La Nuova Internazionale sarà il Partito Internazionale del proletariato

Abbiamo concluso il precedente articolo sostenendo che:

  1. riteniamo superata la categoria politica che noi stessi avevamo a suo tempo denominato "campo politico proletario" - correggendo l'errata definizione di "campo rivoluzionario" sulla quale la CCI da tempo insisteva;
  2. escludendo in linea di massima che i componenti del vecchio "campo politico proletario" (componenti politiche, evidentemente) possano contribuire positivamente al processo di formazione e fondazione del Partito internazionale;
  3. sostenendo che la forma del Bureau è l'unica forma intermedia fra l'attuale situazione di isolamento e dispersione delle avanguardie rivoluzionarie e il futuro partito internazionale del proletariato.

Dedichiamo quest'altro articolo alla ulteriore argomentazione di questi tre punti, anche perché le reazioni suscitate nel vecchio "campo", in particolare dalla CCI, lo richiedono. Non risponderemo punto per punto agli attacchi e alle calunnie che la CCI rivolge a noi e al Bureau, perché la biliosità dello scritto non lo merita. (1)

Un campo ormai inaridito

Ci è stato chiesto polemicamente (2) come mai abbiamo tratto il bilancio definitivo a distanza di 23 anni dalle Conferenze Internazionali della Sinistra Comunista (avviate su nostra iniziativa nel 1976). Ebbene, il bilancio politico delle Conferenze in sé lo tirammo a conclusione delle Conferenze stesse. Non a caso vi ponemmo fine: il bilancio c'era già stato e si riassumeva nella "rottura del ghiaccio" e avvio di un nuovo periodo di circolarità internazionale delle posizioni e del dibattito, da una parte, e verifica delle profonde differenze metodologiche che attraversavano il campo, dall'altra. Andare avanti con le Conferenze avrebbe significato (e lo dicemmo allora) trascinare in una inutile e dannosa inerzia lo scontro fra la nostra tendenza e la CCI, senza alcun costrutto, né per noi né tantomeno per le prospettive di classe.

Ma la fine delle Conferenze non aveva ancora segnato la fine del campo politico proletario. Rimaneva cioè sensata quella categoria.

Questo significa, in buona sostanza, che si riteneva - anche noi - che in un processo magari lungo e tormentato, le componenti di quel campo avrebbero in qualche modo contribuito alla nascita del partito rivoluzionario internazionale.

Nell'articolo precedente abbiamo già fatto riferimento a un intero processo storico che nel frattempo è intervenuto e che, questo sì, ha portato alla decantazione definitiva.

Forse la difficoltà di alcuni, fra cui la CCI, è proprio nel distinguere fra eventi politici interni a un ambiente politico e processi materiali che avvengono del tutto indipendentemente da questo, ma di fronte ai quali "l'ambiente politico" si caratterizza.

Questo processo ha visto la borghesia affrontare la crisi del ciclo di accumulazione mettendo in atto tutte le contromisure alla caduta del profitto, prima fra tutte l'abbattimento di V (l'ammontare del capitale variabile) e mediante una vera e propria rivoluzione tecnologica - quella del microprocessore - che ha portato a un aumento della produttività in misura maggiore di quanto fosse l'aumento della composizione organica del capitale e il tutto nella quasi totale virtuale assenza di reazioni significative da parte della classe operaia.

La classe operaia ha conseguentemente subito un processo di scomposizione e di ricomposizione (ancora in corso) che, lungi dal modificare i fondamentali rapporti di produzione e di classe, hanno però cambiato i connotati della classe operaia stessa e le possibili forme della sua riaggregazione di lotta e politica.

A questo processo sul piano della produzione si è accompagnato lo spostamento massiccio dei capitali verso la rendita e la speculazione finanziaria, col risultato che la rendita e la sua spartizione sono diventati le grandezze di riferimento nella graduatoria delle potenze mondiali e il motivo delle maggiori tensioni fra gli stati e le loro ancora fluttuanti aggregazioni.

Nel corso di questo quarto di secolo si è verificata anche l'implosione del polo sovietico del precedente schieramento imperialista. Ciò ha implicato lo spostamento delle tensioni all'interno del polo opposto, rimasto apparentemente l'unico in campo, con la precaria condizione di assoluto predominio degli Stato Uniti mal digerita dagli antichi partner atlantici. È in questo quadro di rimescolamento delle carte dell'imperialismo e di lotta generalizzata per l'appropriazione della rendita che vanno collocate ed esaminate le diverse situazione di guerra e "guerra civile" che punteggiano sempre più fittamente il pianeta.

