Tattica d'intervento del partito rivoluzionario

Generalità

  1. È caratteristica originale del partito rivoluzionario il riconoscimento, attuato a filo di metodo dialettico, delle caratteristiche del moderno dominio reale del capitale sulla società e delle forme ad oggi più evolute di tale dominio.
    All'ormai ovvio e da tutti formalmente riconosciuto principio che le idee dominanti sono le idee della classe dominante e che la borghesia esercita sul proletariato anche un dominio ideologico totalizzante, va aggiunto il riconoscimento degli strumenti di cui l'avversario di classe si serve per contenere e deviare ogni spinta politica che sorga dal proletariato in senso eversivo. Tali strumenti sono essenzialmente le forze della socialdemocrazia vecchia e nuova e delle sue armi operative nella organizzazione degli operai: i sindacati.
    Al determinarsi di questa situazione, caratteristica della fase imperialista del capitale, hanno concorso: 1) la dinamica materiale del capitalismo; 2) la conseguente dinamica nel rapporto fra le classi stesse.
  2. Il capitalismo nella fase imperialista accentua le misure che gli sono proprie per contrastare l'intima tendenza alla caduta del saggio di profitto e dunque al collasso. Fra tali misure assume particolare importanza la diffusione e la generalizzazione dell'economia di monopolio, dell'accentramento della proprietà dei mezzi di produzione e la parallela e conseguente possibilità di programmazione o pianificazione della produzione in base alle dinamiche materiali del mercato. Su questo terreno il capitale opera per il contenimento delle proprie contraddizioni interne, senza peraltro poterle mai risolvere (ed oggi sono di nuovo giunte alla fase esplosiva della crisi di ciclo), mediante il controllo diretto della forza lavoro e la manovra del mercato ad essa relativo. La sopravvivenza del capitalismo e del suo dominio è affidato alle sue capacità di manovra in questo senso. I sindacati, proprio per la loro intrinseca natura di strumenti di contrattazione del prezzo e delle condizioni di vendita della forza lavoro, sono gli strumenti più adeguati al controllo del mercato del lavoro all'interno della programmazione capitalistica prima, dei piani di sopravvivenza nella crisi oggi.
    I sindacati si sono presentati in qualità di migliori strumenti proprio per i limiti che alla loro funzione sono imposti dalla decadenza del capitalismo e per l'impossibilità di sopravvivenza, in quanto organismi di massa, al di fuori di questa funzione storica. È la dinamica capitalista che ha condotto a fare del ruolo dei sindacati un ruolo di conservazione e a tramutare obiettivamente i sindacati in strumenti di politica antioperaia per la sopravvivenza del capitale.
    L'attuale crisi economica che ha investito il sistema produttivo a scala mondiale ha reso ancor più evidente l'atteggiamento e il ruolo delle centrali sindacali. Mentre il fronte padronale opera ovunque nel tentativo di scaricare sulle masse lavoratrici tutto il peso della crisi con gli strumenti che gli sono propri (licenziamenti, cassa integrazione, aumento generalizzato dei prezzi), il sindacato, impegnato corresponsabilmente alla ristrutturazione dell'apparato produttivo per favorire il capitale ad affrontare la crisi con minori danni possibili in attesa della soluzione bellica, è posto nella impossibilità di far propria la difesa degli interessi, anche i più spiccioli, della classe operaia.
  3. La sconfitta storica subita dal proletariato internazionale con il 'fallimento della rivoluzione europea negli anni '20 e la controrivoluzione dall'interno in Unione Sovietica, si è tradotta nella trasformazione dei partiti comunisti della Terza Internazionale da strumenti per l'offensiva anticapitalista in strumenti della ritirata capitalista dell'Unione Sovietica prima e in strumenti di politica nazionale borghese poi.
    Il partito rivoluzionario riconosce l'insieme delle condizioni materiali e politiche che in quello svolto storico hanno consentito o imposto la degenerazione parallela dello Stato operaio e dei partiti della Terza Internazionale, per trarne i dovuti insegnamenti politici nel suo attuale operare e nelle sue prospettive internazionali. Ma riconosce e sottolinea pure che tale processo si è svolto trascinando, dietro i partiti, le grandi masse e la loro coscienza.
