La coop sei tu, ti spremiamo di più!

Descritte spesso come un paradiso per chi lavora le cooperative sono, al contrario, spesso un inferno di sfruttamento concentrato: esse usufruiscono di una serie di norme che permettono di ignorare quelle elementari forme di tutela di cui può “giovare” un lavoratore dipendente. Flessibilità, straordinari, sabati lavorativi, garanzie di assistenza nulle, contributi pensionistici pochi e precariato sono la dura legge odierna per chi lavora in una cooperativa.

C’è spazio per un approfondimento su questi aspetti.

La paga oraria arriva a tetti massimi di 15000 £ lorde (13000 £ nette) per i soci con un anno e mezzo di esperienza nelle cooperative più grandi, in genere facchinaggio, carico-scarico,ecc.Per quelle minori, in genere di studio e lavoro, la media si aggira intorno alle 11000 ma in diversi casi sprofonda a quota 6000-7000.I soci possono essere classificati in vari livelli nelle cooperative maggiori e ripartiti in soci in senso stretto (i veri padroni, detentori delle quote sociali)e soci-lavoratori.

Per quanto riguarda il sistema pensionistico, alle coop che assumono a libretto tocca pagarne una buona parte che va dal 50 al 70%, mentre altre,con la gabola della ritenuta d’acconto, fanno gravare questo onere sulle spalle del lavoratore.

Sono cresciuti gli straordinari, del 15% per le grandi coop (il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro le prevede al 30%), il notturno del 20% (previsto dal CCNL al 30%), e i festivi del 25% (CCNL 30%).

Nelle piccole cooperative gli straordinari sono pagati come ore normali. Mancano le minime garanzie di assistenza, se un lavoratore si infortuna non sa da chi lamentarsi. Con l’azienda no di certo, non è nominalmente dipendente. E neanche con la coop, visto che l’incidente è vvenuto in fabbrica.Il diritto di sciopero è inesistente e anche la possibilità di ricorrere al Tribunale del Lavoro, pratica che richiederebbe un iter lunghissimo. Insomma, se nominalmente il socio è padrone dei propri mezzi e del proprio lavoro, in realtà le condizioni di sfruttamento lo rendono di fatto un proletario, cioè un lavoratore dipendente che per ottenere un salario vende la sua forza lavoro. E la tipologia di questa forza lavoro sta in 3 parole:economica (costa poco), mansueta, ricattabile. Lo sfruttamento in cooperativa è stato legalizzato da una sentenza della Corte Costituzionale del 1996, che afferma che in quanto socio dovresti avere un potere decisionale. In realtà socio non vuol dire niente, e per quel che riguarda la ripartizione degli utili, te la sogni, la cooperativa non ne fa e se ne fa li reinveste subito.

Opporsi a questa situazione e fronteggiare gli attacchi della classe avversaria (la borghesia) sul posto di lavoro, significa ritrovare la propria unità di classe e di interessi al di fuori delle divisioni di categoria e delle divisioni tra forza lavoro occupata, disoccupata e precaria. Ma un fronte operaio che nell’unità ritrovi anche la forza per la ripresa delle sue lotte non si costruisce attraverso il sistema della delega sindacale, confederale “di base” non importa, che è proprio lo strumento borghese che asserve i proletari alle decisioni di chi li sfrutta e che in caso di eventuali vertenze, li guida sempre verso il terreno esclusivo della rivendicazione spicciola e della contrattazione.

Fuori e contro il sindacato quindi, che alle lotte proletarie non ha fatto altro che mettere la museruola, se non contrastarle apertamente. Bisogna che le assemblee riprendano in mano le loro rivendicazioni e il loro potere decisonale e bisogna che le lotte partano realmente dalla base, per la difesa intransigente dei propri interessi e delle proprie condizioni di vita. Ogni miglioramento che la classe operaia saprà ottenere su un terreno di lotta sarà però parziale e momentaneo, e destinato a volatilizzarsi al più presto se l’unità di classe non sarà finalizzata anche e soprattutto allo scontro rivoluzionario, all’abbattimento del capitalismo. E un ventuale rilancio della lotta di classe non dovrà essere slegato da quello che è l’obbiettivo finale e rincipale: la Rivoluzione. L’alternativa alla lotta rivoluzionaria è continuare a lanciare all’interno di questo sistema di miseria, precarietà e sfruttamento,obbiettivi e parole d’ordine come 35 ore o salario garantito ai disoccupati e sperare che i padroni te li concedano davvero... e a questo punto non è meglio credere al terzo segreto di Fatima?

Fogli operai

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Esso concretizza la unitarietà e omogeneità politica delle avanguardie rivoluzionarie a scala internazionale e per questo si caratterizza come un passo avanti, seppur piccolo, nel processo di costituzione del partito internazionale al quale puntano i compagni che lo producono e diffondono.

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