Ebbene di fronte a tutto questo, come ha risposto il "campo politico proletario"? Gran parte delle sue componenti si è messa semplicemente fuori gioco.

La CCI

Ora, quali erano le componenti del famoso campo politico proletario: sostanzialmente la nostra, la CCI e l'area bordighista.

La CCI, che noi da tempo abbiamo definito l'ala idealista del movimento di classe, coerentemente alla sua natura, non solo non ha rivisto, ma anzi ha ribadito con insistenza i suoi schemi che possiamo così riassumere:

  • Fino al 1968 la sconfitta storica del movimento proletario segnato dalla controrivoluzione in Russia e culminata con la adesione alla guerra, al traino delle potenze imperialiste, rendeva del tutto impensabile una qualsiasi attività rivoluzionaria (così anche la formazione del P.C.Internazionalista in Italia veniva accusata d'essere operazione opportunistica).
  • Il 1968 segna la fine del periodo controrivoluzionario aprendo il nuovo corso alla rivoluzione (poi corretto in "scontro generalizzato fra le classi"): il proletariato non vive più la condizione di sconfitta, e riprende la lenta e sotterranea maturazione della sua coscienza, alla quale beinteso devono contribuire fondamentalmente le minoranze rivoluzionarie.
  • Il capitalismo entra nella sua fase di crisi e di decadenza, ma non può scatenare la sua soluzione classica, la guerra, perché il proletariato è in piedi e non è disponibile allo schieramento; così predomina il caos della "decomposizione" medesima.

Tutto ciò che è successo e che abbiamo sopra delineato, in questo schema scompare.

Esistono poi altri schemi più generali e/o accessori, come quello che divide la storia del capitalismo fra periodi o "corsi" controrivoluzionari e periodi rivoluzionari. In base a questo schema, la II Guerra Mondiale segna il trionfo del periodo controrivoluzionario nel quale il proletariato, sconfitto nel precedente periodo rivoluzionario, si lascia schierare sui fronti della guerra imperialista, e nel quale ogni tentativo di ricostituzione del partito di classe è perlomeno votato al fallimento. In quest'epoca i predecessori della CCI giudicano dunque opportunista e del tutto fuori luogo la costituzione del P.C.Internazionalista e tutto ciò che il Partito farà. (3) Poi arriva il 1968 che segna la fine del periodo controrivoluzionario e l'avvio del nuovo corso verso "gli affrontamenti generali di classe", forieri della rivoluzione. Ed è, ancora, in base a questo schema che la guerra mondiale non scoppia perché il proletariato è in piedi e non disponibile allo schieramento. Non importa che di guerre sia sempre costellato il pianeta.

C'è infine (ma solo per ragioni di sintesi) un altro schema. È quello che divide la storia del capitalismo in due grandi epoche, quella della ascesa e quella decadenza. Quasi tutto ciò che era valido per i comunisti nella prima, non lo è più nella seconda per il semplice fatto che appunto non è più di crescita ma di decadenza. Un esempio? I sindacati: andavano bene ed era giusto che i rivoluzionari ci lavorassero per prenderne la direzione prima, non è più valido poi. Punto. Neppure l'ombra di un riferimento al ruolo storico, istituzionale di mediazione del sindacato; tantomeno al rapporto fra questo ruolo e le diverse fasi del capitalismo ovvero dell'oggettivo rapporto fra saggi del profitto e spazi di contrattazione.

Noi, con Engels, vediamo il sindacato per ciò che è, ovvero un organismo di mediazione fra capitale e lavoro,che mai è servito come strumento di lotta rivoluzionaria, e ne valutiamo dunque la funzione immediatamente più o meno favorevole al prezzo e alle condizioni di vendita della forza lavoro, in rapporto agli spazi che la fase capitalista lascia alla contrattazione e mediazione medesima. Nelle fasi ascensive del ciclo di accumulazione, il sindacato, quale "avvocato" può strappare concessioni salariali e normative (subito peraltro riassorbite dal capitale); nella fasi di decadenza del ciclo gli spazi di mediazione si riducono a zero e il sindacato, continuando la sua funzione storica, è ridotto a mediare sì, ma a favore della conservazione, operando come agenti degli interessi capitalistici nella classe operaia.

