per dirla con Hegel, che relegherebbero le aspirazioni al comunismo, o ad altre forme di società oltre il capitalismo, al mondo della immaginazione, dell’errore e della demagogia sovversiva.

In passato era alla “volontà di Dio” che si faceva ricorso per legittimare i ruoli sociali dei singoli uomini e e delle classi sociali, e chi opponeva ad essa era eretico da sopprimere.

Al giorno d’oggi alla credenza religiosa è stata sostituita l’autorità della “scienza” e il cosiddetto “darwinismo sociale” è una teoria che vorrebbe legittimare lo sfruttamento utilizzando, in maniera parziale, deforme e distorta, concetti scientifici propri del darwinismo. Darwin è stato difeso dalle attribuzioni di paternità del “darwinismo sociale” da eminenti biologi, tuttavia uno dei suoi difensori, Patrick Tort (la cui impostazione è stata anche mutuata da una organizzazione della sinistra) pur difendendo Darwin da questa accusa, occulta la soggezione culturale di Darwin nei confronti di Spencer ed in tal modo i germi dello spencerismo permangono nella teoria dell’evoluzione senza essere criticati e rimossi e quindi ancora utilizzabili per la propaganda ideologica borghese.

Quale sia il pensiero sociale di Herbert Spencer , tra l’altro è autore del termine “evoluzionismo”, può essere dedotto da questa sua affermazione:

Può sembrare inclemente che un lavoratore reso inabile dalla malattia alla competizione con i suoi simili, debba sopportare il peso delle privazioni. Può sembrare inclemente che una vedova o un orfano debbano essere lasciati alla lotta per la sopravvivenza [struggle for life and death]. Ciò nonostante, quando siano viste non separatamente, ma in connessione con gli interessi dell’umanità universale, queste fatalità sono piene della più alta beneficenza – la stessa beneficenza che porta precocemente alla tomba i bambini di genitori malati, che sceglie i poveri di spirito, gli intemperanti e i debilitati come vittime di un’epidemia. (Spencer, 1851,)

Artatamente, nell’ambito della biologia evoluzionistica è diffuso un vero e proprio mito storiografico che vede Darwin come lo scopritore dei veri principi scientifici e di cui altri autori degenerati avrebbero abusato applicandoli alla società umana ( è la tesi di Tort). Herbert Spencer è citato proprio come guida di questa pattuglia di eretici.

L’ espressione “lotta per la sopravvivenza” compare per la prima volta in Spencer in un’opera scritta nel 1850, cioè prima della pubblicazione de L’origine delle specie. Nel terzo capitolo de L’origine delle specie Darwin scrive:

Questo principio, per il quale ogni lieve variazione, se utile, si mantiene, è stato da me denominato “selezione naturale”…. Ma l’espressione “sopravvivenza del più adatto”, spesso usata da Herbert Spencer, è più idonea, e talvolta ugualmente conveniente. (Darwin, 1859)

Nella quinta edizione dell’Origine Darwin cambia il titolo del quarto capitolo da “Selezione naturale” a “Selezione naturale o sopravvivenza del più adatto”; il riferimento è ai Principi di Biologia in cui Spencer (1864) introduce per la prima volta l’espressione “survival of the fittest”, che il mito storiografico vuole come una degenerazione spenceriana del principio di selezione naturale. Darwin definì Spencer “dodici volte superiore a me” e “forse il più grande filosofo che sia mai vissuto in Inghilterra”.

Engels espresse la resistenza che le scienze sociali manifestano nei confronti dell'approccio naturalistico alla questione dell'uomo cioè la preoccupazione di naturalizzare fenomeni sociali, che sta alla base di tutte le sociobiologie e che consiste nel connotare la natura mediante metafore sociali per poi "rifare il giro" e scoprire la natura nella società. L'effetto di queste operazioni è ovviamente quello di occultare responsabilità sociali e politiche dichiarando ineliminabili, in nome di una naturalità presunta, piaghe sociali sedimentate.