    Alla funzione conservatrice e reazionaria della vecchia socialdemocrazia, erede diretta della II Internazionale, si è dunque affiancata quella altrettanto controrivoluzionaria, sostanzialmente (e oggi anche formalmente) borghese degli ex-partiti comunisti.
  4. La nuova crisi del ciclo di accumulazione capitalista, apertasi ufficialmente e irrimediabilmente nei primi anni Settanta, nel mentre ha incontrato una situazione di passività e di attendismo riformista nelle masse operaie, ha altresì innescato una serie di fenomeni di disgregazione politica nelle impalcature sovrastrutturali della borghesia e della piccola borghesia. Si fa riferimento ai movimenti "gauchistes" delle più diverse e varie intonazioni che, nel mentre esprimono l'ulteriore degenerare del corpo politico e teorico della Terza Internazionale, traducono sulla scena politica gli scomposti movimenti della piccola borghesia, rimescolata e talvolta radicalizzata dalla crisi stessa del capitale e dalle conseguenti politiche statali.
    La piccola borghesia, perennemente in movimento alla ricerca delle espressioni politiche più adeguate ai suoi contraddittori, molteplici e mutevoli interessi contingenti, nell'equilibrio-squilibrio di classe offerto dal presente modo di produzione, ha dato un enorme contributo all'emergere e alla caotica politica dei gruppi "del '68".
    La piccola borghesia ha per esempio costituito il serbatoio di forze e di quadri dirigenti agli orientamenti politici filocinesi. Questi da una parte recuperavano l'essenziale del loro contenuto politico nel bagaglio teorico ormai degenerato della Terza Internazionale degli anni trenta, dall'altra, e in forza di ciò, esprimevano l'erompere sulla scena internazionale del nuovo potenziale polo di emanazione di interessi imperialistici, rappresentato appunto dalla Cina degli anni sessanta.
    Fasce consistenti di piccola borghesia intellettuale identificavano, negli interessi cinesi in Europa e nelle prospettive di mutamento dell'assetto politico e istituzionale ad essi corrispondenti, i propri interessi particolari, negati e frustrati dalla ristrutturazione economica e politica del capitale d'occidente.
    Lo strascico attuale di quella pletora di orientamenti e gruppi, caratteristica della fine anni '60 - inizio anni '70, altro non è che manifestazione politica dell'allargamento della decadenza borghese a tutti gli strati della società.
    Decenni di controrivoluzione hanno ridotto ai margini sia l'organizzazione sia il corpo di tesi comuniste. La decadenza del capitale ha favorito, grazie proprio alla controrivoluzione, il processo di disfacimento.
    Espressioni della decadenza generatesi e prosperanti sul corpo in disfacimento della civiltà borghese, i gruppi e le tendenze che oggi infestano parassitariamente il colosso proletario potranno essere spazzati via solo dalle grandi bufere che si approssimano e che, al di là delle velleità riformistiche e dirigiste dei gruppi, determineranno il materiale erompere dello scontro di classe.
  5. Alla crisi strutturale del capitalismo i comunisti hanno sempre affidato la ripresa delle concrete possibilità rivoluzionarie. Tanto più ciò vale oggi, quando, nell'occidente in particolare, il capitale trascina la propria precaria esistenza economica grazie alla storica esperienza accumulata nell'arte del dominio e della corruzione ideologico-politica.
    La recente esperienza del trascinarsi tortuoso del periodo di crisi, preannuncia la violenza della catastrofe, quando avverrà.
