Il movimento studentesco: ciò che è, quello che ha dato e quello che può dare

Dopo un anno di lotte, di disordini, di occupazioni di facoltà, condotte da quello che ormai viene definito comunemente «movimento studentesco», si rende necessario un riesame critico degli accadimenti, che serva come base per l'impostazione di una giusta politica nei confronti del movimento stesso e per l'elaborazione di una linea di condotta che i compagni impegnati nel M.S. dovranno portare avanti.

Il Partito ha preso chiare posizioni nei confronti delle parole d'ordine uscite dalle assemblee degli studenti, nei confronti dei presupposti politici del MS., mediante manifestini. Ora bisogna andare a fondo.

Notiamo anzitutto che il MS., contrariamente a quanto pensano molti, non è affatto un tutt'uno definito e omogeneo, che si muove verso obbiettivi chiari ed unitari; è piuttosto il movimento di una massa di studenti di varia estrazione ideologica e politica che esprime la sua insoddisfazione per un sistema scolastico ormai marcio e per un sistema sociale che fa pesare le sue enormi contraddizioni su tutta la società. Fra queste la più significativa è la contraddizione tra la natura di classe della struttura scolastica attuale, che vorrebbe la scuola solo per i figli dei padroni o comunque delle «classi agiate», e la spinta proveniente dalla economia capitalista stessa che tende ad allargare la categoria degli studenti. La teoria borghese che vuole vedere andare a scuola solo i «capaci e meritevoli», quelli cioè che per la loro particolare situazione sociale crescono in un ambiente economico e culturale favorevole, risponde alle esigenze conservatrici del capitalismo e giustifica l'attuale struttura. L'economia marxista insegna che il capitalismo, per sopravvivere, non può fare a meno di sviluppare e rinnovare il suo apparato produttivo: in una parola deve accelerare la tendenza alla meccanizzazione, alla automazione; per fare ciò occorrono tecnici altamente specializzati, non solo: occorrono in numero sempre crescente. Si assiste così, dalla seconda guerra mondiale in poi, ad un vertiginoso aumento della base studentesca con il suo conseguente allargamento alle classi sfruttate. Tale contraddizione determina un grave disagio delle masse studentesche e dei docenti (mancanza di infrastrutture atte ad accogliere gli studenti, cozzo di mentalità e di esigenze diverse) e si manifesta sul piano delle sovrastrutture con le proteste degli studenti; proteste che, in ultima analisi, ubbidiscono alle esigenze più dirette ed attuali del capitalismo. Esso ubbidisce, se cosi possiamo esprimerci, al secondo termine della contraddizione (l'allargamento della base sociale di estrazione degli studenti). Teniamo sempre presente che questo è il punto nodale della questione. Eviteremo così di cadere preda di facili entusiasmi o di gravi illusioni. Naturalmente sul piano della sovrastruttura, delle idee, i temi determinati si arricchiscono di nuovi spunti e si elaborano nei più diversi modi. Ciò che si muove è una massa, e, all'interno di essa, le diverse linee politiche si incrociano, si sovrappongono, si scontrano dando luogo a quella confusione tanto deprecabile e al tempo stesso potenzialmente matura per buoni sbocchi, che conosciamo e vogliamo meglio conoscere.

Importante è precisare che in tale confusione di tendenze predominano quelle che, affascinate dalla guerra del Viet-Nam, dalla guerriglia sudamericana (di cui tante cose sarebbero da demistificare) e dalla... sociologia americana, vedono nelle lotte studentesche, non il lievito e il detonatore delle lotte operaie, bensì la guida, l'odierno potenziale rivoluzionario a cui la classe lavoratrice dovrebbe dare il suo «appoggio».