La CCI invece divide la storia in due parti: quando i sindacati sono positivi per la classe operaia - senza specificare come e su quale terreno - e quando diventano negativi.

Schematismi simili si verificano sulla questione delle guerre di liberazione nazionale.

È così che la proposizione formale di posizioni inopinabili e dunque apparentemente condivisibili si accompagna a una sostanziale divergenza, se non estraneità, al materialismo storico e una incapacità ad esaminare la situazione oggettiva. Ma questa è la condizione indispensabile per tracciare linee di azione valide nell'immediato e nella prospettiva del partito. Non è un caso che noi abbiamo seguito, e da tempo, la attuale dinamica capitalista nei suoi vari aspetti, traendone anche alcune conclusioni determinanti nella definizione delle prospettive.

Il fatto stesso che - nonostante le molte polemiche oziose - la CCI abbia del tutto ignorato questo percorso, è significativo. Un esempio per tutti: il mantenimento dei GLP, nonostante l'adesione dei loro fondatori al Partito, è stato "criticato" ferocemente dalla CCI senza alcun riferimento alla elaborazione da noi fatta circa mutazioni della composizione e distribuzione di classe, conseguenti mutamenti nelle prospettive di genesi delle lotte, rapporto fra tutto ciò e la nostra tradizionale linea dei Gruppi di Fabbrica, allargamento conseguente del loro ruolo e funzione al territorio.

La "critica" è risultata quindi del tutto fuori luogo, una fra le tante polemiche della CCI contro il Bipr e i suoi componenti e manifestazione della suddetta estraneità della CCI al percorso che ci siamo assegnati.

Vale forse la pena ricordare anche le oscillazioni della CCI nei confronti della CWO: prima accusata di alimentare il "parassitismo" poi blandita fino ad iniziative "comuni" da contrapporre alla chiusura di BC.

Siamo ai giochetti polemici che non possono nascondere il dato di fondo: il Bipr e la CCI viaggiano su strade diverse, magari parallele, se non divergenti, ma mai convergenti.

I bordighisti

L'area bordighista si caratterizza per tre aspetti essenziali, due dei quali sono sotto gli occhi di tutti. Il primo è la sua crescente frammentazione: tutti i suoi componenti si richiamano ad Amadeo Bordiga, tutti si richiamano alle origini del "Partito internazionale", quello che nel 1952 uscì dal Partito Comunista Internazionalista, tutti dicono sostanzialmente le stesse cose, con impercettibili differenze di linea tattica nei confronti della questione sindacale - ma sono sempre più divisi fra loro. È evidente che non si costruisce insieme a qualcuno, se questi son solo capaci di frammentarsi anche fra loro. La formazione originale di Programma Comunista ha subito una prima scissione, vivo ancora Bordiga, nei primi anni 1960, che ha dato vita a Invariance poi approdata al più vieto idealismo post-modernista; una seconda scissione è del 1966, e ha dato vita al secondo Partito Comunista Internazionale (Il Partito Comunista); poi ancora un'altra nel 1972, con un terzo P.C.Internazionale (Rivoluzione comunista); fino all'ultima esplosione del periodo 1080-82 dalla quale è nato un quarto PC Internazionale (Il Comunista - Le Proletarie). Non parliamo poi di altre formazioni minori, fra le quali si trova (ma ora è finito) un Gruppo Comunista Mondiale in Francia o i Quaderni Internazionalisti in Italia.

Il secondo elemento caratterizzante è la pretesa "invarianza", che consente - visto che nulla c'è da aggiungere - di riempire i giornali con gli scritti del 1921-22 o del 1952-56 o con pagine e pagine di incomprensibile polemica "interbordighista", mentre sta succedendo di tutto.

Il terzo elemento, forse meno appariscente al lettore medio, è la progressiva aperta involuzione di diversi gruppi dell'area verso i limbi del più vieto misticismo, pericolosamente implicito (e talvolta esplicito) negli scritti del "fondatore" Amedeo Bordiga.

  • Il "partito storico", attraverserebbe nelle sue varie "forme", l'intero processo di civilizzazione dell'umanità quale immanenza del futuro riscatto, dopo l'abbandono dell'Eden comunistico primitivo.
  • Quel partito, proprio perché espressione dell'immanenza del comunismo, raccoglierebbe la totalità o quasi della classe al momento della sua emancipazione e sarebbe dunque anche il soggetto della dittatura proletaria.
  • Il suo "centralismo organico", giustificato sulla base della identificazione dei suoi membri con le parti - di per sé prive di vita e di soggettività - di un organismo superiore, esso sì soggetto unico - si estenderebbe alla dittatura proletaria, che è appunto dittatura del partito.

