Gorbaciov: il nuovo corso dell'Urss

L'avvento di M. Gorbaciov alla carica di segretario generale del P .C.U.S. sta producendo un ritorno di fiamma verso l'Unione Sovietica, alimentato dalla intelligente propaganda dei mass media e dall'abilità del neo-segretario nel dare di sé un'immagine profondamente diversa da quella dei suoi predecessori. Il risultato di ciò è l'avvio di un nuovo processo mistificatorio della realtà russa e della sua effettiva natura di paese imperialistico con il rischio che il vecchio mito ritorni a farsi strada ed ad esercitare tutta la sua nefasta influenza sul già difficilissimo processo di orientamento del movimento comunista internazionale verso autentiche posizioni internazionaliste e rivoluzionarie.

D'altra parte, spinge in questa direzione la crisi profonda della società occidentale ed in particolare di quella statunitense che si presenta sempre più aggressiva e animata da forti spinte verso la guerra.

Il rischio che l'URSS possa apparire, all'opposto, il paese del socialismo e della pace, quindi, è tutt'altro che remoto. E che Gorbaciov miri esattamente a questo è dimostrato dalla spregiudicatezza con cui affronta i problemi della società russa, ne denuncia le colossali carenze ed arretratezze ed indica soluzioni che ai più appaiono come le più adeguate risposte per far compiere all'orso sovietico il balzo definitivo verso il socialismo.

La rivoluzione d'ottobre -- ha dichiarato Gorbaciov -- è stata una svolta nella storia millenaria del nostro Stato e non ha precedenti per la sua portata e le sue conseguenze nello sviluppo di tutta l'umanità. Ma non basta fare la Rivoluzione: bisogna anche difenderla, tradurre in vita le aspirazioni dei lavoratori all'eguaglianza e alla giustizia, i loro ideali sociali e morali. In altre parole, si tratta di costruire una società nuova, capace di assicurare all'uomo una vita degna. (1)

Dopo 70 anni e passa di cosiddetto socialismo questa ammissione potrebbe apparire quanto di più rivoluzionario si possa immaginare, quasi la presa di coscienza della necessità di rompere con l'attuale stato delle cose. Ma non è così, la rottura, come vedremo, è tutta interna ad una realtà economica e politica di tipo capitalistico che non solo non viene posta in discussione, ma che si vuole migliorare ed affinare.

La premessa da cui muove Gorbaciov è che nel suo paese i rapporti di produzione vigenti siano di tipo socialista avendo la Rivoluzione d'ottobre soppressa la proprietà privata dei mezzi di produzione.

Se per patrons -- risponde ad una precisa domanda al riguardo Gorbaciov -- voi intendete i direttori, l'amministrazione, infatti, di proprietari privati così come di rapporti fondati sulla proprietà privata da noi non ve ne sono. Già nei primi anni del potere sovietico fu creato un intero meccanismo destinato a tutelare i diritti dei lavoratori; una rigorosa legislazione del lavoro, ampi diritti ai sindacati, il controllo da parte del partito e del Soviet. (2)

L'abolizione della proprietà privata, dunque, viene assunta come discriminante, come confine netto fra un'economia di tipo socialista ed una di tipo capitalistico. Non stupisce, quindi, che, data la premessa, la causa dei ritardi e delle strozzature in cui è imbottigliata la società russa venga individuata nella degenerazione burocratica degli apparati statali, oltre che in cause esterne.

[...] Mi riferisco ancora una volta sia all'aspetto quantitativo che qualitativo, vale a dire a consumi e servizi, alloggi, assistenza medica ed istruzione, previdenza sociale [...] Non nasconderò che in molti di questi campi le cose non stanno affatto così come vorremmo. In parte, perché la nostra difficile storia ci ha impedito a lungo di dedicare a questi settori della vita tutta l'attenzione richiesta. E anche per colpa nostra, a causa dell'inerzia, dell'inettitudine e semplicemente dell'irresponsabilità di questo o quel funzionario, di interi dicasteri e organizzazioni. (3)

Quasi per una sorta di ironia della storia, riecheggia, in questa analisi, la vecchia tesi trotskista dello "stato degenerato" il cui superamento è possibile mediante il semplice ribaltamento della burocrazia.

Tanto Marx nel Capitale, che Engels nell'Antiduhring, come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre circostanze su questa stessa rivista (4), avevano colto compiutamente la possibilità di una gestione capitalistica delle forze produttive pur in presenza della soppressione della proprietà privata dei mezzi di produzione. Anzi, Engels la ritiene una necessità del capitalismo maturo, l'ultimo baluardo della società borghese contro la socializzazione dei mezzi di produzione.

Ma a parte queste considerazioni d'ordine teorico sulle quali la nostra corrente ha a lungo discusso e, crediamo, anche contribuito non poco a chiarire, un più attento esame della realtà economica sovietica e delle proposte di riforma di Gorbaciov ci consente di cogliere, in tutta la sua evidenza, che non siamo in presenza, come il segretario del PCUS sostiene, del necessario "affinamento" dei rapporti di produzione socialisti in relazione all'affacciarsi sulla scena economica e produttiva di nuove tecnologie; bensì di un passaggio obbligato da forme di gestione borghesi ormai obsolete ad altre, altrettanto borghesi, più avanzate e più idonee a reggere il confronto imperialistico reso più acuto dalla crisi economica mondiale.

La preoccupazione della classe dominante russa che, in questo momento, ha assunto forme quasi di convulsa agitazione, nasce dalla constatazione che la crisi economica mondiale ha attivato giganteschi processi di ristrutturazione rispetto ai quali l'Unione Sovietica, per contraddizioni interne accumulatesi nel corso del tempo ed acuitesi nell'era brezneviana, è in forte ritardo tanto da temere, per l'impossibilità di reggere i nuovi livelli di scontro concorrenziale, il collasso dell'impero o, comunque, la sua riduzione a livello regionale.

