Sulla storia dell'oppressione femminile

Il nostro dovere è di difendere l'ordine e di non accettare mai che una donna prenda il sopravvento.

Sofocle, Antigone

La disuguaglianza di genere oggi

Dove più, dove meno, sotto l'egida del dominio capitalistico, la discriminazione della donna esiste oggi in ogni angolo della terra e attraversa tutte le sfere della vita sociale.

Anche nei paesi a capitalismo avanzato, come ad esempio quelli che compongono l'Unione europea, la percentuale di donne occupate o in cerca di occupazione è generalmente inferiore a quella degli uomini, ed è l'Italia il paese d'Europa con la più bassa percentuale di donne "economicamente attive": il 33,9% contro il 61,9% degli uomini. (1)

La causa principale di questo divario risiede nel fatto che il peso maggiore nella cura dei figli e nel lavoro domestico grava sulle donne. I dati ci dicono che circa i due terzi delle casalinghe europee...

sono costituite da donne che avevano un posto di lavoro prima di sposarsi. I motivi per cui hanno smesso di lavorare fuori casa sono fondamentalmente tre: il 7% lo ha fatto al momento del matrimonio; il 18% a causa di licenziamento o non rinnovo del contratto di lavoro; il 42% dopo la nascita del primo figlio. (2)

In Italia il tasso di disoccupazione femminile supera quello maschile di circa 7 punti in percentuale, rispetto a una media europea di circa 3 punti.

Il salario medio femminile è in tutto il mondo inferiore a quello maschile, e tale differenza, che in Giappone raggiunge il 50%, nei paesi dell'Unione europea varia tra il 15% e il 40%. La maggior parte delle donne occupate è concentrata nei lavori meno retribuiti e più precari, e in molti casi sono pagate meno a parità di lavoro. Questo avviene soprattutto nelle industrie asiatiche che producono per l'esportazione, dove i salari delle donne, a uguale produttività, sono dal 30 ad oltre il 40% inferiori a quelli degli uomini. (3)

A questi fattori discriminanti se ne aggiungono altri di natura sociale e culturale, che aumentano nei paesi meno industrializzati. Basti pensare che vi sono nel mondo quasi 600 milioni di donne analfabete, in confronto a circa 320 milioni di uomini. Senza contare le numerose e umilianti limitazioni a cui la donna è sottoposta per motivi tradizionali, religiosi o presunti tali, in buona parte (4) dei paesi del mondo.

La disuguaglianza di genere, insomma, ha varcato la porta del terzo millennio insieme a tutte le altre nefandezze della società divisa in classi.

Il retaggio del passato

Quando nasce l'oppressione femminile? E perché? Noi riteniamo che una risposta definitiva a queste domande non si possa ancora dare. Ciò non toglie che vi siano a riguardo alcuni punti fermi da cui bisogna partire nel momento in cui si prosegue la ricerca e si avanzano delle ipotesi. Anzitutto è possibile individuare dove la disuguaglianza di genere ebbe inizio, ossia nella famiglia, che, fin dagli albori dell'umanità, incarna uno degli elementi basilari dell'organizzazione sociale.

Dopo il soddisfacimento dei propri bisogni immediati e la conseguente produzione di nuovi bisogni, gli uomini, secondo Marx ed Engels,

cominciano a fare altri uomini, a riprodursi; è il rapporto fra uomo e donna, fra genitori e figli: la famiglia. (5)

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Secondo la concezione materialistica - dice inoltre Engels - il momento determinante della storia, in ultima istanza, è la produzione e la riproduzione della vita immediata. Ma questa è a sua volta di duplice specie. Da un lato, la produzione di mezzi di sussistenza, di generi per l'alimentazione, di oggetti di vestiario, di abitazione e di strumenti necessari per queste cose; dall'altro, la produzione degli uomini stessi: la riproduzione della specie. Le istituzioni sociali entro le quali gli uomini di una determinata epoca storica e di un determinato paese vivono, sono condizionate da entrambe le specie di produzione; dallo stadio di sviluppo del lavoro, da una parte, e dalla famiglia, dall'altra. (6)

La famiglia, quindi, è sì un elemento sovrastrutturale, ma nient'affatto secondario, tanto da influire insieme alla struttura economica sulla forma delle istituzioni sociali, e la proprietà, foriera della società divisa in classi, ha già storicamente...

il suo germe, la sua prima forma, nella famiglia, dove la donna e i figli sono gli schiavi dell'uomo. (7)