    Il proletariato oggi ancora giace vittima del nazionalismo economico e politico, delle mistificazioni e illusioni su un possibile risanamento e ritorno della corruttrice apparenza di benessere, oggetto di parassitismo da parte dei rigurgiti di vecchie e fallite ideologie (dallo stalinismo al consiliarismo anarchicheggiante). La residua possibilità di sopravvivenza, accompagnandosi al completo disarmo della classe, la mantiene in condizioni di non reattività ai pur pesanti attacchi che il capitale le rivolge nelle sue politiche "anticrisi". Quando la classe si sveglierà, nel crollo delle impalcature sovrastrutturali della borghesia, nel vorticoso processo di ionizzazione sociale, porrà le condizioni materiali per un proprio nuovo orientamento nel suo reale scontro, fondamentalmente economico, con il nemico di classe.
  6. Il collasso generale dell'economia si traduce immediatamente nell'attualità del bivio: guerra o rivoluzione. Ma la guerra stessa segnando il punto di svolta, in sé catastrofico nella vita del capitalismo ed il brusco rivolgimento nelle impalcature sovrastrutturali del sistema, apre la possibilità del loro crollo e della apertura quindi, all'interno stesso della guerra, della situazione rivoluzionaria e delle possibilità di affermazione del partito comunista. I fattori che determinano lo sfascio sociale, nel quale il partito troverà le condizioni della sua rapida crescita e affermazione, nel periodo pretendente il conflitto, durante il conflitto o addirittura a seguito di esso, non sono quantificabili. Non è quindi determinabile a priori il momento in cui tale sfascio si determinerà (esempio polacco).
    Sta di fatto che le maggiori possibilità di tenuta delle istituzioni e del complesso delle impalcature sovrastrutturali sono affidate ancora alla socialdemocrazia che, come già ha dimostrato la storia precedente, è pronta ad assumere in proprio anche il volto violento della reazione poliziesca e militare.
    Ma in quel momento lo Stato tremerebbe nella tempesta sociale scatenata dalla crisi, tremerebbe quindi sotto i colpi della radicale lotta economica del proletariato. Sono sempre questi i momenti, di cui le vicende polacche hanno dato esempio, nei quali lo Stato ricorre alla violenza aperta gettando ogni velo di democrazia formale. In quei momenti le possibilità di salvezza del proletariato dalla aperta reazione militare risiedono solo nelle sue capacità e nelle sue forze per compiere la propria rivoluzione, per abbattere cioè definitivamente lo Stato borghese. È dunque esclusa ogni possibilità per il partito di attestarsi in qualunque momento su posizioni di difesa democratica: ciò costituirebbe aperto tradimento del programma comunista, prima, e dispersione totale delle forze rivoluzionarie poi, a sconfitta avvenuta.

Rapporto partito-masse

  1. Scopo permanente della battaglia politica del partito e dei suoi quadri è la sconfitta dell'ideologia borghese, nelle sue più diverse forme e specialmente nella forma socialdemocratica (perché la più pericolosa e influente), in seno alla classe operaia. Tale sconfitta, che è già maturata nei dati obiettivi e cioè nella incapacità delle ideologie e dei programmi socialdemocratici a risolvere le crisi di ciclo, deve tradursi nell'orientamento rivoluzionario del proletariato e nel ritorno del programma per il comunismo alla direzione del movimento operaio.
  2. Ciò non significa che il partito subordina alla conquista della maggioranza del proletariato nelle sue file la possibilità della intrapresa e della vittoria della battaglia per il potere . Il Partito ha da lungo tempo assodato e riconferma che è nello svolto della situazione obiettivamente rivoluzionaria, nel momento storico cioè in cui la dinamica stessa del capitale si incarica di spingere sull'arena di lotta l'intera classe operaia nel ruolo di materiale antagonista alla conservazione borghese, che il programma rivoluzionario può attrarre a sé le masse proletarie in lotta. Tale assunzione del programma da parte delle masse non consiste nella organizzazione di queste nel partito, bensì nell'operare degli organismi di lotta prima e di potere poi, che la classe si è data (i consigli operai) secondo le indicazioni e il programma politico del partito comunista.
  3. L'attuale preminente battaglia contro la socialdemocrazia e le sue molteplici diramazioni, non escluse quelle che praticano la violenza terroristica, deve assicurare al partito l'organizzazione nel suo seno e sulla base della sua piattaforma, delle avanguardie politiche che il proletariato esprime e che sono tuttora vittime delle più diverse mistificazioni sortite dalla rovina della Terza Internazionale e ancora indugianti su posizioni opportunistiche o confuse.
