A fianco dei proletari immigrati

Il flusso di disperati migranti alla ricerca della possibilità di un qualche miglioramento delle proprie condizioni di vita, spesso nei loro paesi d'origine ai limiti della sopravvivenza, non accenna a diminuire. La miseria e la fame si generalizzano, ogni anno di più, in paesi strangolati dai debiti e dal peggiorare continuo delle ragioni di scambio con i paesi "avanzati". Si intensificano, non solo in Italia, le persecuzioni poliziesche e le espulsioni; i risultati di una sempre più difficile legalizzazione del permesso di soggiorno, vincolato al possesso di un contratto di lavoro, sono quelli di rendere ancor più ricattabili i proletari immigrati, intensificando i meccanismi del loro sfruttamento.

Particolarmente in Italia tutto questo viene favorito (e va a favore) dai processi di scomposizione produttiva meglio noti come settore "sommerso", Un settore sempre fiorente - nonostante il governo Berlusconi soffi nel piffero magico dei condoni fiscali e previdenziali - e particolarmente basato sullo sfruttamento indiscriminato della manodopera. Ed è in questo settore, come in quello del terziario per così dire arretrato, che viene assorbita la gran parte degli immigrati, uomini e donne.

Mascherata, ma non troppo, si tratta di una vera e propria tratta degli schiavi, che i governi di sinistra e di destra si sforzano di gestire al meglio e nella maggior "sicurezza" possibile. Col ricorso a manovre che non sono solo poliziesche, giuridiche e politiche, ma che via via assumono forme ideologiche e razzistiche. Muovendosi nel quadro di una tendenziale e accentuata divisione dei proletari: occupati e disoccupati, fissi e mobili o precari, stranieri e italiani.

Certamente, l'intensificarsi delle bastonate finirà presto con il provocare reazioni; ma reprimerle e neutralizzarle sarà purtroppo facile, per il capitale e per lo Stato, fino a quando le reazioni resteranno isolate, ed il proletariato non riuscirà a ricomporre la propria rabbia, spesso spontanea e momentanea, in una risposta organizzata e costante di classe attorno al suo nucleo politicamente disciplinato, il partito del proletariato.

La lotta per la sopravvivenza, per un lavoro, per condizioni di vita "umane", non significa - anche per i lavoratori immigrati - la ricerca di un cavillo legale, l'affidarsi a forze sindacali o politiche della sinistra borghese (che, sia pure in guanti gialli, porta avanti lo stesso lavoro della destra). Significa la lotta in prima persona, fianco a fianco con tutti i proletari al di là di ogni barriera di colore o di "razza", contro il capitale e le sue leggi di sfruttamento e di oppressione.

Troveranno contro di essi uniti tutti coloro che - di fronte al muoversi compatto e politicamente guidato del proletariato in difesa dei propri interessi - grideranno al "pericolo sociale" e alla necessità della repressione con il pretesto, magari, della presenza di un...terrorismo di comodo. Da sempre opportunamente manovrato contro le prospettive di una reale emancipazione dei lavoratori.

Ma tutto questo sarà la dimostrazione che la strada che i proletari di ogni paese staranno percorrendo è finalmente quella giusta, quella che il capitale teme e con tutte le sue forze, ideologiche e materiali, pretende di sbarrare per salvaguardare la propria esistenza e il proprio dominio.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.