La classe operaia tra sfruttamento e impoverimento - Al capitale il plusvalore non basta mai

Qualsiasi governo democratico borghese, sia esso di centrosinistra, di centrodestra o tecnico, non può far altro che gestire gli interessi generali della borghesia. In primo luogo cercar di garantire quello che è la fonte e la ragione di vita del capitale e cioè quel furto quotidiano che è il plusvalore estorto alla classe operaia.

Per questo motivo il capitale ha bisogno del proletariato e la borghesia, classe sfruttatrice che lo rappresenta, è costretta, per gestire l'estorsione, a ricercare un certo compromesso con la classe sfruttata. Questo compromesso è però instabile, periodicamente viene messo in discussione dalle necessità dello sfruttamento, dalle esigenze del dominio di classe e dalle leggi economiche del capitale, oltre che dal grado di passività o di attività politica del proletariato.

Negli ultimi 25 anni, grazie all'impegno di tutte le parti sociali, governo, padroni e sindacati, questo compromesso, più modernamente detto concertazione, si è risolto in un costante attacco alle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia. Ora siamo alle porte di una nuova stagione di concertazione il cui scopo è quello di coinvolgere ulteriormente il proletariato nel salvataggio del capitale nazionale, e la linea è già stata tracciata dalla Confindustria: politiche economico-sociali e più risorse a favore di industria e profitto, ma anche, a parole, lotta alla rendita ed alla finanza speculativa al fine di ridistribuire il plusvalore estorto a favore del capitale industriale.

Ecco il punto: fare più profitto, ma passando per l'unica via che il modo di produzione capitalistico conosce: l'aumento dell'estrazione di plusvalore. Ma dove si origina il plusvalore e cos'è?

Il plusvalore è originato all'interno del processo produttivo delle merci dall'unico fattore che genera valore: la forza lavoro, cioè l'umana capacità lavorativa. Anche la forza lavoro è una merce il cui valore è storicamente determinato dal tempo di lavoro socialmente necessario alla sua produzione e riproduzione.

Il plusvalore è la differenza tra il valore di questo lavoro necessario ed il valore complessivo prodotto dalla forza lavoro durante la giornata lavorativa. Questa differenza di valore può essere espressa anche in tempo di lavoro, tra il tempo di pluslavoro ed il tempo di lavoro necessario.

Ora supponiamo che un capitale C di 6000, composto da 4000 c (capitale costante = mezzi di produzione, materie prime, ecc.) e da 2000 v (capitale variabile = costo della forza lavoro), si trasformi in C' = c+v+p (plusvalore) = 4000+2000+2000=8000. Il capitale iniziale di 6000, con l'aggiunta del plusvalore, si è valorizzato. La differenza tra C' e C, cioè p, rappresenta la grandezza assoluta del plusvalore ed in tali termini rappresenta anche la grandezza del profitto. Quindi in assoluto plusvalore e profitto coincidono, non è così in termini relativi: saggio del plusvalore e saggio del profitto.

Il saggio del plusvalore rappresenta la proporzione in cui si valorizza il capitale variabile ed è espresso dalla formula p/v dunque 2000/2000 = 100%. Il saggio del plusvalore oltre ad esprimere il grado di sfruttamento della forza lavoro, smaschera l'intima essenza del capitalismo. Tale saggio può essere anche rappresentato dalla formula pluslavoro/lavoro necessario. Se la giornata lavorativa è di 8 ore si ha 4 ore/4 ore = 100%: 4 ore di pluslavoro, cioè lavoro non pagato, e 4 ore di lavoro necessario.

Ma una volta definita per legge la durata della giornata lavorativa come può il capitalista aumentare il plusvalore? Comprimendo il tempo di lavoro necessario estendendo per questa via il pluslavoro. Questa operazione è possibile a patto che aumenti la forza produttiva del lavoro, e per far ciò il capitale deve rivoluzionare le condizioni tecniche e sociali del processo lavorativo.

È quindi istinto immanente e tendenza costante del capitale aumentare la forza produttiva del lavoro per ridurre più a buon mercato la merce, e con la riduzione a più buon mercato della merce ridurre più a buon mercato l'operaio stesso... Dunque, nella produzione capitalistica l'economia di lavoro mediante lo sviluppo delle forze produttive del lavoro non ha affatto lo scopo di abbreviare la giornata lavorativa... Ha lo scopo di abbreviare la parte della giornata lavorativa nella quale l'operaio deve lavorare per se stesso, per prolungare, proprio con questo mezzo, l'altra parte della giornata lavorativa nella quale l'operaio può lavorare gratuitamente per il capitalista.