Il “darwinismo sociale”, (che sarebbe l'ora di chiamare per quello che è, spencerismo sociale) passò a sostituire la funzione della religione nel legittimare il potere delle classi sfruttatrici, dalla credenza religiosa all’autorità della “scienza”.

I comunisti hanno il dovere di difendere la verità scientifica perché solo dal punto di vista del classismo marxista diviene possibile criticare la scienza borghese, epurala da tutto ciò che è riporto ed inoculazione dell’ideologia borghese nel corpo della conoscenza scientifica, destrutturarla riorganizzando la conoscenza su basi proletarie. Questo compito è stato finora sostanzialmente disatteso, lasciando che la conoscenza scientifica divenisse essa stessa veicolo di diffusione e di legittimazione occulta del dominio di classe.

Forum: 

Argomento molto interessante. Il nazismo è quell'ideologia borghese che ha apertamente rivendicato il "darwinismo/spencerismo sociale", stabilendo anche all'interno del continente europeo una gerarchia delle razze che i colonizzatori bianchi avevano fino ad allora applicato solo nei confronti dei popoli colonizzati, "rossi", "neri", "gialli" che fossero.

Premessa fondamentale per comprendere come il nazismo riuscì a trovare terreno fertile non solo in Germania ma un po' in tutto l'Occidente. In proposito consiglio "Perché l'Olocausto non fu fermato" di Theodore S. Hamerow. E oggi siamo molto lontani da questo tipo di visione del mondo? Si pensi a come vive la maggior parte degli immigrati in Italia e la risposta viene da sé.

Molto importante è anche la questione della "progresso scientifico", che non è MAI neutrale. Non è mai "al di sopra delle parti", come alcuni pensano. Progresso tecnologico e progresso sociale sono due cose ben diverse.

Si pensi al mito dell'industria, così forte anche nella tradizione comunista. Ma di quale industria stiamo parlando? Io credo che se dovessimo finalmente riuscire ad affossare il capitalismo, dovremmo anche pensare a nuovi modelli di fabbriche che non siano i luoghi alienanti in cui si lavora oggi. Perché le attuali fabbriche sono il risultato della scienza borghese che ha come unico scopo la massima efficienza, la massima produttività, ecc. e non certo le condizioni di lavoro dignitose, il rispetto della natura e tutto ciò che distingue una società a misura d'uomo dalla mostruosa "civiltà" delle macchine in cui stiamo naufragando.

Scienza e comunismo

Il compagno Gek ha immediatamente centrato due delle questioni che volevo porre. In sintesi:

- non esiste soluzione di continuità tra razzismo, “darwinismo (specerismo) sociale” e rapporto uomo-natura, fenomeni tutti compresi nella categoria dello sfruttamento

- che nulla di quanto proviene dalla cultura borghese può essere assunto senza una radicale critica di classe, scienza inclusa, e senza destrutturane la costruzione e ricomporne i contenuti validi su basi proletarie.

Tornerò in seguito su questi argomenti, ma qui è necessario sotolineare quelle considerazioni di straordinaria importanza che il compagno Gek ha aggiunto e che vorrei tradurre con questa provocatoria domanda:

è ancora necessario il lavoro manuale rispetto alle potenzialità che oggi scienza e tecnica offrono alla produzione dei beni necessari all’uomo?

Ciò che spesso non si vede con la necessaria chiarezza è il fatto che la borghesia per sopravvivere all’esaurimento della sua funzione storica è oggi obbligata a sopprimere proprio queste potenzialità e la liberazione delle forze produttive (quindi proletari, scienza e tecnica) dai ceppi del calcolo di profitto, cioè la liberazione dell’immenso potenziale di progresso e di sviluppo di cui l’umanità già dispone, rimane, oggi più di prima, il compito primario che Marx assegnava alla rivoluzione proletaria.

“le attuali fabbriche sono il risultato della scienza borghese”, dice il compagno Gek, quindi non della scienza in quanto conoscenza, ma della scienza mutilata, piegata e deformata per interessi di classe. Chiaramente qui non è in discussione efficienza e produttività, al contrario: la possibilità di trasformare in automazione quasi tutti i processi di lavorazione industriale è già una possibilità. Ciò che è in discussione è la funzione dell’uomo in queste trasformazioni e, soprattutto, la finalità stessa della produzione dei beni, cioè la trasformazione del progresso tecnologico-scientifico in progresso sociale. Le basi dell’egualitarismo non sono la generalizzazione della miseria, ma un ulteriore enorme progresso che l’umanità può realizzare che viene impedito dalla borghesia. L’attualità del comunismo sta proprio qui.

