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Home ›L'assassinio di Fausto Atti
A Trebbo (Bologna) durante la notte del 27 marzo 1945 un gruppo di partigiani delle formazioni nazionalcomuniste penetra nella casa di Fausto Atti che viene assassinato mentre giace infermo nel proprio letto.
Nato nel 1900 e militante comunista dal '21, Fausto Atti era riuscito a rifugiarsi in Francia, a Parigi, sfuggendo all'inseguimento dei fascisti. Nel 1929, infatti, era stato deferito al Tribunale Speciale con altri quattro comunisti di Modena e di Bologna per aver diffuso - durante le elezioni plebiscitarie del '29 - manifestini invitanti a votare contro il fascismo. Essendo latitante, il suo "caso" fu stralciato dal processo tenutosi nel dicembre 1929.
All'estero aveva aderito alla Frazione comunista di sinistra fin dalla fondazione nel 1927; espulso dalla Francia, si era trasferito a Bruxelles, dove in seguito i nazisti lo arrestarono (1940). Deportato in Germania e poi ricondotto in Italia, fu confinato all'isola di Ventotene. Alla caduta del fascismo, nel '43, viene liberato e subito passa nelle file del Partito Comunista Internazionalista, impegnandosi successivamente nella difficile opera di contatto e propaganda fra le bande partigiane dell'Emilia.
I lavori del Convegno
Nel dicembre 1945-gennaio 1946 si tiene a Torino il Convegno Nazionale del Partito Comunista Internazionalista, che si aprì nel nome di Mario Acquaviva e di Fausto Atti - Resoconto apparso in Battaglia comunista, n. 2 del 1946
Il Convegno Nazionale si è aperto nel nome di Mario Acquaviva e di Fausto Atti, militanti rivoluzionari dalla scissione di Livorno, passati per la dura trafila della galera e della persecuzione fascista, caduti sotto il piombo del centrismo a Casale l'11 luglio 1945 e a Trebbo (Bologna) il 27 marzo, per aver strenuamente difeso le posizioni di classe del proletariato e l'ideologia rivoluzionaria contro gli allettamenti del riformismo e la bandiera maledetta della guerra. Noi li ricordiamo, oggi, nel XXVII anniversario dell'uccisione di Karl Liebnecht e di Rosa Luxemburg.
La seduta si apre alle 15 al canto dell'Internazionale nella sala, addobbata di drappi rossi e affollatissima, della Sede della Federazione Torinese. Presidente: Vasco Rivolti della Federazione di Torino.
Il compagno Muccini porge ai delegati il saluto del Cf di Torino.
Si dà lettura di un telegramma di saluto dei compagni di Genova e di uno dei compagni di Cosenza preannuncianti il loro arrivo per il giorno 29. Dopo alcune richieste di chiarimento del compagno Torricelli, il compagno Damen commemora, per incarico del C.C., i compagni Mario Acquaviva e Fausto Atti. È bene - egli dice - che questo primo nostro Convegno avvenga a Torino, dove si sente l'anima di un proletariato unitario, a capacità di forte mordente rivoluzionario: questa città ha avuto le nostre particolari cure in periodo clandestino perché ne conoscevamo l'importanza ai fini della ripresa proletaria, e perché in essa sono confluite le migliori energie nell'ambito della lotta contro la guerra. Ma questo nostro Convegno si apre sotto il segno del sacrificio, ed è il sangue dei nostri migliori che dà il crisma al nostro Partito e lo slancio per la sua marcia in avanti.
È soprattutto il pensiero di Mario Acquaviva, comunanza di fede politica, di sacrificio e di lotta in periodo clandestino, che va oltre la vita, oltre la rivoltella del centrista di Casale. Questo sacrificio, coscientemente affrontato, costituisce il patrimonio migliore di questo nostro Partito che rappresenta la classe dirigente di domani. Mentre davanti ai nostri occhi passava la tragica visione della fine di "Paolo", giungeva da Bologna la risposta a nostre richieste su Fausto Atti, questo combattente che ha fatto tutta la trafila di lotta dopo Livorno e nella Frazione all'estero: la risposta è che egli era stato trucidato nel periodo immediatamente precedente la cosiddetta insurrezione nazionale, vittima di quella tecnica dell'eliminazione fisica dell'avversario che è tipica merce di esportazione russa. Con Atti abbiamo perduto un secondo grande compagno: entrambi rappresentano le vittime prime di quella schiera di militanti rivoluzionari che possono essere soppressi fisicamente perché non possono essere eliminati con la corruzione o con la persuasione.
Non li commemoriamo per una formalità d'uso, ma perché sono simbolo di quell'odio di classe che il centrismo scatena contro la classe operaia. Essi rappresentano la spinta perché si vada avanti. E noi andremo avanti.
Da Battaglia comunista
Da Battaglia comunista n. 14 - luglio 1947
Non ha alcuna importanza che l'amministrazione della cosiddetta giustizia sia nelle mani di un ministro nazionalcomunista o democristiano: il risultato è sempre lo stesso. Quel che conta è per chi essi amministrano.
Fin dal primo momento, che pure era quello del risentimento doloroso e della passione, il Partito si è preoccupato più del mandante politico che del sicario, e lo ha subito individuato, tanto era palese, e lo ha denunciato all'opinione pubblica e al proletariato. Su questa direzione la magistratura non ha gambe per camminare, e ovunque è così.
È lecito tuttavia affermare che l'epoca del nazionalcomunismo è diventata ormai l'epoca del delitto politico; non per nulla il nazionalcomunismo appare come il volto tragico della sconfitta del proletariato; non per nulla esso è divenuto l'arma più valida dell'imperialismo.
E l'imperialismo è la guerra. Figlio della guerra, e come la guerra orribile e insaziabile, il nazionalcomunismo esige le sue vittime e se ne alimenta. Nella marea rivoluzionaria montante del primo dopoguerra, l'imperialismo affidò la difesa dei suoi interessi di classe ai boia della socialdemocrazia; nel secondo dopoguerra l'affida ai boia del nazionalcomunismo.
E cadono così i rivoluzionari migliori, da Carlo Liebnecht e Rosa Luxemburg a Trotzky, dai trucidati di Barcellona ai nostri Acquaviva e Atti.
E tanti sono questi nostri caduti a simboleggiare sia la gravità della sconfitta subita dal proletariato come la sua tenace volontà disperatamente tesa verso la ripresa.
Lo scontro degli internazionalisti con lo stalinismo, e le sue vittime
Le persecuzioni e gli omicidi politici subiti dai comunisti internazionalisti: dall’assassinio di M. Acquaviva e F. Atti ai fatti di Schio e al processo di San Polo, le forze controrivoluzionarie del capitale e le armi dei sicari di Stalin contro i comunisti rivoluzionari.
Ricordando le figure di Mario Acquaviva e di Fausto Atti, additiamo il loro sacrificio eroico ai giovani proletari perché traggano da un così fulgido esempio ammonimenti e sprone per le dure battaglie che li attendono.
L'archivista di partitoAllegato | Dimensione |
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