Marx Il capitale libro I cap. X

Il saggio del profitto rappresenta invece la proporzione in cui si valorizza tutto il capitale ed è espresso dalla formula p/c+v = 2000/6000 = 33%. Però, come si è visto, la tendenza storica del capitale è quella di aumentare la forza produttiva del lavoro modificando la sua composizione, mettendo in movimento quantità crescenti di mezzi di lavoro c rispetto alla forza lavoro v.

Si supponga ora c=16000, v=4000 e p=4000, pur rimanendo uguale il grado di sfruttamento della forza lavoro e seppur aumentando la massa del plusvalore e quindi del profitto, il saggio del profitto diventa 4000/20000 = 20%.

Questa tendenza, legata ad una aumentata produttività del lavoro, evidenzia la progressiva diminuzione del saggio del profitto, cioè la progressiva diminuzione della valorizzazione del capitale impiegato e la sua difficoltà ad ottenere saggi di profitto sufficientemente remunerativi. Tale processo rappresenta una tendenza reale del modo di produzione capitalistico: è la caduta tendenziale del saggio del profitto.

Ora per la borghesia si tratta di contrastare questa tendenza:

Se il problema dei capitalisti nella crisi è contrastare la caduta del saggio p/c+v, allora esistono due vie praticabili: l'aumento del numeratore (p=plusvalore dal quale estrarre il profitto) mediante la intensificazione dello sfruttamento; oppure la diminuzione del denominatore attraverso la riduzione dell'incidenza di v (=capitale variabile=salari pagati agli operai e spese accessorie). Le possibilità di "scelta" del capitale sono ridotte a questo... il capitale praticherà la prima via nei settori che abbiamo definito dinamici, quei settori cioè in cui minore è l'incidenza relativa di v prevalendo il peso di c. Praticherà invece la seconda via dove prevale l'incidenza di v, in quei settori cioè ad alto impiego di manodopera e relativamente basso impiego di impianti e macchine, "basso impiego di tecnologia".

Mauro jr. "Ristrutturazione: ragione di vita e di crisi del capitalismo - 2" B.C. n.15 1978

Per provare a delineare come il capitale nazionale, nel breve termine, porterà avanti questo processo osserviamo la composizione di v nelle imprese italiane. Nel 2001 la aziende con meno di 500 dipendenti occupavano l'84% della forza lavoro, di queste le microimprese con meno di 50 dipendenti ne occupavano il 67%; la grande impresa con più di 500 dipendenti occupava il 16% della forza lavoro. Questa situazione non ha subito inversioni di tendenza negli anni successivi, così possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad un tessuto industriale dove prevale la piccola impresa. Ma piccola impresa vuol dire, in generale, una composizione del capitale che vede prevalere v rispetto a c. In questo contesto generale la contrazione di v è più adatto allo scopo di accrescere il plusvalore. Si può provare a spiegare così il perché dell'attacco rabbioso del governo Berlusconi e prima ancora di quelli di centrosinistra, alle condizioni ed ai rapporti di lavoro, partendo dal famigerato pacchetto Treu per finire con la legge Biagi. La grande impresa sembra invece utilizzare un mix tra l'aumento di p mediante l'intensificazione dello sfruttamento e la contrazione di v per mezzo di rinnovi contrattuali assurdi e con l'utilizzo della selva dei contratti atipici che gli permettono di ridurre il monte salari.

In sintesi possiamo dire che in questo periodo il capitale ha applicato e applica in prevalenza una diffusa compressione di v. Altre poche cifre evidenziano questo progressivo impoverimento del proletariato. Dal 1992 al 2000 i redditi da lavoro dipendente sono passati dal 46,2% al 40,5% del PIL (anche il centro studi della Confindustria ha rilevato che negli ultimi 20 anni la quota del reddito nazionale destinata al lavoro è passata dal 50 al 40%), la perdita secca di 5,7 punti in percentuale equivale a 57,8 miliardi di euro.

Trasferimento di plusvalore al capitale!

Per l'Istat nel 2002 la povertà "relativa" coinvolgeva 7 milioni di italiani la cui soglia di reddito, per una famiglia di due persone, è stimata 814,55 euro mensili. A questi poveri "relativi" si devono aggiungere altri 3 milioni di poveri "assoluti" la cui soglia di reddito è di 513,36 euro mensili.