Sono questi alcuni dei tratti salienti del quadro all'interno del quale è possibile cogliere perle di idealismo quali il "cervello sociale", che trascenderebbe i poveri limitati cervelli dei singoli uomini (4).

Forse Bordiga non intendeva alimentare i vapori mistici che emanano oggi dai suoi epigoni, ma resta il fatto che del bordighismo questo resta, con l'accompagnamento di ribattiture di "chiodi" del 1922 che, tratte fuori dal loro contesto, sono oggi del tutto inutili.

Prima conclusione

Pensiamo di aver fornito ragioni sufficienti ad argomentare la frase contenuta nel documento "La guerra e i rivoluzionari" e che ha indispettito i compagni della CCI:

Nessuna componente di queste correnti ha sviluppato un esame della situazione del capitale e dei suoi rapporti con la classe operaia che faccia i conti con la dinamica capitalista reale e tutte si presentano quindi in fortissimo ritardo - ma prima ancora senza metodo e strumenti adeguati - a fronte degli eventi in corso e in prospettiva (5).

Riteniamo dunque definitivamente chiuso il periodo in cui era ancor lecito pensare che il Partito potesse nascere da quel "campo politico proletario".

Come per ogni categoria, il suo ambito di validità è limitato alle circostanze storiche all'interno delle quali e in riferimento alle quali essa viene definita. Mutate le circostanze, può mutare anche radicalmente la sua potenzialità.

Nel nostro caso, l'insieme che definivamo "campo politico proletario" ha fatto fallimento.

Quel che è successo da vent'anni a questa parte, avrebbe dovuto condurre a un processo di convergenza delle pretese avanguardie rivoluzionarie, se solo esse si fossero mostrate all'altezza dei compiti. A filo di critica dell'economia politica e di materialismo storico (marxismo), i massivi fenomeni di crisi del ciclo di accumulazione e il corrispondente violento attacco del capitale al proletariato, avrebbero necessariamente fatto ritrovare quelle avanguardie sul medesimo terreno, di analisi di risposta critica e di prospettiva programmatica. Le avrebbero avvicinate.

Il fenomeno occorso è invece l'opposto: le componenti del fu "unitario" campo politico proletario si trovano oggi sostanzialmente su pianeti diversi.

Non c'è che da prenderne atto, perché questa è la condizione per poter guardare e andare avanti.

Puntiamo al Partito Internazionale del Proletariato, omogeneo, coeso, internazionalmente centralizzato, nel quale le sezioni nazionali agiranno a scala nazionale come agiscono oggi le sezioni locali del nostro Partito. Non una Internazionale di Partiti, ma il Partito internazionale.

Dalla situazione di oggi a quella che vedrà il sorgere di quel partito la storia è politicamente lunga. Che sia lunga anche cronologicamente e quanto non lo possiamo prevedere.

Dai tempi che prenderà l'affermarsi del partito internazionale, in rapporto ai tempi della dinamica borghese verso la guerra, dipenderà la possibilità o meno di prevenire la guerra stessa. Ma la strada è obbligata, come sono obbligati i mezzi per percorrerla.

Ora è un fatto certo che il famoso campo politico proletario, non esaurisce affatto l'universo dei gruppi e delle avanguardie che nel mondo si affacciano e cercano di farsi carico delle urgenze storiche.

Ciascuno di essi può presentarsi con un grado di chiarezza e completezza delle posizioni, un livello di omogeneità, una prossimità a quella che riteniamo debba essere la piattaforma programmatica del Partito, diversi dagli altri. E di fatto è così.

L'obbiettivo è la omogeneità del partito di quadri, ma la condizione di partenza è la disomogeneità. D'altra parte era Lenin a dire in "una passo avanti due passi indietro" che "prima di unirci dobbiamo dividerci".

Qui risiedono lunghezza politica e complessità del processo. E qui risiedono le difficoltà che le forze politiche "nazionali" che si assumono la responsabilità di contribuirvi col ruolo di propulsori, devono affrontare.

Si può pensare a una "espansione" multinazionale delle organizzazioni più forti e rappresentative? No.