Sono d'accordo. La mia critica al progresso di matrice borghese non vuole essere una critica al progresso in generale. Un conto è l'industria-galera di oggi, un conto è l'industria liberata dalla legge del profitto, strumento indispensabile per generalizzare l'abbondanza su scala mondiale.

Un esempio lampante di come il progresso borghese sia in contrasto con gli interessi della collettività è la TAV in Val di Susa: da una parte l'alta velocità sbandierata come "traguardo per tutti" - per chi? A chi serve? Per fare cosa? - che nasconde in realtà i guadagni stratosferici di un'infima minoranza, dall'altra gli interessi concreti della comunità valligiana e in più in generale dell'ambiente in cui viviamo, da sacrificare sull'altare del profitto.

Sono perfettamente d'accordo con i compagni che mi hanno preceduto. La liberazione dell'uomo dal bisogno di lavorare non è più un paradosso storico, un'utopia astratta, una potenzialità ancora ideale o remota, ma un'opportunità reale che è possibile da attuare già oggi, se non fosse per le resistenze opposte dal quadro dei rapporti di forza esistenti. Mi riferisco alla contraddizione oggettiva tra il crescente progresso tecnico-scientifico degli ultimi decenni, che permetterebbe al genere umano di vivere meglio, e la realtà del pianeta che denota un sensibile peggioramento delle condizioni materiali e sociali dei produttori e dei lavoratori che vivono anche nel mondo occidentale_._Grazie alle recenti conquiste tecnico-scientifiche, la nobile ed antica "utopia" dell'emancipazione dell'umanità dal bisogno di lavorare, cioè dallo sfruttamento, è teoricamente realizzabile oggi più che in passato, nel senso che sarebbe oggettivamente possibile, oltre che necessaria, ma nel contempo è impraticabile nel quadro dei rapporti giuridico-economici vigenti, basati su leggi e tendenze classiste connaturate al sistema capitalista, che non a caso attraversa un periodo di profonda crisi ideologica e strutturale. Pertanto, l'idea dell'affrancamento dell'uomo dallo sfruttamento e dall'alienazione durante il tempo di lavoro, non è molto distante dalla sua realizzazione. Ma ciò non può compiersi senza la rottura rivoluzionaria di un mondo retto sul dominio di classe della borghesia imperialista. Come gli antichi greci si occupavano liberamente e amabilmente di politica, filosofia, poesia, godendo dei piaceri della vita, essendo esonerati dal lavoro manuale svolto dagli schiavi, così gli uomini d'oggi potrebbero dedicarsi alle piacevoli attività del corpo e dello spirito affrancandosi finalmente dal tempo di lavoro affidato ai robot grazie ai processi di automazione e informatizzazione della produzione. Questo traguardo storico è oggi conseguibile, in teoria, proprio in virtù delle potenzialità eversive ed emancipatrici create dallo progresso della scienza e della tecnica nel settore della robotica, della cibernetica e dell'informatica.

Un tema che trovo attuale, "il corso naturale della...storia", una evoluzione della società spiegata in maniera metafisica cui si cerca di dare un supporto scientifico facendo incontrare Darwin con Spencer (che non conosco). Secondo me religione e Darwinismo sociale sono affiancati senza escludersi, in fondo non e' il disegno divino ad avere sempre l'ultima parola sulla natura?Marx sulla caduta del saggio di profitto " la sua caduta rallenta la formazione di nuovi capitali indipendenti ed appare come una minaccia per lo sviluppo del processo capitalistico di produzione; favorisce infatti la sovrapproduzione, la speculazione, le crisi, un eccesso di capitale contemporaneamente ad un eccesso di popolazione". ...Già - un eccesso di popolazione - e non certo per contorte vie naturali. Può la religione avvallare una guerra? Lo può ancora meglio il dato scientifico!Sempre Marx ma non ritrovo il brano, a memoria: l'essere umano si eleva al di sopra della natura con le Gru non con la Bibbia.Impadronirsi dei mezzi di produzione socializzandoli e lasciare Darwin nelle sue splendide Galapagos con i suoi fringuelli.Saluti