Ed è proprio in seno alla famiglia che si manifesta per la prima volta il conflitto di classe. Un conflitto che vede da una parte gli uomini, e dall'altra le donne:

il primo contrasto di classe che compare nella storia - sostiene Engels - coincide con lo sviluppo dell'antagonismo fra uomo e donna nel matrimonio monogamico, e la prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte di quello maschile. (8)

Già Engels, però, riconosceva che la società borghese e quindi il modo di produzione capitalistico avevano ormai cancellato i presupposti economici e sociali dell'oppressione femminile nella classe lavoratrice, perché:

da quando la grande industria ha trasferito la donna dalla casa sul mercato di lavoro e nella fabbrica, e abbastanza spesso ne fa il sostegno della famiglia, nella casa proletaria è venuta a cadere completamente ogni base all'ultimo residuo della dominazione dell'uomo; tranne forse un elemento di quella brutalità verso le donne radicatasi dal tempo dell'introduzione della monogamia. (9)

E oggi che le ricchezze non vengono più necessariamente ereditate dai figli maschi, oggi che anche la donna borghese ha accesso al mondo del lavoro tanto quanto la donna proletaria, le basi economiche e sociali della disuguaglianza di genere dovrebbero essere crollate in tutta la società. Tuttavia abbiamo visto che, anche nei paesi capitalisticamente avanzati, la disuguaglianza di genere perdura e non accenna ad estinguersi.

A questo punto riteniamo che si possano fare le seguenti considerazioni:

  1. L'oppressione femminile nella società capitalistica si presenta come retaggio del lungo, lunghissimo, millenario dominio patriarcale ereditato dalle diverse società precapitalistiche, le quali, dalle fasi recenti della preistoria fino all'imporsi dell'industrializzazione su scala planetaria, avevano come presupposto economico e sociale la disuguaglianza di genere.
  2. Questo conferma l'assunto dialettico secondo cui la sovrastruttura ideologica è molto più conservativa rispetto ai mutamenti, anche repentini, a cui va incontro la struttura economica, e ribadisce quindi che, pur essendo il fattore economico in ultima istanza determinante, il rapporto struttura-sovrastruttura non è mai meccanico e unilaterale. (10)
  3. La società borghese, fondata sul dominio dell'uomo sull'uomo tanto quanto le società che ha rimpiazzato, tende a conservare e ad alimentare quei rapporti sociali oppressivi e quelle disuguaglianze che, ereditate dai precedenti modi di produzione, non contraddicono i rapporti capitalistici e anzi bene si inseriscono nel sistema classista e fortemente gerarchizzato entro cui il capitale stesso si sviluppa. Giuridicamente, quindi, le singole nazioni borghesi potranno anche essere più o meno contro le discriminazioni razziali, sessuali o quant'altro, me nei fatti il loro impianto sociale darà spazio a qualunque tipo di privilegio e disuguaglianza.

Percorsi obbligati?

Sapere che in determinati luoghi ed epoche l'umanità ha saputo fare a meno di guerra, divisione in classi e proprietà privata dei mezzi di produzione, pur vivendo in società sviluppate e funzionanti, è certo un argomento a favore di chi non ritiene che il capitalismo debba essere per forza il capolinea della storia. "La guerra è sempre esistita e sempre esisterà", "i ricchi e i poveri ci sono sempre stati e sempre ci saranno", "homo homini lupus, così va il mondo dai tempi di Caino", si racconta nei bar e nelle chiese. Ma non è affatto vero. Qui non si tratta di esaltare il cosiddetto "comunismo primitivo", ma di comprendere che i rapporti sociali fondati sulla disuguaglianza e lo sfruttamento sono prodotti storici, e non eterne maledizioni legate alla "natura" più o meno cattiva del genere umano.

E questo vale anche per l'oppressione femminile.

L'etnologia e la paleoetnologia, la storiografia antica e le fonti classiche, l'archeologia e lo studio comparato dei miti e delle religioni, ci parlano di società in cui vigeva l'uguaglianza sessuale e di altre in cui la donna aveva una posizione primaria rispetto all'uomo. Ma ci parlano soprattutto di conflitti, di scontri durissimi e a volte di guerre, attraverso cui il maschio ha imposto successivamente il proprio dominio nei confronti dell'altro sesso. Dominio conservatosi, dove più dove meno, fino ai giorni nostri. Ne parla già Engels nell'"Origine della famiglia", opera in cui egli arriva a sostenere che "il rovesciamento del matriarcato segnò la sconfitta sul piano storico del sesso femminile". (11)

Ed Engels non conosceva nemmeno le grandi scoperte archeologiche avvenute nel secondo dopoguerra in Europa e in Medio Oriente, non conosceva le ricche civiltà neolitiche proto-urbane che, a giudicare dalle sepolture, dagli abitati e dalla simbologia, non praticavano la guerra e non attuavano distinzioni gerarchiche sul piano sociale e sessuale. (12)

Civiltà che furono un po' ovunque soppiantate, col ferro e col fuoco, da aristocrazie guerriere maschili.