Da quali basi si è mosso il MS.? Non certo da istanze rivoluzionarie ed eversive del sistema classista della società. L'esigenza sentita come fondamentale era quella di ristrutturare i rapporti di potere nelle Università, spostandoli a favore degli studenti: era quella cioè di sradicare l'autoritarismo assolutista della categoria docente, per sostituirvi la conduzione democratica e collettiva degli istituti scolastici e universitari da parte della assemblea dei docenti e degli studenti. L'intervento brutale della polizia e dell'apparato repressivo interno mise poi in evidenza il fatto che i rapporti classisti all'interno dell'Università, erano il riflesso dei rapporti classisti della società; il marcio della scuola trovava la sua matrice nel marcio della società.

Crollavano così molte delle illusioni riformistiche che pretendevano essere possibile una ristrutturazione democratica dell'università prima e a prescindere da una ristrutturazione della società. I dibattiti nelle assemblee, i seminari, le commissioni, valsero a far comprendere a molti questo concetto prioritario per la lotta del M.S. Gli obbiettivi raggiungibili con le lotte nell'Università, quando questa fosse indipendente dalla lotta contro la strutturazione in classi della società, sarebbero stati obbiettivi riformisti, di natura schiettamente corporativa. Altri interventi nelle assemblee e documenti delle commissioni misero poi in evidenza la scarsa forza del M.S. la sua scarsa influenza e quindi la necessità di collegarsi ad altre forze contestative. Ci si riferì immediatamente alla classe operaia. Vedremo poi i diversi errori di impostazione a questo proposito. Questo fu comunque il grosso problema che il M.S. dovette affrontare e si trovò a dover risolvere sul piano politico.

A questo punto il movimento studentesca si rivelò in tutta la sua incapacità politica, non addebitabile ad incapacità dei singoli suoi membri, ma intrinseca alla natura del movimento stesso. La differenziazione fra le molte componenti politiche ed ideologiche e la eterogeneità, della sua base, che lo caratterizzano, lo rendono del tutto inadeguato ad essere centro di elaborazione di una linea politica coerente con le esigenze della Rivoluzione Socialista, lo limitano ad essere quadrato di scontro di diverse impostazioni ideologiche, di diverse scuole filosofiche e politiche. Di qui la non significanza di espressioni quali: «Il M.S. pensa...», «Il M.S. vuole...».

Il problema del collegamento con la classe operaia si rivelò subito uno scoglio insuperabile per il MS.. La sua impostazione richiedeva anzitutto idee chiare sul movimento operaia stesso, ed idee chiare sulla funzione dei partiti cosiddetti operai. Gli studenti, rifiutando già in partenza le loro tradizionali organizzazioni rappresentative (UGI, AGI, FUCI etc.) rifiutarono di riflesso i tradizionali organi parlamentari di sinistra. Ma il loro rifiuto non nasceva dalla coscienza del loro asservimento politico e si limitano ad accusare P.C.I. e P.S.I.U.P. di revisionismo e non di completo asservimento alla politica del neocapitalismo, inteso come fase di accentramento dei capitali nelle mani dello Stato. Ciò costringerebbe a risalire alle origini di tale asservimento e a riconoscere tanto l'U.R.S.S. quanto la Cina come paesi imperialisti, a riconoscere nello stalinismo la matrice dell'attuale imperialismo russo e cinese, a gridare: «Abbasso Stalin» e «Abbasso Mao» invece che: «W Stalin» e «W Mao».

La stessa cosa si verifica per i sindacati: l'accusa che veniva lanciata non denunciava a fondo il carattere controrivoluzionario che essi hanno da tempo assunto. I sindacati erano semplicemente tacciati di «servi della politica parlamentare», politica sulla quale, abbiamo visto, le idee non erano affatto chiare! Non c'è stato un solo documento uscito dai lavori del M.S. che individuasse nel sindacato, nella sua attuale strutturazione, un ostacolo alla vittoria rivoluzionaria del proletariato, che dicesse chiaro e tondo che la Rivoluzione passerà sui cadaveri degli apparati sindacali. Di qui l'impossibilità per il M.S. di chiarire a fondo i rapporti con i sindacati stessi. A tutto si aggiunga che spesso il rifiuto dei partiti parlamentari e dei partiti in genere era solo verbale, mentre nei fatti se ne seguivano le indicazioni e se ne perseguiva la politica.