Ma tra la povertà "assoluta" e la povertà "relativa" ci stanno molti lavoratori occupati, anche a tempo indeterminato, di diversi settori produttivi, financo gli operai Fiat.

Cos'è questo? Acquisto della forza lavoro al di sotto del suo valore: compressione di v per accrescere p.

Però vi è un'altra strada che il capitale può intraprendere, in parallelo con quelle già delineate, al fine di aumentare p. Questa strada è un po' un ritorno alle origini. Fino ad ora abbiamo ragionato mantenendo come punto fisso la durata della giornata lavorativa, abbiamo parlato del plusvalore relativo e cioè di come si possa aumentare p solo contraendo v. Diversamente, se ipotizziamo l'allungamento della giornata lavorativa, il plusvalore può aumentare della stessa quantità in cui aumenta quest'ultima: è il plusvalore assoluto.

E non è una ipotesi remota tanto è vero che Berlusconi, seppur a modo suo, di questo parlava quando ha più volte affermato che i lavoratori italiani godono di troppe feste e che dovrebbero lavorare di più.

Se questa è la tendenza a venire non è ozioso sapere quale è l'entità del saggio del plusvalore da cui si parte, ed è ancor più pregnante perché i dati che andiamo a presentare indicano quanto è successo nel periodo di governo del centro-sinistra, nel periodo di pace sociale sindacale e di piena concertazione.

Da uno studio fatto dalla rivista Proteo ("Lavoro vivo e pluslavoro in Italia. Per una misurazione teorico statistica" n.1 e 3 - 2004 sito proteo.rdbcub.it ) risulta che il saggio netto del pluslavoro estratto dal lavoro produttivo (industria, agricoltura, trasporti e servizi all'industria) è stato nel 1995 del 58,84%, nel 1996 del 58,96%, nel 1997 del 61,27%, nel 1998 del 61,11%, nel 1999 del 59,60% e nel 2000 del 58,83%.

In media, nei sei anni, il saggio del pluslavoro è stato del 60%, che espresso in tempo di lavoro, per una giornata lavorativa di 8 ore, è uguale a pluslavoro/lavoro necessario = 3/5 = 60%.

La classe operaia italiana ha così regalato per tutti i giorni lavorativi, viene da dire festività comprese, 3 ore di lavoro al giorno che equivalgono, per il periodo indicato, a 43,35 miliardi di ore.

Ben fatto vecchia catto-socialdemocrazia! Saprai fare di meglio per il capitale? Perché è di questo che si tratta: il capitale deve fare di più, più profitto, chi governa palesemente od occultamente deve aiutarlo a fare questo "di più". Può essere questa una chiave di lettura dell'agitazione che sta percorrendo la coalizione di centrosinistra, anche se non intendiamo ridurre tutto ad una sola causa, seppur quella della crisi del capitale più la recessione in atto ci sembri sufficiente. Il dato di fondo è chiaro: non vi è più spazio per le politiche sociali, del lavoro od aumenti salariali, la redistribuzione del reddito va fatta dal lavoro al capitale. Come non vi è spazio per il pacifismo; qui la discussione riguarda solo la scelta del fronte imperialista di guerra.

A questo punto ci pare che i fatti dimostrino come concertazione, pace sociale e democrazia borghese, che equivale a dittatura del capitale, non portino ad altro che al progressivo immiserimento del proletariato. Quest'ultimo ha lavorato, ha prodotto valore e con esso plusvalore, accipicchia se ha prodotto plusvalore, non può far diversamente e la sua condizione di salariato non è una scelta individuale, bensì una condizione sociale.

Tutto ciò non implica necessariamente e meccanicamente, lo vediamo, una reazione del proletariato, della classe sfruttata; i passaggi sono più complicati e lunghi ed alcuni fattori lobomo-tizzanti sono il diffuso senso di precarietà che non genera solidarietà di classe ma al contrario divisione, la corruzione morale instillata dal capitale per via sindacale e lo smantellamento, ad opera di tutto il fronte borghese di destra di centro e di sinistra, del marxismo quale scienza del proletariato che indica nella rivoluzione proletaria l'unica via per uscire dalle miserie e dalle guerre del capitale.

Ma noi diciamo che la necessità riporterà la classe alla lotta, e tale lotta dovrà passare attraverso il superamento dell'attuale fase di concertazione, anche perché non ci sono che due vie davanti ad essa: o continuare a sopportare assecondando le esigenze del capitale senza nulla risolvere, oppure ricominciare a lottare per la propria vita col fine di abbattere la società borghese.

Massimo Ravazzotti

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.