I compiti fondamentali -- ha sostenuto Gorbaciov nel suo rapporto politico al 27o Congresso del PCUS dello scorso febbraio -- dello sviluppo economico e sociale del paese determinano anche la strategia internazionale del PCUS. Il suo obiettivo principale è estremamente chiaro: assicurare al popolo sovietico la possibilità di lavorare in condizioni di pace stabile e di libertà. Questa, in sostanza, è la massima esigenza programmatica del partito nei confronti della nostra politica estera. Soddisfarla significa oggi bloccare soprattutto i preparativi materiali della guerra nucleare.

E qualche pagina prima, sempre nello stesso rapporto si legge:

Non essendo in grado di far fronte all'aggravamento dei problemi del ciclo discendente di sviluppo del capitalismo, i circoli dirigenti dei paesi imperialistici ricorrono a mezzi e metodi notoriamente incapaci di sollevare la società, condannata dalla storia stessa [...] Lo scontro e la lotta tra approcci opposti circa le prospettive di sviluppo mondiale hanno assunto un carattere particolarmente complesso [...] Ecco perché nella situazione determinatasi è molto difficile pronosticare il futuro dei rapporti tra paesi socialisti e capitalisti, tra l'URSS e gli USA. Qui i fattori decisivi saranno costituiti dal rapporto di forze nell'arena mondiale, dalla crescita e dall'attività del potenziale di pace.

È, come si può constatare, la presa di coscienza di un profondo mutamento nelle prospettive dello scontro interimperialistico. La crisi da una parte e l'introduzione di tecnologie avanzatissime nei processi produttivi dall'altra, pongono ogni centro imperialistico nella condizione di dover necessariamente accrescere la propria competitività al fine di poter continuare ad esercitare l'egemonia sulla propria area di influenza e, in relazione alle modificazioni dei rapporti di scambio che la ristrutturazione determina sul mercato mondiale, operare per l'allargamento dell'area egemonizzata senza escludere la possibilità dello scontro armato diretto.

Ma qui l'Unione Sovietica si scopre terribilmente debole. I criteri della pianificazione economica fissati da Stalin e di fatto tutt'ora operanti, hanno consentito, senza dubbio, a determinati settori della borghesia di stato fin qui maggioritari, di mantenere la propria posizione di comando totale, ma nel corso del tempo hanno condotto l'intera economia russa in un vicolo cieco fino al punto che anche il più piccolo sviluppo ulteriore delleforze produttive risulta problematico quando non del tutto impossibile.

I problemi della pianificazione

Dall'ascesa di Krusciov alla guida del PCUS, si discute, in URSS, sulla necessità di modificare profondamente i criteri della pianificazione economica perché ritenuti sin d'allora obsoleti. Ma le immense ricchezze naturali hanno consentito, in ragione degli interessi di conservazione della classe dominante, di ovviare alle carenze strutturali denunciate, dando luogo ad un particolare processo di sviluppo basato interamente su incrementi quantitativi costanti con modificazioni qualitative quasi irrilevanti nella combinazione dei fattori produttivi. Un simile meccanismo di sviluppo ha consentito, ad esempio, lungo l'arco di 15 anni (tre piani quinquennali) una crescita costante e con valori assolutamente eccezionali. Secondo i dati ufficiali, quasi certamente opportunamente gonfiati, ma non di meno indicativi di una chiara tendenza, il Reddito Nazionale dal 1951 al 1970 è cresciuto ad un tasso oscillante fra il 9,7 per cento per gli anni 1954-61 e il 9,2 per quelli 1961-70 (5). A partire dal 1970 i tassi di crescita si sono via via ridotti fino ad attestarsi, secondo stime occidentali, attorno al 3-3,5 per cento in questi ultimi anni; sempre ottimi risultati visti i tassi a crescita zero dei paesi occidentali. Ma, al di là delle apparenze, i dati, trattandosi di dati medi che includono tanto la produzione di beni strumentali quanto quella energetica e di beni di consumo, non dicono granché sull'effettivo stato dell'economia sovietica e, soprattutto, nascondono i gravi ritardi accumulati nei settori tecnologicamente più avanzati. Essi includono, infatti, una crescita della produzione di cemento rispettivamente, per i periodi prima considerati, del 15,6 e del 10,2; dell'energia elettrica dell'11,7 e del 12,8; del petrolio del 15,4 e del 10,1; ma solo del 3,3 per i tessuti di cotone, e non si hanno dati attendibili per l'agricoltura e per la produzione di beni destinati al consumo.

La mancanza di dati e le recenti denunce di Gorbaciov fanno ritenere che le cose in questi settori vadano davvero maluccio.

La lettura critica di questi dati suggerisce però ben altre considerazioni. Intanto, che siamo in presenza di un'economia che fino a tutti gli anni 1970 ha sviluppato soprattutto l'industria pesante e la produzione di beni intermedi, ma che ha incontrato notevoli difficoltà a tradurre questi incrementi in beni finali e ciò è sintomo di una economia grezza oltre che carica di profonde contraddizioni nei processi gestionali.

In URSS, nonostante i numerosi tentativi di riforma economica fatti, la gestione del piano è interamente affidata al Gosplan che è un organismo posto sotto il diretto controllo del partito. I pianificatori elaborano centralmente programmi produttivi per circa 19 000 tipi di merci ed impartiscono, altrettanto centralmente, gli ordini produttivi alle aziende. Le aziende, a loro volta, sono poste sotto il controllo dei funzionari di partito locali e quindi, avendo come punto di riferimento esclusivamente il partito-stato, ad esse basta rispettare il piano e la volontà dei burocrati locali per essere al riparo da qualsiasi fastidio. Esse non si misurano né con il mercato, come in occidente, né con i destinatari della produzione. Questi ultimi, infatti, sono del tutto esclusi dai processi di formazione del piano e soprattutto non hanno alcuna voce in capitolo nella formazione di un piano per i prodotti finali che sono, poi, quelli che maggiormente interessano loro.