Perché la politica rivoluzionaria è una cosa seria: non si può pensare che una "sezione" di qualche unità di compagni in un paese diverso da quello "madre" possa costituire concretamente un elemento di vera organizzazione.

Occorre il coraggio di riconoscere le difficoltà di far funzionare realmente una organizzazione a scala nazionale; lo stesso coordinamento di una "campagna" a scala nazionale non è sempre completo; la distribuzione della stampa, nelle nostre condizioni organizzative da "piccoli numeri", risente di qualsiasi minima variazione nella disponibilità di militanti, e potremmo andare avanti con gli elementi concreti della organizzazione.

Di più, una minisezione paracadutata in un paese, non ha le possibilità di impiantarsi nella scena politica di quel paese, che ha invece quella organizzazione - qui sì, non importa quanto piccola - che sorge dalla scena politica stessa, orientandosi sulle posizioni rivoluzionarie.

Rigettiamo dunque come insulse le critiche di chi ci rimprovera di non aver "esportato" Battaglia Comunista e sfidiamo chiunque a dimostrare che Battaglia comunista non abbia invece fatto conoscere all'estero le sue posizioni contribuendo alla maturazione di altri gruppi su quelle. E quel che conta non è il nome dell'organizzazione, né tantomeno il copyright; quel che conta è la sostanza delle posizioni politiche su cui si muovono le avanguardie e le loro prospettive verso il Partito internazionale. L'origine stessa del Bipr è significativa in questo senso. La CWO era all'origine su posizioni originali rispetto al desolante quadro del 1975/76. Su Prometeo apparve una critica della loro Piattaforma che fu presa seriamente in considerazione da parte della CWO. Ne seguì un dibattito che portò alla attuale linea comune che presentiamo al resto del mondo.

Verso il partito internazionale...

Perché riteniamo che il Bipr sia l'unica forma possibile oggi di organizzazione "intermedia" fra le disperse organizzazioni rivoluzionarie nel mondo e il futuro partito?

Iniziamo col dire che è - o dovrebbe essere - evidente che fra la situazione di oggi e quella di domani c'è una differenza sostanziale e che sarebbe sciocco pretendere di prefigurare a tutti i costi il partito di domani negli organismi di oggi. È vero che ci sono quelli (i bordighisti in particolare) che pretendono - ciascun gruppo o gruppetto nel chiuso della sua cerchia - di rappresentare il futuro "partito internazionale" e coerentemente alla loro impostazione si presentano centralizzati a scala internazionale (nei rari casi in cui distaccamenti della stessa parrocchia esistono in più di un paese). Anche la CCI si presenta centralizzata a scala internazionale. Di fatto, lungo gli anni 1970 la CCI si proclamava il polo di raggruppamento al quale gli altri potevano solo aderire senza divergenze.

Ma questo non significa che siano possibili forme intermedie fra l'oggi e il partito di domani, non foss'altro perché stiamo escludendo che quelle formazioni siano elementi utili alla costruzione di tale partito. Non sono cioè quelle specifiche esperienze che possono costituire, in sé, un esempio in qualche modo valido nella definizione delle linee da seguire da oggi verso la costruzione del partito.

Iniziamo dunque dalle alternative "teoriche" che vengono volta a volta prospettate. Esse sono, in sostanza:

  1. la immediata formazione di una organizzazione internazionale, progressivamente allargatesi di paese in paese;
  2. la federazione delle organizzazioni nei diversi paesi sulla base di un denominatore comune (piattaforma minima?) come tale diverso dalle posizioni caratteristiche di ciascuna;
  3. lasciare le cose come stanno, limitandosi a una circolazione delle informazioni e delle prese di posizione, con occasionali convergenze su questo o quella "scadenza" su questo o quel problema.

Per quanto riguarda il primo caso, abbiamo già detto: sarebbe una mossa autoconsolatoria e priva di reali contenuti organizzativi, quindi più controproducente che inutile rispetto al problema della formazione reale del partito internazionale. Essa obbedisce certamente alla logica formale: se l'obbiettivo è la organizzazione centralizzata, si centralizzi appena possibile, cioè appena qualche compagno in giro per il mondo aderisce alle posizioni dell'organizzazione. Ma la logica formale è una cosa, la direzione dell'oggettiva dinamica politica è un'altra, e quasi mai coincidono.