In molti casi, inoltre, i dati archeologici eviden-ziano come la società neolitica egualitaria non scompaia per motivi suoi intrinseci, ma perché distrutta e conquistata da popoli migranti portatori di un'organizzazione sociale fondata sulla guerra e il predominio maschile. In molti casi ma non sempre. Altre volte la disuguaglianza sociale e sessuale si fa gradualmente strada all'interno delle stesse civiltà neolitiche. In altre situazioni, invece, elementi di comunismo primitivo convivono accanto al potere di aristocrazie guerriere maschili.

Vogliamo dunque ricordare che di fronte agli sviluppi complessi ed eterogenei a cui è andata incontro la società umana nella storia e nella preistoria, la teoria universale dei "cinque stadi" non regge. E non regge nemmeno che questa sia da attribuire a Marx, che, lungi dall'inventarsi un nuovo percorso teleologico, utilizzò i "cinque stadi" solo in riferimento alla storia dell'Europa occidentale.

Purtroppo, invece, sappiamo che anche rispetto a ciò il marxismo è andato incontro a una vera e propria contraffazione dogmatica.

Questa contraffazione - dice Godelier - consisteva sostanzialmente nel ridurre la storia dell'umanità alla necessaria successione di cinque tipi fondamentali di rapporti di produzione, il comunismo primitivo, i modi di produzione schiavistico, feudale, capitalistico, socialista.
Con questa “riduzione”, il marxismo aveva perso il suo carattere scientifico per tornare ad essere una filosofia della storia. [...] Già durante la sua vita Marx dovette combattere questa deformazione del suo pensiero. Rispondendo a un articolo di N. Mikhailovski, egli scrive al direttore di Otecestvenniye Zapiski: “Ma ciò non basta al mio critico. Egli si sente in obbligo di trasformare il mio abbozzo storico della genesi del capitalismo in Europa occidentale, in una teoria storico-filosofica del cammino generale imposto dal destino a ogni popolo, quali che siano le condizioni storiche in cui quest'ultimo si trovi”. (13)

E così la storia...

assumeva l'aspetto di una materia sottoposta ad alcune leggi “dialettiche”, mondo stregato in cui il filosofo marxista contemplava la necessità che spingeva l'umanità ad entrare nel comunismo primitivo per emergere nel comunismo definitivo. In questo contesto, il compito degli storici, archeologi, etnologi marxisti divenne paradossalmente non più quello di conoscere ma quello di 'riconoscere' la storia. (14)

Le leggi evoluzioniste, insomma, non valgono per la comprensione delle dinamiche sociali, e anche nello sviluppo che ha portato dalle primordiali società egualitarie alla società guerriere, patriarcali, sempre più stratificate di epoca successiva, non furono ovunque seguiti gli stessi percorsi obbligati, giacché diverse furono le condizioni storiche entro cui tale processo è via via maturato, a seconda dell'epoca, del luogo e delle eventuali relazioni intercorse con civiltà limitrofe aventi un diverso tipo di organizzazione economica e sociale.

La vittoria di Oreste

"Lavoro delle donne, potere degli uomini" è un'interessante raccolta di saggi sulle origini dell'oppressione femminile, curata da Nicole Chevillard e Sébastien Leconte. (15) L'idea di partenza di questo lavoro, si dice nell'introduzione, è che:

le origini delle prime forme di subordinazione femminile non si debbano analizzare, come troppo spesso avviene, a partire dalle sole capacità riproduttive delle donne, ma piuttosto dal loro ruolo nella produzione. Questo approccio ci ha portato a riflettere sull'ipotesi secondo la quale le origini della dominazione maschile sarebbero legate alla lotta per controllare il lavoro delle donne, avendo queste svolto innegabilmente un ruolo produttivo centrale nelle prime comunità umane. (16)

Richiamandosi al metodo d'analisi marxista, gli autori di questi saggi ritengono che la dominazione sulle donne abbia preceduto e fornito la base per la comparsa della proprietà privata e dello stato, in quanto...

mezzo per arrivare a un'accumulazione differenziata tra gli uomini che ha, a sua volta, dato ad alcuni di costoro un accesso privilegiato al lavoro delle donne e alle loro capacità riproduttive, così come al lavoro di altri uomini. (17)

