La nascita dell'Alca nuovo capitolo della dollarizzazione del continente americano

Lo scorso 22 aprile si è concluso a Quebec City il terzo vertice di tutti i paesi americani, con la sola esclusione di Cuba, giudicato poco democratico per poter partecipare ai lavori che dovrebbero dar vita al più grande mercato del pianeta. Nei tre giorni degli incontri si è discusso del progetto di costituire a partire dal gennaio del 2005 l'Area di libero scambio delle Americhe (in sigla e lingua spagnola Alca).

Bastano poche cifre per comprendere la posta in gioco contesa nel vertice di Quebec e i motivi che hanno spinto soprattutto gli Stati Uniti ad accelerare il processo d'unificazione del continente americano. Il nuovo mercato unico, che dovrebbe coinvolgere i territori compresi tra l'Alaska e la Terra del Fuoco, interessa oltre 800 milioni di persone, il 15% della popolazione mondiale; ma quel che più conta, nei calcoli della borghesia americana, i paesi del nuovo mercato unico rappresentano complessivamente un prodotto interno lordo di 11 mila miliardi di dollari, pari al 40% del Pil mondiale. Nelle aspettative degli Stati Uniti, che per il ruolo di più importante potenza economica del pianeta sono ovviamente il paese maggiormente interessato al processo d'integrazione, si dovrebbero allargare agli altri paesi americani le norme del Nafta, che dal 1994 regola i rapporti economici e gli scambi commerciali tra gli Stati Uniti, il Canada ed il Messico. Nel costituendo nuovo mercato americano dovrebbe trovare applicazione anche il principio del trattamento nazionale e di non discriminazione, previsto sia dal Nafta che dall'Ami, in base al quale gli investitori stranieri possono citare in giudizio uno stato nazionale in caso di perdite dovute all'applicazione di legge di tutela ambientale. Questa famigerata norma ha trovato puntuale applicazione in più controversie, tra le quali ricordiamo quella che ha visto coinvolta l'impresa californiana Metalclad Corp la quale ha chiesto ed ottenuto dal governo messicano ben 16,7 milioni di dollari per il solo fatto che un comune messicano non ha autorizzato l'installazione di una discarica ritenuta pericolosa per la salute pubblica.

Il progetto del nuovo mercato unico americano arriva in una fase economica particolarmente difficile nella quale l'intero continente sudamericano rischia di sprofondare in una mare di contraddizioni. Venti anni di politiche economiche ultra liberiste hanno fatto dell'America Latina una vera e propria polveriera pronta ad esplodere in ogni momento. All'inizio del nuovo millennio oltre il 36% delle famiglie latino-americane viveva in assoluta povertà. Tale cifra, circa 220 milioni di persone, è molto più alta rispetto a quella dei primi anni ottanta, data che segna l'inizio delle politiche liberiste. Il nuovo mercato unico dovrebbe raggruppare paesi con un peso economico molto diverso tra di loro. Infatti, mentre gli Stati Uniti, il Canada, il Brasile ed il Messico, rappresentano rispettivamente il 75,7%, il 6,7%, il 5,3% ed il 3,9% del Pil dell'intera area continentale, i restanti 31 paesi producono solo il restante 8,4%. Anche i dati sul reddito pro-capite confermano le divergenze economiche tra i diversi paesi americani. Mentre gli statunitensi hanno un reddito pro-capite di 31 mila dollari annui, i canadesi quasi 20 mila dollari e l'Argentina 7600 dollari, i paesi più poveri del continente come Nicaragua ed Haiti dispongono di un reddito pro-capite di soli 400 dollari all'anno.

La nascita del nuovo mercato metterebbe quindi sullo stesso piano paesi con economie profondamente diverse, accentuando le contraddizioni nelle aree più povere del continente. A differenza del processo d'integrazione europea, durante la quale i diversi paesi hanno dovuto seguire una politica economica d'austerità per rispettare i famosi parametri di Maastricht, la costituzione dell'Alca si sta progettando senza che i vari paesi abbiano fissato una politica economica convergente. Tutto questo, a sentire le previsioni degli economisti europei, dovrebbe determinare il fallimento dell'Alca in quanto gli Stati Uniti rimarrebbero sommersi nei problema dei paesi più poveri del continente. Nella realtà i più interessati ad unificare il mercato americano sono proprio gli Stati Uniti, che dal nuovo mercato trarrebbero dei vantaggi sia in termini economici che finanziari. Infatti, il disegno strategico della borghesia statunitense prevede che attraverso l'Alca l'economia dell'intero continente americano sia dollarizzata. Il nuovo mercato continentale rappresenterebbe uno straordinario veicolo attraverso il quale sostituire le diverse monete nazionali con il dollaro statunitense, con la conseguenza di aumentare la rendita finanziaria della borghesia statunitense. La dollarizzazione dell'intero continente americano, applicato già in alcuni paesi, produrrebbe una concentrazione della ricchezza senza precedenza, accelerando i processi d'impoverimento del proletariato americano. Attraverso la centralizzazione della gestione della massa monetaria gli Stati Uniti avrebbero in mano le leve dell'economia dell'intero continente, con la possibilità di stornare quote di plusvalore dalle aree in cui viene prodotto verso le attività parassitarie legate al mondo della finanza e della borsa. Al progetto statunitense sono interessate anche le borghesie degli altri paesi americani, pronti ad affamare la propria classe operaia pur di poter partecipare al banchetto della divisione della rendita finanziaria. In questo quadro, le recenti dichiarazioni del nuovo capo del governo argentino Cavallo, che ha minacciato gli Stati Uniti di voler utilizzare anche l'euro come moneta di riserva, sembrano le classiche affermazioni di chi minaccia di non voler aderire ad un programma per ottenere dai partners delle concessioni. Allo stato attuale è difficile ipotizzare che l'Argentina possa pensare sul serio di svincolarsi dal dollaro per ancorare la propria economia all'euro. Nella realtà il debito pubblico argentino, le sue relazioni commerciali ed il flusso d'investimenti dall'estero ci dicono che il paese sudamericano non può allontanarsi dal dollaro senza determinare una crisi finanziaria ed un crollo della sua economia; senza considerare qui le reazioni dell'imperialismo statunitense.

Il vertice di Quebec City è stato contestato, come è ormai consuetudine, dal popolo di Seattle. Al muro eretto dalle forze dell'ordine intorno al palazzo dove si è svolto il vertice, e che testimonia della determinazione con la quale la borghesia intende portare avanti i propri progetti, gli esponenti del riformismo hanno risposto con manifestazioni durante le quali si sono verificati scontri con la polizia. Come più volte abbiamo sottolineato ai processi di globalizzazione dell'economia ci si deve opporre con un chiaro progetto politico di classe anticapitalistico, senza scadere in uno sterile romanticismo privo di contenuti politici. L'arretratezza politica del popolo di Seattle e così accentuata che le sue avanguardie politiche propongono un improponibile ritorno all'economia nazional-popolare, mentre alla globalizzazione ci si deve opporre solo rilanciando dal basso la ripresa dalla lotta di classe del proletariato. Non si può essere contro la globalizzazione senza essere nello stesso tempo con il sistema capitalistico, è questo che non è chiaro al popolo di Seattle e a tutti i riformisti del mondo.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.