Mancano, quindi, efficaci strumenti di controllo dei tassi effettivi di produttività e di efficienza. Il metodo di controllo più diffuso, il cosiddetto "bilancio dei materiali", è a sua volta basato esclusivamente sulle quantità (tonnellate o rubli) e non coglie in alcun modo eventuali sprechi e dispersioni. Rispetto al bilancio dei materiali quel che conta è il rispetto del piano; così, ad esempio, un'impresa si guarderà bene dal modificare le tecniche di produzione introducendone di nuove, se non è più che certa che l'applicazione delle nuove non andrà ad incidere sul quantitativo finale. Poco importa cioè, che nuove tecnologie possano consentire di produrre 90 anziché 100, ma utilizzando risorse pari a 45 anziché 80.

Ora, una tale organizzazione gestionale non produce grossi scompensi finché si tratta di approntare programmi e piani di investimenti relativi a produzioni omogenee e con pochi cicli intermedi quali le attività minerarie, quella per la produzione di energia elettrica o quella siderurgica primaria; ma quando si tratta di produzioni con numerosi cicli intermedi in cui sono necessari altrettanti numerosi collegamenti fra le imprese è il caos totale: gli sprechi non si misurano, e i ritardi si accumulano con il risultato che a determinati input corrispondono output del tutto insufficienti e, in generale, tutto il sistema economico tende sistematicamente alla stagnazione.

Una intera classe dirigente, politica ed economica, è ovviamente interessata al mantenimento dello status quo poiché, in un simile contesto, il mantenimento del privilegio sociale corre pochissimi rischi non essendoci né un metodo obiettivo di controllo né un soggetto che tale controllo possa esercitare. Il ricambio di personale avviene, quindi, solo per lotte intestine e il rinnovamento produttivo, benché ufficialmente incoraggiato, è temuto come la peste salvo che nei settori collegati alle esigenze militari sollecitati continuamente dell'esterno in relazione all'incessante rinnovamento degli eserciti concorrenti.

Con quella sottile ironia tutta russa un direttore di una fabbrica chimica così commentava già nel 1962 lo stato di grazia della classe dirigente del paese:

Non troverete mai la persona realmente colpevole. Sarebbe necessario analizzare la gestione presso il Rosglavchimkomplet del VSNCH (un'organizzazione responsabile per le attrezzature degli stabilimenti chimici), il Gosplan dell'URSS e tutta una serie di altre organizzazioni. Posso assicurarvi che se una persona si dichiarasse responsabile del pasticcio e meritevole di punizione, nessuno gli crederebbe. (6)

Dopo oltre venti anni è lo stesso Gorbaciov ad informarci che nulla è mutato:

L'effetto antilogorio, scoperto dagli scienziati sovietici trent'anni orsono, ha permesso di creare lubrificanti assolutamente nuovi, i quali fanno aumentare di varie volte la durata dei nodi di attrito delle macchine e riducono drasticamente il dispendio di lavoro. Questa scoperta, che fa risparmiare milioni di rubli, non viene ancora ampiamente utilizzata a causa dell'ottusità di alcuni dirigenti del Ministero dell'industria petrolchimica dell'URSS, nonché di alcuni altri ministeri. Da una decina di anni non riesce ad avere una massiccia applicazione, per colpa del Ministero dell'industria automobilistica e degli organismi della pianificazione, neppure il cuscinetto a riempitore anti-frizione, che nelle più dure condizioni di sfruttamento accresce la sicurezza e la puntualità dei meccanismi [...] Purtroppo l'elenco potrebbe continuare. Alla base di tale atteggiamento verso il nuovo ci sono, non di rado, le ambizioni dei singoli gruppi di scienziati, l'antipatia campanilistico-burocratica per le "altrui" scoperte, il mancato interessamento dei produttori alla loro introduzione.

M. Gorbaciov, Rapporto al 27o Congresso del PCUS, febbraio 1985

Sembra di leggere un rapporto sulle USL italiane che, notoriamente, non si fregiano di bandiere rosse, né sono ritenute da anima viva dotata di un pizzico di cervello, "momenti di realizzazione socialista" .

Il sistema basato sulla pianificazione elaborata e gestita centralmente corrisponde esattamente all'interesse di una classe dominante che si caratterizza, in quanto tale, non per il possesso giuridico dei mezzi di produzione, ma per il potere che esercita sul controllo delle forze produttive. Nella società capitalistica tradizionale la proprietà privata dei mezzi di produzione costituisce il presupposto indispensabile per vincolare le forze produttive ai rapporti di produzione borghesi cioè al profitto ed a tutta la sua logica. Il possesso della fabbrica, della terra e di tutti gli altri fattori produttivi è importante perché consente a chi può dire: "questo è mio!" anche: "essendo mio lo utilizzo come meglio credo ed in modo tale da ottenerne il massimo vantaggio". Mancando il presupposto giuridico di proprietà e quindi dell'uso privatistico dei mezzi di produzione, la classe dominante deve necessariamente concentrare nelle sue mani tutti gli strumenti di controllo delle forze produttive e la pianificazione elaborata centralmente, benché chiaramente fonte di incredibili pasticci, diviene lo strumento senza il quale l'esercizio del potere diventa pura chimera.

Al contrario, in una società socialista, dove i rapporti di scambio e l'uso delle forze produttive sarebbero interamente nelle mani dei produttori, la pianificazione centralizzata andrebbe a costituire un momento puramente esecutivo di "ordini" provenienti dalla società e i rapporti fra le singole unità produttive troverebbero nel piano generale di produzione il necessario momento di mediazione e di ordine, ma non il generale a cui non si può dire che "signorsì".

Ciò vale tanto più oggi che esistono strumenti tecnologici di incredibile efficienza e semplicità d'uso la cui applicazione potrebbe consentire al processo di formazione di quelli che abbiamo chiamato "ordini" e a quello di formazione del piano, come momento esecutivo, un collegamento costante, un'interazione immediata tale da rendere i momenti produttivi estremamente sensibili alle variazioni della domanda di beni finali più e meglio di quanto oggi faccia il sistema dei prezzi.

Nella società capitalistica, infatti, le variazioni della domanda si trasferiscono immediatamente ai prezzi in ragione direttamente proporzionale; e in ragione inversamente proporzionale quelle dei prezzi alla domanda.