È ora facilmente immaginabile quanto complessa fosse la questione del collegamento con la Classe operaia.

Innanzi tutto si trattava di chiarire l'impostazione di tale collegamento, di chiarire cioè quale doveva esserne lo scopo, quale il programma di azione e a chi spettava l'egemonia: se agli studenti o se alla classe operaia. Inoltre lo scopo e la detenzione dell'egemonia si condizionano vicendevolmente nell'unità fra studenti e operai. In altre parole: se lo scopo è quello rivoluzionario, l'egemonia spetta necessariamente alla classe operaia, quale unica diretta nemica del sistema di sfruttamento capitalistico, quale unica diretta antagonista, in,senso storico, della classe borghese, e se l'egemonia non è detenuta o cessa di esserlo dalla classe operaia, lo scopo cessa di essere rivoluzionario. Il programma di azione è poi dipendente dai primi due fattori, non essendo determinabile a priori.

Ora, leggendo i documenti in proposito, si nota subito quanto sulla impostazione dei suddetti problemi influisca certa sociologia moderna che vede nella classe operaia una forza ormai integrata nel sistema e che solo l'azione degli studenti può risvegliare e guidare alla lotta. Marcisse è stata ed è tuttora una «moda», ma ha lasciato i suoi segni nelle varie ideologie del M.S.. Secondo una parte di questo infatti, anche nella lotta contro le strutture classiste della società gli studenti sarebbero una forza determinante. La conquista da parte del MS. di uno «spazio politico» adeguato permetterebbe loro, in quanto membri della, società occupante determinati livelli, una azione tesa a modificare la società stessa.

Secondo un'altra parte del M.S. spetterebbe agli studenti l'organizzazione politica della lotta al capitalismo (discutendo con gli operai s'intende).

Ancora un'altra parte ragiona addirittura in questo modo: Marx e Lenin avevano ragione in certe cose e per il loro tempo. Ora però il capitalismo è cambiato ed è cambiata in modo tale che il rifarsi ad essi porterebbe prima o poi ad una «integrazione nel sistema» (sic) che vuole l'ideologia bella e pronta alla quale adattare la prassi politica. Si deve invece partire dalla prassi, secondo questi «signorini», dalla esperienza politica quotidiana, e su quella base elaborare una nuova ideologia. Il lavoro, s'intende, - dicano - è lungo e non facile, ma è l'unico vero lavoro rivoluzionario. Coloro che così ragionano sono in genere i cosiddetti cattolici di sinistra il cui maggior pregio è quello di non dichiararsi mai su alcun grosso problema. Presi dalla tremenda morsa della società borghese e della sua ideologia, incapaci di liberarsene, fingono di contestarla globalmente mentre nei fatti, rifiutando senza alcuna valida argomentazione il marxismo e quindi il metodo di analisi di questa società e le indicazioni di massima per distruggerla, utilizzando di essa le più stupide ideologie pragmatiste, se ne fanno inconsci strumenti di conservazione. In genere finora non si vuole comprendere da parte della maggioranza degli studenti che per combattere coscientemente il capitalismo bisogna conoscerne la struttura intima e che solo sulla base di tale precisa conoscenza è possibile elaborare una linea d'azione politica valida ad intaccare ed in futuro a distruggere, la società borghese. Non dimentichiamo inoltre ciò che abbiamo affermato all'inizio: in ultima istanza la masso studentesca è incapace di comprendere tali problemi perché è estranea ad essi o solo indirettamente partecipe. Ora, «rifiutare l'ideologia» per trovare nella prassi politica giustificazioni teoriche alla lotta, significa semplicemente buttare allo sbaraglio sé stessi e gli altri, significa rimanere preda della stessa... ideologia piccolo-borghese il cui maggiore difetto è sempre stato di essere, in ultima analisi, controrivoluzionaria. Quando si dice: rifiutiamo ogni schema di analisi e di lotta; ogni dogmatismo e con essi l'ideologia marxiana, si commettono due imperdonabili errori. Il primo è quello di far rientrare il marxismo nel novero degli «schemi» e dei dogmi quando invece esso è una particolare visione del monda, la cui caratteristica è di essere una visione generale, che abbraccia ogni campo delle attività intellettuali (politica, scientifica, filosofica e sociologica) e che quindi comporta un metodo, analitico di azione contrapposto a quello idealista, tipico della borghesia. Da qui il secondo errare: se si rifiuta un tal metodo, che è l'unico, nelle sue caratteristiche generali, a opporsi all'idealismo, non si può fare a meno di assumere volenti o nolenti, l'altro e più precisamente la sua più misera e però più pericolosa variante, quella dei piccolo-borghesi insoddisfatti, che hanno per modella di vita il rifiuto irrazionale di tutto ciò che non sia un parto della loro fantasia malata.

