La funzione antiproletaria degli "uomini d'onore" - Recensione di un libro onesto sulla mafia siciliana

Giuseppe Carlo Marino è professore di Storia contemporanea all'Università di Palermo, e non è un comunista rivoluzionario. Tuttavia, essendo evidentemente uno studioso serio, quando ha scritto la sua Storia della mafia ha detto come stanno realmente le cose sull'argomento, ovvero che la mafia siciliana non è semplicemente delinquenza organizzata, ma uno strumento di lotta antiproletaria di cui il potere politico borghese si è servito - e continuerà a servirsene - in diverse occasioni.

Gigantesca macchina di oppressione sui ceti popolari, per usare le parole del professor Marino, la mafia prese vita in Sicilia durante i lunghi secoli di dominazione straniera proprio da quell'elemento "sveglio" del popolo che aveva appreso bene la lezione dei potenti.

Tralasciando il modo in cui essa si è evoluta e trasformata nelle epoche precedenti, negli anni turbolenti che seguono la Prima guerra mondiale vediamo la mafia profondamente impegnata nella repressione feroce del movimento operaio e contadino.

Al di là delle molteplici azioni terroristiche atte a intimidire scioperanti e contestatori, nel 1919 cadono sotto la lupara il capolega corleonese Giovanni Zangara e il sindacalista di Prizzi Giuseppe Rumore. Nel 1920 è la volta del capolega socialista Nicola Alongi (Marino lo definisce comunista ante litteram) e il dirigente rivoluzionario Giovanni Orcel, che insieme ad Alongi tentava di organizzare un fronte comune capace di unire le forze operaie di Palermo - raccolte intorno alla Fiom del Cantiere navale - al movimento contadino.

Sotto il fascismo però a Palermo il prefetto Mori, che, proprio per il modo in cui avrebbe lottato contro la mafia, venne definito i_l prefetto di ferro..._Ma qui lasciamo parlare Marino, perché più espliciti e sintetici non si potrebbe essere: Mori "...si limitò a colpire e a disperdere, con determinazione ma con risultati appena provvisori, la cosiddetta "bassa mafia", cioè la delinquenza più o meno organizzata, senza disturbare granché l'"alta mafia", quella dei boss e dei notabili organici al sistema di potere (che si indicherebbe oggi con la definizione "terzo livello"), cioè la mafia vera e propria (...). Il fascismo, protettore dell'ordine e dei privilegi di classe, col tempo, li avrebbe "educati" a difendere i loro interessi e a sviluppare meglio i loro affari non più contro lo Stato, ma attraverso lo Stato."

Nel secondo dopoguerra, dopo la breve parentesi separatista (che vide anche la creazione dell'EVIS - l'Esercito Volontario per l'Indipendenza Siciliana - di cui il bandito Giuliano era "colonnello") troviamo la mafia nuovamente indaffarata in omicidi di classe, che colpirono prevalentemente capilega del PCI e del PSI: quattro morti nel '45, otto nel '46, diciannove nel '47 (di cui undici furono assassinati dalla banda Giuliano mentre manifestavano pacificamente il primo di maggio a Portella della Ginestra), cinque nel '48.

PCI e PSI infatti, cavalcando e poi soffocando - come nel resto del paese - la lotta di classe per fini esclusivamente elettoralistici, lasciavano che i propri militanti più ingenui e sinceri venissero facilmente schiacciati dalla repressione padronale senza che vi fosse una benché minima difesa organizzata.

Ora, il brigante Rosario Candela della Banda Giuliano confessò apertamente che lo scopo della strage di Portella della Ginestra voluta dalla borghesia mafiosa siciliana era "creare una grande provocazione per poter buttare i comunisti fuori della legalità". E questo si ricollega bene a ciò che ha recentemente rivelato l'agente CIA Colby riguardo al piano che aveva il Pentagono di rioccupare militarmente la Sicilia nel caso di una vittoria elettorale dei "socialcomunisti" nelle elezioni dell'aprile '48. La Sicilia sarebbe cioè diventata una Vandea anti-PCI, governata direttamente dalla mafia e dagli Stati Uniti d'America.

Questo non perché il PCI volesse davvero fare il comunismo, ma perché fungeva da cinghia di trasmissione degli interessi russo-staliniani in un paese facente parte dell'alleanza atlantica: rappresentando cioè il blocco imperialista avversario, non poteva - e non doveva - conquistare il potere. La mafia, quindi, reprimendo il proletariato e frenando il PCI, si guadagnava la sua brava fetta di privilegio e di potere borghese. E così, come sostiene Marino, "Il primo importante servizio reso da Cosa nostra al "mondo libero" fu il suo contributo alla trionfale vittoria della DC nelle elezioni del 18 aprile 1948", quando si gettarono le fondamenta della lunga stagione mafiosa in salsa democristiana.

È allora anche chiaro come successivamente, venendo meno il "pericolo rosso", sia venuto anche meno quella particolare forma di collaborazione creatasi fra Stato e mafia in una fase storica del tutto particolare, e che la mafia abbia dovuto portare allo Stato altre buone ragioni per giustificare la propria esistenza. D'altronde, una netta linea di confine che vede la mafia da una parte, e la borghesia con l suo Stato dall'altra, non esiste affatto.

Ecco cosa dice Marino sulla natura profondamente borghese della mafia: " (...) molto più di quella ufficiale, costituita dalle rozze e sanguinarie falangi di boss e "soldati", la mafia vera e propria, la mafia reale, ormai coincideva del tutto con la "borghesia mafiosa", ampliatasi enormemente con il suo singolare ceto politico-imprenditoriale-burocratico e con il suo esteso seguito di faccendieri e di professionisti e di intellettuali tanto prestigiosi quanto avidi e servili: soprattutto avvocati, notai e commercialisti, ma anche medici, ingegneri, giornalisti, docenti universitari e rettori, presidi, dirigenti e funzionari, industriali e commercianti, persino magistrati, registi teatrali e poeti (...). Al di là delle singole responsabilità, essi erano tutti insieme gli eredi dei baroni, dei galantuomini e dei gabelloti dell'Ottocento, fossero di volta in volta veri e propri "uomini d'onore", per iniziazione mafiosa come i Salvo (Lima, n.d.r.) o semplici associati al sistema mafioso per iniziazione massonica o per rapporti di amicizia e di complicità." Cioè: dici mafia e dici borghesia.

GS

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.