Ancora una truffa ai danni dei lavoratori - TFR: ultime significative novità

Non sono tempi facili per operai, impiegati, lavoratori dipendenti in generale, già vessati da trattenute salariali sempre più insostenibili, dalla continua perdita del potere d'acquisto, dal ritmo di sfruttamento sempre più soffocante, dalle precarie condizioni di lavoro. Ultima trovata, sono le disposizioni che l'attuale governo ha emanato per quel che riguarda il trattamento di fine rapporto o Tfr, liquidazione corrisposta al lavoratore, al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Soldi del lavoratore quindi, ma che da ora in avanti lo saranno molto meno.

Risale al maggio 1982 con la legge 297, la normativa che regolamenta l'attuale Tfr, dove il computo del suo valore si ottiene sommando la quota di retribuzione di ciascun anno divisa per 13,5. L'importo subisce anche una rivalutazione ad ogni 31 dicembre, con un saggio d'interesse fisso del 1,5% + il 75% del tasso d'inflazione annuo (calcolato su indice ISTAT, dei prezzi al consumo). Attualmente il Tfr è trattenuto dal datore di lavoro (spesso con l'aiuto del sindacato) oppure reinvestito in fondi integrativi, però il lavoratore ne può richiedere un anticipo pari al 70% del valore accumulato, ma solo dopo aver maturato 8 anni di anzianità di lavoro presso la stessa azienda, o per spese straordinarie come quelle per motivi di salute o per l'acquisto della prima casa.

Con la riforma 2004 della previdenza, propinata come sempre ai danni dei lavoratori dal ministro Maroni (vedi battaglia 3/2004) anche il trattamento di fine rapporto subisce sostanziali modifiche. A detta del ministro (e su questo c'è da crederci) la riforma sarà attuata il più presto possibile, infatti è prevista per gennaio 2005, è da questa data che i lavoratori (a scegliere saranno più di 15 milioni) avranno sei mesi di tempo per decidere se continuare a tenere in ostaggio il Tfr "maturando" (cioè quello accumulato a partire dall'entrata in vigore della riforma) presso il datore di lavoro, oppure se "inabissarlo" in fondi pensione. In caso di mancata comunicazione da parte del lavoratore, prevarrà il silenzio-assenso all'accantonamento del Tfr presso fondi di categoria. Bella scelta, non c'è dubbio. A regime, il potenziale flusso annuale di risorse accumulate dai lavoratori, è valutato tra i 15 e i 20 miliardi di euro, cifre di tutto rispetto. Ma anche se solo la metà di queste prendessero la via cara al ministro e alle banche, ci sarebbe comunque una valanga di denaro fresco sui mercati finanziari. In questi nudi numeri, sta nascosto il motivo dell'ulteriore furto al proletariato.

La scelta per i lavoratori, del fondo più conveniente per la rivalutazione del Tfr, costituisce un vero arcano. Ci si deve barcamenare tra le offerte di prodotti integrativi, con rendimenti molto variabili, soprattutto legati all'andamento reale del mercato finanziario. Alla luce dei casi Parmalat, Enron, Cirio, Finmatica, ecc. è come andar per mare di notte senza bussola:

L'intelligenza dei lavoratori è una ricchezza per il paese, non bisogna temere che la riforma non venga capita. La gran parte dei fondi è di origine contrattuale, questo implica che si avranno tanti attori nuovi alla ribalta e personalmente non vedo l'ora che 15 milioni di attori entrino responsabilmente nel mondo della finanza. La sperimentazione è un valore positivo, anche in questo campo. Bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno.

Intervista a Renato Brunetta, del 20 ottobre 2004 apparsa su kataweb.it

I tipi di fondi si possono raggruppare in quattro categorie: fondi chiusi, di tipo aziendale o territoriali, possono accedervi solo i lavoratori assunti a tempo indeterminato; fondi aperti, sono gestiti da banche o società finanziarie, rivolti a lavoratori non dipendenti; Pip, detti pure piani di investimento previdenziale, con polizze assicurative predisposte per i singoli individui; Fondi regionali, predisposti per lavoratori di una stessa area geografica. È chiaro che in una simile giungla, i coccodrilli sono ben nascosti, ma prontissimi ad azzannare e divorare tutto quello che capita a tiro, guarda caso la preda è sempre chi viene già sfruttato oltremodo e indebolito ulteriormente, con tecniche di raggiro finanziario.

Il Tfr, costituisce ancora una sorta di "indennizzo liquido", dato al lavoratore quando si chiude un rapporto di lavoro. Una somma su cui contare, soldi accumulati con sudore, ma spettanti e monetizzabili ad ogni licenziamento. Con la riforma anche questo non è più possibile. Un punto fermo di questi fondi, è la non disponibilità immediata alla monetizzazione, nel momento in cui un lavoratore lo richiedesse, a meno che non si paghi una tassa aggiuntiva molto alta. Ancora più raccapricciante è il fatto che i fondi previsti, sono tassati all'11% del loro valore:

"È un dato di fatto che debba essere aggiornata la tassazione per favorire il decollo del sistema e rendere appetibile lo smobilizzo del Tfr. Su questo punto non c'è conflittualità, non ci sono valutazioni diverse tra maggioranza e opposizione. Si tratta di studiare bene i meccanismi fiscali in fase di definizione della riforma. L'obiettivo deve essere quello di trattare i fondi in maniera garantita ma senza corsie preferenziali: devono poter competere sul mercato ed essere appetibili." (Renato Brunetta, intervista del 20 ottobre 2004, su kataweb.it ).

Appetibili professore non c'è dubbio, ma per banche e compagnie finanziarie.

Non è tutta farina del sacco di questo governo, l'attacco al Tfr (come tutta la previdenza) e in generale al potere d'acquisto dei lavoratori, è stato perpetrato anche dal governo di centro-sinistra, senza contare poi la riforma pensionistica introdotta da Amato, con il passaggio dal regime retributivo al regime contributivo:

"Le basi della normativa predisposta a riguardo dal governo sono in regola e rispecchiano in buona parte le misure previste dai governi Amato, Dini e Prodi." (Tiziano Treu su kataweb.it ).

Male (ma non troppo) ci rimarranno anche i padroni, in quanto il Tfr costituiva il principale strumento di autofinanziamento per l'azienda, divenendo addirittura uno strumento per la ricapitalizzazione delle imprese, trasformandolo in azioni ed obbligazioni per il lavoratore. Beh, alla luce di quello che hanno ottenuto in termini di flessibilità e di sfruttamento massiccio e legalizzato della forza lavoro, possono pure mollare il Tfr ad altre sanguisughe del proletariato:

Gli industriali hanno già ottenuto quello che volevano in contropartita, ma avranno ancora compensazioni fiscali sui differenziali tra tassi di mercato e tassi di rivalutazione del Tfr, decontribuzione e accesso facilitato a finanziamenti.

Tiziano Treu su kataweb.it

Questa nuova truffa, è la dimostrazione ulteriore che quando il capitale e il suo sistema, è attanagliato dalle crisi schiaccia ancora di più nella morsa dello sfruttamento intensivo la forza lavoro, depredandola delle sue esigue risorse.

Antonio

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.