Il problema del collegamento con la classe operaia fu poster dalla stragrande maggioranza come mezzo per raggiungere una maggiore incisività nella lotta per il «diritto allo studio». La esperienza insegnò subito però che non è possibile muovere gli operai su una piattaforma rivendicativa agitata dagli studenti e conforme ai loro obbiettivi, quando gli stessi operai non hanno risalto il problema storico dell'antagonismo tra capitale e lavoro, quando sono quotidianamente impegnati nella lotta economica contro il padrone che li sfrutta direttamente in fabbrica. Per conquistare a sé la classe operaia gli studenti decisero di aiutarla nella lotta rivendicativa, di partecipare ai suoi scioperi, ai suoi picchettaggi. Inizialmente si trattava di conquistare i sindacati dai quali si sperava in seguito «appoggio» nelle lotte studentesche. Non ci si volle render conta della vera natura e funzione di essi. I sindacati sono davvero ormai integrati nel sistema capitalistico, loro funzione è quella di conciliare gli interessi del proletariato con le esigenze vitali del capitale, non ultima quella della sua continua espansione. I sindacati si guardano bene dal minare le strutture economiche del potere borghese o del capitalismo di stato. Dunque il ricercare la loro alleanza servendo i loro scioperi, i loro picchettaggi, significa farsi strumento della loro politica. Quale possibilità aveva il M.S. di operare su un piano realmente eversivo? Gli studenti avrebbero potuta, prendendo occasione dai primi scioperi, dai primi picchettaggi alla FIAT, alla INNOCENTI, alla MARELLI, iniziare una lotta a fondo contro il sindacato per demistificarlo agli occhi degli operai; questo è uno dei compiti spettanti a quegli studenti che realmente vogliono mettersi sul piano della Rivoluzione Socialista. A questo punto sorge dl problema della alternativa da opporre ai sindacati. In assenza di una organizzazione rivoluzionaria sufficientemente forte da essere in grado di coordinare e condurre le lotte settoriali della classe operaia, queste rimarrebbero al livello dello spontaneismo. D'altro canto gli studenti non sono in grado di ovviare a tale «inconveniente». Non è ad essi che spetta il ruolo di sostituire il partito rivoluzionario, peraltro insostituibile! Sarebbe allora compito del Partito (ancora purtroppo debole dal punto di vista della organizzazione) intervenire col massimo sforzo organizzativo compatibile con la sua condizione in ogni situazione che si venisse a creare. A quale scopo però? Oggi, lo ripetiamo per l'ennesima volta, è indispensabile costruire il partito di classe.

«Il partito rivoluzionario che affonda le sue radici nel cuore della classe, che con essa è indissolubilmente legato e che dai suoi interessi storici trae la sua ragione di essere».