  4. Le possibilità di simili acquisizioni sono dipendenti dalla capacità del partito e dei suoi militanti a presentare in tutta la sua chiarezza e determinazione la teoria e la pratica per il comunismo. Ciò vale a dire che tali possibilità sono escluse se viene a mancare, o si nasconde, l'originalità teorica, politica e organizzativa del partito comunista rivoluzionario.
  5. Non ci si può infatti illudere che le bufere prossime, spazzando via le inconsistenti ideologie e tendenze di falsa sinistra che ammorbano oggi l'ambiente operaio, portino, per forza propria, ad un rafforzamento organizzativo del partito con un nuovo orientamento di quelle che vengono genericamente considerate avanguardie. Il programma rivoluzionario orienta e attira nuovi militanti solo se e in quanto il partito, che ne è portatore, sarà stato capace, pur nei limiti operativi che la situazione gli impone, di farlo vivere, di farlo circolare, di tradurlo in prassi organizzativa all'interno del proletariato.
  6. Il crollo delle impalcature sovrastrutturali borghesi che si accompagna all'atteso collasso economico, determinerà una situazione caotica, di totale rimescolamento della scena sociale, politica e financo civile nel quale il partito rivoluzionario potrà costituire un polo di attrazione di classe, un solido punto di riferimento per le ionizzate e disperse soggettività politiche, alla sola condizione che esso sappia attrezzarsi a reggere gli urti più violenti. Ciò significa che il partito dovrà porre, come sempre, la massima attenzione nella preparazione e forgiatura dei suoi quadri per renderli capaci di affrontare la battaglia contro la guerra imperialista che si profila e contro tutte le correnti che alla guerra trascinano il proletariato e che nella guerra lo vorranno far soggiacere.
  7. La forgiatura dei quadri si realizza attraverso il loro esercizio, da subito, nella battaglia politica di chiarificazione e contrapposizione dei programmi, nella lotta alle formulazioni politiche avversarie come alle posizioni opportunistiche diffuse sulla scena politica del proletariato.
  8. Ciò esclude naturalmente ogni e qualsiasi possibilità che organizzazioni di partito e suoi quadri accedano a forme di compromesso, collaborazione o fronte unico con le organizzazioni e tendenze politiche con le quali non sia stata accertata e stabilita una effettiva comunanza politica tesa alla costruzione dell'organismo politico internazionale di classe.
  9. Si verificano sovente oggi nell'ambiente politico proletario esperienze apparentemente nuove di coordinamenti, conferenze, incontri fra organizzazioni eccetera. Tali esperienze sono da molti considerate come il manifestarsi di segni di ripresa nella classe e delle concrete possibilità di nuovi orientamenti. Il Partito considera viceversa la stragrande maggioranza di queste esperienze in termini tutt'affatto diversi. Il fiorire di gruppi e gruppetti che alle diverse scale cittadine si pongono come centri di proiezione di una politica nazionale, quando non internazionale, rientra - per i modi in cui avviene e per i contenuti che esprime - nella fase di disgregazione di quella certa sinistra che il partito da sempre denuncia come controrivoluzionaria, emanazione della piccola borghesia.
    Al momento del V Congresso del Partito va osservato, a conferma di quanto affermiamo, una certa rarefazione di tali esperienze, in coincidenza con l'esaurirsi di quel processo di disgregazione e con l'acuirsi, ovvero l'elevarsi di tono, dei problemi politici in evidenza, scaturiti dalla crisi, di fronte ai quali forze che tali non sono non possono che soccombere.
