Prime prove di ripresa - Lo shock provocato dai tranvieri può dar l'avvio...

La botta è stata grossa e che i giornali non ne parlino più nulla toglie al fatto che lo sciopero cosiddetto selvaggio dei tranvieri milanesi è stato un'interessantissima "prima volta".

È stata la prima volta che un consistente gruppo di lavoratori ha deciso di scioperare al di fuori dei sindacati e contro la loro politica.

È stata anche la prima volta che i lavoratori hanno rotto gli argini artificiali imposti alle lotte operaie da padroni e sindacati. Il 1 dicembre hanno autonomamente deciso a Milano di entrare in sciopero dall'alba, colpendo proprio quelle "fasce protette" d'orario che riducono qualunque altro sciopero a una perdita secca per i lavoratori e non producono alcun danno alle aziende. Il 13 dicembre, ancora blocco totale e nonostante la precettazione prefettizia.

Nelle Tesi del nostro VI Congresso è scritto: "Non si dà quindi una reale difesa degli interessi, per quanto immediati, dei lavoratori se non fuori e contro la linea sindacale e ogni tipo di mediazione contrattualistica, sempre perdente, da chiunque diretta e gestita"

Gli eventi di dicembre fra i tranvieri italiani sono stati una prima evidente dimostrazione nel nostro paese della fondatezza di questa tesi, che avevamo elaborato sulla base della nostra definizione del ruolo dei sindacati e di concrete quanto drammatiche esperienze storiche.

Avevamo anche detto e scritto che le leggi e i codici anti-sciopero, che con tanto zelo i sindacati sottoscrivono, valgono fintanto che i sindacati mantengono il controllo sui lavoratori e la guida di ogni loro movimento, ma volano, come carta appunto, "al vento delle lotte", quando cioè i lavoratori si sottraggono al giogo sindacale e decidono di difendersi davvero. Gli eventi di dicembre hanno confermato anche questo.

Gli scioperi sono stati decisi dalle assemblee di deposito, spesso in assenza degli stessi delegati sindacali, sia dei confederali sia dei Cobas, e comunque al di fuori delle logiche sindacali. Abbiamo cioè visto realizzarsi quella organizzazione dal basso dei lavoratori, per assemblee, che è la forma organizzativa che i lavoratori da sempre si danno quando iniziano ad agire per sé. Da moltissimo tempo non si vedevano in Italia fenomeni simili, perché da moltissimo tempo la classe prende colpi senza difendersi. Ora che i tranvieri, per primi, hanno deciso di porre con forza il problema del recupero salariale dai livelli infimi ai quali il salario è stato ormai ridotto in tutti i settori, hanno forzatamente dovuto accedere a questa forma di organizzazione, che nel loro caso specifico erano le assemblee di deposito.

Non sono andati al di là di questo primo elementare livello. Nulla di strano, trattandosi appunto di un primo episodio di rottura di un pluridecennale quadro di stagnazione e passività. Ma il non essere andati oltre sul piano del coordinamento categoriale e nel coordinamento con altre categorie e gruppi di lavoratori è fra le cause della caduta nella trappola tesa da istituzioni, aziende e sindacati.

La trappola consiste nell'aver firmato un accordo nazionale che non recupera neppure quanto dovuto ai tranvieri in base al contratto precedente e nel legare l'accordo siglato a Milano fra ATM e sindacati, e che prevede un parzialissimo recupero, all'accettazione del contratto nazionale. Di fronte a questo ricatto, d'impronta nettamente sindacale; il non aver potuto opporre un coordinamento nazionale delle assemblee e le sue decisioni, ha lasciato i tranvieri alla iniziativa pur sempre dei sindacati, magari radicali o "di base". Sono questi infatti che in un loro coordinamento, hanno definito le linee d'azione nel prosieguo della lotta. La prima scadenza del 30 gennaio - sciopero generale indetto dai sindacati "di base" contro l'accordo nazionale dei confederali - ha già visto calare la mobilitazione; a Milano e stato addirittura rinviato perché... coincidente con uno sciopero proclamato dai tassisti padroncini (che non esiteremmo a definire per lo meno ultracorporativa).

Di fatto a Milano, sapevano che la inevitabile spinta "individualistica" di autodifesa avrebbe portato a scarsissime adesioni a quello sciopero. Anche il sindaco aveva detto chiaramente che i "vantaggi" dell'accordo di Milano erano condizionati all'accettazione dell'accordo nazionale. Non era pensabile da nessuno che i tranvieri milanesi, motu proprio, scendessero compattamente in lotta, come prima, contro l'accordo nazionale, la cui conferma assicura il mantenimento dei piccoli vantaggi conquistati dai sindacati a scala locale. Così si è evitata la prova.

Ora si attendono i risultati del referendum nella categoria sulla accettazione o meno dell'accordo nazionale. Scontati i brogli insiti in un voto a scacchiera, qui si là no, il risultato non è comunque scontato e potrebbe riaprire la vicenda.

Ma già adesso possiamo trarre un bilancio, dal nostro punto di vista.

Poiché la storia non si fa con i se, i risultati delle iniziative di dicembre dei tranvieri non sono stati di per sé esaltanti, ma hanno fornito un esempio di via percorribile per una seria autodifesa. Questo è già tanto, nel quadro di passività da cui forse usciamo. E questo esempio può trovare imitazioni, nel quadro di crescente impoverimento dei lavoratori salariati. Ha ragione dal suo reazionario punto di vista, Epifani quando dice "Il malessere sociale c'è ". (v. La Repubblica del 2 febbraio, pag.9). E aggiunge, scoprendo il lato reazionario: "O il sindacato lo governa o questo sfocia nel ribellismo o nel corporativismo. Altro che campagna elettorale". Il termine ribellismo va letto propriamente come "rivolta sociale" (e così infatti Repubblica titolava in prima pagina).

È la rivolta che Epifani teme e cerca di scongiurare lanciando appelli all'evidentemente incauto governo, e che noi invece auspichiamo.

La condizione perché la rivolta sociale sia tale e portatrice di nuove prospettive è che si facciano rapidamente i passi successivi nel coordinamento delle iniziative, quelli che sono mancati a dicembre e quelli che ancora sembrano lontani: il coordinamento intercategoriale attraverso i delegati eletti dalle assemblee e da queste revocabili. È in questo processo che si rende possibile, e necessario, l'inserimento dell'avanguardia rivoluzionaria. Se questa manca del tutto e al suo posto rimangono i sindacatini, quel passo in avanti, già mancato, non verrà di certo: non sta ai sindacati propagandare i passi che negano loro ogni ruolo.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.