Non mi sembra saggio lasciare ai fringuelli delle Galapagos il contenuto di una rivoluzione scientifica che ha cambiato radicalemente tutta la conoscenza umana e non mi sembra opportuno lasciare alla borghesia la possibilità di usare, deformandola a suo uso, la conoscenza scientifica.

Le classi dominanti hanno sempre fatto credere che le differenze di classe e di censo rispecchiassero decreti divini o leggi di natura, cioè di tradurre in termini di colpa (religione) o di difetto antropologico le condizioni degli sfruttati e degli oppressi. De Sade scriveva: "Quando il più forte vuole opprimere il più debole lo convince che Dio santifica le sue catene, ed il debole abbrutito gli crede". Il "darwinismo sociale" sostituisce la santificazione divina dello sfruttamento con l'autorità della "scienza" ed è perciò che la difesa del darwinismo, quello autentico, quello scientifico, è prima di tutto una questione politica.

Dove sta la più degenere delle contraffazioni che l'ideologia borghese ha operato nelle scienze della natura? Nel nascondere che lo sviluppo della natura è un fatto fondamentalmente cooperativo e che la cooperazione biologica é il vero motore della vita degli organismi su questo pianeta. Presentare la natura come ferocia competitiva, alla Spencer, e come "destino" genetico significa inculcare sottomissione alle radici del pensiero umano. Il modo come l'uomo legge la natura, la storia e la storia della natura costituisce il fondo del suo pensare, ne determina comportamenti e decisioni. Nel senso marxiano (e non semplicemente marxista) "impadronirsi dei mezzi di produzione, socializzandoli" significa anche impadronirsi del mezzi di produzione delle idee e del pensiero che fanno muovere gli uomini. Era in fondo questa la ragione per cui Marx distrusse la filosofia teoretica.

Compagno, il Darwin scientifico e' fuori discussione, mi viene in mente la Pivetti che rifiutava di riconoscere all'uomo un progenitore scimmiesco, ridicola. Accostarlo a Spencer elevando a scienza sociale le sue teorie sull'evoluzione naturale significa decisamente stravolgerne il significato strumentalizzandolo a fini borghesi, come dici "deformandola a suo uso".

Per quel che riguarda l'aspetto cooperativo o meno della natura, non penso si possa in alcun modo accomunarlo alla cooperazione umana. Essa e' generata in epoca capitalistica dall'evoluzione dei mezzi di produzione, che con una diversa divisione del lavoro concentra in un solo posto uomini e mezzi, ottimizzando le relative capacita produttive, distinguendo bene qui quella che e' una peculiarità dell'uomo senza confonderla con una propieta' del capitale che invece se ne impossessa e ne trae un vantaggio economico.

Ti saluto ;-)

Per riprendere ciò che diceva il compagno GCom, cioé "l’aspetto cooperativo o meno della natura, non penso si possa in alcun modo accomunarlo alla cooperazione umana", nella esposizione del tema ho già richiamato la posizione (giusta) di Engels a proposito di una naturalizzazione dei fenomeni sociali e l'osservazione del compagno GCom è giusta, anche se sarei meno categorico. La natura, interpretata dal punto di vista della sua effettiva economia, insegna l'importanza della cooperazione come motore fondamentale dell'evoluzione biologica: la deformazione borghese consiste nel presentarla come competizione e violenza e, quindi, nel ricavarne concetti che leggittimano lo sfruttamento, le guerre, ecc.

Vorrei però riportare quanto scriveva Marx (lettera ad Engels 19 dicembre 1860 e lettera a Lasalle 16 gennaio 1861) e cioé l'Origine delle specie di Darwin rappresenta rispettivamente:

1) il fondamento, nella storia naturale della propria "visione"

2) la base scientifico-naturale della lotta di classe nella storia.