Un aumento della domanda di un determinato bene ne fa lievitare il prezzo. Il maggior profitto che si profila in virtù del nuovo prezzo attiva nuove forze produttive per la produzione di quel determinato bene e così domanda e offerta trovano un equilibrio sulla base del prezzo più basso possibile in relazione alla struttura dei costi di produzione e del saggio del profitto medi esistenti sul mercato. Per questo prezzo e per le quantità che a questo prezzo è possibile produrre, non tutti potranno godere di quel bene, ma soltanto chi è in condizioni di pagare il prezzo dato. In URSS, dove le imprese non rispondono alle sollecitazioni dei prezzi, se non in misura lieve (e qualcuno individua erroneamente in ciò rapporti di produzione socialisti) l'esclusione dal godimento di un determinato bene di masse più o meno grandi di lavoratori e di cittadini avviene per via autoritaria. Esistono all'uopo negozi riservati ai soli funzionari di partito e l'ormai caratteristico sistema di demolizione psicologica del consumatore che è la coda davanti ai negozi: lunghe attese senza neppure la certezza di poter poi comprare quel che si desidera.

Nell'un caso come nell'altro (nel primo mediante la formazione di un prezzo di mercato e nel secondo mediante il controllo centralizzato sulle forze produttive), il consumatore, che corrisponde poi nella stragrande maggioranza dei casi al produttore effettivo del bene, esprime, come dire? solo un gradimento e resta completamente escluso da tutti i momenti decisionali che riguardano la effettiva produzione del bene considerato.

Il piano ed il prezzo, e spesso l'uno e l'altro insieme, riflettono la divisione in classi della società. Una società non divisa in classi, è evidente, dovrebbe valersi di parametri di distribuzione completamente diversi in modo che anche le possibili esclusioni non risultassero discriminanti sociali, ma libere scelte della collettività.

Oggi, dicevamo, sono disponibili strumenti di gestione della forze produttive che possono soddisfare completamente questa esigenza, ma, come vedremo in seguito, niente di tutto ciò è nella mente del riformatore Gorbaciov e neppure nelle sue intenzioni.

Intanto, vediamo come potrebbe presentarsi un centro di distribuzione o, per usare il termine corrente, un negozio in una società di tipo socialista.

Non essendo una distribuzione basata su valori di scambio, non avremmo cartellini indicanti prezzi, ma molto più probabilmente quantità di valore espresse in tempo di lavoro e dall'altra parte non denaro, ma tesserini indicanti un tempo totale di lavoro, valevole per un certo periodo di tempo, corrispondente alla quantità di lavoro prestato dal possessore del tesserino.

Il possessore del tesserino potrebbe prelevare a suo piacimento tutto quanto gli occorre e gli verrebbe detratto dal tesserino il tempo corrispondente. Fin qui, siamo solo in presenza di un mutamento, sì importante, ma non decisivo.

Basti pensare che non tutti i beni sono disponibili in quantità illimitate per rendersi conto che il problema, messo fuori dalla porta, è lì che si riaffaccia dalla finestra

Ma, supponendo che contemporaneamente alla deduzione del tempo di lavoro utilizzato per il prelievo di una certa quantità di beni, la macchina rilevasse il prelievo anche come un ordine di produzione da trasmettere immediatamente (oggi la cosa avviene in tempo reale) alla fabbrica interessata e da questa, sempre in tempo reale, esteso a tutte le fabbriche interessate ai diversi segmenti produttivi che costituiscono il ciclo produttivo completo del bene in questione, ecco formarsi un "portafoglio ordini" proveniente direttamente dai destinatari della produzione ed anche uno strumento di formazione del piano generale di produzione sottratto all'arbitrio di chicchessia.

Il piano, se inteso in termini puramente esecutivi ed armonizzatori dei cicli produttivi, e non come strumento per l'esercizio del potere di una minoranza sulla maggioranza, e quindi suscettibile di variazioni in relazione al variare delle esigenze e dei gusti dei produttori-consumatori, anziché configurarsi come una camicia di Nesso, diverrebbe il punto di riferimento, il mezzo di mediazione tra limitatezza delle risorse e bisogni da soddisfare.

Le informazioni necessarie alla formulazione del piano sarebbero, infatti, più che serie innumerevoli di quantità, fissate centralmente ed arbitrariamente, indicazioni politiche di priorità degli aventi diritto ai prodotti in relazione alla limitatezza delle risorse. Tali indicazioni, ovviamente, implicano il funzionamento effettivo di organismi di democrazia diretta quali i soviet nella loro funzione originaria o, che è lo stesso, la comune.

Gli organi della democrazia diretta, data la possibilità odierna di esercitare mediante i sistemi d'informazione computerizzata controlli in ogni momento ed in brevissimo tempo, non correrebbero il rischio di un esproprio di funzioni e nel contempo neppure quello di diventare organismi di pura e semplice consultazione di decisioni già prese altrove; ma manterrebbero intatto, in ogni momento tutto il loro potere di intervenire sulla utilizzazione delle forze produttive.

Da questi brevi cenni appare evidente che la semplice esistenza di un piano caratterizza ben poco una società ed i suoi rapporti di produzione, mentre ciò che veramente conta è il modo in cui il piano viene elaborato e gestito.

Il piano economico sovietico, rispondendo ad esigenze proprie di una società divisa in classi, deve necessariamente articolarsi nei modi prima descritti e quindi esprime tutte le contraddizioni di una società capitalistica che si sintetizzano nel contrasto evidente, in questo caso palmare, tra le necessità di sviluppo ulteriore delle forze produttive ed i rapporti di produzione che lo frenano.

Ed è proprio di fronte a questo tipo dì contraddizione, giunta al suo più alto grado di maturazione, che oggi si trova l'URSS.