Si tratta di costruirlo nella pratica (creazione di nuovi quadri militanti) e di renderlo indispensabile nella coscienza delle masse operaie. Questo il compito che sta davanti ai comunisti internazionalisti e a tutti coloro che vogliono lottare per il Socialismo. Ora, un intervento in tal senso da parte degli studenti, sarebbe un enorme contributo alla causa. Gli studenti, nel corso della storia, hanno sempre avuto una certa importanza come agenti catalizzatori di determinati fermenti sociali e politici, come iniziatori di determinate situazioni che, però, una volta affermatesi, hanno tolto loro ogni peso determinante come masse. Si citano spesso gli avvenimenti di Maggio in Francia, ma sono proprio quelli un esempio ulteriore che conferma la nostra analisi. I gruppi studenteschi con le loro barricate, agitazioni e comitati di sciopero sono stati i detonatori della esplosione operaia che e stata la vera forza determinante nell'urto contro il capitalismo, togliendo agli studenti ogni prerogativa nel determinare la situazione. Parimenti la politica da essi appoggiata (costruzione di comitati rivoluzionari di fabbrica, di scuola, di quartiere, agenti indipendentemente l'uno dall'altra in modo assolutamente scoordinato e caotico) ha dimostrato la sua inadeguatezza rispetto ai compiti che attendano ad una effettiva avanguardia rivoluzionaria e, quindi, la sua pericolosità, lasciando il proletariato in balia della reazione, con la sconfitta peraltro inevitabile del movimento nel sua complesso. La Francia dovrebbe avere insegnato qualcosa a coloro che nel M.S. vedevano la forza rivoluzionaria per eccellenza alla quale gli operai dovevano dare il loro «appoggio». Forse finalmente molti di quegli studenti hanno capito che la forza egemone della Rivoluzione Socialista è il proletariato cosciente che conserva ancora intatte le sue peculiarità rivoluzionarie. Avranno forse capito che in ultima analisi senza partito rivoluzionario non c'è rivoluzione!

E veniamo ai vari «filocinesi»: sembra che su queste ultime affermazioni siano d'accordo. Ma quale è il loro concetto di partito rivoluzionario? Cos'è secondo loro la rivoluzione? Essi, nel loro frazionamento, contano parecchi elementi nel M.S. ed esercitano una notevole influenza: influenza negativa per il fatto che non una delle manifestazioni del M.S. è stata fatta senza inneggiare alle cosiddette «basi rosse» (Cina Cuba, Corea, Viet-Nam e Albania) e ai loro leaders (Mao, Castro, Ho Ci Minh) rivelando così che lo spazio politico-ideologico in cui la parte «cinese» del M.S. si muove rimane quello della valutazione, tanto falsa e mistificatoria, quanto usuale, che si dà dell'imperialismo: valutazione secondo la quale, imperialista è solo l'America con il suo blocco politico ed economico, alla quale si oppongono tutti gli altri paesi che di quel blocco non facciano parte, avanzati o no. I «cinesi» tutti, nella più grande ignoranza della storia o nella più nera malafede, inneggiano a Stalin quale creatore della dittatura del proletariato in Russia (sic), a Mao in quanto fautore della «grande rivoluzione proletaria cinese», a Ho Ci Minh quale eroico combattente per la libertà del popolo vietnamita. Inneggiano cioè ai leaders della controrivoluzione mondiale, a coloro che personificano l'avviamento all'imperialismo delle economie e delle società orientali. Da loro viene una delle più grosse mistificazioni odierne: quella della cosidetta «rivoluzione culturale proletaria», di quelle sedicenti Guardie Rosse il cui compito era di spianare la strada alla politica del gruppo di potere maoista contro altri gruppi e contro gli operai di Canton e di Shangai che tentavano nuovamente di muoversi.