Il nucleo della "visione" di Marx è il materialismo storico, ma da queste affermazioni non deriva pedissequamente che questo abbia alla base il materialismo naturalistico. Per Max il motore della storia é la lotta di classe, ma ciò non significa che questa sia una derivazione di una specie di legge biologica universale in natura, analoga a quella cui dà tanta importanza specialmente il cosiddetto "darwinismo sociale". Nella sua valutazione del darwinismo Marx non scivola verso una prospettiva naturalistico-positivistica dimenticandosi dell'iniziativa spontanea del "soggetto". Il compagno GCom ha còlto bene questo aspetto.

Tuttavia rimane il problema politico-scientifico della difesa del darwinismo e del trasmettere una visione della natura che, fatta eccezione per una quota molto marginale dello struggle of life, è nel suo complesso, un fenomeno cooperativo; il "darwinismo sociale" non è soltanto una teoria degenere, esso è una potente arma idealogica al servizio della borghesia, le cui influenze contaminano anche il pensiero di molti marxisti.

Più che categorico, scolastico, non mi distacco dal bordo vasca...

nell'esposizione (topic?) dici che questo genere di attività ideologiche, darwinismo, complottismo o altro sostituiscono il ruolo prima occupato dalla religione. Ti dico... Non saprei, non credo stiamo correndo questo "pericolo", l'istituto religioso prevede i servi come categoria "naturale", i padroni...

Saluti

Caro compagno GCom,

ill “darwinismo sociale” porta con sé un corollario tutto spenceriano: la meritocrazia. Per il calvinismo ( e per i giansenisti) ricchezza e povertà erano manifestazioni della grazia divina, per il “darwinismo sociale” sono invece prodotti della abilità o della inabilità degli individui e dal “darwinismo sociale” è nata la figura del self-made- man e il concetto che il povero è colpevole della sua povertà per il fatto di essere meno “dotato” nell’abilità di sopraffare i suoi simili. Ora, mi domando, qual’è la filosofia criminale? I camorristi dicono che coloro che subiscono le loro angherie sono “quelli che non hanno coraggio”, cioè il coraggio di divorare ed uccidere le altre persone. Cosa c’è alla radice dei razzismo, del nazismo, della eliminazione a milioni di individui di ebrei, incapaci, zingari,ecc. se non una presunta differenza antropologica?

Già nel 1851 Herbert Spencer , piazzato nell’interfaccia tra il biologico ed il sociale, rifiuta le legislazioni che proteggono gli “incapaci” che la libera competizione elimina in vista in vista di un superiore progresso. Le convinzioni religiose dei conservatori al potere in Europa impedirono di accettare che la società fosse governata da leggi impietose di competizione, di eliminazione degli inadatti e di selezione dei migliori; ma quando l’emergere della società industriale urterà le situazioni acquisite e rinforzerà la minaccia delle “classi pericolose”, ci sarà bisogno della legittimazione biologica delle ineguaglianze sociali, della concorrenza economica e del nazionalismo.

Fu il giornalista anarchico francese Emile Gautier ad inventare, nel 1879, l’espressione peggiorativa “darwinismo sociale” in riferimento al 50° Congresso dei Naturalisti tedeschi in cui Haeckel, Nageli e Virchov si misurarono sul senso politico del darwinismo (giustificazione delle ineguaglianze sociali o alimento del socialismo). Gautier affermò che dal momento che la moderna teoria sociale deve poggiarsi su una scienza vera, l’evoluzione ha prodotto una civilizzazione in direzione del superamento degli antagonismi a favore dell’associazione per sopravvivere insieme. Ed in questo concetto si colloca Pierre Kropotkin quando caratterizza la cooperazione come principale comportamento sociale deducibile dal darwinismo.

A questo genere di implicazioni da te così ben esposte, non avevo pensato. Compagno, ottimo argomento..