Qualcuno dice anche (è il caso di un compagno austriaco) (6) che appare esservi contraddizione fra la nostra revisione critica dell'esperienza della III Internazionale e la nostra attuale resistenza alla "centralizzazione".

Neghiamo che ci sia tale contraddizione. La III Internazionale si presentava appunto come una Internazionale, fatta e finita, con tutti i difetti di scarsissima omogeneità e di un'affrettata affiliazione di partiti che erano lungi dall'aver maturato al proprio interno i principi cardinali dell'Internazionale stessa; il Bipr non è il Partito Internazionale ma vuole contribuire alla sua costruzione proprio contribuendo alla maturazione e omogeneizzazione delle attuali avanguardie rivoluzionarie. La distinzione - che vediamo più avanti - fra membri e simpatizzanti del Bipr ci pare sufficientemente significativa del modo in cui intendiamo procedere proprio verso la centralizzazione del partito internazionale.

La federazione della seconda ipotesi sarebbe foriera più di confusione teorica e politica che di omogeneizzazione poiché indurrebbe i comportamenti di auto-preservazione a danno del serrato confronto metodologico e politico e della comune maturazione.

La terza ipotesi configura la situazione pre-1976 - occasionali convergenze a parte, poiché mancava allora anche la materiale condizione - e presenterebbe aggravati di molto i difetti della seconda.

Con ciò veniamo alle caratteristiche del Bipr, ribadendo e ordinando ciò che abbiamo detto e scritto in molte occasioni.

Il Bipr non è il partito. Lavora per preparare le condizioni metodologiche, politiche, e organizzative del partito internazionale, ma non è il partito. Volendo forzare un paragone, potremmo dire che il Bipr non si identifica col Partito così come l'insieme di farina acqua e impastatrice non si identifica con le tagliatelle: sono tutti necessari per fare le tagliatelle, ma non sono ancora tali.

In questo senso non è neppure - almeno non necessariamente - il nucleo originario del Partito. Nulla esclude che lo possa essere, ma restiamo aperti a qualunque svolta che la storia dell'avanguardia rivoluzionaria a livello internazionale possa presentare. Quello che affermiamo con sicurezza è che le posizioni strategiche e tattiche e il patrimonio di analisi ed elaborazione dell'attuale Bipr sono quanto di più avanzato ed organico raggiunto dall'avanguardia marxista oggi.

Il Bipr è dunque l'organismo che coordina (non centralizza ancora) il lavoro nazionale e internazionale dei suoi costituenti. In questo senso è la organizzazione che rappresenta la tendenza internazionale dell'avanguardia verso il partito, sulla base della piattaforma che caratterizzerà sostanzialmente il partito stesso.

... In pratica

Coordinare il lavoro nazionale e internazionale di più organizzazioni presuppone ovviamente una raggiunta omogeneità teorico-politica fra le organizzazioni stesse. Ed è così che si spiega la differenza, da una parte, fra membri del Bipr e simpatizzanti e, dall'altra, il fatto che i membri del Bureau siano ancora fermi a quota due, le organizzazioni fondatrici (BC e CWO).

Fra le due organizzazioni italiana e britannica si è raggiunto un grado di omogeneità tale che rimangono distinte solo sulla base delle considerazioni di cui sopra circa il concetto e la pratica di organizzazione. È su questa base infatti che i militanti di entrambe le organizzazioni accettano la distinzione, avendo tutti consapevolezza di quanto tali considerazioni siano importanti.

Chi non capisce, o fa finta di non capire, che non basta l'identità politica per fare organizzazione, o non ha il senso dell'organizzazione o è talmente privo di esperienza organizzativa da pensare che il tema sia irrilevante.

Questo per quanto riguarda la natura e il funzionamento della organizzazione "interna" al Bipr, nel presente e nella immediata prospettiva.

L'allargamento del Bipr, che consiste nell'allargamento dell'area delle organizzazioni che omogeneamente vanno verso il partito internazionale, si realizza nel momento in cui altri gruppi rivoluzionari sono pronti, sul piano metodologico politico e organizzativo, alla adesione al Bipr stesso.

Il Bureau dunque ha tra i suoi compiti essenziali il contribuire alla maturazione e crescita politica dei gruppi emergenti nel mondo verso la sua impostazione e la sua piattaforma e al corretto orientamento organizzativo che prevede un impegno diretto e militante nel paese o nell'area in questione.

Non sono fattori di costruzione del partito i gruppetti di pseudo-intellettuali incapaci di confrontarsi e mettersi in rapporto con la scena politica di classe del proprio paese.