Partendo dalla enorme bugia che vorrebbe Stalin e Mao fedeli prosecutori della politica leninista e fedeli interpreti del marxismo-leninismo per i tempi moderni, i filocinesi, siano essi del P.C.d I. o dei vari raggruppamenti, hanno contribuito a confondere le idee sulla lotta idi classe e sulla contraddizione di fondo del capitalismo in ogni sua fase. La latta di classe è, in epoca capitalista, la lotta fra proletariato sfruttato e classi sfruttatrici o stato sfruttatore (U.R.S.S. Cina). È cioè la lotta di una classe oppressa per liberarsi dal sistema economico e sociale che la opprime; essa è insita nel sistema capitalista. Nella sua esistenza si estrinseca la contraddizione principale del sistema stesso, contraddizione dalla quale dipendono tutte le altre (secondarie). Per i paesi del Terzo Mondo, in base alla teoria leninista„ in epoca imperialista nessuna liberazione è possibile se il proletariato dei paesi a capitalismo avanzato non vince la sua guerra storica contro la «piovra capitalista» che in un modo o nell'altro (militare o economico) terrà sempre avvinghiate a sé la politica e l'economia dei vari paesi sottosviluppati. Stalin prima, con la favola del socialismo in un paese solo, Mao dopo, con la guerra delle campagne contro la città, sono gli esponenti del tradimento del marxismo-leninismo e della rivoluzione mondiale. Sotto la «guida del loro insegnamento» si può solo tradire il proletariato e chi per esso vuole lottare. I filocinesi hanno portato la confusione nel M.S. Alcune delle loro indicazioni agli studenti hanno, prese a sé, una validità (es. quando affermano che è riformista e reazionario auspicare miglioramenti più o meno parziali del sistema scolastica). Essi però fondamentalmente hanno capito ben poco delle possibilità e delle funzioni del M.S. Non è cercando in esso solo nuovi quadri per il partito che si interessa il movimento studentesco nella lotta rivoluzionaria, ma sforzandosi di muoverlo, pur nelle sue interne contraddizioni e nella sua discontinuità, nella sua estraneità al movimento operaio e alla classe proletaria, nel senso di una lotta al sistema ere contribuisca ad acuire la contraddizione in atto e la crisi del sistema stesso. Non si può sperare che il M.S. passi in blocco a seguire le direttive di uno o di un altro partito o gruppo politico: esso manterrà sempre, come movimento di massa, la sua autonomia (piccolo-borghese), ma potrà essere d'aiuto alla lotta del proletariato nella misura in cui colpirà là dove il sistema, il governo e le sue istituzioni, traballano. Per queste ragioni gli studenti internazionalisti, pur criticando certe iniziative e certe prese di posizione, non devono esimersi dal lavorare all'interno di quei gruppi del M.S. più sensibili ai problemi della lotta di classe. Abbiamo visto che il M.S. tutto, come massa indifferenziata, non serve e non può servire la causa della rivoluzione proletaria; ma in esso agiscono nuclei di studenti potenzialmente rivoluzionari e che in determinate situazione possono porsi alla testa del movimento stesso. La presenza degli studenti internazionalisti in tali nuclei è allora indispensabile. L'esperienza del Maggio francese ha dato un tremendo colpo alle velleità dirigistiche di certe tendenze piccolo borghesi. Quei fatti hanno dato clamorosa smentita alle ridicole idee di coloro che pensavano alla rivoluzione come ad una sonora fischiata alla polizia e al governo seguita da un grande tafferuglio con le forze «dell'ordine». Gli avvenimenti di Cecoslovacchia hanno ulteriormente contribuito a lasciare spaesata la cosiddetta dirigenza, fedele, nei fatti, alla politica del P.C.I. e compagni.