Altre possibili implicazioni del Darwinismo/Spencerismo potrebbero essere ravvisate nell’indagine psicologica borghese dell’individuo attraverso il subconscio e gli archetipi Junghiani, cercando di trarre un riferimento certo di "uomo" al di fuori delle epoche (in realtà riferito ad un ideale di uomo di meta' ottocento). Una analisi che sprofonda in un remoto subconscio alla ricerca di spiegazioni che non dicono nulla di nuovo, riparatorie del presente e che non prendono mai in considerazione le frustrazioni generate da un futuro incerto: la società capitalistica si sente negata dal futuro. Sentimenti come la sfiducia (naturalmente interessata), la paura, la rassegnazione, sono trasmessi dalla società borghese e reazionaria che ama gli eventi che si susseguono in cerchio incapace di un pensiero progressista che e' invece proprio del proletariato, della sua condizione di classe, delle idee comuniste. Nega quindi le possibilità obiettive gettando ombre sul futuro propinando una rivisitazione in positivo del presente come ad esempio i distinguo tra il capitalismo buono e quello sbagliato, la borghesia odia l'andare avanti e gli scopi perseguibili preferendo posizioni di mera riforma. "l'inconscio di C.G. Jung scese tanto più completamente nella cantina della coscienza in quanto soltanto in essa si può fumare l'oppio con cui il fascismo ottunde l'utopia". Ernst Block Un esempio di lettura distorta della stessa natura umana che al contrario tende a prefigurarsi un domani da perfezionare invece di un passato da svelare, facendosi produttiva essa stessa e non parassita, scrollandosi di dosso il sogno idealizzato di un futuro ancora uguale al presente, classista. Saluti.

Ottime osservazioni compagno GCom,

in effetti la cultura borghese postula l'uomo metastorico e su questo concetto sono fondati gli archetipi junghiani. Con rispetto parlando per Freud, la psicologia non si è accorta di avere generalizzato il piccolo borghese marcio della Vienna di fine '800.

Una volta un marxista, polemicamente, mi disse che "l'uomo non è né buono, nè cattivo": non capiva che anche l'uomo è un soggetto evolutivo ( anche se l'aspetto più evidente della sua evoluzione è principalmete psicosociale) e, di conseguenza, non capiva neppure che, postulando una forma di uomo metastorico, di fatto negava che la stessa socialità umana è soggetta ad evoluzione, soprattutto in un mondo circostante di tipo comunista.

La borghesia è divenuta da tantissimo tempo incapace di un pensiero progressista perchè il vero e fondamentale progresso umano conseguibile è l'abolizione delle classi sociali, cioé la conquista del più alto grado di socialità che l'umanità può raggiungere, e tutto il suo pensiero, la sua filosofia, la sua psicologia, ecc. sono connotati da un pessimismo endemico: trasferisce nella descrizione della natura la sua ferocia di dominio, trasferisce nella descrizione dell'uomo gli elementi della sua decomposizione storica, trasferisce nella sua filosofia (Heidegger) la sua subconscia diperazione di entità sociale morente e tutto questo, insieme, diviene psicologia di massa, senso comune delle persone:un'infezione contro la quale bisogna insorgere.

Devo completare la mia risposta al compagno GCom, allargando l'orizzonte, rispetto al fatto che la borghesia cerca "di trarre un riferimento certo di “uomo” al di fuori delle epoche", alle scienze genetiche. Forse la genetica è la disciplina scientifica che più di ogni altra è diventata veicolo dell'ideologia borghese, cercando di dare una interpretazione strutturale nel DNA al "darwinismo sociale". Le teorie genetiste appaiono oggi come una nuova versione della predestinazione ed i genetisti cercano nel DNA umano i geni di ogni sorta di fenomeno e di comportamento. Per essi il fenòtipo, cioè l'individuo reale, quello che deriva sia dal suo patrimonio genetico sia dalla sua propria esperienza di vita, non esiste. Nel DNA, a loro parere, sarebbero contenuti tutti i comportamenti futuri dell'individuo, per cui su di esso, in sostanza l'evoluzione psicosociale sarebbe obliterata dal prevalere dei comportamenti indotti dal patrimonio genico. Il Dna (che è anch'esso un soggetto evolutivo), per loro avrebbe assunto una vicarianza del vecchio Dio religioso o del Fato greco e gli uomini sono predestinati da esso al proprio ruolo sociale da un destino che viene dalla natura stessa.

