Kosovo: per il generale Mazzaroli l'imperialismo italiano è monco, gli altri hanno cento braccia

Le dichiarazioni sono pesanti, in Kosovo noi militari: " siamo lasciati da soli, paghiamo il prezzo della nostra inefficienza" perché non abbiamo alle spalle "un sistema paese" che ci sostenga. Provo un " grande fastidio nel vedere che noi abbiamo fatto un grande lavoro e alla fine lasceremo agli altri la possibilità di una reale penetrazione economica e politica nel Kosovo". E "per gestire i nostri interessi quaggiù non abbiamo trovato di meglio che spedire funzionari totalmente vergini".

Chi parla non è un soldato qualsiasi o un osservatore esterno che giudica le vicende del dopo guerra con il misurino del politologo, bensì il generale italiano Mazzaroli, vice comandante delle truppe Kfor in Kosovo, alle cui dipendenze ha 37 mila soldati e la responsabilità di "gestire" la conflittualità sociale ed economica tra Serbi e Albanesi.

L'esternazione continua sottolineando come l'ambasciatore di Washington Holbrooke e i soldati americani in loco "fanno i loro giochi che sono diversi da quelli ufficiali della missione. Che cosa c'è sotto non voglio dirlo. Ma i movimenti serbi li conosciamo, non c'è un allarme". A volte, per questioni politiche, per frizioni all'interno del mondo militare, per insoddisfazione, poco importa il motivo, escono improvvise dichiarazioni che altrimenti resterebbero inespresse e si scoprono gli altarini. L'inconfessabile diventa noto, il lavoro di mistificazione che si tesse attorno a ogni impresa imperialistica di tanto in tanto cade lasciando lo spazio a brandelli di verità. Non per niente, appena le dichiarazioni sono state rilasciate, il generale è stato dimesso e invitato a interessarsi di altro lasciando la scelta strategica e le opzioni politiche in mano a chi di dovere. Chi infrange le regole del gioco non può avere altro trattamento. Ma lo sfogo resta, le dichiarazioni anche e un commento lo impongono. Le lamentele del generale Mazzaroli che si è sempre sentito il braccio armato delle ambizioni italiane nell'area balcanica, riguardano il rapporto tra queste ultime e l'operatività del governo per raggiungerle. In termini semplici la questione può essere espressa come segue: la guerra umanitaria contro i Serbi e in difesa della comunità albanese in Kosovo è la versione che è stata data in pasto all'opinione pubblica internazionale, il vero scopo di tutti è stato quello di ottenere i migliori vantaggi possibili dalla operazione. L'Italia, in modo particolare, deve operare nella penisola balcanica, come in Medio oriente, per affermare il suo ruolo di leadership nell'area del basso Mediterraneo. Ma, e qui si appunta la critica, mentre tutti i contingenti militari, americani, francesi, tedeschi e persino gli ultimi venuti, gli spagnoli, hanno alle proprie spalle un "sistema paese" che li aiuta e li sorregge nel compito di penetrazione che gli è stato affidato, solo l'Italia lascerebbe le sue truppe in terra cosovara come contingente assistenziale e non come avamposto degli interessi economici e strategici da consolidare. È la critica che un uomo d'arme muove al suo governo per non essere sufficientemente coerente da un punto di vista imperialistico. Qui non siamo, sembra dire, per garantire " la coesistenza pacifica che è un obiettivo difficile da raggiungere. Credo che dovremmo restare in Kosovo ancora 10 o 20 anni", ma per ricavare il nostro piccolo posto al sole senza farci precedere da tutti, ultimi arrivati compresi. Ben detto generale Mazzaroli! Le guerre sono guerre, le guerre sono rapina imperialistica, che senso ha fare le guerre se poi non se ne ricavano i "giusti" vantaggi. Ci scappa un grazie al generale italiano per aver reso noto quanto noi comunisti ci sforziamo di denunciare in analisi dietrologiche imposteci dalla ipocrisia del capitalismo, ma vorremmo fargli ugualmente una piccola lezione di realismo imperialistico. Ciò che sfugge al "nostro" generale è che negli equilibri tra le potenze che si sono buttate come avvoltoi sui brandelli della Yugoslavia, all'Italia non spetta nulla nella gestione del Kosovo. All'imperialismo italiano è toccata l'amministrazione della Albania e basta, ad altri la responsabilità della guerra del Kosovo e della sua amministrazione nel dopo guerra. L'area è troppo importante da un punto di vista strategico perché l'Italietta possa metterci il becco, e di questo il potere politico è perfettamente conscio. Ne è conscio al punto da non interferire nelle grandi scelte strategiche e da non pretendere dal suo contingente armato un ruolo, che gli equilibri imperialistici internazionali non gli hanno ritagliato. Il problema non è il piccolo Kosovo con le sue miserie umane e di ricostruzione ma quello che ci sta dietro. La questione è nel suo ruolo geo strategico, nel conflitto di interessi tra Europa, Russia e Usa, nelle riaggregazione imperialistica del dopo guerra fredda e nelle gestione del petrolio caspico.

Il "nostro" generale dovrebbe sapere che, se nessuno fa una guerra umanitaria, tantomeno questa attitudine è bagaglio comportamentale dei governi americani. La guerra del Kosovo è stata voluta, gestita e amministrata dagli Usa per portare a compimento la disintegrazione di ciò che resta della Yugoslavia, per gestire uno dei possibili terminali petroliferi del mar Caspio, per dare un monito all'Europa tutta e per chiudere la Russia all'interno del suo ghetto di arretratezza economica e non consentirle di rialzare la testa sullo scenario imperialistico internazionale. Se al generale Mazzaroli sono venuti meno questi parametri internazionali ha fatto un buco nell'acqua, se invece, si riferiva al piccolo cabotaggio degli appalti economici del dopo guerra ha fatto tanto rumore per nulla. In entrambi i casi, le sue esternazioni vanno scolpite su di una piccola stele a monito di tutti quei proletari balcanici e non che di questa guerra, come di tutte le guerre, sono le vittime. L'imperialismo anche quando si veste da agnello mostra peli e zanne da far paura, figuriamoci quando si lamenta di non usare adeguatamente le sue fauci.

fabio damen

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.