  10. Permangono tuttavia esperienze di incontri, dibattiti e assemblee pubbliche indette da diverse organizzazioni. In esse i militanti del partito presenteranno le posizioni, le tesi e il programma del partito mirando sempre a far emergere la sua coerenza all'interesse storico di classe, la sua organicità e consequenzialità e gli aspetti generali o particolari del suo distinguersi dall'insieme delle ideologie e posizioni borghesi, piccolo borghesi od opportuniste. A tali esperienze il partito non va per realizzare collaborazioni o fronti con altre organizzazioni, ma per la propaganda ed il proselitismo, per presentare le condizioni e le opportunità di un orientamento rivoluzionario ai singoli militanti presenti. La conquista di nuovi militanti al partito passa sempre attraverso l'acquisizione individuale, da parte di questi, dei princìpi, delle tesi e della piattaforma del partito.
  11. Gli organismi che solitamente vengono presentati "aperti", saranno considerati dal partito come possibili momenti di orientamento politico rivoluzionario dei partecipanti. Perciò tali organismi saranno sciolti o abbandonati non appena il partito avrà esaurito le possibilità di un simile lavoro.
  12. Per quanto riguarda gli organismi solo apparentemente aperti, ma che in realtà si configurano come "intergruppi" , il partito opererà per stimolare ed importare in essi la discussione dei problemi politici reali di classe in modo che si verifichino le condizioni di cui al punto 9. I quadri internazionalisti persisteranno in tale lavoro sino a che non si dimostri impossibile con il loro allontanamento, fino al già sperimentato fallimento e scioglimento dell'organismo stesso.
  13. Medesimo atteggiamento sarà tenuto nei confronti dei cosiddetti circoli o gruppi operai, i quali presentati dagli opportunisti e dai controrivoluzionari come spontanee emanazioni del proletariato sono in realtà espressione di minoranze più o meno politicizzate, quando non di particolari tattiche di organizzazioni avversarie. Nell'uno e nell'altro caso l'intervento dei rivoluzionari consisterà nel denunciarne la vera natura, operando come al punto 10 e smascherando le inevitabili reazioni dell'avversario. Nell'eventualità di una genuina natura operaia, sarà così assicurata la possibilità di lavoro secondo le linee di partito. L'argomento degli "organismi operai" sarà ripresa nella parte seguente, relativa al lavoro di fabbrica e operaio.
  14. Il partito e i suoi quadri porranno comunque la massima attenzione a che la più rigida osservanza della indipendenza e originalità del partito rivoluzionario e la più assoluta esclusione di ogni tipo di fronte unito o alleanza con forze estranee, non si traducano in atteggiamento settario tale da precludere le future possibilità di attrazione da parte del partito di militanti oggi ancora inseriti in organizzazioni e tendenze opportuniste o confuse. Deve essere sempre tenuto presente che le soggettività oggi ancora inquadrate nelle espressioni politiche della sconfitta o addirittura nella socialdemocrazia, potranno domani orientarsi verso il partito rivoluzionario, quando il collasso dell'economia capitalista e delle sue istituzioni determinerà lo sconvolgimento degli attuali squilibri politici.
  15. Il partito conferma la classica posizione marxista, valida per l'intero arco storico del capitale, secondo cui forza centrale della rivoluzione comunista è la classe operaia, in quanto unica classe capace di superare la contraddizione fra socialità del lavoro produttivo e proprietà dei mezzi di produzione. È dunque alla classe operaia nei centri di produzione che il partito continua a rivolgere il suo intervento teso alla direzione politica.
  16. La crescente disoccupazione e la progressiva proletarizzazione di strati sociali precedentemente dispersi nel territorio, hanno indotto alcune nuove forze della vecchia tradizione sostanzialmente socialdemocratica a spostare su di essi il centro della attenzione, dando per morta la classe operaia o comunque non più centrale alla strategia per il comunismo.
  17. Il partito comunista, nel mentre denuncia per anticomuniste tali pretese strategie alternative, riafferma invece la necessità della ricomposizione della complessiva potenza proletaria attorno al nucleo centrale produttivo, riconquistato alla sua lotta di classe anticapitalista.
  18. Il complessivo dispiegarsi dell'intervento rivoluzionario sul territorio e verso gli strati disoccupati o marginalizzati sarà dunque teso a ricomporre tale unità di classe sulla base dell'unica piattaforma rivoluzionaria.