Non è in discussione, ovviamente, il contenuto effettivamente scientifico ed il grande progresso prodotto dalla genetica, ma questa scienza si è caricata dell'ideologia della classe dominante, ha tracimato nella filosofia e da questa si affaccia nella politica, nella giurisprudenza, nella sociologia e nell'immaginario collettivo.

Voglio citare allora quanto scrive Alain Prochiantz , uno dei massimi specialisti di neuroscienze, in opposizione alle teorie genetiste:

l'individuazione umana prosegue dopo la nascita; questa specificità dell'uomo si fonda in ultima analisi sulle caratteristiche - geneticamente determinate - del suo sviluppo; ma questa determinazione da parte dei geni ha il risultato di liberare l'uomo dallo stretto determinismo. L'uomo costruisce nella storia molte delle proprie determinazioni biologiche e la totalità delle proprie determinazioni culturali. L'individuazione umana è più che biologica: è bio-culturale, dove la cultura è una determinazione aperta dalla specificità dell'individuazione biologica dell'organismo umano.

Il DNA inteso quale vincolo di determinazione culturale e sociale rende inammissibile una evoluzione socio-economica alternativa al capitale, ribadendo che l'attuale assetto sociale e' addirittura conforme alla stessa natura umana, in una parola - ce lo siamo voluto -. Tipo: "I Greci hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità", l'indigenza, la fame, miseria, avrebbero tutte cause intrinseche alla natura e natura umana; l'indagine borghese accompagna e sostiene il ciclo economico del capitale giustificando le sue contraddizioni, adeguando il sapere scientifico alle contrazioni economiche e alla limitatezza borghese, finanziando la controrivoluzione.Stracqadaneo, su radio24, dichiara sfigati quelli con un reddito inferiore a 500€/mese, colpa loro, casi della vita, non esistono...

Ottime osservazioni, compagno GCom.

Il punto critico del conflitto con l'ideologia borghese è, appunto, la natura umana. Se essa è, come è, soggetto di un processo evolutivo e se la sua evoluzione è orientata dallo stato di natura verso una sempre maggiore socialità, allora bisognerebbe concludere che sono proprio le forme sociali classiste ad impedirne l'ulteriore progresso. E, per converso, solo un sistema sociale che demotivi e svalorizzi la competizione e valorizzi la cooperazione e la solidarietà può essere l'ambiente sociale idoneo ad accelerare e stabilizzare il suo pieno compimento.

Il "darwinismo sociale" ci appare allora per quello che è, una negazione della civiltà, un regresso verso forme primordiali e brutali di conflitto tra gli uomini, una teoria degenerata il cui fine è indurre rassegnazione alla soggezione ed allo sfruttamento. I veri eredi dello spencerismo, bisogna sottolinearlo, furono i nazisti che ritenevano lecito e salutare eliminare disabili e malati e sfruttare fino alla distruzione i prigionieri dei lager, magari utilizzando persino i resti organici dei loro corpi.

Dire che la natura umana è un entità in evoluzione significa farla finita con ogni idea della sua invarianza storica e questo é un debito che abbiamo con Darwin, in senso umano; ma significa anche prendere atto di ciò che essa è, delle sue possibilità e delle sue fallanze, senza illusioni illuministe e senza pessimismi borghesi.

Darwinismo. Ci vedrei bene inserito anche il vecchio discorso della rivoluzione che matura da se, come le pere, sostenuto tuttora da molti compagni e soprattutto di quanto poco conterebbe la presenza di un partito in una fase storica controrivoluzionaria.

Una certa imprevedibilità nei moti di protesta ed il suo insorgere non di certo programmabile e' fisiologico, ma identificare gli obbiettivi di classe scartando i fini opportunistici deve avvenire entro le sedi di partito e corrispondere una prassi consolidata, divulgata e ripetuta, analizzata e rivista in continuazione, discussa.