Il capitalismo di stato e la gestione fortemente centralizzata dei processi produttivi, seppure in maniera contraddittoria, hanno consentito il passaggio da una economia scarsamente industrializzata ed essenzialmente agricola ad una altamente industrializzata. Il passaggio che nelle economie di tipo tradizionale ha richiesto tempi abbastanza lunghi, qui ha potuto aver luogo in un lasso di tempo relativamente breve proprio grazie al fatto che la classe dominante, potendo disporre di un potere illimitato su tutti i processi economici, ha potuto imporre un utilizzo delle risorse tutto proteso all'obiettivo, ritenuto primario, di dare al paese una struttura industriale di base ed un apparato militare di primaria grandezza.

Rispetto a questo obiettivo la gestione del piano, nei termini prima esposti, è risultata di una straordinaria efficacia trattandosi di processi produttivi, come abbiamo già rilevato, molto omogenei e quindi di facile programmazione anche perché il tutto è avvenuto sacrificando i consumi e l'industria leggera. I dati sul reddito nazionale mostrano il perdurare, anche in epoca recente, di un meccanismo di sviluppo nel quale è l'industria di base ad essere privilegiata e ciò anche quando l'URSS aveva già raggiunto in molti settori di questa il primato mondiale e, in altri, posizioni comunque ragguardevoli. Ma occorre rilevare che nei paesi occidentali, in quello stesso periodo, andava sviluppandosi fino a raggiungere la preminenza l'industria leggera e le tecnologie ed essa connesse.

Non si tratta di cosa di poco conto perché lo sviluppo dell'industria pesante, in assenza di un parallelo sviluppo dell'industria leggera, ad un certo grado diviene un puro non sense: una montagna che partorisce topolini. Ed in economia ciò equivale al suicidio.

Come è pensabile, in un mondo che ha economicamente saturato il mercato connesso all'industria pesante, di mantenere e di espandere la propria egemonia quando non si è in grado di produrre in maniera competitiva la maggior parte dei prodotti che costituiscono la domanda mondiale? La necessità di avviare un profondo processo di ristrutturazione trova la sua ragion d'essere, quindi, in una contraddizione strutturale figlia di un processo di sviluppo che ha obbedito a precise esigenze di ordine imperialistico e non, come si vuol far credere, nell'esigenza di imprimere un'ulteriore crescita a rapporti di produzione di tipo socialista inesistenti. Se così non fosse, non si comprenderebbe lo spessore degli ostacoli e la forte opposizione che il progetto di ristrutturazione gorbacioviano sta incontrando.

In un'economia di tipo socialista, un'opzione economica e produttiva anziché un'altra non provoca la sedimentazione di una condizione di privilegio per una parte della società a danno dell'altra; la determina invece se quell'opzione significa privilegiare interessi particolari a danno di quelli generali o di altri altrettanto particolari. La borghesia di stato russa ha mantenuto il comando della società in quanto ha fatto coincidere i suoi interessi particolari con un modello di sviluppo di tipo nazionalistico ed imperialistico.

L'assenza o la forte attenuazione del diritto di proprietà, le particolari condizioni storiche in cui tale situazione si è determinata, hanno necessariamente selezionato e favorito quelle forze che nell'ambito del Partito-Stato si sono rese interpreti di un blocco di interessi che consentiva ad esse, in quanto classe, di esercitare compiutamente tale ruolo e di goderne i privilegi connessi e, nel contempo, di presentare il loro agire agli occhi del proletariato come funzionale allo sviluppo dei rapporti di produzione socialisti. Il nazionalismo economico, non facendo emergere formazioni monopolistiche di tipo privatistico, ha ben mascherato tutto ciò, ma non ha impedito che ad un certo grado di sviluppo la contraddizione si manifestasse in tutta la sua drammaticità.

Vi è ora, da una parte, una classe dominante che ha costruito su un determinato modello di sviluppo le sue posizioni di dominio, vecchia e sclerotizzata ed incapace di avviare effettivi processi di rinnovamento, timorosa com'è di perdere la base materiale del proprio potere. Dall'altra le pressioni interne della società, attraversata trasversalmente dalle contraddizioni della struttura economica, portano alla ribalta nuovi gruppi dirigenti, ma poiché non è il mercato e la concorrenza che in esso si sviluppa a poter determinare l'affermazione dell'uno o dell'altro gruppo, lo scontro è tutt'interno al partito, ma non per questo meno feroce.

Il passaggio dal modello di sviluppo tradizionale aduno che privilegi le nuove tecnologie e l'industria leggera, implica tanti e tali mutamenti da rendere impensabile che esso possa svolgersi in maniera indolore e senza lasciare sul terreno un numero più o meno grande di sconfitti.

Si tratta di mettere mano in primo luogo ai meccanismi di gestione del capitale finanziario per favorirne gli spostamenti da un settore all'altro. In secondo luogo, di recuperare dai settori tradizionali le ingenti masse di capitale necessarie per avviare la ristrutturazione. Infine, di predisporre processi di circolazione delle merci più agili, come si addice ai beni di consumo.

Ognuno di questi mutamenti implica la liquidazione di certi apparati e la nascita di nuovi con l'ovvia sostituzione di un numero consistente di burocrati intermedi e di primissimo piano e la caduta di certi gruppi sociali a favore di altri emergenti.

La soluzione positiva di questo problema -- sostiene la sociologa Zaslavskaia vicina al gruppo di Gorbaciov -- è solo possibile sulla base di una strategia sociale diretta simultaneamente a mobilitare quei gruppi che sono interessati al cambiamento e a immobilizzare quei gruppi che possono impedirlo.

Si ammette esplicitamente, come si può constatare, l'esistenza di interessi contrastanti nel seno della società di tale spessore da poterne impedire il rinnovamento. C'è da chiedersi come mai in una società che viene definita di tipo socialista ciò possa accadere; come, cioè, sia possibile la formazione di interessi separati e particolari che possano prendere il sopravvento sugli interessi generali della società.

È evidente che i rapporti di produzione si prestano alla formazione di questi interessi e che quindi si tratta di rapporti di produzione capitalistici. D'altra parte è capitalistico il rapporto capitale-lavoro salariato che in URSS è identico a quello esistente in tutti i paesi del mondo ed è borghese il modo come vengono gestite le forze-produttive poiché, come abbiamo visto, esso esclude l'intervento attivo ed operante della maggioranza della società nei processi decisionali con conseguente formazione di posizioni di dominio e di privilegio.

