La Russia e i nuovi fronti imperialistici - Da Parigi a Mosca passando per Berlino

L'attacco anglo-americano all'Iraq è destinato a segnare una svolta storica nell'ambito dei rapporti interimperialistici tra le varie potenze mondiali. In questo contesto quale ruolo potrà svolgere la Russia nei futuri scenari dell'area mediorientale del dopo Saddam Hussein e più in generale in quelli mondiali? Per cercare di capire dove sta andando la Russia bisogna inevitabilmente guardare dentro i fatti dell'economia e della politica russa, cogliere le dinamiche e le contraddizioni per tentare di tracciare le linee di tendenze che allo stato attuale delle cose sembrano più probabili.

Poco prima dello scoppio di questa terza guerra del golfo Wladimir Lukin, ex ambasciatore russo a Washington e attuale deputato alla Duma, aveva dichiarato: "Se gli Stati Uniti inizieranno un'azione unilaterale noi naturalmente protesteremo, ma dobbiamo ammettere che non potremo far nulla". I successivi eventi bellici fatti hanno confermato le dichiarazione di Lukin. Una limpida confessione d'impotenza da parte della Russia ma nello stesso tempo un forte segnale di rifiuto nel voler seguire gli Stati Uniti nella loro strategia imperialistica. L'opposizione russa alla guerra degli alleati anglo-americani è stata nettissima, tanto che in sede Onu il rappresentante russo aveva annunciato che avrebbe esercitato il diritto di veto se all'ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza fosse arrivata la questione dell'attacco contro il regime di Baghdad. Dopo l'attacco dell'undici settembre 2001 gli Stati Uniti erano riusciti a ricompattare le maggiori potenze mondiali dietro la parola d'ordine della lotta al terrorismo internazionale. Troppo forte era stato l'impatto emotivo determinato dal crollo delle due torri perché qualche paese potesse tirarsi indietro rispetto all'appello lanciato dagli Stati Uniti; nel dopo undici settembre la Russia è stata tra i primi paesi ad esprimere solidarietà a Washington e addirittura offrire un supporto logistico per la lotta contro il terrorismo islamico di Al Queda. La posizione ufficiale del governo Putin, di sostegno incondizionato agli Stati Uniti nella guerra in Afghanistan, era stata già contestata dagli ambienti militari russi i quali intravedevano nell'azione antiterroristica un modo attraverso il quale gli Usa arrivavano con le loro truppe pericolosamente a ridosso delle frontiere della Russia. Ma nonostante i timori dei militari, la Russia ha mantenuto l'impegno di sostenere gli Stati Uniti nell'attacco ai talebani e nella caccia ad Osama Bin Laden.

Sembrava che l'undici settembre avesse posto fine alla guerra fredda e che Russia e Stati Uniti potessero appartenere ad un unico fronte, a guida ovviamente statunitense, ma i diversi interessi nell'area irakena e più in generale quelli di natura imperialistica hanno fatto emergere i mai sopiti contrasti tra i due paesi, tanto che unilateralmente la Duma russa ha rifiutato di ratificare il trattato sulla riduzione delle armi strategiche.

In questa fase di profonda crisi del sistema capitalistico i processi di frantumazione e aggregazione degli schieramenti politico-militari hanno subito una straordinaria accelerazione, tanto che gli Stati Uniti in pochissimi mesi sono passati repentinamente da una posizione di assoluto dominio nella scena politica internazionale ad una situazione nella quale non hanno ottenuto neanche la maggioranza in sede di Consiglio di sicurezza dell'Onu. La continua necessità per l'imperialismo statunitense di scatenare una guerra per potersi garantire la rendita parassitaria di cui godono, ha creato per la prima volta in questo secondo dopo guerra una situazione in cui paesi importanti come Francia, Germania, Russia e Cina hanno detto di no alle richieste di avallo degli Stati Uniti.