Le forze che convergeranno nel Partito internazionale sono quelle che maturano non solo - seppure è indispensabile - sul piano del confronto e della elaborazione teorica, ma che portano le posizioni politiche rivoluzionarie all'interno della classe e attorno ad esse costruiscono organizzazione, in rapporto costante con la dinamica realtà del capitale e dei rapporti fra capitale e lavoro. Sono le organizzazioni che domani dovranno assolvere i compiti di direzione politica dell'assalto rivoluzionario e di organizzazione del potere proletario, del semi-stato proletario.

Non ci si abilita a questi compiti se non si svolge ora quello primordiale di mettere radici, anche se oggi forzatamente limitate, nella classe.

Questo è uno dei momenti principali di verifica della maturità politica di un gruppo aspirante a esser sezione del Partito internazionale.

Il programma rivoluzionario non serve a nulla se vive solo nelle menti di qualche pensatore, che si illude magari di trasmetterlo "alla classe" mettendo le sue idee sulla carta di un giornale, a diffusione limitata ad altri pensatori, o nei file html di qualche sito Internet. Esso, per avere una prospettiva di efficacia, deve circolare all'interno della classe - che legge poco e non va in Internet - mediante i quadri militanti che si danno i mezzi organizzativi e pratici per tale circolazione. Si tratta allora di intervenire dove la classe lavora e vive, organizzare le aree di ascolto e di "ripetizione", organizzare le avanguardie di classe, che si abilitano alla direzione delle lotte rivoluzionarie conducendo le battaglie politiche quotidiane.

Tali sono le mutazioni intervenute nella composizione e nella distribuzione della classe proletaria che lo stesso obiettivo di radicamento - per quanto minimale - nel proletariato oggi, presenta problemi e possibili soluzioni diverse da quelle precedenti la ristrutturazione.

Non a caso è stata necessaria da parte nostra una attenta disamina della attuale condizione del capitale: la crisi di ciclo, le risposte borghesi alla crisi, le loro conseguenze sulle forme del rapporto capitale lavoro e sulla composizione di classe... Con tutto quel che è successo, non si poteva certo pensare di poter procedere nella ricostruzione della prospettiva comunista con gli schemi politici e operativi propri della fase precedente. Né elaborazioni valide potevano venire da quelle forze che, staliniste prima, si sono trasformate, col crollo del Muro, in ripetitori modernisti di vecchie ideologie borghesi. (7)

È dunque a questo livello che devono portarsi le avanguardie emergenti nel mondo, confrontando l'elaborazione teorica e politica del Bipr con la realtà dei loro paesi e, verificata la corrispondenza, impegnandosi nel conseguente lavoro politico e organizzativo.

Membri e simpatizzanti

Dovrebbe essere già chiaro a questo punto la natura dei membri del Bureau e quella dei simpatizzanti, ma è opportuno esplicitarla, per chi avesse ancora qualche difficoltà.

Se come si diceva sopra, i membri del Bureau sono le organizzazioni che hanno già raggiunto il grado di omogeneità che consente loro di coordinare di fatto il lavoro nazionale e internazionale, sono organizzazioni simpatizzanti del Bipr quelle che in rapporto diretto con il Bureau stesso, sono impegnate, a partire spesso da condizioni diverse sul piano politico e/o organizzativo, nella omogeneizzazione fra loro e al Bureau.

Oggettivamente, verifichiamo una grande varietà di condizioni al momento del primo schierarsi a fianco del Bureau: diversità di preparazione media, sul piano teorico e politico; diversità di consistenza politica e organizzativa; diversità di ampiezza delle zone di ambiguità, ovvero della portata dei punti da chiarire e approfondire. Questo significa che saranno diversi anche i tempi di integrazione nel Bureau e, magari, che non tutti i gruppi aderiranno compattamente, senza cioè rotture e divaricazioni interne. Si tratta di processi politici che, proprio perché tali, non sono prevedibili a tavolino.

Non dipende dalla nostra volontà come non dipendeva dalla volontà di Lenin e dei bolscevichi, che una qualunque organizzazione sia o no omogeneamente matura per essere sezione nazionale di un partito internazionale centralizzato. Né dipendono dalla volontà, nostra o dei bolscevichi, i tempi di tale omogenea maturazione. Dipende invece dalla volontà e dalla determinazione politica la accettazione, o meno, in una organizzazione internazionale, di sezioni immature, confuse o politicamente inefficienti. Il Congresso fondativo del partito internazionale deve vedere tutti i partecipanti al medesimo livello politico, che convergono unanimemente sul metodo i principi e la piattaforma comunemente maturati.

