Processi storici.

I processi storici che si sono susseguiti fino alla formazione dell'attuale società capitalista, sono realmente da considerarsi l'ultimo grado di sviluppo possibile prima della definitiva presa del potere da parte del proletariato?

Forum: 

Personalmente non vedo altre strade possibili fra l'attuale società capitalistica e il comunismo. Nel corso del Novecento tutti quei regimi che si sono spacciati per "terze vie" (fascismo, nazismo, peronismo, socialismi nazionali vari...) non erano altro che forme di capitalismo fortemente centralizzato, con una verniciatura di "sociale" per tenere buone le masse. Oggi vedi il regime di Chavez in Venezuela et similia...

Anche la famigerata "decrescita" non è in realtà un terza via. Chiedere infatti al capitalismo di produrre meno, di rispettare l'ambiente, di non mirare solo al profitto, ecc... è come chiedere al capitalismo di non essere se stesso. E' come chiedere a un albero di pere che produca mele.

Razionalizzare la produzione in base alle esigenze della comunità umana e dell'ambiente è invece possibile in un sistema economico pianificato dal basso verso l'alto e gestito dai lavoratori. Ma questo è il comunismo.

Ho seguito una interessante trasmissione che indagando il fenomeno delle autogestioni in Argentina poneva queste in modo alternativo alla produzione capitalistica tradizionale, cioè con una classe padronale definita ed egemone. In seguito all'abbandono delle attività divenute improduttive, il cui lavoro superfluo era minimizzato rispetto a quello utile, da parte dei padroni, gli operai se ne riappropriavano e ne riattivavano l'uso permettendo quindi alla parte di lavoro utile di adempiere al suo compito produttivo di beni, naturalmente tutto ciò ottenuto lottando duramente. Risultato: la disoccupazione e' scesa dal 25 al 10%, hanno creato scuole e centri di sostegno per i più deboli.

Lo stesso esempio ma negli States riguardante un panificio industriale, un impiegato spiegava che tutti hanno lo stesso trattamento economico senza distinzioni e i posti di lavoro in crescita.

Premesso che si tratta di capitalismo, può diventare una via per l'assalto definitivo? Potrebbe essere la classe padronale, paradossalmente, non più utile alla causa del capitale?

Senza confondere le contraddizioni del capitale con le soluzioni.

Ho mandato il post senza aver visto il tuo.....

Una domanda di straordinario interesse. Se la rovesciamo ne viene fuori una cosa interessantissima e cioé: sarebbe stata possibile una società comunista senza che prima vi fosse stata una società capitalistica?

Francamente io ho sempre pensato che lo schema di materialismo storico proposto da Engels (non da Marx) per il quale la successione delle formazioni storiche obbediscono ad una sorta di "legge" sia un hegelismo suggestionato dall'immagine della grande industria. Questo schema, inoltre, spiega le aspirazioni del "comunismo primitivo" con una vera assurdità e cioé che queste aspirazioni, storicamente concrete fossero antistoriche. In effetti sempre, ogni volta che le classi oppresse si sono sollevate sono emersi elementi di comunismo, a partire, ad esempio, dall'antica Mesopotamia. La società capitalista viene presentata come una necessità, prima positiva ma, hegelianamente, "giunta all'apice si rovescia" - tra l'altro considerare tutto ciò progressivo significa postulare che 'senza' il capitalismo non vi sarebbe stato progresso produttivo.

L'esempio che propone il compagno G Com fa pensare.

E' pur vero che, nelle condizioni date, queste esperienze sono del tutto insufficienti, quando non illusorie, a cambiare la struttura sociale; ma, esse mostrano un fatto importante e cioé la capacità del proletariato di riorganizzare un apparato produttivo efficiente e la tendenza egualitaria del proletariato.