Le divergenze della Russia rispetto agli Stati Uniti in questa guerra imperialistica nascono da due ordini di motivi: in primo luogo l'invasione dell'Iraq significa per Mosca avere un'altra spina nel fianco nella sua frontiera meridionale, mentre da un punto di vista economico la caduta di Saddam Hussein significa trasformare in carta straccia gli accordi siglati in precedenza con il regime di Baghdad. Negli ultimi anni, grazie ai buoni rapporti con il rais, Mosca aveva siglato tutta una serie di accordi per lo sfruttamento delle risorse petrolifere irakene. Il principale accordo è quello siglato dal gigante del petrolio russo Lukojl, insieme con l'impresa statale Zarubezneft e la società Masinoimport, per l'esplorazione del campo di West Qurna 2. Proprio in questa zona nel sud dell'Iraq si trova uno dei maggiori giacimenti petroliferi con riserve stimate in 7,3 miliradi di barili. Ma questo è solo uno degli accordi siglati da Mosca con il regime di Saddam Hussein. La società Stroitransgaz-Oil ha siglato un accordo per l'esplorazione e lo sviluppo dei giacimenti presenti nel cosiddetto blocco 4, nell'area sud-ovest del paese; la compagnia Sojuzneftgaz per lo sfruttamento dei pozzi petroliferi di Rafidain, mentre a livello interministeriale è stato concluso un contratto per lo sfruttamento del petrolio presente nella regione meridionale di Nahr bin Omar.

Gli Stati Uniti faranno rispettare gli impegni presi dal governo irakeno con Mosca e con Parigi? Nessuno lo crede, tanto meno i diretti interessati, da qui la loro ferma volontà di schierarsi contro la guerra. Se per Mosca sfumano accordi importanti, rimangono in essere gli 8 miliardi di dollari di debito che l'Iraq ha nei confronti della Russia.

L'asse Parigi-Berlino-Mosca-Pechino che si è schierato contro la guerra nasce sicuramente da fattori contingenti, quali possono essere i precedenti accordi con il regime di Saddam Hussein, ma rappresenta un chiaro segnale di come su scala internazionale le tendenze all'aggregazione di un polo imperialistico alternativo agli stati Uniti sia ormai all'ordine del giorno. Come più volte abbiamo sottolineato la nascita dell'euro è solo la prima tappa di un processo che vede l'Europa in contrapposizione imperialistica agli Stati Uniti e al dollaro. In questo contesto per l'Europa avere al proprio fianco una potenza militare come la Russia, oltre a significare l'unificazione strategica di quasi tutto il continente, significa buttare sul piatto della bilancia anche il peso dell'apparato militare russo. Per Mosca schierarsi strategicamente con l'Europa presenta il vantaggio di svolgere un ruolo più significativo rispetto a quello che giocherebbe all'ombra degli Stati Uniti. Consapevole che l'impero sovietico è solo un pallido ricordo, la Russia per continuare a giocare un ruolo importante nello scacchiere internazionale, e non precipitare ulteriormente nel baratro del disastro economico, deve svincolarsi dalla morsa statunitense. Se nel breve periodo può avere dei vantaggi a legarsi al carro americano in qualità di esportatore di petrolio, nel medio-lungo periodo solo agganciandosi all'economia europea può seriamente pensare di integrare la propria struttura economica con l'area industriale più importante al mondo. I legami oltre ad essere di natura storica sono anche dettati dalla potenzialità di dar vita per la prima volta ad un'area economica integrata che va dalle sponde dell'Atlantico fino agli Urali.

È ovvio che allo stato attuale delle cose non è pensabile che l'intera Europa possa compattamente contrapporsi agli Stati Uniti; sono molte le spinte contraddittorie che determinano la nascita di un polo imperialistico, senza considerare che gli Stati Uniti giocheranno tutte le proprie carte, non ultima quella della guerra, pur di ostacolare un processo che potrebbe segnare la fine del suo predominio.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.