Dominazione sulle donne, quindi, come base e punto di partenza della società divisa in classi, una dominazione che, secondo Chevillard e Leconte, non è il frutto di processi evolutivi continui, ma di trasformazioni violente che, nel dare vita alle società patriarcali, non hanno certo istituito l'uguaglianza degli uomini fra loro, poiché:

nel momento stesso in cui questi soverchiano le donne, entrano anche fra loro in relazioni fortemente gerarchizzate. (18)

Si ha così...

l'innesco di un processo di dominazione che non contrappose solo uomo contro donna, ma uomini dominanti contro il resto dell'umanità. Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è cominciato dunque con un sfruttamento delle donne da parte di alcuni uomini. Esso conteneva, in nuce, anche lo sfruttamento degli esseri umani - di entrambi i sessi - da parte di altri esseri umani dominanti che resteranno, del resto, di sesso maschile. (19)

Partendo dal giusto presupposto che:

il sacro non è mai stato la semplice proiezione della paura umana, ma molto più il tentativo di spiegare il mondo quale esso è, dai fenomeni cosmici alla realtà politica, (20)

una delle rappresentazioni più limpide della sconfitta storica del sesso femminile di cui parla Engels - e della violenza entro cui tale sconfitta si è consumata - è certamente la vicenda narrata nell'Orestea, la trilogia di Eschilo che, già presa in esame da Paul Lafargue, (21) esprime il grande conflitto fra le antiche divinità femminili e tribali da una parte, e le più recenti divinità patriarcali e guerriere dall'altra, che infine prevarranno.

Protettrici di genitori, ospiti e mendicanti, le Erinni sono le dee che puniscono chi si macchia di sacrilegio, di spergiuro, di guadagno ingiusto ed eccessivo; ma soprattutto, come incarnazione divina dell'antica legge tribale, sono le vendicatrici dei delitti fra consanguinei, e perseguitano Oreste in quanto uccisore della propria madre Clitemnestra, la quale, a sua volta, aveva ucciso il marito Agamennone colpevole di avere sacrificato la figlia Ifigenia. Apollo ed Atena, invece, si ergono a difesa del matricida. Durante il processo Apollo spiega che:

Colei che viene chiamata madre non è genitrice del figlio, bensì soltanto nutrice del germe appena in lei seminato. È il fecondatore che genera; ella, come ospite ad ospite, conserva il germoglio, se un dio non lo soffoca prima. (22)

I figli, insomma, non sono affatto imparentati con le proprie madri, e quindi Oreste non può essere accusato di avere ucciso un consanguineo. Apollo indica Atena come prova di ciò che ha appena sostenuto, poiché la dea, venuta fuori già formata dalla testa di Zeus, non fu partorita da nessuna madre.

Interviene allora la stessa Atena, che conferma e rivendica la sua natura maschile:

Non vi è madre che mi abbia generato: esclusi i legami di nozze, prediligo con tutto l'animo tutto ciò che è maschile, e sono interamente di mio padre. Così non farò prevalere la morte di una donna che ha ucciso lo sposo custode della sua casa. Oreste vincerà anche se giudicato a parità di voti. (23)

Dopo aver lanciato alcune terribili maledizioni, le Erinni si lasciano abbindolare dalla magia verbale di Atena, che le convince a restare nella città di Atene per occuparsi della sua prosperità materiale. E così le antiche dee, che furono per secoli le irriducibili forze nemiche dei nuovi dèi maschili, diventano ora esattamente l'opposto, ossia "Eumenidi", le Benevolenti, divinità protettrici della concordia, e più precisamente della concordia sociale interna alla città. E in tali vesti fanno voti affinché mai in Atene...

frema la discordia insaziabile di mali,
né polvere, bevendo nero sangue di cittadini,
nel furore della vendetta
colga avidamente dalla città
sciagure che sangue con sangue contraccambiano. (24)

Niente più conflitto, dunque. E quali divinità potrebbero tutelare meglio la concordia sociale di quelle che rappresentano la vecchia tradizione sconfitta? Sconfitta ma, con ogni probabilità, ancora vivente nei ginecei, e ciò spiegherebbe la necessità di ribadire di fronte a tutta Atene, donne comprese, il potere maschile del nuovo ordine olimpico.

A conclusione del suo lavoro sull'oppressione femminile nella Grecia primitiva e arcaica, compreso nella raccolta "Lavoro delle donne, potere degli uomini", Monique Saliou afferma che dall'interpretazione dei miti greci non si può arrivare a ipotizzare l'esistenza di un matriarcato originario, come ritenevano Bachofen (25) ed Engels. L'elemento principale e indiscutibile che se ne può trarre, invece, è quello di "un'evoluzione storica della condizione femminile verso una degradazione, in rapporto ai mutamenti sociali e politici". (26)

Matriarcato o gilania?