  19. In concreto, l'azione dei comunisti fra i disoccupati o i marginalizzati consisterà nel legare le battagliedi questi alla lotta operaia in fabbrica, eventualmente dirigendo le forze organizzate verso la mobilitazione e l'agitazione, tendenti a stimolare l'insorgere delle lotte degli operai occupati.
  20. L'unità di classe che perseguiamo consisterà nell'operare coordinato e congiunto di occupati, disoccupati e proletari nelle battaglie di fabbrica e nel territorio sul quale le fabbriche esistono.

Sindacati e lotte operaie

  1. La funzione obiettivamente e irrimediabilmente controrivoluzionaria e antioperaia dei sindacati nella fase imperialista, non modifica la loro composizione operaia, ovvero di organizzazioni nelle quali si raggruppa il proletariato per spinta immediatamente interna all'autodifesa. La contraddizione fra la consistenza operaia e la funzione borghese dei sindacati riflette ed esprime la contraddizione fra l'obiettivo antagonismo storico del proletariato al capitale e la sua attuale soggezione ideologica e politica alla borghesia.
  2. L'elevarsi del proletariato a soggetto di storia, negli svolti rivoluzionari, segnerà quindi anche la fine del sindacato, in quanto la classe passerà dalla propria organizzazione contrattualistica a quella confacente alla conduzione dello scontro frontale e della successiva amministrazione del potere.
  3. Poiché il passaggio da una forma di organizzazione di massa all'altra avviene nella fase rivoluzionaria, nel momento del salto dialettico, del quale tale passaggio organizzativo è una delle principali manifestazioni, esso non può essere gradualisticamente raggiunto per successiva evoluzione dei sindacati. In altri termini, non è dato concepire il passaggio del sindacato al soviet per trasformazione dell'uno nell'altro. L'organizzazione degli operai per la lotta rivoluzionaria sostituisce completamente la vecchia organizzazione nella quale gli operai si contenevano per la contrattazione salariale e normativa all'interno della conservazione.
  4. Sono da rigettare come opportuniste ed obiettivamente controrivoluzionarie, oltreché del tutto negate dalla esperienza storica del movimento comunista, sia le tesi che sostengono possibile una forma di sindacato "di classe" in epoca imperialista (e alla costruzione di tale sindacato subordinano la tattica di intervento), sia quelle che ritengono addirittura possibile il raddrizzamento degli attuali sindacati perché effettivamente operino sul piano di intransigente difesa degli interessi operai. Le une e le altre fanno discendere la attuale funzione antioperaia dei sindacati da una cattiva loro direzione politica, ovvero dalla loro subordinazione a forze politiche an ti operaie, sostituite le quali alla direzione del movimento sindacale, tornerebbe di attualità la reale difesa degli interessi immediati degli operai.
  5. In realtà la direzione sindacale da parte di forze politiche controrivoluzionarie non è che la conseguenza della obiettiva funzione dei sindacati stessi nell'epoca imperialista. Va affermato peraltro, perché incontrovertibile, che mai, neppure nei momenti ascensivi del capitale, i sindacati hanno aperto reali possibilità di una loro direzione alle forze politiche rivoluzionarie. Tanto più ciò vale nell'epoca della decadenza capitalista, quando la contrattualità, che è il terreno proprio del sindacato, è condizionata e subordinata alle esigenze di sopravvivenza del capitale e dunque alla compressione del proletariato.
  6. La rottura del proletariato con la pratica della mediazione e della contrattazione che si risolve in progressivo peggioramento delle condizioni di classe, nel mentre si tradurrà nel rifiuto degli attuali sindacati porrà immediatamente il problema del potere, il problema dell'assalto al capitale ed al suo Stato.
  7. Nel momento del materiale scontro fra le classi, che si esprime con la radicalizzazione delle lotte operaie fuori e contro i limiti del sindacato, il problema che si pone storicamente non è quello di un nuovo sindacato, dunque, ma della creazione degli organi propri alla lotta rivoluzionaria e alla successiva espressione del potere di classe: i consigli operai. Ogni spazio di mediazione, funzione di qualunque sindacato, è negato. Qualunque sindacato si comporterebbe come quello appena abbandonato e travolto dalle masse.