Lenin si è mosso fin dal 1915 verso una nuova internazionale sulla base del bilancio della Seconda, ed ha attraversato, sempre in posizione minoritaria, la "Seconda Internazionale e mezzo", rappresentata da gruppi e correnti per lo più pacifisti di Zimmerwald e Kienthal. ll lavoro concretamente preparatorio della III Internazionale lo svolge fra il 1917 e il 1919, nel pieno dell'esaltante esperienza rivoluzionaria russa, e ancora praticamente da solo, mentre il grosso dello stesso partito bolscevico indugia nella "II Internazionale e mezzo".

Noi questo lavoro preparatorio del Partito lo stiamo svolgendo, ancora fra molte incomprensioni, da qualche tempo e ben prima dello stesso risveglio della classe e della sua pur minimale iniziativa difensiva dagli attacchi violenti del capitale. Il Bipr è lo strumento che ci siamo dati e che offriamo nell'immediato alle esigue avanguardie d'oggi.

mauro jr

(1) L'articolo su Revue Internazionale e Internationalist Review 103 della CCI (Marxist and opportunistic visions of the organisation" è ironicamente sottotitolato Dibattito con il Bipr. Strano modo di dibattere quello nel quale si attacca furiosamente, si vaneggia e si calunnia. Un esempio di falso ideologico:

pratica opportunista... una serie di militanti che avevano apertamente rotto con il quadro programmatico ed organizzativo della Sinistra italiana per lanciarsi in avventure propriamente controrivoluzionarie come la minoranza della Frazione del PCI all'estero che è andata a "partecipare" alla guerra di Spagna del 1936.

Tacciare di controrivoluzionari dei compagni in buona fede caduti in un errore ben presto riconosciuto è un falso ideologico. Un esempio di vaneggiamento:

È ancora una volta una grave responsabilità che ricade sulle spalle del Bipr che, per il suo opportunismo bottegaio ha fatto che il proletariato mondiale ha dovuto affrontare uno degli episodi più difficili della fase storica attuale, la guerra del Kosovo, senza che le sue vanguardie riuscissero a fare una presa di posizione comune.

Immaginare che la CCI + Il Bipr avrebbero mutato di una sola virgola le difficoltà del proletariato mondiale significa vaneggiare di otto gatti (invece di quattro qui e quattro là) che per il fatto di essere uniti rompono l'isolamento dal proletariato stesso e, da vero partito comunista operante, modificano in qualche modo, anche leggero, i rapporti politici fra le classi. Perdere la misura dei rapporti concreti è esattamente vaneggiare.

(2) Sempre la CCI nel medesimo articolo

(3) Val la pena tornare, seppure in nota, a rigettare i dubbi di opportunismo che la CCI, ma non solo, semina a proposito della condotta del P.C.Internazionalista durante la cosiddetta Resistenza. Solo che non ha idea di cosa sia politica rivoluzionaria di un partito riesce a non capire il senso, per molti versi eroico, del lavoro dei nostri compagni nel movimento partigiano. Rimandiamo i cacadubbi alla lettura e meditazione dei volantini e manifesti del Partito in quel periodo: in Quaderni di Battaglia comunista n.6 Il processo di formazione e la nascita del Partito Comunista Internazionalista (1943).

(4) Vedi il primo numero della rivista degli ex Quaderni Internazionalisti, N+1

(5) Vedi I rivoluzionari, gli internazionalisti di fronte alle prospettive di guerra e alla condizione del proletariato su Battaglia comunista n.1/2000

(6) Ci riferiamo alla lettera del compagno RS, austriaco, che si dichiara peraltro d'accordo con le principali posizioni del Bipr e con il nostro lavoro, nella quale critica il nostro atteggiamento nei confronti del "milieu" e le relative concezioni. La lettera è disponibile sul sito Bipr.

(7) Ci si riferisce qui ai diversi spezzoni dell'Autonomia, non a caso operativamente saldati con i solidi socialdemocratici raccolti attorno a Le Monde Diplomatique, rispettabile organo di documentazione e denuncia socialdemocratica, appunto, dei guasti della "globalizzazione".

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.