La crisi del capitale devasta l'Argentina - Le masse proletarie rialzano la testa

La crisi economica e finanziaria che da qualche anno travaglia le borse e le strutture produttive del ricco occidente stanno avendo effetti devastanti nei paesi della cosiddetta periferia. Prima fra tutti l'Argentina che dopo il Messico, Brasile, Colombia e Filippine sono precipitati nel baratro della crisi e della disperazione sociale.

Negli anni novanta l'accoppiata delinquenziale Menem - Cavallo, pur di continuare a ricevere finanziamenti dal Fmi, si è aperta alle indicazioni del più ottuso ultra liberismo.Con le privatizzazioni di tutti i servizi e di alcune imprese di importanza nazionale si è aperta la strada al più sfrenato e rampante dei capitalismi privati, che in nome del profitto immediato, ha messo ulteriormente in crisi quel poco di economia che ancora rimaneva in piedi. Lo stato sociale è stato completamente smantellato e, sempre secondo le ricette del Fmi, sono aumentate le tasse e il costo del danaro, completando l'opera di distruzione della economia argentina. In compenso gli esponenti della borghesia tra furti, tangenti e proventi dell'appropriazione parassitaria, sono diventati tra gli uomini più ricchi del mondo.

I risultati si sono ben presto fatti vedere. L'inflazione, nonostante le ricette monetariste, è rimasta a tassi elevati, la disoccupazione è arrivata al 30%, il debito pubblico ha superato del 20% il Pil e il debito estero è salito a 135 miliardi di dollari, che per un'economia disastrata come quella argentina, è un peso assolutamente insopportabile. L'imbecillità finanziaria di Cavalo di equiparare il valore del pesos a quello del dollaro ha fatto il resto. Sul fronte delle condizioni di vita della popolazione argentina le cose sono andate ancora peggio. Oltre al già citato 30% di proletari espulsi dalla produzione senza nessuna possibilità di rientrarvi, nemmeno in nero o in condizione di maggiore precarizzazione, le statistiche dicono che il 45% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. In termini numerici milioni di famiglie sopravvivono con meno di 480 pesos al mese (nemmeno un milione di lire per un nucleo fami-gliare di cinque persone). Il presidente De la Rua, come quelli che precipitosamente lo hanno sostituito, preoccupati di tamponare le possibili fughe di capitali all'estero hanno bloccato anche i conti correnti bancari dei piccoli risparmiatori, condannando la gran parte della popolazione al baratto e all'accattonaggio. La fame, la miseria economica e sociale, la disperazione per la realtà quotidiana e per le prospettive future sono cresciute di pari passo con la rabbia e la volontà di esprimerla con la violenza. *

La risposta.* Spontaneamente nelle piazze si sono rovesciati giovani e studenti, operai, disoccupati e piccolo borghesi, prima proletarizzati e poi pauperizzati. Obiettivi della rabbia i soliti santuari del capitalismo, le banche, gli uffici commerciali ma soprattutto i supermercati e i negozi in generale che sono stati assaltati come i forni del pane di medioevale memoria. La fame e la rabbia nei confronti di una classe politica inetta, corrotta e al servizio delle grandi concentrazioni capitalistiche interne e internazionali, sono state alla base delle sollevazioni di quei giorni; dietro, la tragica regia della crisi del capitalismo nella versione neo liberista. Il governo del dimissionario presidente, come da copione non ha trovato di meglio che scatenare una selvaggia repressione con morti e migliaia di feriti. La risposta ha avuto caratteristiche proletarie. In tutta l'Argentina si sono susseguiti scioperi e occupazioni nelle più importanti fabbriche. Sono nati comitati di lotta e di coordinamento della protesta. Le associazioni di Pequeteros e le Comisiones internas si sono mosse contro i sindacati e i partiti politici di sinistra compromessi con le forze del capitale nel tentativo di dare una risposta alla miseria crescente e alla disoccupazione. In tutte le maggiori città del paese centinaia di migliaia di manifestanti hanno partecipato alle manifestazioni di protesta e di scontro con la Polizia. È persino stata assaltata la sede del Governo argentino, monumento simbolo dello sfruttamento e della rapina finanziaria da parte dei suoi inquilini, in nome di un capitalismo selvaggio senza regole morali e leggi se non quelle dell'arricchimento personale e della povertà per milioni di proletari.

Uno degli anelli più deboli del capitalismo internazionale si è rotto mettendo in movimento masse enormi di proletari e di diseredati spinti da un unico, grande bisogno. La reazione borghese ha svolto il suo vile lavoro. Tutto come in una trama già scritta, mille volte recitata ma con un grande assente: un partito in grado di amministrare la rabbia proletaria che si è violentemente espressa. *

L'assenza* di questo elemento consente alla borghesia di produrre un'alternativa che tale è solo all'interno delle modificazioni del suo potere politico, fermo restando il quadro economico e i rapporti di sfruttamento. Il contenuto di classe di un movimento non è dato soltanto dall'aspetto sociologico, cioè dalla presenza di proletari, ma soprattutto dagli obiettivi politici che al suo interno nascono e si sviluppano. In primo luogo deve proporsi la coscienza dell'antagonismo di classe, poi il riconoscimento della funzione conservatrice dei Sindacati e delle forze politiche di sinistra e la necessità del supera-mento violento del quadro economico e politico capitalistico. La seconda condizione è rappresentata dalla presenza operante, ben radicata all'interno delle masse proletarie del partito rivoluzionario, l'unico in grado di trasformare la rabbia, la determinazione alla lotta, la spontaneità del ribellismo in rivoluzione sociale. Un partito che abbia chiari i termini della strategia e del programma rivoluzionari. Innanzitutto per l'individuazione del nemico di classe e dei suoi manutengoli di sinistra per spianare politicamente la strada all'insurrezione. Che abbia chiari i termini del nuovo potere proletario e del programma economico che deve esprimere. Infine per una dimensione internazionale della lotta che, se rimanesse confinata all'interno di una sola esperienza nazionale, finirebbe per andare incontro ad un'inevitabile sconfitta.

In Argentina la devastazione della crisi economica ha messo in moto un proletariato forte e determinato sul terreno della lotta e dell'auto organizzazione, in grado di esprimere il senso della rottura di classe e dell'indivi-duazione del suo nemico politico. Non si è espressa la seconda della condizioni, quella relativa alla presenza di un partito rivoluzionario, per il semplice motivo che l'avanguardia della rivoluzione non la si inventa dall'oggi al domani, non è il frutto degli avvenimenti contingenti. O si è lavorato per tempo alla sua formazione e al suo radicamento all'interno delle masse proletarie, oppure le ondate insurrezionali sono destinate a scomparire per lasciare posto alla sconfitta e al senso d'impotenza. L'imperativo per le sparute avanguardie rivoluzionarie che oggi internazionalmente operano, anche se in ambiti ristretti, è quello di crescere, di collegarsi, di accelerare il processo di chiarificazione degli avvenimenti in termini di lotta di classe e di prospettive politiche, anche se non immediate. La necessità storica impone lo sforzo immenso di dare vita a formazioni partitiche in grado di aggregare le avanguardie proletarie che all'interno di questi movimenti spontanei si esprimono, perché la prossima rottura, ovunque si presenti, non rimanga senza la strategia di una alternativa di classe.

Contro la borghesia e i suoi travestimenti, contro le trappole sindacali per l'organizzazione delle masse proletarie latino americane, contro ogni residuo politico dello stalinismo e per la costruzione del partito mondiale del proletariato.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.