Nessuna di queste obiezioni viene mossa da Gorbaciov ai suoi avversari ma, al contrario, c'è nei suoi progetti di riforma la precisa volontà di mantenere immutati tanto il quadro istituzionale che i rapporti di produzione, ovvero tutta la base materiale e giuridica sulla quale è possibile la prevalenza di interessi particolari su quelli generali.

La riforma di Gorbaciov

L'obiettivo della riforma economica in URSS è dunque obbligato e dettato dalla precisa esigenza di portare questo paese ad un grado di sviluppo che gli consenta di mantenere il passo con i mutamenti intervenuti nella struttura economica mondiale e con le modificazioni conseguenti nella struttura della domanda.

L'introduzione generalizzata della microelettronica nei processi produttivi e la crescita dell'industria leggera sono, di conseguenza, il presupposto indispensabile di ogni ipotesi di rinnovamento, ma entrambe le cose richiedono interventi in ordine alle priorità economiche: lo "Stato-imprenditore" dovrà necessariamente sacrificare qualcosa a vantaggio del nuovo.

In una società socialista, ciò dovrebbe comportare una semplice riconversione programmata delle attività produttive. In URSS, invece, si sta procedendo nella stessa direzione nella quale si sono mossi i paesi occidentali: lo stato concentra il suo intervento nei settori strategici e, parallelamente, abbandona l'area dei servizi. La recente decisione di liberalizzare le attività artigianali in considerazione del fatto che un operaio impiegato in queste attività, direttamente dallo Stato, rende quattro volte meno dell'operaio che svolge la stessa attività in "nero" è indice di un orientamento da lungo tempo maturato nei settori più avanzati della borghesia sovietica e chiaramente mirato verso il taglio della spesa sociale a favore degli investimenti produttivi.

La liberalizzazione di un'area che ricopre la maggior parte dei servizi significa, di fatto, consentire la formazione di un mercato e di un sistema di prezzi liberi oltre che lo snellimento del Gosplan.

Attesa dai cittadini sovietici, stanchi di aspettare un idraulico per mesi, come una sorta di manna dal cielo, in realtà la liberalizzazione nasconde ulteriori forme di centralizzazione politica ed un aumento dei prezzi che nulla hanno a che fare con l' "avanzamento delle conquiste socialiste", ma più semplicemente risponde all'esigenza primaria di liberare i programmatori della gestione di flussi economici minori e di concentrare la loro attenzione sul funzionamento del sistema nel suo insieme.

Il Comitato Centrale del PCUS -- si legge nel rapporto di Gorbaciov al 27o Congresso -- ed il suo Ufficio Politico hanno definito gli indirizzi fondamentali del riassetto del meccanismo economico. I compiti che poniamo sono:
* accrescere l'efficienza della direzione centralizzata dell'economia, rafforzare il ruolo del centro nel conseguimento degli obiettivi della strategia economica del partito, nella determinazione dei tassi e delle proporzioni dello sviluppo economico nazionale, del suo bilanciamento. Parallelamente si deve porre fine alla pratica di ingerenza del centro nell'attività operativa delle unità economiche sottostanti. [...]
* estendere decisamente i margini di autonomia dei consorzi e delle imprese, elevarne la responsabilità per il conseguimento dei più alti risultati finali. A tal fine, consorzi e imprese debbono passare all'impiego del calcolo economico effettivo, all'autosufficienza ed autofinanziamento, e stabilire il livello dei redditi collettivi in rapporto diretto con l'efficienza del loro lavoro [...]. (7)

Come si può evincere dalla citazione, la riforma non interviene nelle disfunzioni organizzative dei processi di produzione e distribuzione, ma mira a rafforzare il ruolo centrale del Gosplan a livello macroeconomico lasciando le imprese libere, nell'ambito delle scelte generali compiute centralmente, di gestire la propria attività secondo il "calcolo economico" in relazione al quale si dovranno misurare i "redditi", ovvero i salari e i profitti. Ciò implica necessariamente che i tradizionali sistemi di esclusione dei lavoratori vengano modificati e, poiché trattasi di scelte che non intaccano minimamente i rapporti di produzione borghesi, la soluzione è la più classica e conosciuta, operante in tutti i paesi capitalistici: da una parte, l'estrema centralizzazione del potere in organi molto ristretti e sottratti ad ogni possibile controllo; dall'altra il mercato e le sue leggi brutali, rispetto al quale i momenti centralizzati del potere intervengono per evitare i danni che anche la stessa struttura economica capitalistica può subire dal muoversi anarchico della legge della domanda e dell'offerta.

Il successo dipende per molti versi dal riordino dell'attività degli organismi economici centrali e innanzi tutto del Gosplan dell'URSS. Questo è destinato a diventare un vero e proprio stato maggiore economico-scientifico del paese, liberato dall'onere dei problemi economici correnti [...] la fondamentale delle funzioni connesse alla gestione operativa è delegata direttamente alle imprese ad ai consorzi. Il Gosplan e gli altri enti economici debbono concentrarsi sui problemi della pianificazione prospettica, su come assicurare uno sviluppo proporzionale e bilanciato dell'economica, sulla conduzione della politica strutturale, sulla realizzazione dei presupposti economici e degli incentivi per il conseguimento dei massimi risultati finali in ogni cellula dell'economia nazionale. (8)

Al Gosplan, ovvero al partito-stato, è assegnato il compito di determinare le scelte strategiche dell'economia nazionale e alle imprese quello di operare affinché, sulla base del criterio di economicità (massimo profitto), gli obiettivi vengano raggiunti.