L'altra questione è se la borghesia sia ancora utile al capitalismo, cioé un capitalismo sublimato dalla sua incarnazione borghese. No, credo sia un'astrazione perche tra capitalismo e borghesia in rapporto é biunivoco: la borghesia genera capitalismo ed il capitalismo genera nuovamente la borghesia. Come non può esistere borghesia senza capitalismo, non può neppure esistere capitalismo senza borghesia.

P.S.

Mi é scappato un esempio poco noto. Si tratta di Mazdak, un rivoluzionario persiano (circa 525 d.C.) che postulava l'egualitarismo.

Il raggiungimento del traguardo comunista, sarebbe risultato antistorico per la mancanza di basi tecnologiche e produttive sufficienti a garantire la completa emancipazione dell'uomo dal bisogno, ponendo così un limite alle risorse conosciute e generando conflitto.

d'altro canto la tendenza alla socializzazione e' innata negli esseri umani ma non si realizza se non attraverso un sistema produttivo adatto, viene anzi mortificata con la penuria, la carestia e .... La proprietà, il sogno utopico depurato dalle insulsaggini borghesi si delinea e acquista concretezza man-mano che l'ampiezza dei bisogni si ingrandisce. Viene invece viceversa sminuita la effettiva natura umana postulando sull'egoismo come causa invece che effetto.

Per il resto In effetti non credo si possa pretendere, che in un determinato momento, il sistema possa buttar fuori il padrone, questa si vera utopia.

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Non mi trovo d'accordo con il compagno G Com . Intanto se l'aspirazione al comunismo, all'egualitarismo, al superamento dei dominii di classe si è concretamente manifestata sempre ogni qualvolta le classi oppresse si sollevavano, ciò é un fatto storicamente concreto, cioè esprimeva una ''possibilità'', se valgono i criteri del materialismo storico marxiano. Bisognerebbe, per converso, dimostrare che nessun progresso sarebbe stato possibile senza la divisione in classi della società e che, quindi, il classismo sia stato e sia un fatto progressivo; è la suggestione della grande industria accreditata a merito del capitalismo e proiettata nel passato come chiave di interpetrazione della storia. La storia non ha "leggi" hegeliane che la dirigano, non ha contenuti teleologici; ma l'ultimo hegeliano, Engels, mutuando lo schema de l' Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain di Condorcet, cede di leggere una successione storica obbligata, una sorta di "legge" storica per cui le formazioni classiste sono classificate "storicamente necessarie" a merito delle classi sfruttatrici il progresso umano. Hegelianamente poi si dice che questo fatto "giunto all'apice si rovescia". Lo schema di questo modo di interpretare la storia è semplicemente un'immagine speculare capovolta dell'hegelismo che però giace sullo stesso piano teoretico. Ritengo errata nel fondamento l'equazione classismo=progresso e se le cose sono storicamente andate in questo modo ciò non dimostra affatto che non vi erano altre possibilità, tanto più che è stato proprio il classismo ad ostacolare lo sviluppo del contenuto fondamentale del progresso, la cooperazione tra gli uomini, asservendo anche questa alle finalità dello sfruttamento. Ancora oggi il capitalismo ostacola la piena utilizzazione di uno dei più grandi risultati della cooperazione umana, la scienza e la tecnica. Forse una riflessione accurata di come si sia prodotto il progresso tecnico industriale chierirebbe meglio questo punto: in sintesi, espropriando i proletari di ciò che riuscivano ad inventarsi per semplificare il lavoro e trasferendolo nelle macchine e nell'organizzazione produttiva (taylorismo). (segue)

Il fatto che la tendenza alla socializzazione e' innata negli esseri umani è un'altra questione spinosa. Ho contestato più volte l'espressione "istinti sociali" (usata anche da Darwin) in quanto ha un contenuto antiscientifico. La penso come Marx e Spinoza, "gli uomini non nascono civili, lo diventano". La storia umana è anche storia di un conflitto permanente tra istinti, ereditati dalla natura, nella quale gli uomini si affermarono come predatori, e socialità, che è il contenuto vero della civiltà e del progresso. I primi sono il contenuto sublimato del classismo, fino allo spencerismo, la seconda può pienamente realizzarsi oltre e contro la divisione in classi della società.