Prima che si affermasse il patriarcato, dunque, cosa mai poteva esserci?

Riane Eisler, una discepola di quella Marija Gimbutas che ha scoperto la ricchissima civiltà neolitica dell'Europa sud-orientale, avanza l'ipotesi della gilania. Questo neologismo indicherebbe una struttura sociale caratterizzata dall'uguaglianza tra i sessi: gy- per donna (dal greco "gyné", donna), an- per uomo (dal greco "anér", uomo), ed l in mezzo per linking, che in inglese significa legame. (27) Un neologismo di questo tipo non deve sconvolgere nessuno, giacché, a suo tempo, anche matriarcato fu un termine dotto coniato apposta per indicare un nuovo concetto teorico.

In talune società della bassa preistoria, anteriori all'affermarsi del patriarcato, l'esistenza di una società gilanica non si può certo escludere aprioristicamente, così come è innegabile l'esistenza di antiche società egualitarie che non praticavano la guerra e non conoscevano la proprietà privata.

In realtà c'è ancora molto da scoprire sulla travagliata preistoria della società umana, un lungo processo intriso di lotte e contraddizioni, da cui infine scaturirà la divisione in classi che, nella forma del modo di produzione capitalistico, ancora ci portiamo dietro.

Giacomo Scalfari

(1) Vedi M. Dinucci: "Il sistema globale III", Bologna 2002, pag. 90.

(2) Ibidem, pag. 91.

(3) Ibidem, pag. 93.

(4) 44.

(5) K. Marx - F. Engels: "L'Ideologia tedesca", Roma 1983, pag. 19.

(6) F. Engels, "Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato", dalla prefazione alla prima edizione del 1884, pag.33, Roma 1993.

(7) K. Marx - F. Engels, op. cit., pag. 22.

(8) F. Engels, op. cit., pag. 93.

(9) Ibidem, pag. 99.

(10)

...A questo si lega anche la stupida rappresentazione degli ideologi, secondo cui, siccome noi neghiamo alle diverse sfere ideologiche che hanno una funzione nella storia un'evoluzione storica indipendente, per questo negheremmo pure ad esse ogni efficacia storica. Vi è qui alla base la banale rappresentazione non dialettica di causa ed effetto come due poli che si oppongono l'uno all'altro in modo rigido; vi è l'ignoranza assoluta dell'azione e reazione reciproca. Il fatto che un fattore storico, non appena generato da altri fatti, in ultima analisi economici, reagisce pure a sua volta sull'ambiente che lo circonda e può esercitare esso stesso una reazione sulle proprie cause, questi signori lo dimenticano spesso in modo del tutto premeditato...

Dalla lettera di Engels a Franz Mehring del 14 luglio 1893, K. Marx - F. Engels, "Sul materialismo storico", Roma 1949, pag.86

(11) F. Engels, op. cit., pag.84.

(12) si vedano in proposito le ricerche di Marija Gimbutas e James Mellaart.

(13) M. Godelier, dalla prefazione a: Marx, Engels, Lenin, "Sulle società precapitalistiche", Milano 1970, pag. 10.

(14) Ibidem.

(15) N. Chevillard, S. Leconte, "Lavoro delle donne, potere degli uomini", Pomezia (Roma) 1996.

(16) Ibidem, pag. 7-8.

(17) Ibidem, pag. 13.

(18) Ibidem, pag. 66.

(19) Ibidem, pag. 67.

(20) Monique Saliou, ibidem, pag.193.

(21) Si veda P. Lafargue: "il matriarcato", in AA. VV.: "Il marxismo e le donne", Milano 1977, pp. 19-55.

(22) Orestea, traduzione di M.P. Pattoni, Milano 2000, pag. 526, vv. 658-661.

(23) Ibidem, pag. 533, vv. 736-741.

(24) Ibidem, pag. 549-550, vv. 979-983.

(25) Nella sua opera "Das Mutterecht" del 1861, Johann Jacob Bachofen fu il primo studioso a teorizzare l'esistenza di un matriarcato originario. Ai suoi lavori si richiama anche Engels, rifiutandone però l'impostazione idealistica e fondamentalmente maschilista. Si veda J. J. Bachofen: "Il matriarcato. Ricerca sulla ginecocrazia nel mondo antico, nei suoi aspetti religiosi e giuridici", Torino 1988.

(26) M. Saliou, op. cit., pag. 201.

(27) vedi R. Eisler: "Il calice e la spada", Parma 1996, pag. 193.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.