Cosa è avvenuto? C'è stato un temporaneo totale rimescolamento di carte, nel corso del quale molti studenti fra i più «politicamente attivi», si sono orientati in modo più preciso verso le tendenze politiche più caratterizzate. La vecchia dirigenza è stata per un po' assente. Ora sta riprendendo piede a Milano, come a Torino, Trento, Napoli. Grazie al notevole spopolamento tra i quadri intermedi del M.S., dovuto a quell'irrigidimento su posizioni di partito o di gruppo politico, gli elementi «di punta» dell'anno scorso manovrano con più libertà sul piano della cosiddetta assoluta indipendenza del M.S. dagli schemi politici o di gruppo. Essi sostengono che il M.S. è «obbiettivamente una forza rivoluzionaria», la quale però deve unirsi alle altre forze anticapitaliste in un blocco unitario di masse operanti sul piano della democrazia diretta (assembleare), la quale, sola, può «garantire» una «maturazione della coscienza politica delle masse».

Per questa pappetta che loro chiamano «unità studenti-operai» osservano un religioso silenzio sui termini di tale unità e sui rapporti con le organizzazioni sindacali che pretendono di rappresentare gli interessi degli operai. Quanto il gioco faccia comodo al P.C.I. e a tutti quei raggruppamenti che gravitano attorno ad esso, è evidente. Basta pensare all'elogio del Movimento Studentesco che fa il P.C.I. in questi ultimi tempi, per capirlo. E naturalmente esistono coloro i quali, pur dicendosi marxisti e leninisti, pur dicendosi «dialettici» appoggiano, anzi incoraggiano, tale aberrante linea del MS., Sono i nuovissimi gruppetti di ex-trotskisti, che, all'entrismo vecchio stile nel PCI. o nello PSIUP sostituiscono la teoria della loro «utilizzazione in senso rivoluzionario». È loro quel nuovo tipo di operaismo le cui linee generali esaminiamo sui numeri 1 e 2 di «Battaglia Comunista».

Davanti a queste posizioni, non possiamo che denunciare la loro vera natura. Ma non siamo certo noi a limitarci alle accuse sul piano teorico; ad esse abbiamo fatto seguire, e continueremo a far seguire, una concreta politica rivoluzionaria di intervento qualificato ogni volta che la situazione ce lo consenta ed ogni qualvolta saremo in grado di forzare noi stessi la situazione. Questo significa:

a) sulla base delle analisi qui ed altrove fatte del M.S. e delle sue potenzialità in materiale umano, agiremo come momento di severa critica marciata nel M.S. badando bene a non assumerci alcuna responsabilità che esuli dalla nostra impostazione politica e dai nostri compiti di forza agente per la costruzione del partito di classe sulla linea della Sinistra Internazionalista.

b) nelle forme via via ritenute più opportune manterremo i nostri quadri studenti in collegamento con tutti gli organismi che il M.S. si darà per il suo contatto con le fabbriche e con i luoghi di raduno degli operai al di fuori delle organizzazioni politiche o sindacali a noi estranee. Potremo cosi agevolare il lavoro di irradiamento nelle fabbriche.

c) consci delle possibilità che assemblee e riunioni studentesche offrono all'inserimento di precise prese di posizione politica e della loro importanza, continueremo a farvi partecipare i militanti che ne abbiano la facoltà, compatibilmente ed in subordino ad altri compiti che si ritenessero più importanti.

Per la rivoluzione forse c'è tempo, ma esplosioni come quella del Maggio Francese sono sempre all'ordine del giorno ed è su tali esperienze che cresce particolarmente e si forgia il Partito di classe. Chi per esso lavora sa che deve essere sempre pronto e che deve aver già lavorato per i compiti futuri.

Assodato che sui temi dell'imperialismo e del capitalismo di Stato si crea la discriminante fra le forze rivoluzionarie e quelle sedicenti tali e che dalle divergenze su questi temi fondamentali derivano tutte le altre non rimane che concludere: se il Movimento Studentesco non dà ciò che taluni più o meno ingenui vorrebbero, è perché non lo può dare, in quanto rimane comunque dall'altra parte della barricata, e sta a noi trarre il massimo vantaggio dai nuovi fenomeni del neocapitalismo che si verificano in Italia ed in Europa.

Mauro Jr.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.