In una situazione di drammatica emergenza i proletari affermano cooperazione, socialità ed egualitarismo e, cionondimeno, mostrano come sono essi, e non la borghesia, i veri promotori della produzione (si è storicamente verificato più e più volte, anche in società non industriali). Che ciò sia una via per liberarsi del capitalismo (e del classismo) è dubitevole: ma tutto ciò, comunque, esprime una funzione storica della classe e la possibilità-necessità di liberarsi dal capitalismo.

Può esistere un capitalismo senza borghesia? Un capitalismo sublimato dalla sua incarnazione borghese? No, queste due entità hanno tra loro una natura biunivoca. La borghesia genera capitalismo ed, a sua volta, il capitalismo (anche quello di Stato) genera borghesia. Saluti.

@ Anonimous

Dando per avvenuta la presa del potere proletario, per astrazione, escluderei che con questo lo sviluppo possa arrestarsi rimanendo fissato all'ultimo periodo capitalista, e' la suggestione della grande industria , concordo, così come penso sia, nel corso della storia, stato consumato un furto da parte delle classi dominanti di scienza e tecnologia ai danni dei lavoratori.

interpretare come necessario lo sfruttamento allo sviluppo e' smaccata ideologia borghese di comodo, ma non farei derivare la effettiva possibilità di realizzazione del comunismo dalla vocazione egalitaria delle masse (leverei innata) , appare anche un po' determinista come ipotesi, non ci aiuterà a liberarci dal capitalismo, come dici tu.

-La mancanza di basi tecnologiche e produttive sufficienti a garantire la completa emancipazione dell'uomo dal bisogno ponendo così un limite alle risorse conosciute e generando conflitto-, dico così che determinati presupposti si sono venuti a creare solo nell'attuale fase storica non prima, di storicamente necessario non vedo nulla ma una connessione evolutiva tra mezzi di produzione e livello civile invece si ed appunto questa una delle variabili storiche che, credo, contribuisca al distacco definitivo da una società di possesso verso una di condivisione.

Saluti.

Sottoscrivo la tua risposta, compagno G Com.

Io vedo come un problema serio la mancanza di fiducia del proletariato nelle sue possibilità e capacità di far funzionare una società moderna, frastornato com'è dall'immagine dell'economia borghese assunta ad economia tout-court, perciò quelle esperienze le ritengo importantissime e sintomatiche. Il problema non è la fine del capitalismo che si avrà al fondo di questa crisi; il problema è la continuazione di una società civile e moderna oltre il capitalismo per cui il modo di arrivare o di accelerare, o di provocare questa fine è decisivo. Non è detto affatto che senza un lavoro ed un piano, senza una direzione del processo, la borghesia non produca , come diceva Marx "la sua stessa rovina e quella di tutte le altre classi". E' la stessa struttura della civiltà umana che comporta una debolezza di barbarie possibile; la velocità con cui collassano gli elementi di civiltà innanzi ad una contingenza storica è nota. Ecco l'importanza di queste esperienze ed ecco l'importanza di disporre di uno strumento orientativo, di un partito.

L'altra domanda è : "che tempi abbiamo disponibili prima della fase finale di questa crisi?", perchè il tempo non è un fattore secondario. Che fare? Una sinistra incapace di porsi questo problema, incapace di reagire in positivo alla crisi si rivela un male, un ostacolo. Se fosse unita avrebbe il problema di acquistare 'massa critica'. La spontaneità non basta e neppure la disperazione. E questa incapacità della sinistra di unirsi e di coordinarsi, di agire, in sostanza, può essere contenuto il prodromo della più terribile sconfitta che l'umanità possa subire. Coloro che pensano nei termini delle inevitabili successioni dei sistemi sociali fanno del quietismo. Il comunismo non si farà da sé, non si produrrà senza l'azione energica e ragionata degli uomini. Saluti.