L'Atlantico s'allarga sempre più - La frattura tra USA ed Europa è reale

Ad onta di ciò che scioccamente scrivono alcuni pretesi internazionalisti fermi alla filosofia scolastica - per la quale la storia era data dalla eternità e per l'eternità e dunque... l'Euro non può precedere l'Europa unita - di fatto l'Euro si è dato. Non solo, ma ha sopravanzato il dollaro nel riscuotere la fiducia della speculazione, tanto da raggiungere e superare la parità.

L'Euro è l'incubo presente degli Usa e l'Europa che gli sta dietro è il prossimo nemico aperto.

Una delle ragioni primarie dell'attacco degli Usa all'Iraq, che si riassumono nella generica e quindi insufficiente "voglia di petrolio", è la necessità per gli Stati Uniti di impedire che l'Euro diventi una divisa utilizzata per gli scambi internazionali, funzione ora assolta in esclusiva dal dollaro.

Le transazioni commerciali sul petrolio costituiscono una parte rilevantissima degli scambi internazionali e l'avvio dell'impiego dell'Euro in questo settore, aprirebbe una falla che si allargherebbe minacciando l'affondamento della superpotenza Usa.

La rendita finanziaria, tipicamente parassitaria, di cui gli Usa godono grazie alla supremazia del dollaro, è infatti un sostegno essenziale per l'economia americana, così traballante sui cosiddetti "fondamentali". Qualunque minaccia ad essa, da qualunque parte provenga, è considerata - non a torto - una minaccia alla sicurezza degli Usa.

Assistiamo così al primo drammatico risultato del rimescolamento delle carte imperialiste iniziato dopo l'implosione del blocco sovietico: l'Europa si configura come il nuovo polo di aggregazione di interessi imperialistici contrapposto agli Usa.

Dal 1989 gli Usa, capofila del blocco avverso all'Urss, si sono ritrovati unica superpotenza, dal punto di vista militare ed economico, e quindi politico, "a fianco" della quale gli altri membri dell'antico fronte occidentale apparivano quali uccellini sul dorso del rinoceronte.

Due erano le ipotesi possibili: una - ricalcante le vecchie scemenze sul superimperialismo già bollate da Lenin - che vedeva come stabilmente possibile l'Impero con capitale a Washington, e l'altra che prevedeva l'avvio di un "rimescolamento di carte" all'interno dell'unico fronte rimasto in piedi, in modo da dividere questo nei futuri due fronti contrapposti sul medesimo terreno imperialista. Va da sé che noi eravamo per quest'ultima ipotesi che trova ora le sue drammatiche conferme nel fragore delle armi in preparazione nel Medio Oriente, mentre crolla miseramente la favola dell'Impero costruita dai cripto-cattolici alla Toni Negri.

Eravamo già nel pieno della presente crisi del ciclo di accumulazione, la stessa che ha portato all'implosione dell'Urss e che ha visto due diverse reazioni sulle due sponde dell'Atlantico. Negli Usa un puntare sulla preminenza finanziaria e militare, per continuare a drenare parassitariamente plusvalore dai quattro angoli del mondo; in Europa una possente ristrutturazione del processo produttivo e dell'organizzazione del lavoro, fondate sulla rivoluzione tecnologica del microprocessore, che hanno compensato la caduta del saggio di profitto con poderosi incrementi di produttività, tutto sulle spalle del proletariato sia in termini salariali sia di condizioni di lavoro. Questo non significa che per i capitalisti europei non esistesse la necessità di realizzare extraprofitto: la spinta alla speculazione e la necessità di giocare sui mercati finanziari internazionali agisce anche qui.

Il Marco o il Franco da soli non potevano contare - figuriamoci la liretta, di fronte alla schiacciante superiorità del dollaro. È dunque la crisi di ciclo e la conseguente crescita della speculazione che hanno portato alla nascita dell'Euro, piacesse o no agli Usa.

Ma il percorso dell'Euro non è di quelli facili: staccarsi dalla tutela americana fino al punto di ergersi contro non è semplice come dirlo, tanto più che la tutela americana si fondò sulla ricostruzione che l'americano Piano Marshall consentì in Europa (1).

Se la accelerata ricostruzione dei paesi europei garantì agli Usa e più in generale al capitalismo occidentale di fruire di un mercato aperto ricco di reciproci vantaggi, consentì anche una crescita europea destinata a confliggere con la stessa economia americana.

Quel che manca all'Europa, per difendersi con decisione e forza di fronte alle politiche di piratesca aggressione in varie aree del mondo da parte degli Usa è sotto gli occhi di tutti: manca l'unità politica e manca un esercito solo lontanamente comparabile con quello nordamericano.

È in questa condizione di debolezza politico-militare dell'area dell'Euro che si rendono possibili, in situazioni critiche come quella che stiamo vivendo (al momento in cui scriviamo l'attacco Usa non è ancora partito), politiche erratiche e filo-americane come quella del governo italiano di Berlusconi o dello spagnolo Aznar. E, d'altra parte, nulla garantisce che questa frattura del fronte europeo sia provvisoria e debba annullarsi in una sicura e ormai assicurata affermazione dell'Euro quale inedito cemento di una successiva unità politica.

In tutti i casi, quello che va da subito affermato e difeso dalle prossime possenti bordate di neo-nazionalismo europeo è che l'Europa non è meno imperialista degli Usa. Non esiste un'Europa dei valori sociali e dei diritti umani, come non esiste un governo francese pacifista. Quel governo è direttamente responsabile delle sporche guerre che in Africa sono già costate due milioni di morti, e l'Europa "dei valori sociali" è quella che chiede con insistenza a Berlusconi di attuare la riforma delle pensioni, (cosa che lui non intende fare da solo e alla quale chiama anche gli ulivisti).

Già da ora, la guerra all'Iraq e la sua preparazione vedono scontrarsi sul terreno politico e diplomatico le forze del capitale agglutinate sulle due sponde dell'atlantico. La guerra che il capitale scatena mai è stata fermata o anche solo ostacolata dalle manifestazioni pacifiste. La prima guerra mondiale stessa fu preceduta, in molti paesi, da grandiose manifestazioni per la pace, ma l'unico evento che la condizionò nel suo insieme, portando alla fuoriuscita dalla guerra di una potenza fu la Rivoluzione proletaria in Russia.

È il proletariato la sola forza che, una volta ricostituitasi, può fermare la guerra controllando e bloccando la produzione e la movimentazione di guerra, al minimo, o abbattendo il regime capitalista, ragione ultima e sola delle guerre nel mondo attuale.

L'unica azione per la pace ad avere senso e speranza di successo è quella volta alla ricostituzione della classe in soggetto capace di azione.

(1) La conferenza per il Piano iniziata il 21 settembre 1947 a Parigi con la presenza di sedici paesi che hanno aderito alla proposta del Segretario di stato Marshall, decise che gli Usa avrebbero stanziato 22 miliardi 440 milioni di dollari di aiuti per i successivi 4 anni. Il 2 aprile 1948 il piano viene approvato dal Congresso degli Stati Uniti. Prevede aiuti per 5 miliardi e 300 milioni di dollari. Il Piano entra in vigore tre giorni dopo. Il Piano Marshall fu la prima applicazione fattuale della Dottrina Truman, che proiettava nel futuro la necessità di contenimento delle mire espansive dell'URSS sull'Europa, e al contempo fornì un potente stimolo alla stessa economia statunitense.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.