Attendere senza coltivare non da frutti, l'evoluzione non va confusa con la rivoluzione socialista, rifornire di dati i moti delle masse per ottenere un modello scientifico corrisponde ad infilarsi in un banco di nebbia intrappolando l'analisi nel meccanicismo. Ma e' il riformismo l'entità in agguato, conservando le vecchie cianfrusaglie che non hanno retto il confronto sul campo, come il recupero dei sindacati.

Caro Compagno G Com, non ho capito il tuo intervento.

Rilevo soltanto che né marxismo né il (vero) darwinismo contengono determinismi. Che la rivoluzione "maturi da sè" è il vecchio quietismo alla Plekanov (rifiutato persino da Martov). La storia non ha automatismi, il suo sviluppo crea le condizioni sulle quali possono agire gli uomini, ma se gli uomini non agiscono non accade alcun progresso.

Detto con un altro linguaggio, a modo mio, la rivoluzione proletaria apre un'era di passaggio in direzione del compimento dell'evoluzione psicosociale dell'uomo fino alla piena socialità: ma l'attore di questo processo sono gli uomini e non viceversa, non esiste nessuna deriva della storia che porti di per sé al comunismo. Ciò implica che gli uomini, almeno quelli che hanno coscienza dei compiti che la storia pone all'umanità, debbono agire attivamente e razionalmente in direzione di questi compiti: serve un partito, ciò è fuori discussione, e serve un partito che abbia pienamente la coerenza del fine da perseguire.

Un pensiero rivoluzionario integro non può esimersi dal fare i conti con la scienza in generale, con la scienza borghese (che non è soltanto uso borghese della scienza) e con un pensiero scientifico proletario (che non è soltanto uso proletario della scienza). Tutto ciò, purtroppo, è rimasto in embrione nel pensiero marxista, in parte deformato e distorto (l'antidarwinismo staliniano, ad esempio), in parte mutuato acriticamente dalla scienza borghese, in parte disconosciuto nella formidabile formulazione marxiana che pose problemi fondamentali all'epistemologia ed alla filosofia. E questa incompletezza, o distorsione, determina soggezione. Un partito che non avesse chiara la falsità del darwinismo sociale, sul piano meramente scientifico e non soltanto su quello politico, ad esempio, sarebbe portato a pratiche meritocratiche (a parole) che trasformano la democrazia politica in apparati, finio al culto delle personalità.

Molto spesso incontro determinismi storici dovuti alla interpetrazione meccanicistica del materialismo storico: mi riferisco a quello schema di Engels chiaramente mutuato da Condorcet (Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain) per il quale la rivoluzione appare inevitabile prodotto automatico della storia ed in forza del quale tutte le esperienze precedenti dell'umanità per liberarsi dal sistema classista sono classificati come illusioni immature ed ingenue (e, per converso, molti sostengono la tesi che la borghesia, in origine, sia stata storicamente positiva). Il determinismo, va da sè, rende superfluo il ruolo di un partito mentre invece io penso l'opposto cioé che nella storia non vi alcun determinismo che il partito sia condizione sine qua non il processo storico regredisce fino alla sconfitta ed alla barbarie. Ti saluto.

Determinismo dici? Bhe allora un po' fuori topic....

Un'idea illusoria è quella che la storia abbia un contenuto teleologico; è così

comune da non essere neppure notata e dice, in sostanza, che la civiltà e la storia degli uomini sia in qualche modo irreversibile, che gli uomini non possono che procedere se non nella direzione di un maggior progresso. Marx comprese questa illusione e pose la dicotomia "socialismo o barbarie". Questa idea sta alla radice del determinismo e dell'idea che il partito sia un optional, un'idea messianica della storia e delle vicende umane. In realtà tutta l'esperienza storica che possiamo esaminare dice che senza una forma di soggettività politica le rivoluzioni falliscono. Un esempio? La rivoluzione messicana del 1911. I campesinos aveva conquistato tutto e Villa, Zapata e Orozco stavano facevano colazione sulla scrivania della Presidenza della Repubblica: in breve tutto fu perduto. Non bastarono né i fucili, né l'eroismo del popolo messicano:mancava un partito.