  8. Che non si tratti di una questione nominale è confermato dal fatto che le forme stesse di organizzazione sindacale o sovietica sono radicalmente diverse, come radicalmente diverso è l'ordine dei problemi affrontati.
  9. La sostanzialità del problema si traduce nella originalità tattica del partito comunista a fronte delle tattiche e dei modi di intervento di altre organizzazioni e tendenze.
  10. Essendo nella prospettiva il rovesciamento della prassi operaia ed il passaggio del proletariato a forme di organizzazione in rottura con i sindacati, il problema che si pone ai rivoluzionari è quello della direzione comunista di questi futuri organismi. La attuale tattica del partito rivoluzionario, quindi, deve tendere a creare le condizioni perchè le materiali, economiche contrapposizioni di classe di domani realmente trascrescano in scontro politico per il potere e l'instaurazione della dittatura del proletariato, secondo il programma per il comunismo.
  11. Le condizioni di una direzione politica rivoluzionaria delle future lotte radicali nel proletariato consistono nella operatività in esse, nel corpo stesso della classe, di una avanguardia operaia fortemente organizzata sulla base del programma rivoluzionario.
  12. Tale organizzazione dell'avanguardia operaia comunista è quella che il partito definisce la rete dei gruppi di fabbrica internazionalisti.
  13. La creazione dei gruppi di fabbrica, il loro rafforzamento politico ed organizzativo, la loro centralizzazione a scala nazionale ed internazionale, sono l'obiettivo immediato del lavoro del partito e dei suoi militanti in rapporto alle fabbriche, ai posti di lavoro e in genere all'ambiente operaio.
  14. I gruppi di fabbrica internazionalisti rappresentano l'unica reale cinghia di trasmissione fra il partito e la classe nel senso che solo ad essi è consentito poggiare la loro azione sulle istanze immediate del proletariato per agire da veicoli di trasmissione delle parole d'ordine e delle indicazioni del partito.
  15. Già oggi, nelle condizioni date dalla crisi, le lotte di difesa reale degli interessi proletari - si tratti della grande stagione polacca o delle ben più limitate battaglie che quà e là si verificano nelle fabbriche e nelle situazioni più colpite dalla crisi - avvengono al di fuori e contro le indicazioni del sindacato, al di fuori e contro dunque, le sue strutture.
  16. Anche là dove lotte reali stentano a partire la rappresentatività del sindacato è in calo vistoso, con il quasi annullamento di nuove iscrizioni e l'aumento invece delle tessere stracciate.
  17. Ciò indica il manifestarsi oggi della tendenza obiettiva a superare il sindacato mediante le nuove più appropriate organizzazioni per la conduzione della lotta di classe ed a distruggere il sindacato quale condizione stessa del generalizzarsi della materiale lotta di classe.
  18. È questa tendenza, ovviamente ostacolata da controtendenze di ordine politico, ideologico e addirittura psicologico, che è compito dei rivoluzionari favorire, mediante il proprio intervento nel mondo operaio.
  19. Favorire questa tendenza storica non deve significare semplicemente l'invito generico, e perciò facilmente recuperabile a destra, all'abbandono del sindacato. La tendenza obiettiva si traduce in possibilità di crescita rivoluzionaria alla sola condizione che l'abbandono dei sindacati significhi la ricomposizione della forza di classe sul suo fronte anticapitalista.
  20. Ciò può essere favorito, stimolato e guidato solo attraverso la preparazione delle condizioni politiche in cui tale ricomposizione può avvenire. Si tratta allora per i rivoluzionari di lavorare mediante i loro propri strumenti (i gruppi di fabbrica) per lo smascheramento della reale natura dei sindacati e la denuncia del rapporto fra questa e la sua funzione di collaborazione e sostegno del capitale, per chiarire il rapporto fra possibilità effettiva di difesa economica e atteggiamento o posizione politica rispetto al capitalismo.