Ora, affinché ciò possa realizzarsi, è evidente che è necessaria anche la completa revisione dei processi di formazione dei prezzi. Con l'attuale sistema di prezzi rigidi le imprese non possono essere lasciate libere di decidere le strategie produttive, ma è necessario che anche queste vengano fissate dagli organi centrali insieme ai prezzi e alle quantità da produrre. Se si vuole che le imprese abbiano una loro autonomia, dunque, il processo di formazione dei prezzi deve essere lasciato al libero gioco del mercato in relazione alla legge della domanda e dell'offerta con la differenza, rispetto ai paesi capitalisti tradizionali, che qui c'è a monte una scelta economica generale rispetto alla quale le proporzioni fra i diversi settori produttivi non possono essere determinate che in minima parte dal mercato rimanendo il potere decisionale ben stretto nelle mani degli organi di potere del partito-stato. Nella sostanza vi è l'adeguamento della gestione di un potere tipicamente monopolistico alla necessità di favorire l'introduzione di nuove tecnologie sulla base di meccanismi incentivanti di tipo concorrenziale (autofinanziamento e determinazione dei salari in base al calcolo economico). Né poteva essere diversamente. La generalizzazione dell'uso della microelettronica nei processi produttivi e gestionali se non si accompagna ad una centralizzazione esasperata dei momenti decisionali può determinare meccanismi di accesso al potere e di controllo dell'esercizio di esso capaci di sconvolgere l'autoritarismo di una società divisa in classi. Il bivio di fronte al quale si trova la borghesia russa è infatti dato dall'alternativa fra il mantenimento di uno _status quo _immobilizzante e sclerotizzante e l'apertura al nuovo senza correre i rischi che il nuovo comporta. La scelta che sembra abbia ormai preso il sopravvento, a danno di tutto il vecchio apparato brezneviano, è quella di aprirsi al nuovo introducendo forme di divisione ed esclusione sociali più tipicamente occidentali.

Vi sono ancora code ai negozi?

Sì -- risponde Gorbaciov -- soprattutto per le merci di alta qualità di cui non si riesce a soddisfare la domanda. Vorrei rilevare a questo proposito che non tutti i mezzi per risolvere il problema sono alla nostra portata. Se da voi, in Occidente, la domanda di qualche articolo è superiore all'offerta si aumentano i prezzi. Noi questo non lo facciamo mai o quasi, in ogni caso mai per gli articoli più richiesti. Ne risulta una carenza di merci, che, a sua volta, genera le code. Tutto questo lo dico per spiegare il problema e non per giustificare i difetti. I difetti - e su questo noi insistiamo con forza - devono essere non giustificati, ma corretti. È proprio per questa ragione che abbiamo intrapreso una seria ristrutturazione dell'economia, di tutti i suoi meccanismi. (9)

Anche qui scorgiamo la grande abilità demagogica di Gorbaciov nel porre a nudo e senza mezzi termini una questione di grande attualità in URSS, al fine di ottenere attorno alle sue proposte di riforma un vasto consenso; ma, a dispetto delle attese del popolo russo, l'eliminazione delle code non è il fine della riforma, altrimenti avremmo avuto proposte di modifica dei sistemi di controllo della produzione, della sua qualità e dei circuiti della distribuzione dove ad esempio, si perdono il 20 per cento delle derrate alimentari prodotte per incuria e per l'arretratezza tecnologica del settore.

L'abolizione delle code, in realtà, offre lo spunto per l'introduzione di prezzi liberi funzionali, come abbiamo visto, all'autonomia gestionale e produttiva delle imprese.

I prezzi sono destinati a diventare uno strumento attivo della politica economica e sociale [...] Bisogna conferire ai prezzi maggiore elasticità, collegare il loro livello non solo alle spese, ma anche ai valori d'uso delle merci, all'efficienza degli articoli, al grado di bilanciamento che si ha tra il bene prodotto, da un lato e i bisogni e la domanda della popolazione dall'altro. (10)

Il sistema prescelto è l'allargamento al maggior numero di merci dei prezzi-limite. Con questo sistema gli organi centrali non danno prezzi da rispettare, ma solo limiti massimi oltre i quali il prezzo non può salire. Da zero fino al prezzo-limite si possono avere, per una stessa merce, prezzi diversi e oscillazioni continue per cui le imprese che dovranno preoccuparsi del proprio autofinanziamento, oltre che di guadagnare di più per poter pagare salari, stipendi ed incentivi più alti, saranno indotte a ricercare combinazioni produttive con costi unitari sempre più bassi. È evidente che più questi ultimi saranno bassi maggiori saranno i profitti; così come maggiori saranno le possibilità di auto finanziamento per l'acquisizione di tecnologie, di materiali e di mezzi di produzione che, a riforma attuata, andranno acquisiti direttamente sul mercato.

Anche il sistema di approvvigionamento tecnico e materiale ha bisogno di un serio perfezionamento. Deve convertirsi in meccanismo economico flessibile, capace di aiutare l'economia nazionale a funzionare regolarmente e stabilmente. Il compito immediato del Gosnab (Comitato statale di approvvigionamento) è quello di favorire attivamente l'avvio di rapporti diretti e prolungati tra produttori e consumatori su basi contrattuali. Va sviluppato il commercio all'ingrosso dei mezzi di produzione. (11)

Venendosi a creare la possibilità di accedere ai mezzi di produzione direttamente sul mercato, il management di ogni impresa, il cui "reddito" è collegato al risultato economico dell'impresa stessa, sarà stimolato a ricercare le combinazioni produttive più efficienti ed a più elevata produttività, e non dal punto di vista della collettività, ma da quello della singola impresa, cioè dal punto di vista di un interesse del tutto particolare, né più né meno che in qualunque altro paese capitalistico. D'altra parte la possibilità di accedere direttamente al mercato, mediante l'autofinanziamento, comporterà, necessariamente il rafforzamento della tendenza, per il management, a comprimere i salari a favore dei profitti e degli investimenti; a far prevalere un preciso interesse di classe al di là del fatto che la proprietà giuridica dei mezzi di produzione non abbia un carattere privatistico.

La riforma - per il fatto che il conflitto tra capitale e lavoro non viene da essa attenuato o, come si vuol far credere, eliminato, ma ingigantito ed esasperato in relazione alle esigenze di ristrutturazione dell'apparato produttivo - conferma il suo essere tutta interna ai rapporti di produzione borghesi vigenti e da essa, pertanto, non c'è che da aspettarsi tutte le conseguenze già manifestatesi nei paesi occidentali a seguito dei grandi processi di ristrutturazione e di riconversione produttiva.