  21. L'abbandono dei sindacati nelle migliori condizioni avviene quando al passivo inquadramento in essi del proletariato, è sostituita la attiva e autonoma conduzione delle lotte nell'ambito della complessiva battaglia anticapitalista.
  22. Nonostante la tendenza indicata, gli operai sono massicciamente presenti nel sindacato. Il sindacato dunque interessa il partito rivoluzionario per le masse lavoratrici che vi sono incapsulate nel confronto delle quali è necessaria una costante azione critica e di guida per indirizzarle sul terreno della autonomia e della lotta di classe. L'azione in questo senso sarà dunque condotta dall'interno o dall'esterno delle organizzazioni sindacali stesse, in dipendenza delle materiali condizioni in cui i militanti si troveranno ad operare.
  23. Laddove la tendenza sopraindicata si è già vistosamente manifestata con l'abbandono massiccio del sindacato da parte degli operai, i militanti internazionalisti opereranno al di fuori delle strutture del sindacato perché prive dell'unico interesse che esse hanno per loro. Laddove invece il sindacato racchiude la maggioranza dei lavoratori e che alle sue strutture continuano a fare riferimento, i militanti internazionalisti non disdegneranno di operare in qualità di iscritti nelle strutture di base.
  24. Operando d'intesa con i locali organi del partito, i militanti di fabbrica eviteranno comunque di abbandonarsi a posizioni codiste rispetto ai movimenti spontanei delle maestranze, cogliendo con la necessaria intelligenza politica il momento in cui è necessario prendere l'iniziativa per trascinare la massa in una salutare rottura.
  25. L'erompere della lotta di classe non può manifestarsi che come rottura di massa nei confronti delle gabbie sindacali. È cioè la massa che sostituisce il sindacato con i suoi propri organi di lotta, in un processo non certo di progressiva linearità. Sono dunque da respingere come antimarxiste ed opportunistiche le tesi di chi vuol vedere come immediate espressioni di classe ciò che viene prodotto dalla volontaristica azione di soggettività isolate: gruppi operai, coordinamenti e simili.
  26. Tali formazioni, al di là del contenuto formale operaio, sono espressioni tattiche di scelte politiche che, divergenti dal partito, esprimono la presenza e la operatività nella classe di tendenze riformiste o opportuniste che è nostro compito preciso battere.
  27. Nessuna confusione è ammissibile fra i comitati di sciopero, emanazione della mobilitazione e della lotta reale degli operai e gruppi minoritari che sono invece emanazione delle organizzazioni politiche nella classe.
  28. Nei comitati di sciopero gli internazionalisti sono presenti in posizione di avanguardia, stimolo e guida politica dell'esperienza, poiché alla formazione di questi informano tutta la loro azione. Circoli operai, coordinamenti eccetera, invece saranno considerati sulla base di ciò che mostreranno essere al necessario vaglio politico.
  29. Non si esclude che circoli operai si formino per iniziativa, non pilotata politicamente, di proletari in rottura con il sindacato, i suoi partiti e in cerca di nuovi orientamenti. In tal caso i militanti internazionalisti considereranno tali esperienze come necessari spazi per il loro intervento chiarificatore e di orientamento politico, per trasformarli in strumenti operativi della politica rivoluzionaria, ovvero inserirli nella rete politica e organizzativa dei gruppi di fabbrica.
  30. Nel caso di emanazioni politiche più o meno mascherate da altri gruppi e tendenze, la tattica rivoluzionaria mirerà a smascherarli per ciò che sono, particolarmente denunciandone l'atteggiamento e la posizione opportunistica rispetto alla classe. È proprio, infatti, attraverso tali organismi, emanazioni di un gruppo o addirittura di intergruppi, irrimediabilmente opportunistici, che si esprimono le tendenze al nuovo sindacato o al raddrizzamento, magari forzato, di quello attuale. In altri casi è la esplicita posizione politica di cui tali organismi si fanno strumenti, che costituisce l'obiettivo della battaglia permanente del partito. E comunque esclusa ogni partecipazione o collaborazione alle attività di questi da parte dei militanti internazionalisti.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.