Già oggi taluni fenomeni che hanno accompagnato i processi di ristrutturazione nell'area occidentale hanno risparmiato l'URSS non tanto per la presunta specificità dei rapporti di produzione, quanto per alcune situazioni del tutto particolari. La disoccupazione, ad esempio, ci dice Gorbaciov, non esiste soprattutto perché:

[...] noi abbiamo non un'eccedenza, ma un'insufficienza di manodopera [e anche perché...] noi realizziamo lentamente l'ammodernamento, anche nelle sfere dove la sua esigenza è pressante. (12)

Ma è evidente che proprio il carattere borghese della riforma, appena essa prenderà quota, non potrà non far emergere fino in fondo questo fenomeno che segna in maniera così drammatica e lacerante tutto il mondo capitalistico. Ed i propositi del gruppo dirigente, al riguardo, sono estremamente chiari e precisi:

Non possiamo più tollerare che i lavoratori delle imprese produttrici di manufatti scadenti vivano senza particolarte preoccupazioni, ricevendo al cento per cento salario, premi ed altri benefici. (13)

Insomma, come in ogni altro angolo del mondo, riduzione dei salari e licenziamenti non dovranno più scandalizzare. Lo sviluppo dell'industria leggera, come scelta di fondo per il mantenimento e l'ampliamento del proprio ruolo imperialistico, impone alla borghesia di stato russa scelte che non possono sottrarsi allo sviluppo di rapporti monetari e mercantili più marcatamente occidentali e quindi anche un adeguamento del rapporto capitale-lavoro, sia economico che giuridico, ad essi.

E, infatti, alle modificazioni di esso ci si appresta a metter mano senza ulteriori indugi.

È necessario che la grandezza del fondo-salari delle imprese sia legato per via diretta agli introiti della vendita della loro produzione. (14)

Il duplice obiettivo della riforma di centralizzare ulteriormente i momenti decisionali a livello macroeconomico e di affidare alla selettività del mercato il compito di controllo dell'efficienza e della produttività delle imprese, se dovesse essere raggiunto non modificherà in nulla i rapporti di produzione vigenti se non nel senso che avrà prodotto un adeguamento della sovrastruttura alle necessità gestionali imposte dall'introduzione di nuove tecnologie e dalla modificazione delle proporzioni fra i diversi settori produttivi. La classe operaia, in particolar modo, da tali mutamenti potrà attendersi più beni di consumo nei negozi, ma anche più rischi per quel che riguarda il livello dei salari reali e dell'occupazione, in nessun caso, però, la fine o l'attenuazione dello sfruttamento del suo lavoro. Ma nondimeno il nuovo corso imposto da Gorbaciov apre una fase storica di grandissimo interesse politico. Dal punto di vista interno, infatti, la restituzione al mercato di molte funzioni di controllo oggi affidate agli apparati burocratici del partito-stato fanno fuori interi gruppi dirigenti locali e danneggiano enormemente gli interessi degli strati sociali ad essi collegati. Vi è quindi da attendersi il maturare di fortissime resistenze di cui i recenti incidenti di Alma Ata costituiscono il primo clamoroso esempio. Ma, come abbiamo già sottolineato, il percorso è obbligato e pertanto lo scontro interno alla borghesia russa si produrrà fino in fondo. La stessa classe operaia, d'altra parte, non tarderà a comprendere che, dal punto di vista dei suoi interessi autonomi, la riforma è un ulteriore inganno e sotto la spinta della delusione e del malcontento, che già serpeggia vistosamente, non è da escludere la ripresa di iniziative di lotte generalizzate come quelle polacche.

La possibilità che, al prodursi di questa eventualità, il proletariato sovietico possa riannodare il filo rosso con l'ottobre 1917, dipenderà in larga misura proprio dalla comprensione che esso avrà della natura dello scontro in atto fra i vecchi gruppi di potere e i nuovi che si affacciano alla ribalta. E chiaro che il mancato approdo ad una posizione di classe autonoma, come in Polonia, non potrà che produrre l'assunzione delle spinte provenienti dal seno della classe stessa da parte di uno dei due gruppi per strumentalizzarle a proprio vantaggio.

Dal punto di vista internazionale, la riuscita del progetto di riforma apre la strada a tante e tali modificazioni nei rapporti interimperialistici esistenti da non poter escludere anche sostanziali modificazioni degli attuali e già precari equilibri. Ma anche qui quel che occorre contrastare con forza è l'idea che il gorbaciovismo abbia un qualcosa a che vedere con il socialismo e la rivoluzione mondiale.

Le bandiere rosse sventolanti sul Cremlino sono già servite a coinvolgere milioni di proletari nel secondo conflitto mondiale convinti di battersi per il "socialismo" e la "democrazia" e non è detto che la storia non possa ripetersi per due volte in maniera tragica. Lo stalinismo con il viso rifatto non è meno pericoloso di quello che già conosciamo.

Giorgio

(1) Intervista rilasciata a L'Humanité, Notizie dai Partiti Comunisti, n. 7/86, pag. 1.

(2) N.P.C. int. cit., pag. 6.

(3) N.P.C. int. cit., pag. 5.

(4) Vedi Prometeo n. 21/22, 1974, 3a serie.

(5) Stalinismo e antistalinismo nell'economia sovietica. Alec Nove, ed. Einaudi, tab. n. 2, pag. 69.

(6) Op. cit., pag. 118.

(7) Rapporto politico 27o Congresso del PCUS, pag. 36, Ed. "URSS Oggi".

(8) Rapporto politico, cit., pag. 37.

[9} N.P.C. int. cit., pag. 8.

(10) Rapporto politico, cit., pagg. 38-39.

(11) Rapporto politico, cit., pagg. 38-39.

(12) N.P.C. int. cit., pag. 7.

(13) Rapporto politico, cit., pag. 40.

(14) Rapporto politico, cit., pag. 40.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.